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Autore: Water_wolf    14/04/2014    9 recensioni
ATTENZIONE: seguito della storia "Sangue del Nord".
Il martello di Thor è stato ritrovato, Alex e Astrid sono più uniti ed Einar non è stato ucciso da Sarah. Va tutto a gonfie vele, giusto? Sbagliato.
Alex ha giurato che sarebbe tornato ad aiutare Percy contro Crono, anche a costo di disobbedire agli ordini di suo padre. Quanto stanno rischiando lui e gli altri semidei?
I venti non sono a loro favore, ma loro sono già salpati alla rotta di New York.
«Hai fatto una grande cazzata, ragazzo» sussurrò, scuotendo la testa. || «Allora, capo, che si fa?» chiesi, dando una pacca sulla spalla al mio amico. «Se devi andare all’Hellheim, meglio andarci con stile»
// «Sai cosa?» dissi. «Non ti libererai facilmente di me, figlio di Odino. Ricordatelo bene.» || «Allora ce l’avete fatta!» esultai. Gli mollai un pugno affettuoso contro la spalla. «Da quando tutti questi misteri, Testa d’Alghe?» lo stuzzicai. «Pensavo ti piacesse risolvere enigmi, Sapientona» replicò, scoccandomi un’occhiata di sfida.
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
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La moglie di mio padre
♠Percy♠
 
Nonostante la preoccupazione fosse pressante, la speranza rimaneva viva nei nostri cuori, soprattutto con il tanto sospirato arrivo degli Dèi Norreni. Certo, questo non ci aiutava molto, dato che Loki aveva furbescamente deciso di metterci in difficoltà manomettendo il ponte dell’arcobaleno. Me lo immaginavo ad aggeggiare con i comandi, distruggendo ogni circuito tecnologico o magico che aveva sotto mano, con l’aria da scienziato pazzo.
Ma non avevo molto tempo per pensarci, dato che dovevo occuparmi anche di Rachel. Il suo racconto era inquietante e mi faceva venire in mente le terribili immagini di May Castellan che urlava al secondo piano della Casa Grande al Campo. Avrei voluto che Rachel non avesse delle visioni del genere.
A peggiorare le cose, era arrivato Chirone che sembrava fin troppo interessato. Decisi di lasciarla alle sue cure, mentre io mi avviavo all’Empire State Building, dove si erano radunati i semidei.
Nell’atrio era stato allestito un ospedale da campo dove i figli di Eir e di Apollo si occupavano dei feriti. Will Solace si stava prendendo cura di Katie Gardner, che aveva la fronte fasciata come se si fosse presa una bella botta. Poco più in là, Connor si studiava la gamba sinistra che era stata fasciata con cura.
Lars non aveva riportato ferite contro il Drago, ma stava dando una mano a Nora, che aveva ancora il viso pallido e il corpo debilitato dalle ustioni da acido.
Eric, un figlio di Baldr, era disteso senza sensi su una branda, mentre, alla sua destra, Bethany veniva medicata per via di una profonda ferita al fianco. Ero felice di vedere che molti di noi erano ancora vivi, ma, nonostante questo, non potevo non soffermarmi sulle dieci salme che gli altri semidei avevano disteso poco lontano dalle tende ospedale.
Alcune erano nascoste da i drappi, ma i norreni non coprivano i loro porti. Quando vidi il volto di Danny mi sentii come se mi avessero pugnalato. Potevo essere invulnerabile, certo, ma non ero riuscito a difenderlo. Forse era questa la parte più terribile della maledizione di Achille: vedere tutti i tuoi compagni e amici morire in battaglia, mentre tu, per quanto forte, non puoi fare nulla per aiutarli.
Accanto a Danny c’era un drappo dorato ed uno rosso fuoco: un figlio di Efesto e uno di Apollo. Non sapevo chi ci fosse sotto e non volevo nemmeno saperlo. Ancora accanto c’era il corpo di Kinnon, vegliato da Beckendorf.
«Ehi, amico» lo chiamai, avvicinandomi.
Aveva l’aria stanca, i capelli arruffati e il volto sudato.
«Percy» rispose, con voce atona. «Scusa. Stavo…»
«Non importa. Capisco.»
«Già. Avrei potuto aiutarlo… ma non ce l’ho fatta. Gli dovevamo la vita» borbottò, osservando il figlio di Heimdallr che Kara aveva ucciso.
Sapevo a cosa si riferiva: se Kinnon non ci avesse avvistati, alcuni giorni prima, Alex e i suoi non ci avrebbero mai soccorso sulla Principessa Andromeda. Crono, probabilmente, ci avrebbe uccisi.
«È morto da eroe. Il modo migliore per onorarlo è vincere questa battaglia. Possiamo farcela» dissi piano.
«Hai ragione, Percy. Non è morto invano. Fermeremo Crono e faremo capire che non sono venuti qui per niente» affermò il figlio di Efesto, alzandosi in piedi.
Annuii e mi allontanai. C’era troppo dolore in quella zona, per i miei gusti. Avevo bisogno di riprendermi. Avevo fame, sete ed ero sporco di melma di mostro. Decisi di farmi un giro e raggiunsi una zona ristoro, dove i miei amici si stavano rifocillando.
A parte me, erano stati tutti feriti almeno una volta e tutti avevano in bella vista fasciature, bruciature e cicatrici. Mi incamminai verso un tavolo dove Ishir, Grover, Alex ed Astrid stavano mangiano roba venuta dal più vicino McDonald’s, tranne l’elfo, ovviamente, che aveva optato per qualcosa di più sano e naturale e squadrava esasperato i suoi amici.
«Ehi, ragazzi» li salutai, mentre mi accomodavo accanto a loro, rubando un hamburger ad Alex.
«Ciao, Percy» mi salutò Astrid, arrossendo.
Intuii che, forse, stava pensando a quando, un mese prima, mi aveva salvato la vita in modo molto… particolare. Ora, invece, si era messa con Alex, alla fine. Anche se era un figlio di Odino senza un occhio, sperai che non la ferisse, altrimenti gli avrei fatto assaggiare il Bronzo Celeste.
«Come va?» chiesi, addentando il panino.
«Abbastanza bene: il morale si è sollevato, con le nuove notizie» rispose Ishir, allegro, mentre giocava con la forchetta di plastica.
«Già…» borbottò il figlio di Odino, pensieroso.
«Cosa c’è? Ti preoccupa qualcosa?» domandai interessato.
Di solito, se era preoccupato, c’era un motivo e volevo saperlo, soprattutto se ci metteva in pericolo. Astrid, invece, sbuffò, come se i suoi timori fossero un altro motivo per cui temere per le sorti del suo ragazzo. Non potei fare a meno di pensare che lei ed Annabeth si somigliavano: ce la vedevo la mia figlia di Atena a preoccuparsi per le persone che amava, tanto da temere per la sua sorte.
«In effetti, c’è qualcosa che mi preoccupa. Loki, non capisco il suo piano» sussurrò Alex, mangiando, distrattamente, un panino con del pollo.
«Lo sai che gli piace metterci in difficoltà. Vorrà solo divertirsi» ipotizzò, Ishir, stringendosi le spalle.
La spiegazione dell’elfo sembrava buona, ma il figlio di Odino non sembrava soddisfatto.
«Lo so, ma mi sembra strano. Cioè: a che scopo coinvolgere i Titani? Se davvero volesse la loro alleanza, avrebbe proposto loro qualcos’altro. Crono e i suoi fratelli, anche se volessero combattere con Loki, sarebbero in difficoltà al di fuori del territorio greco. Quindi è un’alleanza piuttosto inutile per Loki» replicò, pensieroso.
In effetti aveva ragione. Il mese scorso ci avevano spiegato che il mondo era diviso in due parti: quella Greca, che corrispondeva agli Stati Uniti, e quella Norrena, che equivaleva all’Europa del nord e alla Russia.
Il resto del mondo era territorio di confine, dove i poteri delle due divinità erano uguali, motivo per cui erano anche zone piene di disordini e disastri naturali. All’interno dei territori delle altre divinità, quelle della parte avversa, erano in grande difficoltà e i loro rispettivi poteri erano molto inferiori. Questo doveva valere anche per i Titani e la cosa aveva senso.
«Sentite» ci interruppe Astrid. «Stiamo già rischiando la vita, non c’è bisogno di pensare ad altri modi per facilitare la nostra morte.»
«Hai ragione. Scusami» rispose Alex, sorridendole, anche se sapevo che era solo un modo per non farla preoccupare.
Mentre mangiavamo, potei notare come il morale si era alzato con l’arrivo di alleati e, con loro, anche la possibilità che gli Dèi Norreni ci aiutassero. Gli elfi e i satiri non sembravano odiarsi particolarmente, e Chirone stava parlando ancora con Rachel, che Annabeth squadrava come se volesse strangolarla con la mente. Dopo qualche secondo, mi venne in mente una cosa che volevo chiedere.
«Ishir, scusa, posso farti una domanda?» chiesi, finendo il panino.
«Sì?» “
«Come mai tu sei… diverso dagli altri elfi che ho visto? Anche i tuoi compagni. Il mese scorso sono finito al tuo Campo, ma avevo visto elfi differenti da te» spiegai, sperando di non aver premuto un tasto dolente.
Invece, lui non sembrò offeso, anzi si mise a ridere.
«Quelli che hai visto erano Elfi Alti, detti anche Elfi Luminosi e sono molto più regali e simili a Divinità Minori. Noi siamo Elfi dei Boschi, siamo degli spiriti della natura, come le fate, e siamo simili ai Satiri» illustrò, facendo distrattamente crescere una piantina rampicante sulla gamba del tavolo.
«Capisco» dissi, pensando al fatto che, forse, avrei dovuto chiedere, se non fossi morto quello stesso giorno, ad Alex di ragguagliarmi sulla mitologia norrena.
Dopo qualche attimo, Rachel si unì a noi, cosa che Annabeth non prese molto bene, e si sedette con i suoi fratelli di Atena. Insieme alla rossa c’era anche Helen, albina e inquietante quasi quanto Alex senza un occhio.
«Ehi ,ragazzi!» ci salutò Rachel, accomodandosi accanto a me, cosa che non mi dispiacque per nulla.
Lei si guardò intorno e salutò Grover, che già aveva conosciuto e le presentai Ishir ed Astrid.
«Che ti è successo alla faccia?» chiese, ad un certo punto, indicando Alex senza un occhio.
«Smettetela di farmelo notare. Non l’ho fatto a posta» brontolò il ragazzo, esasperato.
«Crono gli ha cavato l’occhio con la falce» spiegò, Astrid, lanciandogli un’occhiata come per dire: “la prossima volta che provi a farmi venire un colpo del genere, ti chiudo in un bunker anti attacchi di Titani”.
«Be’, Rachel ha sconfitto Crono con una spazzola blu. È più forte di te» raccontai, facendo arrossire la diretta interessata, mentre il figlio di Odino scuoteva la testa, sorridendo esasperato.
«Allora, che ti ha detto Chirone?» domandai, mentre Rachel mangiava una mela.
Aveva ancora lo stomaco sottosopra per il volo.
«Solo che non sono obbligata a fare nulla. Mi ha spiegato qualcosa sulle mie visioni, ma non credo ci sarà molto d’aiuto per adesso» rispose, evasiva, mentre il suo sguardo si faceva triste.
Stranamente, Helen si fece avanti e le poggiò una mano sulla spalla.
«Ti ci abituerai, vedrai» disse, con un sorriso incoraggiante.
Avevo intuito a cosa si riferiva, ma questo non faceva altro che farmi pensare alla signora Castellan, impazzita per le visioni di un Oracolo imprigionato per volere di Ade in un corpo morto, destinato a far uscire di testa chiunque provasse a prenderne il posto. Pregai che Rachel non ci provasse. Sarebbe stato troppo pericoloso.
«Sentite, io non sto più in piedi, ho bisogno di riposare» borbottai, mentre mi alzavo.
Non mi piaceva lasciare sola Rachel – soprattutto con Annabeth nella stessa stanza –, ma avevo bisogno di un buon bagno e di dormire.
«Ci sono diverse stanze libere al terzo piano» mi informò Astrid.
«Grazie.»
Mentre andavo, incrociai Talia ed Einar che stavano discutendo su qualcosa che riguardava una Cacciatrice.
«Ehi, ragazzi!» li chiamai, correndo verso di loro.
«Percy, sei in forma per uno che non si è fermato per tutta la notte» commentò la figlia di Zeus.
«Certo» ribatté il figlio di Loki. «Bara: usa la Maledizione di Achille.»
«Smettetela, dài, non è così facile: sono stanco morto. Volevo sapere come va la situazione» sospirai.
«Per ora tutto a posto. Le mie Cacciatrici stanno controllando il perimetro. E, Percy… anche con gli elfi e i centauri…»
«Lo so. Ma dobbiamo avere fiducia. Se resistiamo, mio padre e gli Dèi Norreni arriveranno in nostro aiuto» la rassicurai, cercando di essere positivo.
«Non temete» affermò Einar, giocherellando con la sigaretta elettronica. «Sono certo che gli Dèi arriveranno presto, è solo questione di tempo.»
«Certo, ma arriveranno in tempo per salvarci o per seppellirci?» chiese, sarcastica, Talia.
«Lasciamo perdere. Senti, Einar, cos’è che avete detto ad Annabeth per farla scappare da voi?» indagai, cercando di cambiare argomento.
Non ne avevo proprio voglia di deprimermi ancora.
«Oh, niente. Le abbiamo solo spiegato che nostro padre è anche nostra madre, per alcuni di noi. Come per Alyssa… che Loki ha partorito» spiegò il ragazzo con un sorriso sornione.
«Oh capi– Cosa!?»
«Stai scherzando, vero?» domandò Talia, con un sorriso che voleva dire: “di’ che è uno scherzo, ti prego, prima che mi venga il voltastomaco”.
«Oh, no, dolcezza. Tremila anni fa mio padre si trasformò in una giumenta, si accoppiò con un cavallo e partorì Sleipnir, uno stallone ad otto zampe che donò ad Odino» disse Einar, con un sorriso strafottente stampato in faccia.
«Potrei vomitare» sentenziò Talia, dopo un secondo di silenzio attonito.
Da parte mia ero alquanto sorpreso. Immaginai un dio pazzo come Loki che sopportava il travaglio di una gravidanza che, a quel che sapevo, era anche piuttosto doloroso. Il padre di Alyssa doveva essere un gran bel pezzo d’uomo se aveva convinto Loki a sopportare il parto.
«D’accordo. Io vado a dormire» dissi, incamminandomi su per le scale.
Non sapevo che fare, ma avevo bisogno di una bella dormita e di qualche visione del campo di Crono per non avere incubi su Loki versione donna incinta, che partoriva un cavallo ad otto zampe. Era qualcosa di orrendo, persino per un dio.

 
∫ Einar ∫
 
Dopo aver lasciato Percy che se la squagliava e Talia che correva in bagno per la mia rivelazione improvvisa, decisi di tornarmene a letto. Avevo lasciato ad Alyssa il comando dei miei fratelli e avevo ordinato a Larry di andare a spiare i movimenti di Prymr insieme ai suoi amici ragni ad otto zampe – questo dopo aver assalito il tavolo dei figli di Atena.
Infatti, dopo qualche secondo si sentirono delle urla terribili provenire dalla mensa e, entrando, mi ritrovai davanti ai figli di Atena che correvano da tutte le parti, mentre i ragni si dileguavano nelle fessure e negli scantinati tra le risate generali degli altri semidei.
«Aiuto!»
Annabeth, al contrario dei suo fratelli, era saltata su una sedia e non sembrava molto intenzionata a scendere, dato che, sotto di lei, c’era l’unico ragno rimasto nella sala.
«Ehi, capo! Questa ragazza è proprio forte, sto morendo dalle risate, guarda!» sentii dire a Larry, mentre quello si avvicinava di pochi passi alla ragazza, che lanciò un urlo spaventato saltando sul tavolo.
«TOGLIETEMI QUESTA BESTIACCIA DA DAVANTI!» urlava, con gli occhi spaventati.
«È troppo forte! Voglio una zanzara per ogni urlo che lancia» commentò Larry, che se la rideva.
«Dai, Annabeth! Affronti ogni mostro che c’è, ma quel ragnetto ti spaventa?» chiese, ad un certo punto, Rachel, avvicinandosi e prendendo in mano come se niente fosse Larry.
«Anche questa rossa mi piace, capo. Puoi chiederle se mi dà una zanzara?»
«Dopo te la do io» gli dissi, mentre mi avvicinavo a Rachel, mettendole una mano sulle spalle, con il mio solito sorrisetto.
«Tu sei Rachel, vero? Sei proprio carina, Percy ha buon gusto.»
Sapevo che Annabeth mi stava lanciando un’occhiata di fuoco, perché, indirettamente, avevo permesso alla sua avversaria di pareggiare i conti.
«Sì… Tu devi essere Einar, Alex mi ha parlato di te» borbottò, allontanandosi da me.
«Capito. So che non sono figo quanto Percy, ma, se vuoi, io sono libero per uscire a cena con te, dato che ancora la mia altra spasimante non ha accettato» proposi, sorridendo furbo.
Annabeth sbuffò esasperata, allontanandosi da me e, soprattutto, da Larry che se la fuggiva, andando a svolgere il suo compito. Rachel, invece alzò gli occhi al cielo contrariata.
«Non sei il mio tipo, spiacente» disse in fretta.
«E se non la lasci in pace, ti cavo gli occhi» aggiunse, all’improvviso, Helen, che si era avvicinata con una calma incredibile.
«D’accordo. Hai vinto tu, tesoro» dissi in fretta, dileguandomi.
Ehi, che ci potevo fare: le ragazze e i ragazzi carini sono una mia pertinenza, soprattutto se non mi sopportano – come Rachel o Sarah –, soprattutto se sono vietate – come Karen –, soprattutto se hanno sofferto molto – Nico.
Uno dei lati positivi di essere un figlio di Loki è proprio questo: hai una visione molto ampia dei rapporti personali. Nonostante potessi rimanere a fare il cascamorto con ogni ragazza che mi capitava a tiro, decisi che non ne valeva la pena e mi incamminai verso la mia stanza – e quella di Karen che, stranamente, non se n’era andata. Si vedeva che era pazza di me.
Avevo ancora sonno e riposare mi aiutava a non pensare al fatto che, probabilmente, quell’idiota di mio padre mi avrebbe ucciso. Ma ovviamente un semidio può avere un sonno rilassante? Certamente no.
Infatti, mi svegliai di nuovo nella sala dei banchetti degli Dèi. Il trono di Heimdallr era smontato e Vidarr stava facendo di tutto per riparare i comandi del Ponte dell’Arcobaleno. Borbottava qualcosa che intuii fossero maledizioni contro Loki, mentre Heimdallr marciava avanti e indietro.
«Loki ci deve spiegare cosa sta succedendo… cosa starà tramando» bofonchiava il dio del Ponte, preoccupato.
«Solamente uno dei suoi scherzi. Lo riporteremo indietro e non combatteremo a meno che non siamo costretti» sentenziò Odino, soppesando Gungnir.
Grazie, Odino, sempre così gentile e felice di unirti a noi nella lotta. Soprattutto visto che erano tutti in armatura, come se dovessero scendere in guerra da un momento all’altro.
«Bah, qualsiasi cosa vogliate fare, non si andrà da nessuna parte, se non riparo questo aggeggio. Per me stesso, perché non ho aggiornato il sistema!?» ringhiò Vidarr, mentre ricollegava due cavi provocando un’esplosione che riempì la sua faccia di fuliggine.
«Il mio trono non è un aggeggio!» lo redarguì Heimdallr, con aria contrariata. «E se non andiamo per combattere, perché ci portiamo dietro le Orde?»
«Perché in caso ci attaccassero, avremo i nostri figli ad aiutarci. E magari per convincere il mio e i suoi a tornare indietro» spiegò Odino, contrariato.
Be’, almeno qualcosa di buono. Se fossero arrivati durante un attacco di Crono, allora sarebbero stati costretti a combattere.
All’improvviso, il sogno cambiò e ci trovavamo davanti alla piazza del palazzo delle Nazioni Unite. C’erano centinaia di mostri accampati, lì intorno. Alcuni affilavano le asce, altri riparavano armi e armature in fornaci di fortuna.
Appesi su delle picche c’erano i macabri trofei del nemico: pezzi di armature di semidei sconfitti. Poco più in là, il Drago Nero che Loki aveva convocato stava dormendo, quasi fosse estraneo a tutto. Al centro, Crono stava facendo roteare la falce intorno a se stesso con aria furiosa, mentre squadrava il luogo con disprezzo.
Accanto a lui, Ethan Nakamura giocherellava nervosamente con le cinghie del suo scudo, mentre quel bastardo-finta-copia-di-mio-padre Prometeo se ne stava impettito nella sua armatura greca, tranquillo come sempre.
Poco lontano, Hell stava in piedi con una frusta di fuoco legata al fianco, mentre Loki – quello vero – canticchiava indifferente, come se si trovasse ad una festa.
«Einar! Che ci fai nel mio sogno?» mi sentii chiamare da Percy.
Aveva l’aria evanescente di un fantasma e capii che stavamo avendo un sogno condiviso, cosa piuttosto tipica, per due semidei.
«Teoricamente è anche il mi. Sono appena uscito dalla sala dei banchetti dei nostri Dèi» spiegai, sedendomi accanto a mio padre, divertendomi a strangolarlo per finta.
Il figlio di Poseidone sbuffò, come se non fosse sorpreso.
«Sono appena uscito anche io dal Giardino di Ade. Non è una bella vista.»
Annuii, non volevo approfondire, soprattutto perché avevo la sensazione che a lui non avrebbe fatto piacere. Così ci decidemmo ad ascoltare la conversazione tra Crono ed i suoi sottoposti.
«Le Nazioni Unite… Come se gli uomini potessero essere “uniti” quando nemmeno i loro Dèi riescono a stare uniti. Ricordatemi di distruggere questo posto, una volta che avrò vinto» ringhiò il Titano, compiendo con la falce un ampio semicerchio, facendo tenere tutti a distanza.
«Certo, Signore. Ci occupiamo anche delle stalle di Central Park? So quanto odia i cavalli» disse pacatamente Prometeo.
«Non prenderti gioco di me! Quei centauri pagheranno per essersi intromessi, così come gli elfi! Li darò in pasto al Drago, per primo quello smidollato di mio figlio Chirone!»
«Che fine affascinante» commentò Hell, allegramente.
La parola “morte” l’aveva risvegliata all’improvviso. In quel momento, una luce baluginò in mezzo al gruppo e lì in mezzo apparve una bella donna, sulla trentina, con corti capelli scuri, un abito semplice, ma allo stesso tempo molto ben curato. Gli occhi erano verdi e dolci, come quelli di una madre, ma erano anche induriti dalla rabbia.
«Tesoro!» esclamò Loki con un sorrisone, attirando tutti gli occhi su di sé. «Come mai qui?»
«Tesoro?» chiese Percy, osservando sbalordito Loki che si beccava un bel ceffone dalla dea appena apparsa.
«Sì. Lei è sua moglie» spiegai, ghignando.
Non sopportavo Sigyn, ma adoravo quando se la prendeva con mio padre. Erano la coppia più impossibile del mondo.
«Loki, perché devi sempre cacciarti nei guai?» strepitò la dea, agitando le braccia isterica.
«Perché mi diverto» rispose lui semplicemente.
«Sei matto?» hiese furiosa. «Gli altri Dèi hanno scoperto che tu ti sei unito a questo… pazzo.»
«Io non sono pazzo!» ringhiò Crono, che, però, non ebbe il coraggio di attaccarla.
«Non preoccuparti, tesoro. Me la caverò come sempre» la rassicurò Loki, con un sorriso che sembrava quasi vero. Abbastanza da tranquillizzare la Dea.
«E sia. Ma sappi che non accetterò di aiutarti di nuovo» sentenziò Sigyn con un sospiro.
Dopodiché fisso Hell con astio e sparì in una colonna di luce.
«Come la odio» borbottò la dea degli Inferi, ringhiando come un lupo furioso.
«È pur sempre la tua mamma adottiva, saccottino. Non dovresti odiarla» la redarguì scherzosamente Loki, con un sorriso.
«Come fa quella dea a sopportare Loki?» mi chiese Percy, mentre Hell e Loki si dilungavano in un futile discorso su quanto Sigyn odiava i figli adottivi del marito – che erano taaaaaaaaaanti.
«Credimi: mio padre è una bomba a letto» risposi, ghignando. «Altrimenti come farebbe a tenersi in sposa la dea della fedeltà?»
«Dea… della fedeltà!?»
La faccia di Percy Jackson era impagabile: ricordava quella di un pesce fuor d’acqua che cercava ancora di capire come raggiungere di nuovo il liquido per lui vitale.
«Oh sì. La dea della fedeltà, Sigyn, è la moglie del dio degli inganni e dei tradimenti. Che bella coppia, eh? Immagina quant’è contenta lei di doversi sorbire tutti quelli come me: i figli illegittimi del suo bel maritino» dissi, ironico, mentre pensavo a quando lei aveva punito mia madre per la mia nascita.
Avrei voluto strangolarla, ma un po’ la capivo: Loki peccava come marito, come padre e come amante.
«Non è il momento!» sbottò, ad un certo punto, Crono, furibondo. «Nakamura! Libera il dragone.»
«Sì. Al tramonto, mio signore?»
«No, subito! I paladini dell’Olimpo sono stanchi e feriti e dobbiamo cogliere l’occasione prima che arrivino Odino e i suoi smidollati fratelli. Se avremo ottenuto la vittoria, loro se ne andranno, accettando l’atto compiuto, riportandosi i corpi dei loro figli a casa. Non potranno mai battere questo dragone. Ora basta cianciare! Eseguite i miei ordini, voglio l’Olimpo in macerie entro il tramonto!»
«Mi piace» commentò Hell sorridendo, con il suo volto sfigurato.
Ah, la mia dolce e cara sorellona divina.
«Ma, mio signore…» provò a protestare Ethan. «La sua rigenerazione…»
«TI SEMBRA CHE IO ABBA BISOGNO DI RIGENERARMI?» urlò il Titano, paralizzandolo istantaneamente.
Appena fu libero, il ragazzo crollò a terra, per poi correre via spaventato.
«Presto questa forma non sarà più necessaria ed io potrò rivelarmi nella mia vera forma. La vittoria è così vicina!» esultò il Titano, facendo roteare la falce.
«È pericoloso, mio signore» lo avvisò Prometeo, da buon leccapiedi. «Non sia impaziente.»
«Impaziente? Dopo tremila anni passati a marcire nelle profondità del Tartaro mi chiami impaziente? Da che parte stai? Forse ti stanno mancando i tuoi amichetti, gli Dèi. Vuoi unirti a loro, per caso?»
Il Titano minore impallidì. «Assolutamente no, mi sono spiegato male. I suoi ordini saranno eseguiti.»
«Bravo cagnolino» disse mio padre, ghignando, mentre prometeo gli lanciava un’occhiataccia.
Da qualche parte, dietro il complesso dell’ONU, un ruggito furioso scosse la città. Il dragone sembrò sollevarsi come un’ombra. Una bestia grande quasi quanto il Drago Nero del Nord che si svegliò e, soddisfatto, ruggì. Il loro verso combinato scosse la città, provocando una scossa tellurica, che svegliò sia me che Percy: eravamo nei guai.

 
koala's corner.
Scusate se ho ripetuto un po' di cose che aveva già detto la mia wolfie qui accanto virtualmente. Loki è veramente sposato con Sigyn, lo dice la mitologia.
That's why we love it!

E come potrete immaginare Einar e Sigyn non vanno d'accordo, un po' come suo padre. Solo che la dea della fedeltà ce l'ha a morte come lui.
Grazie mille per le recensioni - risponderemo a tutti, lo giuriamo sull'Isola di Foreseti -, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima!
  
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