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Autore: StellaBieber98    16/04/2014    21 recensioni
"Come fai a farlo?"
"A fare cosa?"
"Ad essere sempre nel posto giusto, al momento giusto. A proteggermi..."
"E' quello che so fare meglio Jenny: prendermi cura di te."
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardian Angel
 
 


Whisper three words and I'll come runnin'

Flight
And girl you know that
I'll be there
I'll be there

You are not alone
I am here with you
Though we're far apart
You're always in my heart
You are not alone “
-Michael Jackson ♥ You Are Not Alone ♥

 

Traduzione

Sussurra tre parole e io verrò correndo..

volo
E ragazza tu sai che
Io sarò lì
Io sarò lì

Tu non sei sola
Io sono qui con te
Anche se tu sei lontana
Sei sempre nel mio cuore”


 


 


 

PROLOGO

“Mamma, perché papà tossisce sempre?” Chiesi a mia madre un giorno d’autunno. Lei si piegò sulle ginocchia per arrivare alla mia altezza e fissando il suo sguardo nei miei occhi, mi disse: “Tesoro, non devi preoccuparti, papà è solo un po’ raffreddato ma gli passerà…Ricordi quando anche il nonno tossiva sempre e tu venivi nel mio letto perché non riuscivi a dormire?”

“Si ma ero piccola! Ora non ho più paura!” Le dissi con l’ingenuità che solo una bambina di cinque anni poteva avere.

La mamma mi diede un bacio sulla fronte e disse con fare e tono rassicurante: “Certo adesso tu sei diventata una signorina e… lo sai cosa fanno le ragazze grandi?”

“No, cosa fanno?” le chiesi con una certa impazienza di conoscere la risposta.

La mamma mi sorrise: ” Le ragazze grandi non fanno mai ritardo agli appuntamenti e la mamma ha una riunione tra dieci minuti, siamo già in ritardo”. Si avvicinò all’appendiabiti, prese il mio cappottino color lavanda e, dopo avermi aiutata ad infilarlo, si avvicinò alla porta d’ingresso, l’aprì, ma vedendo che io non la stavo seguendo si fermò e con un’espressione divertita tornò indietro dicendo: “Lo so che non ti piace aspettare la fine delle mie riunioni nel mio ufficio, però ti prometto che questa sarà l’ultima volta perché ho trovato una babysitter che si prenderà cura di te quando io sarò a lavoro! Adesso vai a prendere la tua bambola e andiamo”. Vedendomi ancora perplessa aggiunse: “ Sei proprio una tipa testarda tu!! E va bene, facciamo un patto: tu vieni con me a lavoro e quando finisco ti porto al parco a prendere un gelato, che ne dici?”

“Il gelato che mi piace tanto? Quello con tre gusti e le scaglie di cioccolato?” dissi, decisa a trattare sulla mia ricompensa.

“Proprio quello!” mi rispose la mamma “Ma adesso”- continuò- “vai a prendere la bambola di pezza, quella rossa che ti farà compagnia mentre io non ci sarò”.

“Posso portare quella blu? E’ da tanto che non gioco con quella!” protestai, ma la mamma mi ripeté di prendere quella rossa.

“Mamma ma è un mio gioco voglio scegliere io con che bambola giocare e poi perché insisti così tanto!” le dissi sbuffando.

La mamma prese le chiavi della macchina dal centrotavola e si avviò verso la porta, che era rimasta aperta, si voltò un’ultima volta verso di me e, con tono un po’ più severo di prima, mi disse: “Basta Jenny, fa’ come ti dico, prendi quella bambola e non fare domande. Quando sarai più grande capirai il motivo della mia insistenza. Dai andiamo!”. Detto ciò si avviò verso la macchina; io presi la bambola e la seguii.

La Mercedes nera di papà era parcheggiata appena fuori dal cancello della villa e mamma mi invitò a salire su quella macchina. Ma la macchina di mia madre era l’ultimo modello di Mercedes e poi era di un acceso color lilla. Risi di gusto quando ipotizzai che papà stava girando per Londra alla guida di una macchina di quel colore e piena di peluches rosa.

Non capii perché si erano scambiati la macchina, ma non ci pensai molto. Dopotutto non era un mio problema e non mi interessava neanche più di tanto.

Raggiunsi la mamma vicino alla macchina. La vidi un po’ preoccupata ma pensai che forse era per il ritardo. Così non prestai attenzione neanche a quello e aprii la portiera, mi sedetti sul sedile del passeggero e, mentre stavo per richiuderla, vidi un uomo avanzare verso di noi. Anche lui mi guardò, poi si girò per dire qualcosa ad un altro uomo che era al suo seguito e notai che aveva uno scheletro tatuato sulla nuca. Continuava a guardarmi e si avvicinava sempre di più a noi. Guardai la mamma e, indicandolo, le chiesi: “Mamma, ma chi è quell’uomo che sta venendo verso di noi? Un tuo amico?”. La mamma guardò anche lei nella direzione da me indicata e, per la prima volta, vidi un lampo di terrore riflesso nei suoi occhi.

Mise la mano sul mio sportello e lo chiuse impetuosamente, poi fece il giro della macchina, impaziente e si sedette al posto di giuda; ingranò la marcia, mise subito in moto e la macchina partì velocemente con una stridente sgommata . Guidava a grande velocità e dallo specchietto vidi che quell’uomo era salito su una Gip e ci stava seguendo, anche lui guidando in modo spericolato.

“Mamma che sta succedendo? Ho paura!” le dissi con il volto rigato di lacrime.

“Stai tranquilla tesoro, andrà tutto bene. Non devi avere paura di niente, siamo quasi arrivate! Mettiti la cintura di sicurezza, tra un po’ sarà tutto finito!” mi disse evidentemente in preda al panico, dal momento che le tremava la voce.

Feci come mi aveva detto.

Dopo il prossimo semaforo, riuscivo a vedere l’azienda di famiglia, dove eravamo diretti. Era in un vicoletto isolato dal resto della città e non era molto lontana. Solitamente la strada principale che portava al vicolo era molo affollata, ma stranamente, non c'era nessuno in quel momento. La mamma accelerò di colpo, non curandosi del semaforo, facendomi andare all’indietro ma poi qualcosa le sbarrò la strada e fu costretta a frenare. Di colpo andai in avanti e la cintura di sicurezza fu l’unica cosa che si frappose tra il mio corpo e il parabrezza e che mi impedì di sfondarlo.

La mamma era tutta sudata e prese in fretta la borsa, afferrò il cellulare e mentre pigiava i tasti si ripeteva in preda al panico: “Non doveva andare così!”.

La osservavo come pietrificata, quando accadde tutto in un attimo. Qualcuno prese la mamma e la buttò fuori dalla macchina facendola cadere per terra.

La legarono, mentre lei si dimenava per liberarsi.

Non prestarono attenzione a me o perché non mi videro o perché per loro non ero importante.

In un primo momento non reagii, paralizzata dalla paura, ma poi gridai forte il suo nome e fu come ricordare a quegli uomini che c’ero anche io in macchina.

Ero troppo piccola allora per accorgermi del vitale errore che avevo compiuto.

Mentre tenevano stretta la mamma per impedirle di scappare, il tizio con il tatuaggio sulla nuca gridò ad un uomo che aveva al suo fianco: “Prendete quella ragazzina!”.

Mentre la mamma gridava: “No vi prego, lasciatela stare!”, caddi come in trans e tutti i suoni arrivarono al mio orecchio ovattati.

L’unica voce che sentii distintamente proveniva da me stessa:

SCAPPA, diceva e così decisi di ascoltarla.

Mi precipitai fuori dalla macchina e corsi andando a finire sull’altra corsia. Un omone mi era alle calcagna e io correvo, correvo senza sosta.

Le gambe mi facevano male ma non aveva importanza: dovevo correre era l’unica cosa che sapevo con certezza di dover fare.

Ero quasi arrivata all’azienda, quando quell’uomo mi afferrò la gamba, facendomi cadere per terra. Mi tirava verso di se, quando ad un tratto una luce accecante lo abbagliò e la sua mano iniziò a sanguinare come se la mia caviglia gliel’avesse bruciata, così mollò la presa. E mentre mi rialzavo e ricominciavo a correre per allontanarmi da lui il più possibile lo vidi torcersi e gridare, lacerato dal dolore.

Arrivai davanti l'azienda e sbattei i pugni sul cancello di ferro. Vidi tutti i dipendenti di mio padre affacciati alle finestre che mi guardavano, immobili. Era come se già sapessero e non avessero la minima intenzione di aiutarmi.

In preda alle lacrime, gridavo loro di farmi entrare, ma nessuno si muoveva. Ad un tratto sentii una forte esplosione. Mi girai di scatto e vidi ciò che mi avrebbe segnata per il resto della mia vita: il posto in cui quegli uomini avevano preso la mamma saltò in aria, con la stessa rapidità con cui si accende una lampadina. Mi girai ancora verso i cancelli e l'ultima cosa che vidi furono gli occhi di mio padre e di mio nonno che, rammaricati, mi guardavano da una finestrella dell'azienda, poi saltò in aria anche quella e fui assalita dalle fiamme. Prima di chiudere gli occhi osservai la torre a scacchi nera e bianca, dove usciva uno strano gas, infine il nulla.
****

Mi risvegliai immersa nella luce più chiara e limpida che avessi mai visto; non riuscivo a respirare, né a capire dove mi trovassi. Era come se il mio cervello fosse scoppiato con quella esplosione, insieme ai miei.

Mi alzai tremando, e gridai con tutta la voce che mi era rimasta il nome dei miei genitori.

Incominciai a camminare senza una meta precisa, accecata da una luce bianca luminosissima.

Ad un tratto vidi un bambino vestito di bianco avanzare verso di me. Appariva e scompariva. Si avvicinò, mi sorrise dolcemente, poi mi sussurrò dolcemente: "Non è ancora il tuo momento; svegliati Jennifer, svegliati!"
  ****

Quando mi risvegliai ero in un letto di ospedale e sentivo delle voci confuse intorno a me; dicevano: "Svegliati, ce la puoi fare piccola, avanti! Non mollare, puoi farcela, sappiamo che puoi farcela".

Dopo dodici anni...


 


 


 

Read me...

Ciao cucciole, ecco per voi una nuova storia.

Che ne pensate?

Ci ho messo circa 2 ore a fare il banner, spero che vi piaccia.

Volevo comunque dirvi che continuerò Housemate

e contemporaneamente anche questa ff, spero che vi piacerà.

Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, è davvero

importante per me. Lasciate qualche recensione per la continua.

Un bacione, Stella <3

  
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