Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: ShadowOnTheWall_    13/04/2014    0 recensioni
[Possibili Spoiler della quarta stagione e presenza di OC]
Il potere risiede dove gli uomini credono che risieda. Può essere considerato un gioco da guitti, un drago di pezza. La lotta per ottenerlo, però, è reale, sanguigna e pregna di distruzione e soltanto il più forte riuscirà a sopravvivere, a sedere sul Trono di Spade e riportare la pace nel Continente Occidentale. E il gioco dei troni divenne una danza mortifera tra il drago e il leone.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jaime Lannister, Joffrey Baratheon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Spoiler!, Tematiche delicate
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Love is a poison. A sweet poison, yes, but it will kill you all the same.
Cersei Lannister.
 
La città era un crepitio di fiamme che lente risalivano per le case di legno del suo quartiere più malfamato. Era un suono opprimente, l’emblema della distruzione. Le grida delle donne, i pianti dei bambini e gli ordini inutili degli uomini presto si aggiunsero a quel lamento. Il fuoco, udendo ciò, cominciò a divenire malevolo, aiutato da un vento che inesorabilmente lo stava conducendo verso la collina più alta, la collina ove era situato il palazzo reale, la collina del primo Re di Westeros.
Dalle sue stanze, in cui era stata confinata per ordine del Primo Cavaliere con suo fratello minore che gemeva piano guardando la città ridotta ad un fumo rossastro e nauseante, con l’odore della carne bruciata indice delle prime vittime, Shirhae osservava quell’incendio pregando che vi fosse qualche divinità capace di annientarlo poiché gli uomini non avrebbero mai saputo domare un essere mostruoso, un demone nero cavalcato da una donna d’argento che era giunta sulle coste del Mare Stretto per riprendersi il regno dei suoi padri.
Shirhae aveva sempre sospettato che quel giorno sarebbe arrivato da quando aveva avuto la certezza che qualche Targaryen respirasse ancora. Suo padre aveva provveduto ad uccidere due infanti e una principessa che nulla avrebbe potuto provocare, ma aveva lasciato vivere quella che poi sarebbe divenuta la Madre dei Draghi. Il regno di Robert Baratheon era stato destinato a tramontare ancor prima di essere nato per la noncuranza, per gli intrighi che soffusi si erano radicati tra le pareti del palazzo, generando infinite ed intricate ragnatele che presto li avrebbero soffocati tutti.
E il fuoco fu sovrano.
Ben presto udì gli strepiti dei nobili nella Fortezza, le vane solfe di suo fratello Joffrey, che mai si sarebbe arreso ad una ragazzina, le ancor più inconsistenti suppliche della regina Margaery che, tra le lacrime, tentava di far mutare giudizio ad un folle.
Per ultima udì sua madre, la donna di cui più si era fidata nel corso della sua esistenza, la forte regina che si era tramutata nell’ombra di un marito che nulla le aveva offerto se non un talamo colmo di vermi e complotti. Stava salendo le scale diretta verso la loro camera, la più sicura della Fortezza, ordinando a delle serve di preparare l’indispensabile per una fuga.
Una fuga che non sarebbe mai avvenuta.
Daenerys Targaryen, Nata dalla Tempesta, Regina di Westeros, era lì, dinanzi a lei, nel suo splendore di donna cresciuta prima del tempo, gli occhi d’ametista fieri e implacabili come dovevano essere stati quelli di Rhaegar, suo fratello, il Principe di Roccia del Drago, prima della battaglia del Tridente.
E Shirhae sapeva già di aver perduto quella guerra.
 
La principessa dei Sette Regni si destò di soprassalto, il respiro corto e i capelli biondi scompigliati. Non era raro che sognasse di un futuro che presto sarebbe giunto a distruggere tutte le sue certezze, facendo sprofondare la sua famiglia dal posto più alto del mondo a quello più infimo. Quel sogno, però, era stato troppo reale. Aveva potuto riconoscere l’odore della cenere, della carne. Aveva sentito le lacrime sulle sue stesse guance, il sapore della disperazione sulle labbra e il suono della morte le aveva invaso la mente. Aveva potuto contare le pagliuzze dorate nelle iridi violacee della regina dei Draghi.
L’alba era ormai sorta da qualche tempo e il Sole aveva cominciato la sua traversata dalla superficie smeraldina del Mare Stretto sino al suo Zenit nel cielo terso della capitale. L’aria era fresca, segno che l’Autunno doveva essere quasi volto al termine per lasciar spazio all’Inverno. Shirhae si portò la mano destra sul cuore che batteva concitato tentando di ritrovare la calma.
La sua dama da compagnia, Lollys, che sino ad un istante prima era perfettamente immersa in un sogno sicuramente più ameno del proprio, scattò a sedere, colpita da quel brusco risveglio che aveva scosso la sua principessa, e le sfiorò il braccio destro con una nota di comprensione nello sguardo quasi sempre assente.
Lollys non era ciò che molti uomini avrebbero definito una bella donna. Era abbastanza anonima con i suoi grandi occhi marroni e i capelli dello stesso colore, una donna robusta e bassa di statura, ma aveva un buon cuore e Shirhae si era affezionata al suo carattere ancora infantile e pieno di quella speranza tipica di coloro che si accontentavano di poco. Era stata l’unica tra le sue dame a non essersi avvicinata a lei per denaro o per desiderio di mostrarsi ai cavalieri e sposarsi con un buon partito, oppure che le avesse rubato qualche monile.
« Sono ricominciati, mia signora?» mormorò preoccupata mentre scorgeva il rossore sui suoi zigomi alti, simili a quelli di sua madre. Sin dalla più tenera età aveva sognato che i draghi avrebbero riconquistato Westeros. Da quando aveva scorto le loro spoglie in una stanza buia nelle segrete del palazzo aveva compreso che, se fossero rinati, nessun esercito avrebbe potuto contrastarli. Durante l’era Targaryen i draghi era perfettamente visibili, situati nella sala del trono a memoria della potenza di quella famiglia che si era sempre considerata al pari degli Dei. Ma Re Robert li aveva confinati nell’angolo più recondito della Fortezza Rossa, al riparo dagli sguardi e dal timore.
« È stato solo un momento,» la rassicurò, sfiorandole la gota sinistra, le labbra rosate arcuate in lieve sorriso dolce. Sperava fosse soltanto un incubo e non l’inizio di altri. Da anni non la inquietavano e non bramava ricominciassero a farlo.
« Debbo chiamare il maestro?» domandò per nulla rincuorata da quella risposta che riconosceva falsa. Lollys aveva imparato a comprendere quando mentiva poiché scostava lo sguardo dal proprio interlocutore per qualche frazione di secondo. Mentire era insito nella sua famiglia e Shirhae l’aveva imparato, ma a volte, soprattutto quand’era agitata, non era in grado di dissimulare.
« Non ve ne è bisogno e gradirei che non lo riferissi a mia madre. Si preoccuperebbe inutilmente,» esclamò, issandosi in piedi. Sua madre le avrebbe fatto bere il vino dei sogni e avrebbe desiderato conoscere la ragione del suo turbamento. Shirhae non poteva raccontarle nulla, non in quel clima teso che caratterizzava le loro giornate da quando era scoppiata la Guerra dei Cinque Re.
Lollys incominciò a prepararle l’acqua calda per il bagno, profumandola con delle essenze alla vaniglia che avrebbero reso la sua pelle candida come quella di tutte le nobildonne di Westeros, le spalle piegate, certamente credendo che fosse adirata contro di lei.
« Preparami un vestito, Lollys,» sussurrò tentando di mitigare il tono che aveva adoperato quasi senza rendersene conto, irritata com’era da quella circostanza. Lollys non aveva colpe e le era rimasta accanto nonostante il suo carattere incostante, « Questa mattina son certa che lady Margaery mi inviterà ad aiutarla con il matrimonio. Sarà una lunga giornata,» soggiunse tra sé, entrando nella vasca e incominciando lavare via la stanchezza.
Margaery Tyrell, la rosa di Alto Giardino, doveva essersi imposta di far amicizia con la sorella del suo futuro marito. Shirhae avrebbe anche potuto comprenderla se non fosse stata perfettamente consapevole della realtà che la circondava. Margaery non sapeva cosa stava per affrontare, quale vita avrebbe condotto e con quale sofferenza avrebbe presto convissuto. Shirhae non aveva alcuna intenzione di affezionarsi ad una donna che presto sarebbe divenuta l’ombra di se stessa a causa di suo fratello.
Sospirò e tentò di non pensare all’espressione di pura soddisfazione sul viso di Joffrey, lo sguardo puntato alle forme attraenti della giovane dama e il sorriso sadico che non preannunciava nulla di positivo. Joffrey era sempre stato crudele, ma l’essere divenuto re non aveva fatto altro che aumentare la sua alterigia e la sua follia. Non fingeva neanche più di mantenere le apparenze, di essere permeato da un’affettata cortesia se non in presenza di quella giovane donna dagli occhi di cerbiatta. Presto però, Shirhae ne era certa, si sarebbe volto contro di lei e l’avrebbe fatta appassire.
« Subito, principessa,» esclamò Lollys riportandola alla realtà mentre cercava nella cassapanca ai piedi del letto un vestito adatto. Ne scelse uno amarantino e grazioso che ben si sposava con i suoi capelli biondi. Sua madre l’avrebbe guardata con soddisfazione quel giorno. Cersei era solita abbigliarsi con i colori della sua nobile Casata e gradiva che i suoi figli facessero altrettanto per portare onore e lustro ai leoni che sempre pagavano i loro debiti.
Si vestì tentando di non pensare a Joffrey e alla sua giovane promessa sposa né a sua madre, destinata a maritarsi con il fratello di lei. Se rimuginava su Ser Loras, il bel cavaliere di Fiori che aveva fatto innamorare molte Lady gareggiando in taluni tornei, non poteva esimersi dal domandarsi la ragione per la quale suo nonno, il Primo Cavaliere e il Protettore delle Terre del Tramonto, aveva deciso di dare in moglie sua madre e non lei, che non era mai stata promessa a nessun Lord. Myrcella, la sua giovane e bella sorella, era stata promessa al principe di Dorne, un ragazzo undicenne che le sembrava cortese e amabile, dalle lettere piene di affetto e di gioia che le arrivavano ad intervalli regolari. Joffrey si stava per sposare e vi era persino nell’aria un possibile fidanzamento di Tommen, ma per Shirhae non era stato deciso ancora nulla sebbene la sua avvenenza fosse stata cantata da bardi e menestrelli per buona parte del Continente Occidentale. Mentre Lollys le allacciava il corpetto ricamato da dei ghirigori dorati che somigliavano a rami d’alloro, togliendole il respiro, Shirhae incominciò a credere che suo nonno avesse altri piani per lei, piani ben più perigliosi di un matrimonio.
Lollys le acconciò i capelli in una treccia complicata canticchiando una ballata che in quel momento stentava a riconoscere. Dopo che ebbe terminato Shirhae le posò le labbra sulla gota per ringraziarla e lasciò le sue stanze. Mentre si dirigeva verso la sala principale in cui solitamente gustavano la colazione, notò Joffrey, adagiato contro il muro e con un sorriso crudele impresso sulle labbra esangui simili alle proprie, parlare con un uomo abbastanza alto, dai capelli stopposi e i vestiti da mendicante con un’evidente menomazione alla mano destra. Aggrottò le sopracciglia non capendo come mai il suo regale ed elitario fratello potesse perdere il suo prezioso tempo parlando con un uomo del genere. Poi udì la sua voce baritonale, profonda e perfettamente familiare.
« Zio Jaime,» esclamò non riuscendo a trattenere la gioia. Suo zio, suo padre, era ancora vivo ed era dinanzi a lei. Per quasi un anno era stato prigioniero dell’esercito di Robb Stark, il re del Nord, ma era fuggito e da settimane non avevano più sue notizie. Malignamente Joffrey aveva affermato, abbastanza lontano dalle orecchie della loro madre, che doveva essere caduto in un’imboscata e morto da tempo, ma Shirhae non aveva mai smesso di pregare per il suo ritorno.
Jaime si volse, come scottato, e i suoi occhi verdi, identici ai propri, erano colmi di un’amorevolezza che poche volte aveva riconosciuto in loro. Sembrava essere invecchiato di dieci anni senza una mano e con la barba incolta nella quale si intravedevano fili d’argento, ma Shirhae non poté impedire ai suoi occhi di divenire lucidi.
« Shirhae, sei sempre splendida, principessa,» l’accolse non senza un certo orgoglio rimirandola come se avesse dinanzi a sé la più bella tra le creature. Shirhae arrossì e si avvicinò velocemente ai due uomini che tanto si somigliavano. Joffrey era cresciuto ed era divenuto avvenente quasi quanto suo padre, dovette riconoscere. I suoi tratti non erano più quelli di un infante, ma quelli di un uomo che si preannunciava avere il fascino tipico dei Lannister. Il carattere, però, non era mutato. Era rimasto quello di un bambino bizzoso che giocava a fare il re.
« Non sorridere in quel modo,» borbottò Joffrey scortese e iracondo come se la sua contentezza fosse capace di ferirlo, gli occhi verdi che la osservavano gelidi facendola quasi impallidire. Fu solo un momento, però, « Margaery ti aspetta. Desidera che l’aiuti con il suo abito,» affermò ritrovando una parvenza di gentilezza prima di passarle accanto e sparire dietro l’angolo del corridoio. Shirhae scosse il capo e rivolse uno sguardo più armonioso verso suo padre che aveva arcuato le folte sopracciglia bionde nei confronti del suo re.
« Sono felice che tu sia tornato, zio Jaime,» asserì con dolcezza avvicinandosi al cavaliere per poi abbracciarlo gettandogli le braccia al collo. Era così magro che poté sentire le sue ossa sporgenti anche sotto gli strati degli abiti di iuta che indossava. Neanche l’odore era dei migliori, ma Shirhae non si scostò e lacrime di sollievo le rigarono le gote magre.
« Sembri essere l’unica, cara,» sussurrò Jaime tra i suoi capelli stringendola più forte con quel tono che rade volte gli aveva sentito utilizzare e quasi mai con i suoi figli. Erano i principi di Robert, non i piccoli leoni di Jaime e i nobili avrebbero presto inteso che non vi era sangue di cervo nel loro cuore dorato, « Ma preferisco il tuo sorriso alla contrizione degli altri.» 
  
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