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Autore: arwriter    15/04/2014    7 recensioni
AVVISO: Storia incompiuta.
Violenza, alcool, droga, autolesionismo: gli effetti collaterali di un duro passato subito da due adolescenti, le cui vite si incrociano, si innamorano, affrontano insieme il mondo. La storia di due ragazzi che cercano di salvarsi a vicenda. Due ragazzi che, quando pensano che il peggio sia finito, devono tornare a fare i conti con il proprio passato.
Una storia dedicata a tutti gli adolescenti che soffrono senza che nessuno se ne accorga.
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=hAI3oALI-Ow&feature=youtu.be
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Capitolo 5

Respirai profondamente. Un nodo mi riempiva lo stomaco e si estendeva fino alla gola, in modo da non farmi riuscire a pronunciare una singola sillaba. L’aria diventava più fredda, poi più calda, per poi ritornare più fredda. La mia pelle era più bianca del solito, potevo sentirlo dal dolore che si propagava nella mia testa. Nella mia vita non mi era mai capitato di dover raccontare una storia, la mia storia, ad altre persone, forse perché mai me l’avevano chiesto, forse perché mai avrei voluto farlo. Magari le due cose erano una la conseguenza dell’altra.
Tacendo, continuavo a compiere gesti involontari come arrotolarmi i capelli o mangiarmi le unghie. Avevo questi vizi fin da piccola, anche se cercavo di smettere.
Mattia poté notare la mia situazione d’imbarazzo e mi sorrise, come per incoraggiarmi.
«Io, ecco..» non riuscii a finire.
«Ciao, Mattia! Sono tornata, dove.. Oh, ciao, scusate il disturbo, davvero, non volevo disturbarvi..» entrò nella stanza una donna dai capelli scuri e dagli occhi grandi e azzurri, vestita in maniera molto elegante. Capii subito che era la madre di Mattia. Arrossii imbarazzata, ma forse lei lo era addirittura più di me. Non mi voltai verso Mattia, così non seppi che reazione ebbe.
«Non importa, mamma. Lei è Giulia. Giulia, lei è mia madre, Laura.» Mattia pronunciò queste parole con un tono abbastanza scorbutico.
«Piacere» dissi.
«Piacere cara.» mi rispose.
«Bene, mamma. Direi che ora puoi lasciarci da soli.» affermò Mattia.
«Non si preoccupi, signora, me ne stavi giusto andando.» dissi.
«No. Non te ne andare.» mi sussurrò Mattia a bassa voce. Io ormai stavo camminando verso la porta, Laura decise di accompagnarmi all’ingresso, mentre Mattia rimase coricato sul letto. Al varcare la porta, sentii il rumore di un oggetto appena caduto a terra.
«Con lui devi avere pazienza, ti posso capire.» mi disse Laura dolcemente.
Arrivammo quasi subito alla porta d’ingresso. «Sono molto felice che tu sia la ragazza di Mattia. Abbi cura di te, cara.» mi disse infine.
«Grazie mille, a presto.» conclusi. Ero davvero felice per ciò che la madre di Mattia mi aveva appena detto.
Nel cammino di ritorno, riflettei a lungo riguardo a Laura, per poi ricordarmi solo infine della conversazione interrotta. Non ero dispiaciuta, probabilmente non era il momento giusto, non me la sentivo ancora di dirgli tutto. Inoltre l’indomani Mattia non sarebbe potuto uscire, perciò sarei riuscita a sfuggire dall’argomento per un po’.
 
Tornata a casa, mia madre si arrabbiò con me perché in quel periodo non ero mai a casa, dicendomi che stavo mettendo da parte la scuola, cosa che non era mai successa. Io non la pensavo così, e oltretutto mi dava fastidio che le persone mi imponessero qualcosa; studiavo per me, e sapevo organizzarmi da sola. Odiavo litigare con i miei genitori: qualunque cosa mi dicessero non potevo ribattere, perché se no ero considerata arrogante.
Preferii assicurare loro che mi sarei impegnata molto a scuola invece che litigare, così tornai in camera mia e mi venne un’idea in mente: il giorno dopo avrei invitato Sol a casa mia per studiare, ma anche per parlare, visto che entrambe avevamo molte cose da dire. Non so cosa ci fosse in lei di diverso dalle altre amiche che avevo avuto, ma stranamente con Sol riuscivo a stare bene. Nella mia vita non avevo mai avuto amiche particolarmente presenti, forse a causa mia, perché non mi trovavo a mio agio con nessuno. Ma qualcosa mi spingeva a fidarmi di Sol, magari l’impellente desiderio di trovare una vera amica. Volevo molto bene alle mie compagne di classe, ma molte volte con loro mi sentivo fuori posto.
Inviai un messaggio a Sol: “Ehi, domani dopo scuola ti andrebbe di venire a casa mia?”
In attesa di una risposta, riflettei per qualche minuto su ciò che stavo vivendo; avevo una tale confusione in testa. In poco tempo avevo incontrato un ragazzo più simile a me di quanto potessi immaginare, che non aveva avuto una vita facile, e avevo scoperto che una mia compagna di classe, con cui non avevo praticamente mai parlato, era sua sorella. Mi chiesi cosa stavo davvero cercando nel mondo, se tutto ciò sarebbe stato la mia strada, se sarei stata felice. Prima la mia vita era totalmente vuota, passavo le giornate a far nulla sperando che qualcosa cambiasse. Era come se fossi affondata nelle profondità del mare: tutti si immergevano, ma nessuno aveva il coraggio e la voglia di arrivare agli abissi, per poi salvarmi.
Il suono del cellulare mi fece sobbalzare.
Ehi, certo va benissimo. Grazie dell’invito.”
Sapevo che si chiedeva perché l’avessi invitata; in realtà me lo domandavo anche io. Negli ultimi tempi avevo lasciato da parte tutto ciò che non fosse Mattia, forse questa sarebbe stata un’opportunità di avere qualcuno al mio fianco oltre lui.
Trascorsi la serata riflettendo di tutto ciò, per poi addormentarmi.
 
Il giorno seguente arrivai in classe in ritardo. Sulla lavagna il professore aveva già scritto la data, martedì 6 Dicembre 2011.
Come tutte le mattine, mi chiesi perché lo facesse, ma dopo poco lo ignorai. Inoltre non avevo la minima voglia di ascoltare la sua pessima lezione di matematica, non vedevo l’ora che fosse il pomeriggio stesso.
Al sedermi vicino a lei, Sol sembrò nuovamente soddisfatta. Ipotizzai che si chiedesse sempre cosa ci trovassi in lei, ma sembrava avesse lo stesso atteggiamento con me.
Le ore sembravano infinite, potevo sentire solo la voce del professore: tra me e Sol  regnava il silenzio, quel silenzio di due persone che hanno troppo da dire.
Passavo il tempo in cui mi annoiavo a contemplarla, a guardare i suoi magnifici occhi azzurri, ricchi di sfumature giallognole. Continuavo a invidiarla, ma stavolta non solo per il suo aspetto, ma per la sua continua forza, la sua tenacità, la sua capacità di essere sempre sorridente, nonostante tutto.
Negli intervalli intravidi Mattia più volte e lui mi notò, ma non ci salutammo neanche. Io camminavo per la scuola in compagnia di Chiara, Sol e Luca e, per pura casualità, al passare davanti al gruppo di Mattia, stavo chiacchierando e ridendo con Luca. Mattia ci fulminò con lo sguardo, facendomi arrabbiare molto: lui si trovava nell’atrio della scuola in compagnia di Daniel, Alessandro, un ragazzo di cui avevo appena saputo il nome che era quasi più antipatico di Daniel, e quell’odiosa oca, Sara. La detestavo. Dopo avermi vista con Luca, Mattia fece per andare ad abbracciarla, ma lo guardai malissimo e capì che sarebbe stata un’azione infantile.
 
Dimenticai l’accaduto da quando, all’uscita, mi concentrai su Sol. Ci avviammo verso casa mia, scambiandoci ogni tanto qualche sorriso, o parlando solo per mantenere attiva la conversazione, facendo considerazioni sul tempo o sulla giornata scolastica.
«Non passi molto tempo con Mattia» affermai a testa bassa «A scuola, dico.» mi guardò sorridendo.
«Si potrebbe dire la stessa cosa di te.» sogghignai.
Entrammo in casa, mangiammo velocemente e ci dirigemmo verso la mia stanza.
«Mi piace casa tua.» disse Sol. Mi limitai a sorriderle.
«Allora, che si fa?» chiese.
«Puoi sederti, fa’ come se fossi a casa tua. Studiamo biologia?»
Non mi rispose; notai che stava osservando le mensole della mia stanza nelle quali si trovavano i miei libri. Si soffermò su uno in particolare, “Il freddo dell’inverno”. Avevo letto quel romanzo  qualche mese fa, parlava di anoressia.
«L’hai mai letto?» osai chiedere.
«Me l’aveva consigliato Maria.» rispose a testa bassa. Inarcai il sopracciglio. Non avevo il coraggio di chiederle di più sull’argomento, ma lei lo capì da sola. «Era la mia psicologa. E’ la mia psicologa.» si corresse. Parlava del suo passato quasi apertamente.
«E ti è piaciuto?»
«Mi ha aiutata.» disse tranquillamente. «Iniziamo biologia?» concluse infine.
Non avevo alcuna intenzione di studiare, volevo solo parlare con lei. Aprì il libro per poi richiuderlo, quasi leggendomi nel pensiero.
«Come va con Mattia?» mi domandò.
«Non c’è male.»
«Vi siete sentiti dopo stamattina?»
«No.» risposi freddamente.
«E cosa aspetti a scrivergli?»
«Non ho intenzione di farlo.» mi guardò sbalordita.
«Sai che lui non lo farà mai?»
«E’ un problema suo. Lui ha sbagliato.»
«Lui invece pensa lo stesso di te. Non aspettare che siano sempre gli altri a chiedere scusa, farlo non ti costa nulla. A te importa di lui e questo lo so bene.»
Abbassai lo sguardo, non sapendo cosa rispondere.
«Fallo.» mi passò il cellulare, che si trovava sulla mia scrivania.
Esitando, accettai. Componendo il messaggio, ogni tanto alzavo gli occhi verso Sol come per chiederle se stavo agendo correttamente.
“Ehi, come stai? Non ci siamo sentiti per niente oggi.”
Ciò che avevo scritto non mi convinceva affatto, ma comunque inviai, facendo poi un cenno di affermazione a Sol, che mi sorrise.
«Hai fatto la scelta giusta.» disse.
La scelta giusta. Continuavo a ripetermi quelle parole mentre l’ansia aumentava aspettando la risposta di Mattia. O magari non avrebbe nemmeno risposto. Odiavo quando le persone non rispondevano ai messaggi, dimostravano quanto fosse inutile ciò che avevo scritto loro. Avrei preferito una risposta negativa invece che l’essere ignorata dalla gente.
Per fortuna quella volta non fu così: dopo qualche minuto Mattia mi rispose, il cellulare vibrò e sia io che Sol sobbalzammo.
“Scusami per oggi. Dove sei?”
Con lo sguardo fisso verso lo schermo, sorrisi buffamente, mentre Sol mi guardò divertita.
«Quindi? Ho fatto bene a dirti di scrivergli?»
«Mi ha chiesto scusa per oggi. Direi proprio di sì, grazie per tutto.»
«Sono io che devo ringraziare te.»
«No. Non so cosa ci trovi in me, come fai a sopportarmi.»
«Hai ragione, una qualunque persona forse non riuscirebbe. Una qualunque persona, subito dopo averti conosciuta, rifiuterebbe una seconda conversazione con te, penserebbe che sei strana, magari anche pazza.»
Alle sue parole, rimasi sbalordita. Inarcai il sopracciglio.
«Ma la realtà è che lo sono anche io, la realtà è che noi siamo molto simili. E’ per questo che riusciamo a “sopportarci”.» concluse infine.
Queste sue frasi mi permisero finalmente di comprendere ciò che mi sfuggiva, il motivo per cui volevo così tanto essere sua amica.
«Hai proprio ragione. Non so se te l’ho mai detto, ma ti voglio davvero bene.»
«Anche io.» affermò. «Ricordati che per te ci sono sempre.»
«Anche io per te, ovviamente.» risposi. «E con la nostra conversazione ho imparato molte più cose che studiando biologia.»
Rise.
«Se domani prendo un’insufficienza sarà colpa tua!» ridemmo entrambe.
«A me stranamente non importa nulla, potrei persino fare un’interrogazione da muta. La vita non è solo studio, e io in questo momento ho bisogno di confrontarmi con qualcuno. Purtroppo nessuno me ne ha mai dato l’opportunità.»
«Nemmeno a me, solo Mattia.» sorrisi, fiera di lui. «Non te lo lasciar scappare. Forse ha qualche difetto, anche molti, ma è davvero il migliore.»
 
La mattinata seguente, a scuola, continuavo a pensare alla chiacchierata con Sol del giorno prima: parlammo per molto tempo, fin quando sua madre non la venne a prendere. Ero davvero felice, non potevo chiedere altro. Avevo un’amica fantastica, avevo un ragazzo.. E, a proposito di Mattia, la mattina stessa non l’avevo ancora visto, ma decisi di andare a parlargli nell’intervallo. Era un po’ che non discutevamo e mi mancava.
Le ore passarono velocemente e la ricreazione arrivò quasi subito. I corridoi erano affollati, la moltitudine di gente si avvicinava al bar e alle macchinette. Mattia era seduto sul davanzale della finestra del bar, che dava sul cortile, e sorseggiava la sua coca cola insieme ai suoi soliti amici. Cercai di chiamarlo, ma non mi sentì, così fui costretta a raggiungerlo.
Alessandro fu il primo a notare il mio arrivo.
«Mattia, abbiamo visite.» scherzò. Lo fulminai con lo sguardo. «Stai tranquilla eh.»
Lo ignorai. «Vieni?» mi rivolsi a Mattia. Mi prese la mano e camminammo per i corridoi.
«Scusami ancora per ieri. Però anche io voglio delle scuse.»
«E di che? Stavo solo parlando con un mio compagno, non ho commesso un reato.»
«Ehi, non parlarmi così.» mimò una faccia dispiaciuta scherzosamente. Risi.
«Che scemo!»
«Dammi un bacio.» lo guardai alzando il sopracciglio, con espressione soddisfatta, ignorando la sua richiesta. «Muoviti!» il suo modo di scherzare mi faceva sorridere. «Dai, non chiedo molto.»
Afferrai la sua testa e la avvicinai al mio viso, dandogli un tenero bacio sulla guancia.
«Mi aspettavo di meglio.»
«Ah sì? Ok, mi hai offesa.»
Tentò di baciarmi e, ormai molto vicino alla mia bocca, suonò la campanella. Sorrisi soddisfatta.
«Troppo tardi.»
«Dopo non mi scappi.»
Niente avrebbe potuto rattristarmi in quel momento, o almeno così pensavo.
 
Quando tornai in classe, non era ancora arrivato alcun professore e i miei compagni erano divisi in gruppetti, seduti sui banchi.
Vicino alla finestra che dava sul cortile c’erano Miriana, Sofia, Giada e Chiara, mentre i maschi accerchiavano Sara, come sempre.
Mi domandai dove fosse Sol, quando improvvisamente entrò il professore. Sebbene l’intervallo fosse appena finito, avevo ancora bisogno di svagarmi un po’, così gli chiesi di andare in bagno, e mi rispose positivamente.
Camminai per i corridoi della scuola passando davanti a molte classi, tra cui quella di Mattia, affacciandomi alla porta per cercare di intravederlo, invano.
Arrivata al bagno delle ragazze, mi soffermai davanti allo specchio. Non mi piacevo, ma non era una novità; ci avevo ormai fatto l’abitudine. Aprii la porta del bagno e, con grande spavento, vidi Sol a terra.
Urlai d’impulso, ma dopo pochi secondi notai che non si era sentita male, era solo accovacciata in un angolo.
«Perché urli?!»
«E tu perché stai piangendo?»
«A volte mi succede, mi sfogo.»
«Mi hai fatta spaventare. Vieni in classe, il prof. si arrabbierà.»
«Mi interessa poco, ma va bene.» si alzò lentamente per poi seguirmi verso l’aula. Stranamente l’insegnante quasi non ci notò, pensai che probabilmente sapeva già dove si trovasse Sol.
Guardai il cellulare, c’era un nuovo messaggio da parte di Mattia.
“Oggi da me?”
Mia madre non voleva che io andassi a casa di Mattia, soprattutto se in casa non c’era sua madre, ma io la ignoravo.
Sapevo che, a casa sua, Mattia avrebbe voluto che finalmente gli raccontassi tutto, ma io non ce la facevo, avevo bisogno di essere sostenuta, avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse. Mi vergognavo perché la verità di Mattia era molto più dura della mia, ma nonostante ciò con me si era aperto liberamente, mentre io non ne avevo ancora avuto la forza.
«Ehi, che hai?» Sol notò la mia espressione perplessa.
«Oggi vado a casa di Mattia.» al principio mi guardò insospettita ma, dopo qualche secondo, capì.
«Non sai quanto vorrei dirgli tutto, sfogarmi con lui come lui ha fatto con me, ma io non riesco. Non ho mai avuto l’abitudine di parlare con nessuno, sono sempre stata sola.» dissi.
«Verrei con te.» quel condizionale mi incuriosì. «Ma non lo faccio perché ti voglio bene e voglio che reagisci. Di cosa potresti avere paura? Mattia ti accetterà sempre e comunque. Smettila di esistere, inizia a vivere.» sorrisi. Sapeva usare le parole giuste al momento giusto.
 
Il letto era in ordine, la biancheria nei cassetti, i libri sulle mensole, tutto era sistemato, forse anche i miei pensieri. Quando pochi minuti prima entrai in casa di Mattia, un brivido di ansia percosse il mio corpo. Ma, al varcare la porta della stanza di Mattia fu come entrare in un tunnel, il tunnel del passato. Tutto ciò che c’era in quella stanza rappresentava il suo passato, ed io non me n’ero mai accorta. Sulla mensola più alta della libreria potei notare una statua d’argento di un calciatore, circondata da qualche foto di lui da piccolo, con sua madre, ma la mia attenzione si soffermò su una in particolare. Si trovava dietro altre cornici e rappresentava un bambino e un uomo. Si trovavano entrambi in una strada, il bambino portava uno zaino in spalla e aveva un sorriso smagliante. Un uomo alto e robusto gli teneva la mano; portava dei pantaloni neri con giacca e cravatta abbinate. Lo riconobbi immediatamente.
«Ehm..» mi interruppe Mattia.
«Sì, scusami, mi ero incantata.» si avvicinò a me e mi baciò. Il nostro bacio non durò molto, ma in seguito rimanemmo inermi, guardandoci, mentre stringeva il mio collo con le sue mani. I suoi occhi azzurro ghiaccio erano così profondi che mi sembrò, per un momento, di affondarci dentro. Amavo scrutare ogni centimetro della sua pelle; da così vicino potevo notare le piccole imperfezioni del suo viso, che lo rendevano ancora più bello. Mi guardava in modo possessivo, quasi facendomi paura.
«Sono un disastro.» dissi infine.
«Anche io.» mi fece sorridere.
«Dico sul serio.»
«Non lo sei.»
«Rifiuto il mondo ma al tempo stesso il mondo rifiuta me.» mi guardò senza dire nulla. «Non dici niente?»
«Ora è il tuo momento di parlare.»
«Io.. Non so da dove cominciare. Non c’è un principio.» feci una pausa. «Ero innamorata.» strinse gli occhi. «Lui non corrispondeva, io ci stavo male, mi chiedevo cos’avessi di sbagliato. Dopo tanto tempo, l’anno scorso l’ho capito: ero diversa. Non capivo bene che significato avesse quella parola, ma era l’unico modo in cui riuscivo a definirmi. Iniziai a scoprire il mondo, il vero mondo, con occhi diversi, non più con gli occhi di un’ingenua. Pian piano persi quasi tutte le amiche che avevo. Fu come sognare e poi risvegliarsi di colpo, scoprendo un mondo mai visto, un mondo coperto di nero. L’unica persona diversa dalla moltitudine che mi circondava era Melissa, la mia migliore amica. Non la conoscevo da molto, ma già dai primi momenti mi aveva dimostrato di essere l’amica che sempre cercavo. Con lei riuscivo a parlare di qualunque cosa, dalle più misere alle più importanti, di segreti o di cose buffe. Era più piccola di me di un anno, nei suoi occhi c’era una grande ingenuità, ma quella ragazza riusciva a farmi credere, anche solo per alcuni istanti, che tra tante tenebre ci potesse essere un raggio di luce.» mi ascoltò molto interessato, senza dire una parola. «Lei riusciva a capirmi. E’ stata l’unica che è riuscita a capire quasi tutto di me. Sentivo che con lei potevo essere me stessa, raccontarle tutto. Condividevamo qualunque cosa; anche lei non stava passando un bel periodo a causa della sua famiglia. Era come se noi due, entrambe deboli, ci completassimo per formare qualcosa di più forte.» ripresi fiato, una lacrima scese dal mio viso. «La situazione stava degenerando; sentivo i miei genitori distanti, ma allo stesso tempo opprimenti, la scuola mi riempiva a tutti gli effetti. Detestavo tutti, ero sicura che nessuno sarebbe stato in grado di capire come mi sentissi. Tutto sembrava perso nella mia vita, e io mi sentivo vuota. Non c’è niente di peggiore che sentirsi il vuoto più totale, un disastro. Piangevo spesso, avrei voluto andarmene lontano, in un luogo dove le persone fossero state diverse. Non mi trovavo a mio agio con nessuno; molto spesso avevo tentato di uscire, anche con brutte compagnie, per tentare di essere come loro, per cercare la vera me stessa. Ma non ci riuscii.» rimasi per qualche secondo a fissarlo.
«C’è qualcos’altro, me lo sento.»
«Melissa era come te, molto spesso tirava pugni o calci contro il muro. Ma successivamente il suo modo di sfogarsi diventò l’autolesionismo. Per lei era molto difficile tutto ciò,  le sono stata molto vicino, ma anche io stavo molto male.»
«Hai mai provato a farlo anche tu?» abbassai lo sguardo.
«Una volta.» alzò un sopracciglio. «Qualche volta.»
«E quando è stata l’ultima?»
«Non me lo ricordo.» mi fissò dritto negli occhi. Aspettai qualche secondo, ma non disse nulla. «Forse un mese fa.» non riuscivo nemmeno a piangere. «Ora Melissa è solo cenere.»
«Cosa è successo?»
«E’ entrata nel mondo dei grandi.»
«E il ragazzo?»
«Edoardo appartiene al passato.»
Mattia iniziò a baciarmi sulle labbra per poi scendere al collo. Sentivo brividi ovunque, mentre le mie lacrime continuavano a scendere lentamente. Ritornò con il viso davanti al mio, asciugandomi le lacrime.
«Non voglio vederti così.» mi voltai per evitare il suo sguardo. «Te l’ho mai detto che ti amo?»
«No.»
Esitò, poi si avvicinò al mio orecchio.
«Ti amo.» mi sussurrò.
«Anche io.» risposi.
SPAZIO AUTRICE
Ciao a tutti, dopo tanto tempo ho aggiornato!
Devo dire che questo è stato il capitolo più difficile da scrivere, nella parte di Giulia non è stato facile.
Voi che ne pensate? Secondo voi come continuerà? Fatemi sapere le vostre aspettative!
Ringrazio come sempre i lettori sileziosi, le 29 recensioni e le persone che hanno inserito la storia tra preferiti/seguite/ricordate, GRAZIE!
Non aggiornerò a breve per via delle vacanze di Pasqua e perché ho bisogno di un momento di pausa.
Grazie ancora a tutti, buone vacanze!
 
  
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