Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: ShadowOnTheWall_    16/04/2014    0 recensioni
[Possibili Spoiler della quarta stagione e presenza di OC]
Il potere risiede dove gli uomini credono che risieda. Può essere considerato un gioco da guitti, un drago di pezza. La lotta per ottenerlo, però, è reale, sanguigna e pregna di distruzione e soltanto il più forte riuscirà a sopravvivere, a sedere sul Trono di Spade e riportare la pace nel Continente Occidentale. E il gioco dei troni divenne una danza mortifera tra il drago e il leone.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jaime Lannister, Joffrey Baratheon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Spoiler!, Tematiche delicate
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La Fortezza Rossa era immersa in un clima di febbrile preparazione in vista del matrimonio reale che si sarebbe celebrato pochi giorni dopo. I servitori avevano le braccia colme di vesti, tendaggi, monili e le labbra intrise di messaggi da riferire. I Tyrell avevano riportato la vita in una città che pareva essere morta con le risate alte e scortesi del vecchio Re Robert, compianto dal popolo e da pochi nobili nostalgici dell’atmosfera festosa che il sovrano era solito emanare con le sue abitudini nel dissipare con opere futili il denaro del reame.
Nella corte di re Robert vi era stato sfarzo, lustro e magnificenza. Erano confluiti signori da molte parti del regno, dalla Valle di Arryn, dalle Terre dei Fiumi e dall’Altopiano prevalentemente, con le loro nobili consorti che tentavano di comprare il favore di sua madre, la splendida regina Cersei, con false lusinghe e sorrisi affettati. Durante l’infanzia Shirhae non aveva saputo riconoscere l’ipocrisia dei loro gesti, ma aveva imparato ben presto a comprendere chi aveva dinanzi a sé. Era stato fondamentale per poter sopravvivere all’interno di un reame fondato sul conformismo. Aveva scoperto di avere un dono nel saper interpretare gli sguardi degli aristocratici.
Le Rose avevano portato nuovi profumi a corte, cibo e vivande per le quali erano stati osannati da quelle stesse persone che avevano nutrito un sincero terrore nei loro confronti quando Lord Renly aveva risalito la Strada delle Rose diretto alla capitale per conquistarla. Il carattere del popolo era mutevole, la loro memoria di breve durata e il sguardo di non ampio respiro.
L’ala della Fortezza riservata ai Tyrell e ai loro paggi era animata dai risolini concitati delle cugine di Lady Margaery. Shirhae scosse lievemente il capo e sollevò gli occhi verdi verso il soffitto candido. Margaery aveva una famiglia numerosa, non tanto quella dei Lannister, che l’aveva seguita nella capitale quando il fidanzamento era stato reso ufficiale. Shirhae tentava di incontrare il meno possibile le giovane dame di sua cognata. Erano fanciulle frivole e la principessa non gradiva quelle risate in un clima tetro come quello della guerra. Sebbene Joffrey ritenesse che dopo la morte di Robb Stark i suoi nemici fossero stati totalmente sbaragliati, Shirhae non dimenticava che in un’isola a poche leghe dalle Terre della Corona vi era il più ostinato tra i pretendenti al trono. Stannis Baratheon, unico fratello di Robert ad essere ancora in vita, era un uomo a senso unico, amante del dovere e testardo. Non era stato spezzato dalla Battaglia delle Acque Nere e Shirhae sospettava che un giorno sarebbe giunto nella Sala del Trono e avrebbe conquistato ciò che era suo di diritto, bruciando Joffrey sulla pira dei suoi avversari.
Shirhae si domandò se quella prospettiva, che scorgeva suo fratello non più in grado di comandare Westeros imponendo un regime di terrore, fosse davvero capace di ferirla. Joffrey non era stato buono neanche da bambino. Spesso le aveva tirato le trecce lunghe che erano stato suo motivo di vanto e una volta, quando l’aveva appellato il Principe delle Lumache poiché non aveva imparato a schivare i suoi colpi, l’aveva fatta volontariamente cadere nel mare azzurrino di Lannisport, quasi annegandola. Se non fosse stato per l’intervento repentino di suo padre, che era stato posto a guardia dei due principi, sicuramente quel giorno Joffrey avrebbe compiuto il primo della sua lunga serie di crimini.
« Sorella adorata,» esclamò Lady Margaery accogliendola come se fosse stata davvero una parente rivista dopo anni di assenza. Shirhae non s’era resa conto di essere giunta dinanzi alle stanze di sua cognata, lasciate spalancate per permettere alle sarte di muoversi abilmente e prendere le stoffe per l’abito nuziale. Margaery, la bella dama sedicenne che aveva stregato il cuore del popolo di Approdo del Re, era abbigliata in un abito azzurrino e maestoso, degno di una regina, i capelli lasciati sciolti e gli occhi vispi, indagatori e scaltri. Era bella, forse ancora più graziosa dell’altra fidanzata di suo fratello, Lady Sansa Stark in Lannister, eppure Shirhae era certa che Myrcella sarebbe divenuta ancora più regale di quella rosa tra qualche anno.
« Margaery, mia cara, disturbo? » mormorò osservando lo stuolo di cugine che l’ammiravano estasiate. Erano già in età da marito, ma odoravano ancora d’Estate, di sogni inespressi e di gioie infantili. Margaery era più adulta, Shirhae l’aveva subito intuito. Poteva sedurre e incantare come una donna, poteva abbindolare suo fratello, ma non sua madre né lei. Shirhae era una Lannister, una fiera leonessa, figlia di Castel Granito e un leonessa non si sarebbe mai lasciata calpestare da una rosa nonostante le sue spine fossero affilate.
« Quale disturbo? Entra e accomodati. Spero che il mio abito ti sia gradito.» Il suo abito le era gradito, invero. Era splendente e Shirhae aveva sempre amato quei colori tenui e quei disegni elaborati in pizzo di Myr. Gli occhi della dama erano pieni di una puerile speranza, ma Shirhae, tanto abituata alle menzogne di corte, seppe riconoscere che stava tentando di ammaliarla. La principessa sorrise, tentando di non aggrottare le sopracciglia in uno sguardo di beffa che poteva significare guerra tra quelle pareti anguste, ed entrò nelle stanze ariose da cui si potevano osservare i giardini. Notò che sua madre era accomodata al fianco di Lady Olenna Tyrell e stava sorseggiando il consueto calice di vino rosso di Arbor. Era splendida nel suo abito verde che ben mostrava le sue forme ancora attraenti. Cersei le rivolse un sorriso di benvenuto, il sorriso orgoglioso per l’abito che indossava e per i capelli acconciati come una perfetta nobildonna. E Shirhae non poté che sentirsi onorata per quello sguardo amorevole.
« Sei splendida. Son certa che il re non potrà far altro che ammirarti per tutto il ricevimento nuziale,» affermò cortese prendendo posto accanto a sua madre che le sfiorò una gota con la mano libera in una mite carezza. Cersei Lannister amava i suoi figli, ciò era indubbio, sebbene alle volte Shirhae credesse che soltanto Joffrey fosse importante per lei. Li aveva avuti dall’uomo che amava, dal gemello, dal suo specchio, dall’altra metà di se stessa. Shirhae e Tommen somigliavano a Jaime nei loro atteggiamenti, nei loro desideri e nel carattere. Joffrey e Myrcella erano più simili a Cersei. La bellezza di tutti loro, però, era tipica dei Lannister e Shirhae sapeva che era un’avvenenza sopraffina, non discreta come quella di Margaery o di altre dame all’interno della corte. 
« Sono contenta che abbia la tua approvazione,» tintinnò Margaery facendo cenno alla sarta di prendere le ultime misure in vita per farle risaltare i fianchi morbidi. Il fascino della rosa di Alto Giardino era nei suoi modi, nella sua eleganza, nell’arte dei suoi sguardi, nella sensualità dei suoi gesti, ma non aveva nulla che la facesse risaltare sopra la massa di altre donne in quanto a mero aspetto fisico.
« Madre, sai che zio Jaime è tornato ad Approdo del Re?» bisbigliò di modo che soltanto la regina potesse udirla, una mano sulle labbra sottili per non farne percepire il movimento. Non desiderava che Lady Olenna udisse quella novità prima del tempo. Suo padre era tornato, sì, ma non era lo stesso cavaliere che era scappato dalla capitale dopo aver aggredito Lord Eddard Stark dall’uscita di un bordello di Ditocorto. Aveva perso una mano, il suo fascino era quasi sfiorito e Shirhae doveva comprendere fino a che punto fosse cambiato.
« Certamente, figliola. L’ho scorto questa mattina all’alba, ma non ho voluto disturbarti,» precisò sua madre per poi gustare un altro sorso di vino. Sembrava come se non le importasse, come se non avesse pianto per mesi da quando aveva udito la spiacevole notizia della sua cattura, come se non avesse cercato il suo abbraccio di notte per non abbandonarsi alla nostalgia e al pensiero di averlo perduto per sempre.
« Avresti dovuto. Sapevi quanto sono stata in pena per lui in questi mesi,» borbottò Shirhae incerta dinanzi a quell’atteggiamento. Avevano pianto insieme, tra gli sguardi beffardi e pungenti di Joffrey, eppure sua madre non era scalfita nemmeno in superficie dal ritorno del padre dei suoi figli. Negli occhi, però, Shirhae poté riconoscere una nota di gelo.
« Sorella, avresti il desiderio di passeggiare con me questa mattina?» domandò Margaery scendendo dal piedistallo e facendola allontanare da quei pensieri dolorosi. Jaime era stato l’uomo che aveva dovuto nascondere il proprio affetto in favore di un regno, di un futuro che avrebbe scorto i suoi figli governare Westeros, ma senza provare mai le gioie di una famiglia, di un padre amorevole che li guidasse nel cammino.
« Certamente, Margaery. Anzi bramavo mostrarti il luogo più grazioso della Fortezza Rossa, a mio dir,» asserì con gentilezza, mentre Cersei e Olenna si issavano in piedi. Sua madre si chinò e posò le labbra sulla sua fronte, i suoi capelli biondi che le sfioravano le gote, prima di allontanarsi dalle stanze soddisfatta per qualcosa che poteva conoscere soltanto lei. Olenna le sorrise e Shirhae ricambiò con gentilezza, baciandole l’anello che portava all’anulare come se fosse stata sua nonna e non un’estranea che non nutriva alcun affetto nei confronti della sua famiglia. Shirhae era una principessa e la gentilezza era l’arma di una donna, l’aveva imparato sin dall’infanzia. Olenna rivolse un ultimo sguardo soddisfatto verso sua nipote, le sorrise affabile e poi uscì seguita dalle cugine di Margaery. Shirhae sospirò dal sollievo. Finalmente regnava il silenzio. Chiuse gli occhi per un attimo, cullata dal canto dei usignoli nei giardini che soffuso attraversava i freddi muri della Fortezza. Mentre attendeva che Margaery si togliesse l’abito e ne indossasse un altro più consono ad una passeggiata, rimuginava sul luogo in cui avrebbe potuto condurla e spalancò gli occhi quando comprese che davvero le avrebbe fatto visitare il suo angolo segreto di pace. In fondo, si disse, ne avrebbe avuto bisogno anche lei.
« Allora, sorella, sarai emozionata,» incominciò Shirhae mentre uscivano dalla Fortezza per immergersi nell’aria frizzantina dell’Autunno. Margaery camminava al suo fianco, tenendole il braccio, i lunghi boccoli che le sfioravano la maniche dell’abito e l’odore di rose, intenso e quasi nauseante per lei, che le invadeva le narici.
« Sono certa che il mio re mi renderà felice,» ribatté con quel sorriso che era capace di irritarla più della voce della sua Septa. Quando lei e Joffrey erano stati abbastanza piccoli da poter essere considerati gemelli, avendo soltanto un paio d’anni di differenza, sua zia Genna aveva affermato che erano identici a Cersei e Jaime alla loro età, che il sorriso li rendeva indistinguibili. Da quel giorno Shirhae aveva deciso di sorridere il meno possibile.
« Come l’altro non ha saputo fare?» insinuò sogghignando appena. Se Margaery pensava che avrebbe potuto farsi beffe di lei con le sue leziosità e i suoi falsi atti di cortesia, non aveva ben capito il luogo nel quale era nata e cresciuta. Approdo del Re era la patria delle menzogne e la Fortezza Rossa la genitrice di inganni. E Shirhae aveva imparato che per non soccombere bisognava attaccare, « Parlavo di mio zio Renly. Lo amavi?» domandò con dolcezza con il viso mascherato di dispiacere.
« Non l’ho mai conosciuto,» rispose quella che sarebbe divenuta la Regina dei Sette Regni, la moglie di suo fratello, la moglie del suo mostro. Tu non sai cosa ti aspetta, cara rosellina. Non sposi il re delle antiche ballate sui cavalieri e sulle loro dame dagli occhi lucenti. Joffrey non è Aegon il Conquistare e tu non sei la sua Rhaenys. Joffrey è Maegor il Crudele, ucciso dal trono che aveva tentato di rubare a suo fratello. Avrei compassione delle tue sorti se non stessi tentando di irretire anche me.
« Non conosci neanche Joffrey, ma gli Dei hanno deciso che dovesse essere lui a sedersi sul Trono di Spade e il loro volere è irrevocabile.»
Shirhae aveva sognato, come molte fanciulle di buona famiglia, di poter divenire una regina. Osservava sua madre, la sua corona, le riverenze delle dame nei suoi riguardi, gli sguardi che i nobili le dedicavano e aveva pregato gli Dei di poter avere il suo stesso ruolo. Era persino arrivata a domandare a Re Robert se un giorno le avrebbe permesso di sposare Joffrey e di divenire la sua regina. Il compianto sovrano le avrebbe dato uno schiaffo il cui segno l’avrebbe macchiata per giorni se non fossero stati presenti Jaime, Tyrion e Tywin.  Non erano dei Targaryen ed era una lezione che non avrebbe mai dimenticato.
« Cosa intendi affermare, mia signora?» aggrottò le sottili sopracciglia di un castano chiaro, come i lucidi boccoli che le arrivavano sino alla schiena scoperta.
« Nulla, Margaery. Era una semplice constatazione,» espose tranquilla, un lieve sorriso sulle labbra mentre giungevano nel luogo più ameno dei giardini reali. Era un piccolo angolo di perenne estate in una corte insidiosa quanto il gelido vento invernale. L’aveva soprannominata la Fontana dei Desideri, ma nessuno di essi era mai stato esaudito. Aveva pianto e le sue lacrime si erano mescolate all’acqua cristallina a volte inframmezzata da ninfee odorose, si era specchiata e la sua immagine era cresciuta con lei sino a divenire quella di una principessa splendida, ma imprigionata in una torre senza uscite, « Quella fontana è stata la protettrice dei miei giochi infantili con il re. Adoravo arrampicarmi e nascondermi tra l’edera mentre Joffrey mi cercava. Non l’ha mai scoperto,» sorrise amaramente, rimembrando quei momenti di dolcezza che aveva condiviso con suo fratello, mentre la sua cattiveria cresceva e il loro rapporto si affievoliva. Joffrey era stato un fratello affettuoso in qualche momento della loro infanzia. L’aveva presa per mano quando non poteva ancora camminare, le era stato raccontato da sua madre. Le aveva persino intrecciato una piccola corona di bocche di leone.
« Devi aver vinto molto spesso,» esclamò Margaery facendo scomparire le immagini di due bambini ridenti dai suoi ricordi.
« Non proprio, ma debbo ammettere che ho avuto le mie soddisfazioni,» soggiunse ridendo appena, riconoscendo che la sua gloria era sempre stata di breve durata. Joffrey non sopportava le sconfitte e Shirhae era una donna. Septa Gyler le aveva insegnato a rispettare gli uomini e la principessa, a malincuore, aveva chinato il suo capo dorato dinanzi alle convenzioni.
« Sorella mia, perché una bella dama come te non è ancora promessa? Son certa che hai ricevuto molte proposte,» stemperò la curiosità. Shirhae tentò di non mostrarsi sfiorata da quella domanda a cui non sapeva come replicare. Aveva quindici anni. Alla sua età sua madre era stata incoronata regina dei Sette Regni al fianco di Robert Baratheon, il demone del Tridente. E Shirhae perpetrava nel suo nubilato che, se fosse stato per Cersei, sarebbe stato infinito.
« In verità sì, Margaery. E da molti Lord facoltosi, ma mia madre ha sempre rifiutato.»
La regina Cersei era sempre stata gelosa di ciò che le apparteneva. Aveva schiaffeggiato balie che avevano avuto l’ardire di domandarle se desiderasse lasciar loro i piccoli principi. Aveva cacciato la Septa quando aveva scoperto che Shirhae, a cinque anni, non sapeva ancora inchinarsi come una perfetta nobildonna. Erano i suoi figli, i suoi bambini e non avrebbe mai permesso a nessuno di separarli da lei.
« Non desideri una famiglia tua?» insistette la bella Lady con quella sua voce flautata adatta al canto. Margaery non sapeva nulla della sua vita, ma aveva mirato a ciò che più le importava. La famiglia. Shirhae aveva vissuto per suo fratello Tommen e sua sorella Myrcella, per i suoi genitori, per suo zio Tyrion e per suo nonno e non attendeva altro che la comparsa di un cavaliere pronto ad amarla e onorarla.
« Certamente. Vi è stato un cavaliere che è stato capace di abbagliarmi, ma non era abbastanza nobile da poter essere preso in considerazione,» dissimulò il dispiacere, accantonando il pensiero di quel ragazzo che aveva incontrato qualche anno prima nei pressi del Gran Tempio di Baelor. Non era un cavaliere, non ne conosceva il nome ed era certa che fosse figlio di un mercante, ma quel suo sorriso aveva reso le sue notti insonni e i suoi giorni colmi di sospiri. Non l’aveva più rivisto e non aveva mai dimenticato la sua gentilezza e la sua voce cortese, quei suoi occhi blu come le profondità marine che l’avevano affascinata e in cui avrebbe mai potuto smettere di immergersi, « Re Robert mi vedeva ammogliata con il figlio del Primo Cavaliere, Robin Arryn,» aggiunse pacata ringraziando gli Dei che il sovrano fosse morto prima di poter attuare quel piano mortifero. Robin Arryn era più piccolo di Tommen, petulante come sua madre e con una vena sadica molto simile a quella di Joffrey.
« Avresti dovuto sposare mio fratello Loras. Saresti stata felice con lui,» mormorò dispiaciuta Margaery, gli occhi velati e le labbra imbronciate. Shirhae sospirò e le fece cenno di accomodarsi sul marmo della fontana a pochi metri da un pettirosso che beveva tranquillo. Vi erano poche dame di passaggio e qualche paggio che portava pietanze diretto ai nobili accomodati nei pressi della veranda che si affacciava sul mare. Lady Olenna doveva aver indetto un altro pranzo a spese della famiglia Tyrell per mostrare la loro ricchezza.
« Ser Loras sarà il mio patrigno e spero di potergli divenire amica,» replicò con un lieve sorriso, per nulla dispiaciuta di non aver sposato un uomo che non avrebbe mai potuto amarla come la principessa desiderava. Margaery annuì e le labbra si arcuarono in un sorriso tenero. Era sul punto di affermare qualcosa quando Shirhae notò una figura bassa che si dirigeva a passo svelto verso di loro, il farsetto rosso sul quale spuntava il leone rampante dei Lannister e i capelli biondi, segno distintivo della loro Casata, « Mio zio Tyrion,» esclamò sorpresa di trovarlo fuori dalle mura della Fortezza con accanto un uomo sulla quarantina, abbastanza avvenente ed esotico, dalle vesti inusuali per Approdo del Re. Il viso le si illuminò e gli rivolse un sorriso colmo di affetto non appena incontrò i suoi occhi verdi e meravigliosamente graditi.
« Shirhae, dolcezza,» la salutò baldanzoso appropinquandosi con la sua camminata caracollante che, quand’era bambina, aveva reputato buffa. Suo zio era forse l’uomo a cui aveva voluto più bene durante la sua vita. Era stato lui ad insegnarle a leggere, scrivere e far di conto. Le aveva insegnato ballate, sebbene non cantasse quasi mai, e le aveva mostrato i resti dei draghi. Era un uomo di cultura, scaltro e gentile, delicato con loro. Tyrion le prese la mano destra, ove brillava un anello d’oro dono del suo sesto compleanno, e la baciò. Shirhae quasi rise e si chinò a sfiorargli entrambe le gote, « Mia signora,» si chinò poi più formale verso Lady Margaery, che ricambiò con un cenno del capo, « Potrei presentarvi il Principe Oberyn Martell da Dorne? E la sua… dama Ellaria Sand?» esclamò mostrando l’uomo che sorrideva sornione e la donna che lo seguiva e che prima non aveva avuto modo di notare. Shirhae si issò subito in piedi, in segno di rispetto per il nobile ospite, e il principe si chinò a sfiorarle la mano scrutandola con i suoi occhi neri capaci di turbarla. Oberyn Martell aveva la fama di essere una vipera velenosa e letale. Lo poteva ben notare da quello sguardo e dal sorriso che celava insidie, « Mio principe, la mia dolce nipote, la principessa Shirhae, Luce del Continente Occidentale. E Lady Margaery Tyrell, figlia di Lord Mace, la promessa sposa di Re Joffrey,» le presentò con delicatezza sebbene Shirhae notò il cambiamento di tono nel passare da se stessa alla Lady. Poteva percepire Margaery irrigidirsi per quella presentazione così scarna e fredda al contrario della sua piena di affetto. Luce del Continente Occidentale, un titolo da regine.
« Benvenuti nella capitale,» li accolse con una riverenza la principessa osservando il principe e la sua dama abbastanza soddisfatti da quell’ospitalità.
« Sono onorata della vostra presenza al mio matrimonio con il nostro adorato re,» esclamò Margaery facendo quasi sovrapporre le loro voci, stendendo la mano destra affinché il principe potesse baciarla. Incrociò lo sguardo di suo zio che tratteneva a stento un sorriso beffardo. Sì, Margaery non aveva ancora compreso chi avesse dinanzi a sé. 
  
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