Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: flors99    13/04/2014    56 recensioni
- Sono incinta. – specificò a quel punto Hermione, dissipando ogni suo dubbio e facendola strozzare con la sua stessa saliva.
Ginny spalancò gli occhi, incapace di credere che quello non fosse uno scherzo.
- Cos… eh?! C-come? Quando? Ma… ma… tu... – borbottò, pronunciando frasi sconnesse per quasi un minuto intero. – Non… non è divertente, Hermione. – disse alla fine, con la gola che bruciava per lo sforzo di parlare.
- Già. – mormorò Hermione, in un ansito di tristezza. – A chi lo dici. […]
- Ma… – la giovane Weasley cercò di mettere ordine nella sua testa, ancora sconcertata dalle parole della strega più grande. – Io… cioè tu… con chi…cioè… è Ron? – domandò, allucinata. – Io non sapevo neanche che vi frequentaste! Perché non mi hai detto niente? […]
- Ronnonèilpadre. – chiarì Hermione, pronunciando quelle parole nel modo più veloce possibile, scacciando dalla sua testa i cattivi pensieri.
- Che?
- Ronnonèilpadre! – ribadì, più in fretta di prima.
- Hermione, non capisco… cosa stai dicendo… - mormorò la giovane Weasley, non consapevole di quali parole usare.
Via il dente, via il dolore.
- Ho detto che Ron non è il padre! – esclamò tutto d’un fiato.
Via il dente, via il dolore. Sì, un cavolo!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Draco, io…comprendo che tu ti debba adattare, ma… - provò a dire Jean, con calma alterata.
- Un comportamento del genere non è ammissibile!
- Richard, santo cielo, non accanirti così!
- E tu non compatirlo!
- Non lo sto compatendo!
- Veramente, io… - tentò di intervenire Draco.
- Tu stai zitto, ragazzino! – lo ammonì immediatamente il signor Granger con uno sguardo agghiacciante.
 
 
- Non ti azzardare a dire qualcosa, tu!
- Papà! – gridò Hermione, sconcertata dall’occhiata di disprezzo che aveva rivolto a Draco.
- Non dire una parola, Hermione. Non provare neanche a giustificarti, mi sembra che ci sia ben poco da spiegare.
 
 
La Grifondoro si tappò le orecchie pur di non sentire i suoi genitori strepitare l’uno contro l’altro. Odiava quando litigavano e sapere che lo stavano facendo per colpa sua, la faceva sentire in colpa. Inoltre quella litigata nata da un motivo futile, le stava facendo ricordare quello che era successo appena due giorni prima.
- Insomma, Hermione, quello che io e tuo padre cerchiamo di dire è che forse dovresti spiegare a Draco… - cominciò la signora Granger, come se lo stesso Draco non fosse presente lì con loro.
- Forse dovresti spiegare? Qui non c’è nessun condizionale, Jean! Ti rendi conto che questo ragazzo…
- Richard, per favore! Non interrompermi! Abbassa la voce poi, non vorrai mica che ti sentano i vicini di casa?
- Tanto dopo quello che è successo, non penso che qualche urla li possa spaventare!
- Sì, ma io… - tentò nuovamente di parlare Draco.
- Tu stai zitto!
Hermione sospirò.
Si passò una mano sulla fronte, troppo affaticata o stanca per ribattere. La levataccia che aveva fatto quella mattina stava influendo parecchio sul suo corpo, che necessitava di dormire ora più che mai.
- Richard, smettila di urlare! Non è normale alzare la voce così!
- Ah, ma davvero? Perché a te sembra normale che i nostri vicini di casa siano stati svegliati DA UNA VALANGA DI CAFFÈ?!
- Ecco, io ci terrei a spiegare…
- Draco, per favore, non intervenire. – fu Jean a parlare stavolta, sapendo che se il Serpeverde avesse aperto nuovamente bocca avrebbe soltanto peggiorato le cose.
Hermione sospirò nuovamente, ripensando a ciò che era accaduto qualche ora prima.
La ragazza, sfortunatamente, non aveva fatto caso al fatto che Draco si alzasse sempre presto, quasi all’alba. D’altronde, avrebbe dovuto immaginare quello che avrebbe potuto combinare gironzolando da solo per casa – memore di quello che era successo col lavandino – e, soprattutto, con la cucina a sua disposizione.
- Mamma, papà… - tentò di richiamarli, senza successo.
 

- Mamma, papà…per favore, ascoltatemi. Io, vorrei…
- Vorresti spiegare? – mormorò con voce incolore Jean. – So come si rimane incinta, Hermione. – Voleva forse essere un’accusa piena di risentimento, ma tutto quello che la Grifondoro percepì fu solo un tono immensamente triste.


- Smettila di minimizzare la cosa, Jean!
- Io NON sto minimizzando!
- Sì, invece!
- No, invece!
- Papà, mamma! Smettetela! – urlò Hermione, senza ottenere nuovamente alcun effetto. Se non fosse stato per la testa che le pulsava dolorosamente, la Grifondoro non sarebbe stata neanche tanto sicura di aver gridato. Si passò per la seconda volta una mano sulla fronte, trovandola madida di sudore e rendendosi conto di essere molto più affaticata di quanto non credesse.
- La tua è solo una scusa, Richard! Non vedi di buon occhio Draco e gli dai colpe che non ha!
- Certo, perché sono io quello che ha allagato tutto il vicinato di caffè, giusto?
- Non sto dicendo questo! Dico semplicemente che ci dai troppo peso! Non attaccarti a delle minime cose!
- Attaccarmi a delle minime cose? Hai capito o no che i nostri vicini SI SONO RITROVATI IMMERSI NEL CAFFÈ?!
- Papà, basta! – gridò nuovamente Hermione, con voce stridula, sperando che smettessero di discutere.
 

- Papà, smettila di urlare, ti prego.
- Perché? Cosa dovrei fare, eh?
- Con tutto il rispetto, signor Granger, io non credo che… - il tentativo di Draco di parlare, fu messo a tacere in meno di un secondo.
- Cuciti la bocca, ragazzino! L’unico motivo per cui non sei ancora fuori da questa casa è perché sono un gentiluomo!
 

Un singhiozzo risalì per la gola di Hermione, nel ricordare il tono furente di suo padre, quando aveva scoperto della sua gravidanza. Da allora, Richard Granger non aveva rivolto la parola, né a lei, né a Draco, e per due giorni aveva evitato di guardarla, neanche fosse un oggetto della casa. Gli unici momenti in cui apriva bocca era per urlare qualcosa di non ben identificato o per litigare con sua madre. E sentirli urlare e vedere i loro visi furiosi era insopportabile: la ragazza si tappò le orecchie, trattenendo il respiro. Premette più che poté le mani sulle orecchie pur di non sentire più una singola parola, più un singolo grido dei loro genitori. Aveva bisogno di silenzio: percepiva la nausea gorgogliare nello stomaco e, se non si fosse calmata al più presto, sarebbe dovuta correre in bagno il prima possibile.
Un tocco freddo la riscosse, facendola rabbrividire.
- Va tutto bene? – mormorò Draco, essendosi probabilmente accorto di quanto fosse distrutta.
L’impulso di abbracciarlo fu così forte che Hermione fu costretta a togliere le mani dalle orecchie, per conficcarvi dentro le unghie, ignorando quel bruciore intenso che desiderava più che mai essere attenuato, stringendosi a quel corpo così vicino e allo stesso tempo così lontano.
- Sto bene. – sussurrò a denti stretti, in modo così poco convincente che Draco non ci credette neanche un secondo.
- Lo so che è una cosa grave, Richard! Lo so! Ma Hermione ha tolto i ricordi ai nostri vicini e nessuno ricorderà nien…
- Oh, certo! Quindi andiamo ad affogare i vicini, tanto poi con un colpo di bacchetta togliamo loro la memoria!
- Per la miseria, Richard…Lo sai anche tu che non è questo il vero problema, il motivo per cui sei così arrabbiato!
- No, infatti, sono felicissimo che quel ragazzino abbia annacquato tutto il vialetto di caffè!
- Smettila di ripeterlo e ammetti la verità. – ringhiò la moglie, fissandolo dritto negli occhi. – Quello che tu non riesci ad accettare è Draco in sé per sé, non il danno che ha combinato. Se hai qualche problema con lui, parlagli faccia a faccia, non accanendoti su un incidente!
- Se ho qualche problema con lui?
- Sì. – rispose Jean, per nulla intimorita dal tono pieno di rabbia che traspariva dalla voce di Richard. – Vi fate una bella chiacchierata e risolvete la situazione!
- Certo che ho dei problemi con lui! Per colpa sua Hermione è INCINTA, santo cielo!
- BASTA! – gridò per l’ennesima volta la giovane Grifondoro, a cui, finalmente, i genitori prestarono attenzione. – Per favore… - sussurrò poi, con la lingua impastata. - …smettetela di urlare.
Fece appena in tempo a terminare la frase, prima che la nausea si facesse insopportabile e la costringesse a correre su per le scale, per precipitarsi nel bagno il più velocemente possibile.
Non credeva fosse possibile sentirsi così male, o addirittura peggio di come era stata nei mesi precedenti. Ma quando chinò il viso sul gabinetto, il corpo scosso dai tremori, le lacrime ad annebbiarle la vista, la nausea incessante che le corrodeva lo stomaco, si chiese quanto dolore potesse sopportare un essere umano, prima di distruggersi. Prima di polverizzarsi e tornare ad essere cenere.
Non si aspettava che i suoi genitori comprendessero tutto immediatamente, la abbracciassero e la sostenessero fin dal primo momento. Ma nemmeno si aspettava una reazione tanto violenta e dolorosa, da parte di suo padre: se Jean, dopo qualche ora di arrabbiatura e delusione, era riuscita a smaltire un po’ la notizia avuta e la mattina dopo aveva parlato con Hermione, rassicurandola, Richard non sembrava intenzionato né a parlarle, né tantomeno a capirla.
- Hermione. – un sussurro basso la fece rabbrividire. Da una parte fu felice di sentirla, dall’altra – come sempre del resto – la parte più nascosta del suo cuore desiderava un altro tipo di voce.
- Mamma. – singhiozzò, mentre tentava di pulirsi la bocca con la mano. – Mi dispiace tanto. – un altro singhiozzo più forte dei precedenti. – Mi dispiace tantissimo.
- Lo so, lo so. – mormorò bonariamente, sedendosi sul pavimento freddo accanto a lei e prendendola tra le braccia.
- P-papà è … - un’ondata di terrore violento la travolse, quando si rese conto che Draco e suo padre erano rimasti soli in salotto.
- Tuo padre e il tuo ragazzo sono al piano di sotto. – Hermione, a quelle parole rabbrividì. – Tranquilla, non lo ucciderà. – aggiunse Jean, quando notò il sussulto della figlia.
Ma la scossa che aveva ricevuto il corpo della giovane Grifondoro non era semplicemente dovuto alla paura per l’incolumità di Draco, quanto per l’epiteto con cui lo aveva apostrofato sua madre: il tuo ragazzo. Se i suoi genitori, specialmente suo padre, avessero scoperto che il Serpeverde non era affatto il suo ragazzo e probabilmente non lo sarebbe mai stato, allora sì che si sarebbe veramente scatenato il putiferio, anche se era difficile immaginare una situazione peggiore di quella attuale. Non voleva neanche provare a pensarci.
- Spero che tuo padre e Draco stiano parlando. – mormorò Jean, mentre le accarezzava i capelli, tentando di calmarla. 
Hermione deglutì, sperando invece l’esatto contrario. Per quel che ne sapeva, suo padre avrebbe anche potuto ucciderlo Draco, a giudicare dalle occhiate assassine che gli lanciava. Fu felice, in quel momento, di avergli restituito la sua bacchetta qualche giorno prima, in caso di difesa necessaria.
- Non credere che io non sia arrabbiata, Hermione. – disse ad un certo punto Jean, facendola sussultare. – Non pensare che anch’io come tuo padre non abbia voglia di urlarti addosso e chiederti cosa diavolo ti è passato per la testa, come hai potuto essere tanto irresponsabile.
La ragazza tirò su col naso, mentre un groppo in gola la soffocava.
- Ma so che non servirebbe a niente. – continuò la madre in un sussurro triste. – Anch’io ero molto giovane quando ti ho avuto, Hermione, penso che tu lo sappia. E non mi sono pentita neppure per un secondo della mia scelta, così come non se ne è pentito tuo padre.
- Allora perché… - la ragazza contrasse la mascella, cercando di non piangere. – …perché papà non prova almeno a parlarmi? Anche lui è stato in quella situazione, perché non cerca di capire?
Jean fece un sorriso amaro, accennando una piccola risata.
- Hermione, non dire mai più una cosa simile.
- P-perché? – domandò confusa, sconfortata dal repentino cambiamento di umore per la madre.
- Credi che avere un figlio sia una cosa semplice? Credi che sia tutto così facile? Non lo è, Hermione! Non lo è per niente! – esclamò, leggermente nervosa mentre si alzava da quel pavimento freddo e sollevava Hermione con lei.
- C-come puoi dirmi una cosa simile? – sussurrò la ragazza ferita. – So a cosa sto andando incontro!
- No, Hermione. Non penso che tu lo sappia. – fu la fredda risposta di Jean mentre si scuoteva la testa.
- Perché dici questo? Non… Mamma, per favore, mamma! – la seguì Hermione, sollevandosi anch’essa di scatto e raggiungendo sua madre nella stanza accanto, sentendo molto più freddo di prima.
- Ascolta, Hermione. Ho intenzione di dirti cose che non si trovano sui libri o sui giornali per la maternità, quindi ascoltami bene.
- Eh?! – sussurrò incredula, guardando sua madre come se non credesse alle proprie orecchie. Cosa le era preso?
- Punto primo. – iniziò Jean, non curandosi delle sue parole. – Un bambino piange sempre. E quando dico sempre, intendo, sempre! Non credere a quelle madri che dicono che loro figlio è un angelo, perché non è affatto così: i bambini piangono sempre, di giorno, di notte, di pomeriggio e soprattutto non potrai mai sapere il perché!
- Ma… tu dicevi che io ero un angelo da piccola!
- Mentivo! – rispose bruscamente per poi riprendere il suo elenco. – Punto secondo! Ogni volta che sarai fuori casa, al lavoro o da qualunque altra parte senza tuo figlio, il rimorso di non essere con lui o di averlo lasciato da solo, qualunque sia la ragione, ti assalirà in modo così travolgente, che non potrai fare a meno di tornare indietro e prendere tra le braccia quella piccola creaturina che è totalmente dipendente da te! Non avrai mai tempo per te stessa, mai! La tua mente penserà costantemente a lui, pur avendo la consapevolezza che sta bene!
- P-potrei p-prendere un b-baby-sitter. – balbettò, mentre le parole di sua madre le facevano venire l’ansia alla gola.
- Oh, certo, una baby-sitter! Così quando tornerai a casa e lei ti dirà che tuo figlio l’ha chiamata mamma, ci rimarrai talmente male che non riuscirai a perdonarti una cosa del genere neanche dopo sessant’anni! E poi parli proprio tu, Hermione, che non hai mai sopportato le baby-sitter!
- S-sì, ma io…
- Punto terzo! Non dimentichiamoci del parto, del travaglio e soprattutto della depressione tremenda che ti assalirà quando…
- M-mamma, ti prego! – la interruppe la figlia. – Ho capito!
- Hermione. – sospirò pesantemente la madre, passandosi la madre tra i capelli, come se si fosse calmata improvvisamente. – Non sto cercando di terrorizzarti. – ci tenne a puntualizzare, notando il viso a metà tra lo sconcerto e la paura di sua figlia.
- Ah, no?
- No, tesoro mio. – Jean ridacchiò, ma senza divertimento. – Voglio solo che tu ti renda conto della tua scelta e a cosa andrai incontro.
- Lo so, mamma, lo so. – le rispose Hermione, con gli occhi leggermente lucidi. – Anch’io ero così terribile da piccola? Piangevo tutte le notti? – domandò poi, un po’ per smorzare la tensione, un po’ per semplice curiosità.
- Tutti bambini sono terribili da neonati, Hermione. – le sussurrò, con gli occhi pieni d’affetto. – Ma sono anche la più grande gioia dei genitori. E non mi pento di niente, niente di tutto quello che è successo; ma è dura, Hermione. È durissima.
Hermione mugugnò qualcosa di incomprensibile.
Passarono istanti interminabili in cui il silenzio regnò sovrano. Probabilmente passò anche molto più tempo, finché Jean non si decise a fare quella domanda che le premeva sulle labbra e chiedeva solo di poter uscire.
- Lo ami, Hermione?
Non avrebbe dovuto meravigliarsi della domanda di sua madre, eppure la stretta al cuore la giovane strega non riuscì proprio a impedirla.
- Non riesco neanche a definire quanto. – rispose flebilmente la Grifondoro. E non ci riusciva davvero. Perché neanche lei era in grado di descrivere quell’amore nocivo, intossicante che provava e che la risucchiava come un vortice; perché quello era un amore troppo intenso e troppo forte per uscirne indenni.
 
Era un amore che distruggeva una persona, per poi plasmarla completamente da capo.
 
- Sono felice per te, tesoro. – le sussurrò in risposta la madre, non aspettandosi una risposta tanto sincera e così pregna di emozioni. – Un figlio, Hermione, è come innamorarsi di nuovo. Così come pensi costantemente a Draco, costantemente penserai a tuo figlio. – spiegò poi la donna con dolcezza.
La ragazza sorrise, non potendo poi fare a meno di abbracciarla, con tutta la forza che aveva.
- Grazie, mamma.
Jean non rispose. Le accarezzò semplicemente i capelli: un gesto che aveva sempre fatto fin da quando Hermione era bambina, rassicurandola e rassicurandosi a sua volta.
- Avanti, piagnucolona. – disse ad un certo punto la madre. –  …scendiamo a vedere cosa hanno combinato quei due.
La Grifondoro annuì, non trovando la forza di controbattere, anche se in quel momento non aveva voglia di rivedere né suo padre, né Draco.
- Ok. – Fu la breve risposta, mentre la ragazza scendeva rapidamente le scale.
Contrariamente a quanto aveva pensato – ovvero un combattimento in piena regola – nel salotto aleggiava il più inquietante dei silenzi, mentre un rigido Draco Malfoy guardava inorridito la nonna di Hermione che gli si avvicinava, ad ogni passo che lui faceva per allontanarsi.
 
Ma cosa ci faceva sua nonna lì?
 
- Mamma! – esclamò Jean Granger.
- Oh, tesoro, ho saputo la bella notizia! Nipotina mia, è meraviglioso, lo stavo dicendo anche al tuo ragazzo! – esclamò con un sorriso, rivolgendosi a Hermione.
- Ehm…
- Credevo che non sarei mai diventata bisnonna! Sninf, sninf… - si asciugò il naso rumorosamente, con gli occhi lucidi. – Meno male che ho una nipote precoce! – disse poi, felice. – Fatti abbracciare, sninf, sninf…
La Grifondoro si ritrovò stritolata dall’abbraccio di sua nonna, prima di poter anche solo dire una singola parola. Guardò Draco per un secondo, desiderando chiedergli cosa gli avesse detto suo padre, ma ci pensò sua madre a porre quella domanda.
- Dov’è mio marito?
- Se n’è andato, non appena lei ha salito le scale. – rispose atono il Serpeverde, continuando ad osservare Hermione e sua nonna.
Jean sospirò.
- Ti ha per caso detto quando tornerà?
Draco alzò un sopracciglio, visibilmente sconcertato da quella domanda.
- Tutto quello che ha pronunciato sono stati una serie di versi e imprecazioni. – rispose sinceramente, ma con la sua usuale indifferenza, come se la cosa non lo riguardasse.
Tutto quello che Jean fece fu sospirare leggermente, prima di guardarli entrambi.
- Perché non andate a fare un giro, ragazzi? Vi farà bene.
Draco sicuramente avrebbe avuto qualcosa da ridire, ma ebbe il buon senso di rimanere in silenzio, mentre Hermione annuiva anche per lui. Non riuscì però a trattenere un grugnito di protesta quando la ragazza lo prese per mano per trascinarlo fuori, dopo avergli lanciato bruscamente il cappotto. Fu in grado di notare, però, una scintilla di frustrazione balenare negli occhi scuri della Grifondoro, prima di scomparire. Se ne chiese la ragione, rendendosi conto di averlo visto altre volte, quel lampo pieno di un'emozione, che non sapeva definire.
 

 

 
 
Il Natale in casa Weasley quell’anno non era stato allegro e gioioso come al solito. L’atmosfera natalizia era stata smorzata dalla mancanza di Hermione e dalla tristezza di Ron, palpabile nell’aria. Molti avevano collegato i due eventi: Ginny ne percepiva le più piccole sfaccettature e incrinature e la cosa la faceva star male. Ron era una persona buona: aveva accettato le parole di Hermione e l’aveva perdonata, per quanto gli fosse possibile, ma non poteva impedire al suo cuore di continuare di battere per la sua amica d’infanzia. Non in quel momento almeno.
Ginny sospirò, mentre osservava il fratello che, assorto, fissava una teglia piena di biscotti, senza però toccarne neanche uno.
- Ma come mai Hermione non è venuta da noi?
Ginny sospirò di nuovo, guardando Harry di sottecchi. Il Grifondoro alzò le spalle, con un’espressione che lasciava intendere quali ormai fossero le parole da dire. Ron non fece una piega apparentemente, ma s’immobilizzò sul suo posto, smettendo di respirare.
- Voleva stare con i suoi genitori, mamma. – fu Ginny a rispondere, stancamente.
- Oh, ma questo lo so, è normale! – ribatté Molly, agitando il mestolo energicamente. – Ma è sempre venuta da noi per qualche giorno!
- Non è detto che non lo faccia anche quest’anno, mamma. Mancano ancora parecchi giorni alla fine delle vacanze di Natale. – rispose stavolta Ron, spostando la sedia e rumoreggiando. La frustrazione nelle sue parole era ben evidente, ma il rosso sperò almeno di essere stato in grado di mentire in modo decente; dallo sguardo guardingo di sua madre capì di non esserci riuscito. Il giovane Weasley si alzò in piedi, infilando le mani nelle tasche di pantaloni, nella speranza di nascondere il loro tremolio, incapace di dire qualunque altra cosa.
Perché Hermione quell’anno non sarebbe venuta a stare da loro almeno per qualche giorno. Perché Hermione non avrebbe passato tutte le vacanze di Natale con la sua famiglia solo per caso.
 
Perché Hermione prova qualcosa per Malfoy e non per lui.
 
Era un pensiero difficile da formulare, straziante da comprendere, impossibile da accettare. Ma Ron aveva dovuto farci i conti ormai, nonostante un malessere urticante lo facesse ribollire da dentro e una voglia tremenda di gridare gli scorticasse la gola senza pietà.
- Sono stanco. – fu tutto quello che sussurrò, sotto gli sguardi dei presenti, prima di allontanarsi della cucina.
- Oh tesoro, aspetta! Non hai mangiato nulla! Ti senti male, Ron? – Molly Weasley lo rincorse praticamente per tutta la casa, preoccupata da morire per il suo figlio maschio più piccolo.
Ginny non si preoccupò di rispondere, osservando il salotto che si era fatto silenzioso; scivolò sulle ginocchia di Harry, per poi affondare la testa nell’incavo della sua spalla.
- Non ce la faccio più a vederlo così. – soffocò un singhiozzo a malapena.
- Non possiamo fare niente per lui, Ginny. Non adesso.
La giovane Weasley sollevò la testa di scatto, leggermente delusa per quella risposta ferma e senza possibilità di replica.
- Lo so. – rispose a denti stretti. – Ma non possiamo continuare a vederlo ridursi in questo stato!
Harry si sistemò meglio sul divano, per poi puntare lo sguardo sul fuoco.
- Noi possiamo stargli accanto. – rispose, in un sussurro. – Ma non serve a molto in casi del genere. – Harry era consapevole di quanto suonassero amare queste parole, ma erano vere. Ginny annuì, per poi ritornare a nascondere la testa contro il suo petto, tremando leggermente.
- Non l’ho mai visto così. – continuò, pensando disperatamente ad una soluzione. – Facciamo qualcosa. – ripeté la sua preghiera, nonostante sapessero dell’impossibilità di intervenire. – Ci deve essere qualcosa da fare! Come…quando stai male…e…c’è sempre una cura, una medicina! – farfugliò Ginny, incoerentemente.
Harry alzò gli angoli della bocca.
- L’unica medicina per Ron, adesso, sarebbe proprio quella che l’ha fatto ammalare. E penso che anche tu ti renda conto dell’impossibilità della cosa. – sospirò leggermente, mentre passava le dita tra i capelli lisci di Ginny, rendendosi conto di quanto quel gesto gli fosse mancato nei giorni precedenti.
- Odio quando hai ragione. – brontolò la giovane Weasley dopo pochi secondi, arricciando il naso.
- Come al solito. – non riuscì a trattenersi dal commentare Harry, con tono fintamente arrogante. – Comunque…non pensi che tua madre debba saperlo? – constatò giustamente.
Molly Weasley voleva bene a Hermione, come ad una figlia; e per quanto nella sua mente se la fosse sempre figurata al fianco di Ron, non l’avrebbe sicuramente mai ripudiata per i suoi sentimenti, non rivolti al figlio minore.
- No. – fu la chiara e secca risposta della sua ragazza, che si irrigidì come un blocco di marmo tra le sue braccia.
- Che senso ha nasconderglielo? – continuò Harry, intestardito, ignorando la sua reazione. – Penso che sarebbe la cosa più giusta e…
- Non sempre la cosa più giusta è quella da fare. – ribatté Ginny, abbandonando il rifugio delle sue braccia, con uno scatto allucinante. – Non possiamo ancora parlarne.
- Ma perché? – tentò per l’ultima volta il giovane Grifondoro, cercando di riavvicinare a sé la sua ragazza, che in quel momento percepiva lontana anni luce.
- Non riuscirebbe a sopportarlo. – soffiò Ginny, rifiutando di ritornare tra le sue braccia, perforandolo invece con i suoi giganteschi occhi lucidi. – Non potrebbe sopportare di sentirlo dire ad alta voce.
- Tua madre è una donna adulta, Ginny! Capirà la situazione, sicuramente non…
La strega a quel punto si alzò dalla gambe di Harry, allontanandosi definitivamente da lui, come se continuare la conversazione fosse troppo doloroso.
- Hei, cosa… - borbottò il ragazzo attonito, alzandosi a sua volta, senza capire cosa fosse preso alla piccola Weasley.
- Non mi riferivo a mia madre, Harry. – bisbigliò, sorreggendo il suo sguardo a malapena.
 

 
 
 
 
- Vorrei proprio sapere cosa ti è saltato in mente, Granger. – sentenziò Draco, evitando per poco un piccolo demonio biondo che per poco non lo investiva. – Maledetti bambini… - biascicò poi a denti stretti.
- Come sei noioso. – replicò la ragazza, mentre si fermava per lasciare qualche moneta nel cappello di uno dei tanti Babbo Natale che c’erano in giro.
- Noioso? Io sono prudente. Questa è una piazza di matti! – esclamò, rischiando di venir travolto da un adulto stavolta, che mimò un gesto di scuse di cui Draco s’infischiò altamente, mentre scappava dalla parte opposta.
Hermione sbuffò, chiedendosi cosa le fosse venuto in mente di uscire con lui a fare una passeggiata. L’idea inizialmente le era piaciuta, perché le avrebbe dato la possibilità di poter stare con lui, da sola, cosa che non sarebbe capitata molto spesso all’interno della sua famiglia; ma Draco non era affatto propenso alla parola, o meglio lo era, ma soltanto per criticare qualunque cosa gli capitasse a tiro. Tutto ciò non faceva altro che suscitarle frustrazione e impazienza: ma perché doveva essere sempre lei a cominciare un discorso? Non poteva essere Draco una volta tanto a prendere l’iniziativa?
 
Perché doveva essere lei a rischiare, sempre?
 
- Vorrei parlarti, Draco. – si costrinse alla fine a dire la ragazza, prendendo un respiro enorme. – Fermiamoci un attimo. – Si guardò un po' intorno e sorrise nel vedere un piccolo muretto lì vicino, verso il quale si diresse senza esitazioni e senza aspettare conferma da parte di Draco. 
- Perché diavolo…
- Sì, lo so ti ho chiamato per nome. – sbuffò spazientita, incrociando le braccia. – Ed è ora che cominci anche tu.
- Credevo di essere stato chiaro sul fatto che…
- Anch’io credevo di essere stata chiara! – lo interruppe nuovamente, quasi gridando, con la pazienza ormai arrivata al limite. – Ci nasce un figlio, Draco, un figlio! Cosa non ti è chiaro di tutto ciò?! Credo che a questo chiamarmi per nome sia il minimo, per Merlino!
Gli occhi del Serpeverde si fecero più chiari del solito, mentre si voltavano a guardarla.
- E non guardarmi così! – disse Hermione, senza aspettare che rispondesse. – Sembra che tu non ti renda conto di niente! Ma certo, sono io che ho un bambino nella pancia in fondo, sono io che ho passato tre mesi a vomitare l’anima, sono io che ho passato un Inferno senza… – il suo monologo si bloccò improvvisamente, giusto in tempo per arrossire violentemente di fronte al modo in cui la guardava. E ringraziò Merlino e tutti gli altri maghi dell’epoca, per non aver concluso la frase.
 
Senza di te.
 
- Io … – si morse la lingua, cercando di darsi una calmata, anche se le era difficile con Draco che la guardava dritta negli occhi, senza spiccicare parola poi. Perché non diceva nulla, per Godric?!  – … La situazione è questa e mi dà parecchio fastidio che tu non provi neppure…
- Ho capito, Granger. Ho capito. – fu la strana e placida risposta di Draco. E le sarebbe anche piaciuta se non avesse pronunciato quel Granger con quella sua lingua tagliente.
- Tu invece non hai capito niente a quanto pare. – sibilò frustrata, indurendo il suo sguardo.
- Più di quanto tu creda, Granger.
E l’avrebbe dovuto capire dal suo sguardo che quel cognome veniva appositamente pronunciato solo per innervosirla e farla ribollire di rabbia. L’avrebbe dovuto capire che quel ghigno sprezzante, così Malfoy, era la sua unica arma di difesa contro di lei. L’unica barriera che ancora gli rimaneva e che Hermione pian piano stava sfaldando con le sue parole.
 
Ci nasce un figlio, Draco, un figlio!
 
- Sembra che non t’importi niente. – fu l’altrettanto tagliente risposta di Hermione, mentre incrociava le braccia.
- Che perspicacia, Granger! E di chi mai dovrebbe importarmi? – disse, con una risata al limite dello sprezzante e della superficialità.
Il tono sottile e sibilato venne percepito nella mente della giovane Grifondoro come il morso velenoso di un serpente. Non avrebbe dovuto darci peso, maledizione. Non avrebbe dovuto prendersela tanto, perché conosceva Draco e sapeva quanto fosse in grado di far del male con le sue stupide battute o le sue insinuazioni. Non avrebbe dovuto permettere alle sue labbra di schiudersi e di parlare, perché avrebbe dovuto capire che avrebbe detto qualcosa d’inappropriato se lo avesse fatto.
- Di me. – si lasciò scappare. Del bambino, avrebbe voluto aggiungere, ma il fiato le venne meno, di fronte all’espressione di Draco. Avrebbe voluto mangiarsi la lingua, ma lei stessa era consapevole che ormai il tempo dei segreti e dei sotterfugi dovesse finire e bisognasse scoprire tutte le carte, perché, cavolo, stavano per avere un figlio, tra pochi mesi sarebbero stati genitori.
- E quindi a me dovrebbe importare di una Mezzosangue, solo per un errore che, in ogni caso, non ha significato niente?
Sì, fu il pensiero che invase la mente di Hermione. Sì, a lui sarebbe dovuto importare di lei, perché era, volente o nolente, la madre del suo futuro figlio. Perché l’errore di cui tanto parlava l’avevano commesso insieme, e insieme dovevano uscirne, costruire qualcosa, comportarsi da persone mature. Ma non riuscì a esprimerlo il suo pensiero, perché qualcosa di più forte lo scacciò via con una potenza inaudita, con feroce violenza.
 
Delusione.
 
E lo sapeva, per Merlino, che quel discorso sarebbe dovuto finire prima di cominciare, perché Draco non era pronto ad affrontarlo e sapeva come avrebbe reagito, regalandole offese gratuite. Non avrebbe dovuto permettere ai suoi occhi di inumidirsi e di stringersi in due fessure poi, quando la delusione lasciò il posto alla rabbia. Probabilmente non avrebbe neppure dovuto alzare il braccio e poi abbassarlo, lasciandogli sulla guancia uno schiaffo che Draco non riuscì a fermare e di cui difficilmente si sarebbe dimenticato.
- Credevo tu fossi una persona sufficientemente matura per superare i tuoi stupidi ideali e pregiudizi sul sangue puro. – sibilò, con voce piena di rancore, con la mano ancora tremante per il colpo appena compiuto. – Credevo davvero che tu avessi l’umiltà di accettare questo figlio come un regalo e non come un errore, ma a quanto pare mi sbagliavo. Ti ho sopravvalutato, evidentemente.
Non gli diede neanche il tempo di rispondere, che si staccò dal muretto, con una frenesia impensabile, decisa più che mai a non lasciar correre questa volta. Decisa a non tornare indietro.
 
Tu torni, Mezzosangue, torni ogni volta.
 
Si stupì quando Draco, di sua spontanea iniziativa, le afferrò il braccio e la costrinse a voltarsi.
- Hei, non volevo dire che… - cominciò, stringendo la presa, per essere sicuro che non scappasse.
- No, tu volevi! – lo interruppe, guardandolo severamente. – Come ogni altra cattiveria che hai pronunciato, come ogni altra offesa che è uscita dalle tue labbra, tu volevi! Tu volevi ferirmi Draco e ci sei riuscito! – rivelò, con la rabbia che le raschiava la gola e che si sforzava di trattenere per non fare una scenata in mezzo alla piazza, dove già diverse persone li guardavano con curiosità. – Lasciami, immediatamente.
- Granger, ma si può sapere cosa…
- Smettila di chiamarmi per cognome! – gridò a quel punto esasperata. – Se tu non trovi in te stesso la volontà e l’umiltà di chiamarmi per nome, come si può pensare di crescere un figlio?!
La presa sul suo braccio vacillò e Hermione osservò gli occhi grigi del Serpeverde schiarirsi. Il Serpeverde aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse immediatamente, esalando solo un debole sospiro. La Grifondoro divincolò il braccio e il ragazzo la lasciò andare, come se fosse diventato troppo debole per opporre resistenza; non provò più a fermarla e questo la deluse, ancora una volta.
- Granger, io… - provò a parlare, ma s’interruppe da solo, osservando gli occhi lucidi di Hermione.
- Tu non sei capace di chiamarmi per nome. – sospirò con tristezza, la rabbia leggermente scemata, sostituita dal malessere. – E io sono solo una stupida a pensare che tu possa cambiare.
- Perché ti accanisci tanto su uno stupido cognome? – sputò a quel punto Draco. – Cosa t’importa del modo in cui ti chiamo? Perché devi creare problemi anche dove non ce ne sono?!
Hermione infilò le mani gelate nelle tasche del giubbotto, stringendosi di più nel piumino per riscaldarsi. Prese un grosso sospiro, socchiudendo gli occhi per impedire alle lacrime di scendere e riuscire a ricacciarle indietro alla velocità della luce.
- Da questo momento non ne creerò più. – mormorò, sfregando le dita le une contro le altre, come se volesse consumarsi la pelle. – Sei libero di andartene quando ti pare, torna pure al tuo mondo purosangue perfetto.
Draco ammutolì per un attimo.
Hermione sbirciò nella sua direzione e Godric solo sapeva quanto desiderasse poter scorgere qualcosa in lui, qualunque cosa, anche solo uno sguardo di scuse, che le facesse capire quello che gli stava passando per la testa.
- Mi stai cacciando da casa tua? – fu invece tutto quello che chiese, con ostentata indifferenza.
 
No.
 
Urlò la sua mente, travolgendola per l’intensità del pensiero. No, perché lei lo avrebbe voluto per sempre lì con sé, in mezzo alla sua famiglia, nella sua vita. No, perché Hermione senza di lui non era altro che una scatola vuota, colma solo di dolore e sofferenza. No, perché non averlo accanto significava passare altri mesi di Inferno, che lei aveva desiderato poter accantonare nella parte più nascosta di sé. No, perché lasciarlo andare via adesso, avrebbe significato buttare al vento quel poco che avevano costruito e tutti i pianti, le nausee, i malesseri, gli attacchi di panico e gli incubi, tutto quello che aveva passato in quei mesi nella speranza che a lui importasse qualcosa di lei, si sarebbero rivelati soltanto un’inutile sofferenza.
 
No, perché a me importa di te.
 
- Sì. – fu invece quello che si sentì dire, inconsapevolmente. Perché stavolta, non poteva lasciar perdere, tornare indietro.
 
Tu torni, Mezzosangue, torni ogni volta.
 
Draco doveva dimostrarle qualcosa, maledizione, glielo doveva. Se fosse voluto restare avrebbe soltanto dovuto riferirglielo, ma stavolta non sarebbe stata lei a cavargli a forza le parole di bocca. E se avesse deciso di andarsene, avrebbe finalmente accettato l’idea che per Draco lei non fosse niente, anche a costo di patire le peggiori sofferenze.
– Voglio che tu te ne vada, Draco. – e lo disse con un tono così debole, che neppure si sentì. Eppure Draco doveva averla capita, perché abbassò per un attimo lo sguardo, prima di tornare a fissarla. Non disse niente, e Hermione avvertì il groppo ormai familiare risalirle in gola e soffocarla. – Non dici niente? – non riuscì a trattenersi dal domandare, sconcertata dalla sua calma apparente. Come a conferma della sua domanda, il Serpeverde si limitò ad arricciare le labbra e a indurire lo sguardo, senza degnarla di una risposta.
Hermione si voltò non senza avergli prima lanciato un’occhiata piena di risentimento, le mani tremanti e le lacrime a far capolino ai lati degli occhi, mordendosi le labbra a sangue; fuggì via, correndo per le strade di Londra, al centro della piazza, senza neanche voltarsi indietro.
 
Tu torni, Mezzosangue, torni ogni volta.
 
Stavolta no.
 
Era talmente impegnata a correre via e a lasciarsi indietro la sua più grande rovina, che non udì neppure il mi dispiace a malapena sussurrato. Non riuscì neanche a vedere Draco Malfoy che si appoggiava al muretto e che si passava una mano sugli occhi, consapevole di averla, per l’ennesima fottuta volta, delusa.
 
Consapevole di aver sbagliato tutto, come sempre.
 
 
Prima di tornare a casa Hermione si prese un bel po’ di tempo. Non aveva la minima idea di dove fosse finito Draco, ma piuttosto che tornare a cercarlo aveva preferito girovagare per quasi due ore per le vie innevate della città. Tanto il Serpeverde non avrebbe sicuro avuto problemi a orientarsi, dato che, anche nel peggiore dei casi, sarebbe potuto andare in un vicolo e usare la Smaterializzazione. Sospirò per l’ennesima volta in quei minuti, chiedendosi come potesse essere tanto difficile amare una persona, al punto di sentirsi sempre sull’orlo di un burrone, di un precipizio del quale non riusciva a intravedere la fine. Forse non avrebbe dovuto lanciare a Draco quell’ultimatum, ma rimaneva appigliata alla possibilità che lui non avesse intenzione di ripetere l’anno e avrebbe considerato l’idea di rimanere a casa sua per migliorare le sue conoscenze in Babbanologia, di cui non sapeva praticamente nulla. Era davvero triste sapere che l’unica cosa che riusciva a trattenere Draco dall’andarsene seduta stante da casa sua era la possibilità del miglioramento dei voti, piuttosto che suo figlio.
Sospirò di nuovo, mentre osservava il cielo oscurarsi man mano che il sole calava tra le nuvole; era parecchio tardi, constatò con una smorfia, doveva tornare a casa prima che io suoi genitori si preoccupassero. Si affrettò per le vie di Londra, senza faticare troppo per orientarsi e quando varcò la soglia di casa un senso di tristezza mischiata alla malinconia la travolse. Non ebbe tempo per riflettere su questa sensazione che, in meno di un secondo, si ritrovò le braccia di sua madre intorno al suo corpo.
- Hermione! – esclamò, ansimando, con la voce rotta dalla paura.
- M-mamma? – chiese un po’ stordita, mentre chiudeva la porta.
- Dove eri, Hermione? Perché non eri con Draco? Cosa ti è venuto in mente di andare via da sola?! – la travolse con la sua raffica di domande, con gli occhi ancora sgranati dall’angoscia e dal terrore.
- I-io… - borbottò, confusa. – Avevo…bisogno…di pensare. – riuscì a mormorare, non sapendo bene come spiegare la situazione.
- Ho creduto ti fosse successo qualcosa, Cristo! – quando Hermione vide gli occhi di Jean farsi lucidi, si riscosse dal suo intorpidimento e si affrettò a rasserenarla.
- Mi dispiace, mamma.  Io e Draco…abbiamo avuto una discussione e… me ne sono andata. – ammise, raccontando una mezza verità.
Gli occhi della donna si ridussero in due fessure, mentre la linea delle sue labbra si induriva.
- La prossima volta avvisa, per favore. – mormorò con tono flebile, come se le forze l’avessero abbandonata.
- Certo. – rispose prontamente la figlia. – E scusa se ti ho fatto preoccupare.
- Perché avete litigato? – domandò poi la madre, con tono strano, mentre raccoglieva un cuscino caduto per terra e dopo averlo sprimacciato per bene, lo riponeva sul divano.
- Perché… niente. – borbottò. – Le solite cose… degli… uhm… adolescenti… insomma, mi sono arrabbiata perché… c’era un’altra ragazza che… insomma lo guardava in modo ambiguo… - farfugliò, mentendo nella maniera migliore possibile.
- È quello che ci ha detto anche Draco. – rifletté poi Jean, picchiettandosi un dito sul mento.
- D-draco?! – sbottò incredula la figlia.
- Sì. È tornato a casa un’oretta fa. – spiegò, facendo sbarrare ancora di più gli occhi di Hermione.
 
È tornato.
 
Avrebbe potuto andarsene, prendere le sue cose e scappare via. Invece ero tornato ed era rimasto.
 
Non permetterti di sperare, Hermione.
 
Non riuscì a rallegrarsi di quel pensiero, perché sua madre, inconsapevole dei drammi interiori della figlia, aggiunse:
- Quando Richard ha visto che non era con te voleva ucciderlo, perché credeva che ti avesse lasciato da sola. 
Un’angoscia totale la prese alla gola, facendola annaspare.
- P-apà e D-draco? – incespicò.
- Sì. Finalmente stanno parlando e, tranquilla, non si stanno lanciando oggetti addosso. – cercò di rasserenarla la madre, accarezzandole il braccio.
- Dove sono? – chiese  sbattendo velocemente gli occhi per il nervosismo.
- In cucina.
Finì appena di rispondere che Hermione si era già diretta nell’altra stanza, individuando la porta della cucina socchiusa dalla quale venivano dei toni di voci sommessi. Non udì neppure il richiamo di Jean e non si accorse della sua presenza, finché non se la ritrovò alle spalle.
- Non dovresti ascoltare, Hermione. – sussurrò.
- Tu lo faresti al mio posto. – ribatté a tono la figlia, assottigliando gli occhi.
La donna rise con leggerezza, guardandola con infinita dolcezza.
- Io l’ho fatto, però non avrei dovuto. – confessò, rievocando vecchi ricordi. – Stai tranquilla. – le sussurrò poi, accarezzandole i capelli e lasciandola sola.
A Hermione non era mai dispiaciuto spiare: contrariamente ai suoi saldi principi riteneva che ascoltare qualche piccola conversazione di nascosto non fosse poi una cosa così malvagia. Per questo non si fece il minimo scrupolo ad accostarsi alla porta, ben attenta a captare qualunque sillaba che avrebbero emesso suo padre e Draco. Percepì dei toni leggeri, dai quali capì immediatamente che non doveva esserci una guerra in corso e la considerò una cosa positiva: successivamente si chiese di cosa diavolo potessero parlare quei due, senza urlarsi contro.
 
Per Godric, non possono parlare un po’ più forte?
 
Si avvicinò ancora di più, facendo cigolare la porta; si maledisse mentalmente, tentata di mordersi la mano per il suo essere così maldestra e sperò con tutta se stessa che il rumore non fosse stato troppo intenso. Cercò di regolarizzare il respiro, mentre finalmente riusciva a captare le parole diffuse al di là della porta.
- Forse. – sentì dire da suo padre.
 
Forse, cosa?
 
Hermione notò Draco assottigliare lo sguardo e lei si chiese a cosa potesse riferirsi quel forse.
- Forse? – domandò il Serpeverde.
- Forse. – ripeté Richard, guardandolo severamente.
 
Potreste spiegare anche a me? Forse cosa?
 
Mentre la curiosità di Hermione cresceva, i due uomini nella stanza si fissavano come due animali che scrutano l’uno la mossa dell’altro, pronti ad attaccare o a difendersi se ce ne fosse stato bisogno.
- Non sono stupido, signor Granger. – sputò ad un certo punto Draco, facendo trasalire Hermione per la freddezza del tono. – Lei non mi ha rivolto una parola gentile da quando sono arrivato, come se avesse dei pregiudizi su di me.
 
Come hai fatto anche tu, Draco.
 
Hermione avrebbe tanto voluto commentare, ma s’impose di rimanere in silenzio per non essere scoperta. Pregò con tutta se stessa che suo padre non avesse fatto troppo caso al tono sprezzante che aveva usato Draco, perché in quel caso avrebbe dovuto cercargli una tomba prematuramente. Richard mal tollerava le persone che si mostravano troppo arroganti o sprezzanti: e il Serpeverde non era certo una persona facile con cui parlare.
- Non usare quel tono con me, ragazzino!
 
Appunto.
 
Vide Draco mordersi le labbra con una forza che non avrebbe creduto possibile, probabilmente nel tentativo di non replicare; almeno aveva capito che se avesse continuato su quella strada si sarebbe rovinato da solo.
- Ritiro quello che ho detto, allora. – non riuscì però a trattenersi di rispondere il ragazzo, con uno sguardo così freddo che Hermione percepì i brividi lungo tutta la spina dorsale. La ragazza si trattenne dallo schiaffarsi una mano sul viso: suo padre e Draco erano persone molto orgogliose, che sarebbero state capaci di discutere per ore su un argomento stupido, pur di avere la soddisfazione di affermare le proprie ragioni.
- No. – fu l’inaspettata risposta di Richard.
 
No?
 
- No? – chiese Draco, dando voce al pensiero di Hermione.
- No, non è necessario che tu ritiri quello che hai detto. – si spiegò l’uomo, mentre si appoggiava al bancone della cucina. – Perché è vero.
 
Ah, ecco.
 
- Ah, ecco. – diede nuovamente eco ai suoi pensieri il ragazzo.
- Quando sei entrato in questa casa, non ti ho visto di buon occhio. – ammise Richard. – Ma penso che tu possa capire il perché: mia figlia non aveva mai portato un ragazzo a casa e, da buon padre quale sono, mi sono ingelosito. – confessò con spontaneità assoluta. – O meglio, ho conosciuto qualche suo amico, ma era diverso. – Comunque… – riprese il padre, cambiando discorso. - … poi c’è stato il pranzo di Natale.
- E lei ha cambiato idea, ma non sapeva come fare a scusarsi? – lo anticipò Draco, con un tono abbastanza arrogante da far venir voglia a Hermione di prenderlo a calci.
 
Merlino, ora se lo mangia.
 
E infatti l’espressione di sua padre tendeva molto al cannibalismo, ma dopo un grosso sospiro, l’uomo parve calmarsi, riprendendo la sua impressione impassibile.
- No, non ho affatto cambiato idea, anzi. L’ho peggiorata. – incrociò le braccia, scrutandolo guardingamente negli occhi. Draco aggrottò le sopracciglia, chiedendosi cosa mai avesse fatto durante quel pranzo per farsi disprezzare tanto. Per Salazar, era stato persino gentile! Ma cosa pretendeva di più quell’uomo?
- E perché? – si arrischiò a chiedere. – Forse sono stato un po’… freddo, ma…
 
Sembravi un cubetto di ghiaccio.
 
Ancora una volta, Hermione si ritrovò a mordersi la lingua, per non commentare. Un po’ freddo… certo che ne aveva Draco di faccia tosta per affermare una cosa del genere.
- Ma figurati. Se fosse per quello non sarei neanche qui a discutere con te. – rispose bruscamente Richard, come se avesse detto una cosa stupida. – Era la prima volta che venivi in casa nostra, che ti trovavi in mezzo alla nostra famiglia che – ammetto – è un tantino esuberante, chi non si sarebbe sentito a disagio o non sarebbe stato un po’ freddo? Non diciamo fesserie, eh. – concluse, appoggiando le mani sul bancone, con le labbra piegate in una smorfia.
Hermione sbatté gli occhi leggermente sconcertata. Effettivamente il discorso di suo padre non faceva una piega; ma allora perché si era comportato in quel modo con Draco? Possibile che fosse tutto dovuto alla gelosia iniziale, dalla quale lui stesso aveva ammesso di essere stato colto?
- Non credo di capire. – fu la sincera constatazione di Draco, che poche volte nella vita si era sentito tanto confuso.
- Credi che ce l’abbia con te, perché hai messo mia figlia incinta? – domandò Richard, ignorando le sue parole e facendogli distogliere lo sguardo con le sue parole. – Anche. – continuò l’uomo. – Non sai quanto. Mi viene voglia di prenderti a calci nel sedere. – ammise con cruda sincerità.
 
Anche?
 
- Lei non si fa problemi a dire quello che pensa, vero? – fu il commento di Draco, atono e impassibile.
- Non mi piacciono gli eufemismi. – fu l’accondiscendente risposta dell’uomo.
- E, comunque, cosa significa anche?
 
Infatti. Anche cosa?
 
Hermione cominciò a mangiarsi le unghie, da tanto che era nervosa. Cosa cercava di dire suo padre?
- Io e Jane abbiamo avuto Hermione molto presto, non so se lo sai. Quindi, so cosa si prova, ci sono passato. – a quel commento, Draco drizzò la testa di scatto, rendendosi conto di quanto fosse effettivamente giovane Richard e si chiese perché prima non ci avesse mai fatto caso. – Io non ti accuso per quello che hai fatto, ma per quello che non fai.
 
Ma cosa sta dicendo?
 
- Può spiegarsi meglio? – si ritrovò a chiedere Draco, desideroso di capirci qualcosa in quei discorsi assurdi.
Il corpo di Hermione cominciò a tremare, incontrollato. Sapeva che la risposta del padre non le sarebbe piaciuta.
- Tu non ami mia figlia, Draco. E questo, io, non posso perdonartelo.
 
Crack.
 
Nella stanza risuonò il silenzio più tombale, ma Hermione fu più che sicura di aver sentito il rumore del suo cuore che pian piano si rompeva. Sapeva benissimo che Draco non provava niente per lei, eppure sentirlo dire ad alta voce da suo padre le fece più male di quello che avrebbe mai potuto immaginare. E la mancata risposta del Serpeverde fu sufficiente per farla addolorare, abbastanza per farle salire le lacrime agli occhi. Dopo qualche secondo interminabile, mentre il cuore di Hermione si rompeva sempre di più, Draco prese un grosso sospiro, passandosi una mano tra i capelli, non sapendo bene quanto gli fosse conveniente essere sincero.
- Non intendo mentirle, signor Granger, anche perché mi sembra inutile. – disse infine. – È vero. – mormorò dopo qualche altro attimo di silenzio. – Io non amo sua figlia.
 
Crack.
 
Sentirlo dire da lui fu ancora peggio. Fu un colpo allo stomaco talmente forte che ebbe l’impulso di correre in bagno per rigettare tutto quello che aveva in corpo; ma da brava masochista qual era non si mosse di un millimetro, ben consapevole di quanto si stesse facendo del male ascoltando segretamente quella conversazione. 
- Ti rendi conto, Draco, di quanto questa consapevolezza mi faccia uscire fuori di testa. – disse allora Richard, alterato. – Mia figlia è una ragazza meravigliosa. – chiarì a denti stretti, mentre il ragazzo si perdeva nel fissare le pieghe del muro di fronte a sé. – E sapere che è stata messa incinta da un ragazzo che non tiene abbastanza a lei e non è capace di amarla come merita, mi fa letteralmente incazzare.
 
Crack.
 
Hermione si mise una mano davanti alla bocca per non singhiozzare e soffocare le lacrime che sfuggivano al suo controllo. Quante volte poteva incrinarsi il suo cuore, prima di sgretolarsi in mille pezzettini? Aveva ragione sua madre: non avrebbe dovuto ascoltare quella maledetta conversazione. Si stava facendo solo del male.
- Mi rendo conto. – fu semplicemente quello che rispose Draco, misurando bene il tono, consapevole che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata sbagliata. – Io… mi… prenderò le mie responsabilità. – non riuscì a pronunciare altro.
- Certo. – ironizzò Richard, con una smorfia.
- Non… - mormorò Draco. – …Io… Sono consapevole del mio errore, signor Granger. Ne siamo entrambi consapevoli.
 
Crack.
 
Un errore. Lo aveva definito un errore, come aveva già fatto in passato qualche tempo fa. Possibile che in quei mesi per Draco non fosse cambiato niente? Possibile che lei fosse stata così stupida per averci anche solo sperato? Si morsicò le labbra, incapace di controllare le lacrime che scendevano lentamente sul suo viso.
- Mi prenderò le mie responsabilità, comunque. – concluse il ragazzo, guardandolo negli occhi.
- E credi che questo basti?! – fu a quel punto che Richard si arrabbiò sul serio, scattando alle sue parole. – Credi che sarà facile crescere un bambino alla vostra età? Senza nemmeno un solido sentimento tra voi due?!
 
Crack.
 
La nuova ondata di dolore fu più inaspettata e intensa. Le tolse letteralmente il respiro, mentre le parole di suo padre le penetravano nella testa. Eppure Hermione lo sapeva. Sapeva tutto questo prima ancora che suo Richard o Draco lo esprimessero ad alta voce, lo sapeva eppure aveva avuto la stupida illusione che non fosse vero, che finché quei pensieri fossero rimasti rinchiusi nella sua testa forse non si sarebbero avverati.
- Non ho detto che… – provò a giustificarsi Draco.
- Lo so cos’hai detto! – Richard alzò nuovamente la voce, non riuscendo a trattenersi. – Ti prenderai le tue responsabilità Draco, come voglio ben sperare. Ma non sopporto l’idea di vedere la mia bambina innamorata di uno stronzo che considera il regalo più bello che la vita possa offrire un errore! – urlò letteralmente, facendo sobbalzare Draco e bloccare il respiro a Hermione.
Lo sconcerto fu tale che alla Grifondoro mancò l’aria per qualche secondo: i suoi polmoni si bloccarono, così come il resto del suo organismo che fu incapace di svolgere le sue funzioni vitali, come se anche gli organi fossero stati travolti dalle parole di suo padre.
 
Non sopporto l’idea di vedere la mia bambina innamorata di uno stronzo che considera il regalo più bello che la vita possa offrire, come un errore!
 
Lo aveva nascosto per settimane, per mesi, per più di un anno. Aveva cercato di soppiantarlo, di eliminarlo, di soffocarlo fino a farlo scomparire, ma senza risultato. Aveva lottato con tutte le sue forze per reprimere quel sentimento, che non aveva confessato e che non avrebbe confessato a Draco neanche sotto tortura, ma aveva perso anche quella battaglia. E adesso… adesso il destino aveva deciso di giocarle un brutto scherzo, di mischiare le carte, forse troppo infastidito dalla sua riluttanza nel rivelare quell’angoscioso segreto. Hermione soffocò un altro singhiozzo: aveva passato le pene dell’Inferno, le peggiori torture e le situazioni più angoscianti e adesso Draco doveva venire a sapere in quel modo quello che provava per lui. L’avrebbe distrutta. Per quanto il Serpeverde potesse essere cambiato in quei mesi, cosa che però non aveva dimostrato neanche durante la conversazione con suo padre, non avrebbe sicuramente rinunciato all’idea di denigrarla per ciò che lei non avrebbe dovuto provare, che lui non avrebbe mai accettato per la sua stupida barriera di pregiudizi. Perché lui non voleva l’amore che lei avrebbe potuto offrirgli, per il suo essere così sbagliata secondo le sue ideologie. Per il suo sangue.
- C-cosa? – fu la domanda sbigottita di Draco che non aveva mai balbettato in vita sua. Richard si voltò verso di lui, scrutandolo così attentamente da metterlo in soggezione più di quanto non lo fosse già.
- Non dirmi che… – scandì lentamente l’uomo, per poi interrompersi. – Tu non… hai capito? Non…
E Hermione non ce la fece più. Era troppo. Non era abbastanza forte per continuare a farsi del male; sarebbe dovuta irrompere nella stanza prima che suo padre pronunciasse quelle maledette parole che, inconsapevolmente, l’avevano portata alla rovina, ma ormai era troppo tardi. E fu con disperazione che corse su per le scale, fu con terrore che si fiondò nel bagno, fu con i brividi che percorrevano il corpo che rigettò quel poco che aveva ingerito ore prima nel gabinetto. Fu con il viso pieno di lacrime che si accasciò sul pavimento freddo. Fu con l’orrenda immagine di Draco che la scherniva in tutti i modi possibili che prese a tremare violentemente, senza che i suoi tentativi di controllo del corpo risultassero efficaci. Rimase in apnea per più di un minuto intero, tanto che ebbe paura di essere in preda ad un attacco d’asma.
E infine fu con il cuore a pezzi che udì la sua voce.
- Credo che dovremmo parlare.

 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice


Credo che con questo finale, le maledizioni che non mi sono arrivate nello scorso capitolo, stavolta non me le toglierà nessuno. Chiedo in anticipo scusa a tutti per questi finali stronzissimi, se io fossi una lettrice penso che mi incavolerei a morte XD
Inoltre, penso proprio di dovervi delle altre scuse, per la mia imperdonabile assenza in tutti questi mesi. Sono all’ultimo anno e mi sembra di dover fare i salti mortali per riuscire a far combaciare tutto. Qualche giorno fa inoltre avevo il Test di Medicina, che quegli idioti dei “piani alti” hanno ben pensato di mettere ad aprile, dato che gli studenti non hanno un cavolo da fare. Devono SOLO preparare la maturità.
Meglio lasciar perdere, altrimenti mi ci arrabbio -.-”
Ad ogni modo, rinnovo le mie scuse, non tanto per l’assenza (mi dispiace tanto, ma è stata necessaria, dal Test di Medicina dipende il mio futuro), quanto per non avervi scritto niente, un avviso, qualcosa. Ogni giorno mi dicevo “tanto tra poco aggiorno, tanto tra poco aggiorno” e poi si è visto come è finita. Il capitolo 25° era già scritto a metà prima ancora di pubblicare il 24°, e fino a lì è rimasto per molto tempo. Mi dispiace davvero. Da morire.
Comunque…passando a cose un po’ più allegre… vi è piaciuto il capitolo? Come se il capitolo fosse allegro poi XD Credo sia uno dei più angoscianti che abbia mai scritto. La reazione dei genitori è stata quella che vi aspettavate? E la rivelazione finale? Non uccidetemi, vi prego!
Per quanto riguarda il prossimo capitolo, vi informo subito che ho in mente una scena che mi avete spesso richiesto e penso che piacerà a molti ;) A me piace un sacco! Inoltre quattro o cinque pagine sono già scritte, spero di non tardare troppo, ma come sempre meglio evitare promesse.
Beh, chiudiamo queste note e passiamo ai ringraziamenti, così poi vado a scrivere un altro po’ del 26° capitolo ;) Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite/preferite/ricordate e chi ha letto semplicemente; ma un calorissimo GRAZIE a tutti coloro che hanno recensito lo scorso capitolo:  Wingardium_Leviosa97, Always_Potter, Alyss_, Clayndory, artemis1989, Helena Prince, clari94, _anele_, _yellow_, _Giuls17_, mira_potterhead_92, Ladypretty, Harry Potterish, suckerforlove, Autumn__Leaves, Elisewin Granger, KakashiLoveRabbits, tonks17, Dramione99, BrigataMagnus, MadamaBumb, Jocker157, michymalfoy, MyLittleMuffin, Alchimista93, Lierin_, Stella94, MimiRyuugu, 17pally, IpseDixit, love_infinity, HP_LOVE, World Below, AryDP, LolaBubby99, Sakura_chan97, Black_Yumi, Notteinfinita, Pipsie e ilapietro91.
Grazie, grazie a tutte, le vostre parole sono sempre bellissime, davvero!
Un abbraccio stritola-costole,
flors99 
  
Leggi le 56 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: flors99