Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: syontai    16/04/2014    6 recensioni
Un mondo diviso in quattro regni.
Un principe spietato e crudele, tormentato dai fantasmi del passato.
Una regina detronizzata in seguito ad una rivolta.
Una regina il cui unico scopo è quello di ottenere sempre più potere.
Un re saggio e giusto da cui dipendono le ultime forze della resistenza.
Una ragazza capitata per il volere del destino in un mondo apparentemente privo di logica, e lacerato dai conflitti.
Una storia d'amore in grado di cambiare le sorti di una guerra e di tutto questo magico mondo.
This is Wonderland, welcome.
[Leonetta, accenni Pangie, LibixAndres e altri]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





Capitolo 32

Trappola floreale

La sera delle festa era giunta, e il gruppetto capitanato non da Andres, bensì da Federico, il giorno prima era arrivato a Fiordibianco e avevano alloggiato alla taverna, definendo gli ultimi dettagli del loro piano. Alla luce di una lampada ad olio, riuniti intorno a un tavolino in fondo alla sala confabulavano, ripassando ciascuno i propri spostamenti.
“Io, Maxi ed Emma, quindi, ci confonderemo con la servitù” esclamò Broadway, guardando i suoi compagni negli occhi uno ad uno. Andres annuì.
“Esatto. Dj invece verrà con noi e si fingerà il nostro consigliere”. Il mago fece un respiro profondo e cercò di balbettare qualcosa, ma venne fermato dal conte Acosta, che invece guardava insistentemente un punto preciso della mappa.
“Durante la festa ci saranno dei fuochi d’artificio voluti dalla stessa regina Natalia, e tutti gli invitati si affacceranno sul balcone che si affaccia sulla piazza principale, quella di fronte all’ingresso. Dovrete approfittare di quel momento per sgattaiolare via senza che qualcuno si accorga della vostra assenza. A questo punto arriva la parte più pericolosa, perché quell’ala del castello, dove dovrebbe essere custodito l’elmo è stata resa inaccessibile da parecchi anni. Precisamente da quando la regina di Fiori è stata deposta”. Prese una pausa, in cui il ricordo di quel giorno orribile prese inevitabilmente il sopravvento. “Ci sono guardie che controllano che nessun curioso possa metterci piede. Di quelle ve ne dovrete occupare voi, ma forse con i fuochi d’artificio non attirerete l’attenzione”.
“Io, veramente…” tentò di dire Dj, ma venne nuovamente bloccato, questa volta da Maxi.
“Dovremmo darci un luogo d’appuntamento” disse, riferendosi ad Andres.
“Io vi consiglio qui”. Federico indicò un punto del palazzo, vicino all’ingresso. "Questo punto è accessibile sia attraverso la scalinata che conduce al ricevimento, alla quale i coniugi Herrero prenderanno parte, sia dalle cucine, dove voi vi intrufolerete come servitù. Tutto chiaro?” concluse, ripiegando la cartina con cura, e infilandola in un taschino interno della giacca di velluto verde bottiglia.
“Ma vi stavo dicendo che io…”. Il mago boccheggiava, ma un profondo sbadiglio di Andres, non gli permise ancora una volta di cominciare il discorso che intendeva fare, sebbene lo ritenesse di massima importanza.
“Insomma, domani sarà una vera e propria caccia al tesoro!” mormorò il capo, alzandosi in piedi e stiracchiandosi. “Proprio per questo penso che dovremmo andare tutti a dormire, ci attende una giornata piuttosto movimentata” ironizzò, prima di allontanarsi dal tavolo, e percorrere la scricchiolante scala di legno che conduceva alle stanze della locanda.
Broadway fu uno dei primi a chiudersi nella sua stanza, e tirò fuori la moneta dorata, che si rigirò tra le mani. Il suo lasciapassare e la sua fonte di ricchezza. Prese un calamaio posto su uno scrittoio della stanza, e sebbene l’inchiostro si stesse quasi per seccare, vi intinse la piuma d’oca. Scrisse una lettera sulla superficie dorata dell’oggetto. Qualche secondo dopo la lettera venne completamente assorbita, e la moneta tornò priva di schizzi d’inchiostro, come prima che vi appoggiasse la punta della piuma. S…T…Trascorse tutta la notte a scrivere una lettera dietro l’altra, finché non fu soddisfatto delle informazioni date e non potesse così coricarsi. Il giorno dopo avrebbe dovuto giocarsi abilmente le proprie carte, perché il suo ruolo di spia sarebbe venuto fuori prima o poi, e per allora doveva essere pronto.
 
Dall’altra parte della città, nel castello, un cavaliere di Fiori si rigirava una moneta dorata tra le mani, identica a quella di Brodway, mentre un altro si appuntava ad una ad una le lettere che comparivano su essa. “S…T…” cominciò ad elencare quello più giovane, incitato dal suo compagno più anziano.
“Sta facendo un buon lavoro” ghignò il giovane, lasciando trapelare nello sguardo un lampo di eccitazione.
“Gonzalo, pensa piuttosto a continuare a dettarmi le lettere”.
Gonzalo represse un altro ghigno, cercando di sembrare più serio, per fare buona figura di fronte al suo superiore. La dettatura continuò, lettera per lettera, fino a quando la moneta, da incandescente che era diventata non tornò gelida.
“Stanno arrivando…Domani…Herrero…Travestiti…Ala Inaccessibile” rilesse attentamente il cavaliere che aveva scritto fino a quel momento.
“Quindi hanno intenzione di agire domani, durante il ricevimento della regina Natalia!” esclamò Gonzalo febbricitante, mentre un lampo maligno attraversava i suoi occhi verdi.
“Troveranno una brutta sorpresa” disse l’altro sbadigliando, prima di alzarsi e afferrare la pergamena.
“Dove va, capitano?”.
“A riferire alla regina ciò che abbiamo scoperto”.
Dette quelle ultime parole il capitano dell’Ordine dei Cavalieri di Fiori, lasciò la piccola stanza debolmente illuminata da una candela tenuta al sicuro dagli spifferi grazie ad un portacandela le cui pareti tonde e lisce di vetro permettevano una buona illuminazione.
Il corridoio risuonava unicamente dei suoi passi, mentre attraversava i corridoio del palazzo per raggiungere la stanza della regina, nell’ala nord-ovest. Nella sua mente mille pensieri vorticavano in cerca di ordine, ma più ci pensava più i vari tasselli di quel complicato rompicapo si mescolavano, confondendolo più di prima. Nonostante fosse ai vertici della piramide sociale di Fiori, ancora molti oscuri meccanismi non gli erano chiari, e la presenza di alcune importanti personalità, tenute volutamente nascoste, non aiutava certo a capire.
Bussò alla stanza delle regina, e quando solo dopo un po’ sentì un flebile ‘Avanti’ il capitano capì che la donna non dovesse essere sola. Non appena entrato infatti, la vide seduta ai piedi dell’enorme letto a baldacchino, che tra tendaggi e coperte copriva quasi tutte le tonalità dell’azzurro, in compagnia di una ragazza dai lunghi capelli biondi e mossi, raccolti in una treccia ordinata. Sul capo indossava un diadema argentato, e i suoi occhi erano scuri e profondi. Indossava un semplice vestito violetto che però aderiva perfettamente al suo corpo, quasi come una seconda pelle. Era la classica donna che con il suo fascino come arma poteva essere un sinonimo di pericolo. Le mani piccole e affusolate poggiavano sulle gambe con grazia, e il controllo che aveva di ogni sua emozione era invidiabile. Non appena vide entrare l’uomo, la donna emise un risolino compiaciuto, ma per nulla sciocco. Era in grado di incutere timore e rispetto anche solo con una risata, intrisa di dolcezza e veleno.
“Il nostro capitano è arrivato” trillò, lanciando poi uno sguardo ben poco promettente a Natalia, che fece un cenno all’uomo, che si era inchinato, di alzarsi.
“Mia signora” salutò prima la regina di Fiori, e poi si rivolse alla sua compagna. “Regina Ludmilla”. Ludmilla Ferro era la regina di Quadri, e quasi tutti erano a conoscenza del suo passato torbido quanto volutamente poco chiaro. In seguito alla morte dei genitori per una grave malattia, che gli aveva lentamente prosciugato la linfa vitale, Ludmilla poteva ben vantarsi del titolo delle regina più giovane nella storia del Paese delle Maraviglie, insieme a Francesca, ormai deposta. Amava indossare gioielli sopra ogni cosa, e le sue pietre preziose preferite erano indiscutibilmente i rubini. Quella sera però, in assoluta semplicità, portava solamente una collana di zaffiri, non appariscente, ma comunque molto elegante, con un piccolo delfino argentato, simbolo della sua casata, insieme al simbolo del Regno.
“Ludmilla stava per ritirarsi nelle sue stanze” si affrettò a spiegare Natalia. Non muoveva un muscolo, ma il tremolio delle mani tradiva il suo terrore. Il capitano aggrottò la fronte, ma non disse nulla. Quale relazione poteva mai esserci tra Natalia e Ludmilla? Da quando però la vera erede al trono era stata deposta effettivamente i rapporti tra Fiori e Quadri erano di gran lunga migliorati, fino a diventare fedeli alleati, ma non capiva cosa portasse le due donne a conversare insieme a quell’ora della notte nella stanza della regina. Dimenticò ogni sospetto, e si concentrò su quello che più gli premeva: riferire del piano che avevano scoperto grazie alla spia.
“Hanno intenzione di rubare l’elmo di Fiori, mia signora. E lo faranno esattamente domani”. Consegnò la pergamena con scritto quello che erano riusciti a scoprire.
“Non è molto dettagliato” notò Ludmilla, buttando l’occhio su ciò che vi era scritto. Natalia strinse il foglio che teneva in mano, ma non disse nulla.
“Ti avevo detto, mia cara, di anticipare l’arrivo dei miei uomini per portare quell’elmo al sicuro, ma non hai voluto darmi retta! Non saranno qui prima di tre giorni” osservò indispettita, prima di scattare in piedi.
“Mi scusi se mi permetto, ma credo che l’elmo sia un cimelio di Fiori, e dovrebbe rimanere all’interno del castello, dove…”. Il capitano non finì il discorso, incenerito con lo sguardo dalla Ferro, che guardava Natalia con fare oltraggiato.
“Non mi interessa! Nel mio castello lo scudo è al sicuro grazie alle mie doti e alle mie abilità innate di incantatrice, ma qui…che protezione potete dargli qui?” sbottò con furia.
“I maghi al mio servizio hanno creato una realtà illusoria” spiegò la regina. “Una sorta di mondo all’interno del castello. E lì l’elmo è custodito con cura, non riusciranno mai a prenderlo. Ho fatto piazzare numerosi trappole”.
Ludmilla alzò le mani al cielo stizzita, quindi prese un respiro profondo per calmarsi.
“D’accordo, d’accordo! Spero per te che l’elmo rimanga al sicuro, almeno fino a quando non arriveranno i miei uomini. Ricorda, Natalia, mi devi quell’oggetto magico fin dal principio, e abbiamo portato avanti le trattative anche troppo a lungo per quel che mi riguarda”.
Natalia annuì con aria affranta, quindi congedò l’uomo che ben poco aveva capito di quella conversazione. Rimasero solo le due donne a studiarsi vicendevolmente.
“Sto già facendo tutto ciò che mi hai chiesto. Ho rispettato la tua volontà, promettendoti fedeltà, e facendo in modo che anche il mio popolo ti fosse fedele. Che altro vuoi da me?”. La regina di Fiori era sull’orlo delle lacrime, ma questo non sembrò smuovere affatto l’animo insensibile della Ferro, che rispose con un sorriso sghembo.
“Tu hai voluto il mio aiuto, e tu ne pagherai le conseguenze”. Si avvicinò pericolosamente alla donna, che nel frattempo si era alzata, e le sfiorò un ricciolo, avvicinandosi all’orecchio con crudele malizia.
“E non sarò soddisfatta finché quell’elmo non sarà nelle mie mani” sibilò minacciosa, per poi allontanarsi con un falso sorriso indulgente.
“Poi sarò libera di gestire il Regno a modo mio?”.
“Devo congedarmi, domani devo partire assolutamente per raggiungere il Regno di Cuori” sbadigliò la donna, ignorando la precedente domanda.
“Il mio consigliere arriverà tra tre giorni, recupererà l’elmo che tu gli darai, e dopo essersi assicurato che la transazione sia andata a buon fine, mi raggiungerà sul confine. Non deludermi, Natalia, o di Fiori vedrai solo le macerie e un Regno sul filo della distruzione” la avvisò, salutandola con un cenno della mano, e uscendo dalla stanza.
Natalia si gettò sul letto, e diede sfogo alle sue lacrime. In fondo se l’era meritato; era finita nelle grinfie di quella ragazza senza cuore per una sua scelta. Accecata dalla gelosia e dall’orgoglio aveva agito senza pensare alle conseguenze, che adesso si concretizzavano davanti a lei, mettendola dinanzi a una strada a senso unico. Non aveva più scelta, era in trappola.
E mai come quel momento avrebbe desiderato poter tornare indietro nel tempo, e cambiare quel maledetto ‘accetto’ che l’aveva condotta alla rovina.
 
Andres attendeva impaziente in una carrozza, presa a nolo dal conte Acosta, che Libi fosse pronta. Indossava un elegante abito blu notte che però lo metteva notevolmente a disagio. Continuava ad assestarsi il morbido colletto di velluto nero, e si stirava le maniche infastidito. Portava anche una cappa nera, i cui lacci intorno al collo, terminavano con due gemelli argentati, con incastonati due zaffiri. I cavalli nitrivano, più impazienti di lui, e Maxi si era improvvisato cocchiere, affiancato da Broadway.
“Ma quanto ci mettono Federico e Libi ad arrivare?” sbuffò il primo, tenendo le redini, e cercando di trasmettere sicurezza ai cavalli.
“Mancano anche Emma e Dj” notò l’altro.
Come se fosse stata appena invocata, Emma fece il suo ingresso nella carrozza. Era arrabbiata e nervosa, come se avesse preso un cazzotto allo stomaco, ma non avesse avuto il tempo e la possibilità di rispondere a dovere. Andres si affacciò dalla carrozza, e capì il motivo di tutto quel nervosismo: come non poteva essere gelosa di quello spettacolo? Di fronte a lui, affiancata ai lati da Dj e il conte Acosta, Libi appariva in tutto il suo splendore. Indossava un abito di un lucente turchese, che le fasciava morbidamente il busto, prima di aprirsi in una gonna non troppo ampia, da cui si intravedevano delle scarpette argentate. Intorno al collo risplendeva un collier di diamanti, mentre i capelli, resi ancora più lisci e scuri del solito, forse grazie all’intervento di Dj, erano raccolti in un elegante chignon. Chiunque avrebbe scambiato quella ragazza per un membro dell’alta società. Più si faceva avanti più Andres deglutiva e sentiva le mani sudare senza controllo. Mai aveva visto Libi come una vera e propria donna, dal fisico atletico ma non sgraziato, alle labbra rosate, rese più invitanti con un filo di rossetto. La ragazza traballò un po’, ritrovando poco dopo l’equilibrio, e continuò a camminare, cercando di non curarsi degli sguardi puntati addosso, soprattutto quello di Andres, che sembrava essere rimasto impalato come uno stoccafisso. Il ragazzo scese i due scalini della carrozza e fece un goffo inchino, prendendole la mano, avvolta da un guanto bianco di stoffa finissima. Lasciò su di esso un delicato bacio, guardandola negli occhi, e la vide avvampare. Nessuno dei due sapeva cosa dire, e rimasero l’uno di fronte all’altro, cercando di non far notare quanto si sentissero attratti l’uno dall’altro.
“Stai…bene” si decise a dire infine.
“G-grazie…anche tu stai molto bene” rispose Libi.
Una serie di fischi da parte di Maxi la fece diventare ancora più rossa se possibile.
“Libi, ma sei uno schianto!” urlò il cocchiere, facendo innervosire i cavalli, che nitrirono scalpitando. Andres lo incenerì con lo sguardo, e si schiarì la gola.
“Sarà meglio andare. Non dimentichiamoci della nostra missione”.
Libi annuì, scostandosi un ciuffo ribelle dal viso, e portandolo dietro l’orecchio. Certo, con quel vestito, non sapeva come sarebbe potuta essere utile nel caso si fosse scatenata una battaglia, ma Dj fortunatamente aveva trovato un modo per aiutarla. Quella era la sua serata, il suo turno di essere una principessa, ma non avrebbe dimenticato che aveva uno scopo. E a costo di pagare il prezzo con la vita, avrebbe fatto in modo che i suoi compagni recuperassero l’elmo magico.
La carrozza avanzava silenziosamente, una volta aperti i cancelli del palazzo, lungo il viale, e deviò appena per dirigersi verso le scuderie. Federico nel suo elegante abito viola acceso tirò fuori tre inviti, e ne porse due ad Andres.
“Questi sono per te e la tua consorte. Gli inviti per la festa per i coniugi Herrero, ossia voi” sottolineò il conte, lanciando uno sguardo verso un punto preciso dell’edificio.
Emma guardò quegli eleganti inviti al ricevimento passargli sotto il naso, e finire tra le mani del capo, che guardava il loro nuovo alleato con un misto di compassione e fierezza.
“La salverai”.
“Scusa?” chiese Federico, stupefatto.
“La persona che deve essere salvata. La salverai, perché noi ti aiuteremo”. Il nobile scosse la testa.
“Voi avete una missione, e io la mia. Non potete permettervi perdite di tempo”.
“Non saremmo qui senza il tuo aiuto!”
“Io l’ho fatto per un mondo migliore, non per voi. L’ho fatto perché credo negli ideali di Pablo, perché spero che quando questo incubo sarà finito, la giustizia regnerà nei quattro Regni” spiegò Federico. I suoi occhi brillavano ardimentosi. Andres si stupì delle parole del ragazzo: non vedeva lo stesso rancore che provava lui, lo stesso odio per quel mondo morente, al contrario assomigliava a lui quando aveva ancora degli ideali, e lo invidiava per non aver vissuto le atrocità di una guerra.
Non ebbe il tempo di rispondere che la carrozza si fermò e le porte si aprirono, mostrando due valletti incaricati di accogliere gli ospiti e accompagnarli all’entrata del palazzo.
“Si comincia” mormorò per poi sciogliersi in un sorriso indulgente, pronto a recitare la parte di un giovane nobile con il solo pensiero di passare una serata in compagnia tra musica e buon cibo. Porse gli inviti al primo valletto, un uomo un po’ tozzo sulla cinquantina, con una rada barba grigiastra.
“Ma certo, gli Herrero” esclamò con un sorriso di circostanza.
I due vennero fatti scendere dalla carrozza, insieme a Dj, indicato come personale consigliere e accompagnatore.
“Per quanto riguarda gli altri componenti della servitù, è stato preparato un lauto banchetto nelle cucine” disse l’altro valletto, rivolgendosi a Maxi, Broadway e Emma, che seguirono l’indicazione data e si avviarono all’entrata di servizio per raggiungere le cucine, vicino alle scuderie. Federico porse il suo invito, e venne accolto con molte reverenze e inchini, segno che Acosta era molto benvisto dalla regina Natalia. Il gruppetto venne condotto attraverso l’ampio e lussuoso salone d’ingresso per una lunga e stretta scalinata. Svoltando a sinistra raggiunsero una sala predisposta per la festa: era un enorme salone pieno di luce, dal cui soffitto pendeva un raffinato lampadario di cristallo, i cui bracci si allungavano verso il basso con alcuni pendenti a forma di goccia. I tavoli erano addossati lungo una parete, e tra calici dorati, pregiati vassoi, e posate scintillanti, cibi di ogni tipo si alternavano invitanti, tanto che Andres, nonostante avesse lautamente cenato prima di presentarsi al castello, sentì un brontolio alla base dello stomaco. Brocche cariche di vino rosso e bianco fino all’orlo avrebbero fatto la felicità dei frequentatori delle locande, mentre già alcuni ospiti erano raccolti in gruppetti a conversare amabilmente tra di loro. In fondo alla sala vi era una piccola rientranza a cappella dove era stata sistemata un’orchestra che eseguiva dolce musica dal vivo come intrattenimento. La regina Natalia era ferma in un angolo della stanza, con un calice in mano, mentre qualche nobile vicino le parlava di chissà quale sciocchezza. Non sembrava davvero presente quella sera, ma la mente viaggiava verso pensieri lontani. Come riscossa dalla vista di un fulmine, si riprese di colpo, e rivolse un sorriso alla minuta signora che le stava facendo i complimenti per l’ottima riuscita della serata.
Un anziano signore con un panciotto bianco e lindo si arricciava continuamente i baffi bianchi con le dita, lamentandosi della dura situazione che stava affrontando con le sue sole forze. Andres riuscì a cogliere alcuni frammenti della conversazione, nonostante la sua attenzione fosse puntata su altro.
“Purtroppo è l’ennesima volta che subiamo un’imboscata. Non ne posso più! Se stasera la regina non mi concede almeno un reggimento per mettere a tacere quei briganti da quattro soldi, giuro che impazzirò!”. Si lamentava con voce grave, mentre gli ascoltatori borbottavano parole d’assenso.
“Non ci credo! Il Nord del Regno non è più un posto sicuro come un tempo” si intromise una signora che sventolava velocemente un ventaglio di stoffa. Aveva un naso lungo e affilato, e Andres trattenne una risata immaginando al suo posto un coltello affilato, di quelli per affettare i pomodori.
“La regione di cui sono luogotenente poi è diventata un luogo invivibile! Sono ovunque, spuntano dal nulla, e poi scompaiono altrettanto improvvisamente. Rubano derrate, intralciano i mercanti…una piaga vera e propria!”. Il signore continuò a lamentarsi, ma Andres aveva seguito Libi verso i tavoli del banchetto, e riuscì solo a scorgere ad un certo punto lo sguardo inorridito della donna che seguiva il racconto, mentre batteva il ventaglio sempre più rapidamente.
“La gente muore di fame, e si lamentano se ci sono i briganti” borbottò, affiancando la sua ‘consorte’ di fronte a un vassoio di arrosto con un sugo rossastro, probabilmente al vino rosso.
“Non siamo qui per fare i difensori del popolo e non farti riconoscere” bisbigliò la ragazza con freddezza, servendosi come se nulla fosse successo.
“Io certe cose non le tollero!” sbottò Andres, incrociando le braccia al petto.
Senza che potesse aggiungere altro Libi lo trascinò in un angolo della sala, osservando i motivi geometrici del pavimento. Avevano già parecchi sguardi puntati addosso, forse perché nessuno pensava che i coniugi Herrero fossero così giovani, ma d’altronde erano anni che non si presentavano alle feste indette dalla famiglia reale. Erano sempre stati restii alla vita a palazzo, e avevano preferito ritirarsi in campagna, affittando i loro numerosi e vasti terreni ai contadini in cambio di una parte del raccolto e di una piccola quantità d’oro.
La serata trascorse normalmente, fino a quando la regina non si decise a venirgli incontro. Li salutò educatamente, e dopo avergli rivolto uno sguardo indagatore si allontanò. Pensavano di averla scampata, fino a quando la donna non si avvicinò pericolosamente ad una guardia; cominciò a parlarci fittamente, guardandoli di tanto in tanto. Andres rimase freddo di fronte a quella situazione, a differenza di Libi che cominciò a tirargli il braccio in preda al panico.
“Ci hanno scoperti, dannazione!” disse tranquillamente, arretrando piano. Federico Acosta era già sparito dalla circolazione, e non sapeva che fine potesse avere fatto. Ormai il piano non si poteva cambiare, era un dato di fatto. Continuò ad arretrare piano, poi si defilarono dalla sala, iniziando a correre. La guardia nel frattempo aveva annuito, e si era apprestata a seguirli. Erano come topi in trappola, e anche se avessero raggiunto l'Ala del palazzo che era stata resa inaccessibile si sarebbero trovati in difficoltà di fronte alla magia che avvolgeva quel luogo.
Libi e Andres corsero fino al bivio da cui erano venuti, ma invece di scendere la scalinata e raggiungere il salone d’ingresso proseguirono dritti, mentre si scambiavano qualche osservazione.
“Non ci credo, eppure non abbiamo commesso alcun errore!” esclamò Libi, raccogliendo alcune pieghe della gonna per facilitare i movimenti.
“Penso che lo sapessero già…non so come, ma sembrava che fossero preparati per il nostro arrivo” constatò l’altro, tirando fuori dalla tasca dell’elegante pantalone una miniatura della mappa del castello.
“Non dovremmo aspettare gli altri?” chiese Libi. Non appena arrivati infatti Dj non aveva perso tempo, e aveva deciso di raggiungere Maxi e Broadway nelle cucine.
“Con le guardie alle costole? Non ti sembra strano che in una sala da ricevimento ci sia una guardia del palazzo? Sapevano tutto! Qualcuno deve aver parlato”. I vari tasselli si riunivano nella sua mente ed era ormai chiaro che erano stati traditi.
Un rumore di passi e un clangore metallico li avvertì dell’arrivo della guardia, che infatti non si fece attendere e si avvicinò tendendo la lancia verso di loro.
“Dovete seguirmi per un interrogatorio” sogghignò, con uno sguardo maligno. Un lampo di luce rossa e cadde a terra, privo di sensi.
“Vi siamo mancati?”. Dj sbucò fuori da un angolo del corridoio, e si osservò soddisfatto la mano da cui era partito l’incantesimo ancora di un tenue colore rossastro. Maxi gli venne subito dietro, insieme ad Emma.
“Non finisce qui…penso che si accorgeranno presto della sua assenza, dobbiamo proseguire!” ordinò il capo, facendo annuire tutti i suoi compagni. Mentre correvano, con Libi leggermente indietro per il vestito ingombrante, Maxi si rivolse direttamente ad Andres.
“Braodway è scomparso nel nulla. L’abbiamo cercato ovunque…”.
L’altro annuì, e respirò profondamente: tutto lasciava credere che fosse proprio Broadway il traditore, ma decise di tenersi per sé quelle considerazioni.
“Stiamo per raggiungere il Pentagono…” mormorò continuando a correre, senza guardarsi indietro. Il nome era dovuto alla forma geometrica della stanza, e lì Acosta aveva ipotizzato potesse essere custodito il pezzo dell’armatura, in quanto il luogo più facile da proteggere e privo di passaggi segreti nel castello. Dj si fermò davanti alla comitiva, e fece cenno a tutti di imitarlo.
“Qui c’è una barriera” esclamò; strappò un pezzo di stoffa del suo abito, lo appallottolò per bene e lo lancio di fronte a sé. La stoffa vorticò a mezz’aria, senza avanzare, e lentamente si consumò riducendosi a polvere. Una superficie lattiginosa e dalla consistenza gelatinosa aveva inglobato la palla e l’aveva distrutta. Immaginava che si sarebbe trovato di fronte a trappole del genere, e per fortuna era preparato.
Portò le mani in avanti, e i suoi occhi scuri lampeggiarono di blu, mentre tutta l’energia magica che gli fluiva nel corpo si concentrò in un solo punto, all’altezza del cuore. “Cancellorum Abruptio” sussurrò, fissando intensamente davanti a sé. Non avvertì nulla.
“Allora?” chiese Maxi, guardandosi continuamente dietro, per paura che irrompessero le guardie.
“Non è facile…è una magia molto più potente della mia. Eppure questo tipo di barriere dovrei riuscire a romperle facilmente” spiegò rassegnato, per poi prendere un respiro profondo e riprovare.
“Cancellorum Abruptio”. Nulla, la superficie lucida della barriera rimaneva intatta. Nel frattempo un rumore di passi li fece sobbalzare.
“Dj, devi fare presto”. Andres aveva estratto un pugnale che aveva nascosto all’interno della tunica, e si era messo di spalle per cercare di difenderlo da eventuali attacchi.
“Ma…è troppo potente, io…”.
Libi si era messo al suo fianco, sorridendogli dolcemente. “Noi ti proteggeremo, Dj, ma abbiamo bisogno di te, ti prego”. Il mago annuì, e puntò lo sguardo su un sacchetto che aveva tirato fuori la ragazza.
“Capisco” disse, tirandosi su le maniche. Pronuncio qualcosa a bassa voce, e il vestito di Libi mutò radicalmente. La gonna si lacerò davanti, e si avvolse intorno alle gambe, cambiando materiale a diventando pelle. L’intero vestito si trasformò in una sorta di divisa, che permetteva una certa libertà di movimento. Dal sacchetto della ragazza delle piccole armi in miniatura si ingrandirono fino a tornare alla loro grandezza naturale. Maxi strinse la sua spada nera, mentre Libi caricava una faretra. Emma invece recuperò due pugnali gemelli, e si mise al fianco di Andres.
Dj era rimasto allibito: talmente tanto rischiavano in quella missione da decidere volontariamente di mettere a repentaglio la loro vita. Le urla si fecero sempre più vicine, ma Dj allontanò ogni pensiero, e chiuse gli occhi, voltandosi di fronte alla barriera. La magia più potente permeava attraverso essa, e nonostante i suoi allenamenti durante la permanenza al tempio, non era convinto di farcela. Eppure nelle sue vene scorreva il sangue di una tra le più antiche quanto potenti famiglie di maghi. Recuperò la concentrazione e raccolse nuovamente la magia, condensandola in un solo punto della sua anima.
Sentì il rumore delle spade che si scontravano, ma non si voltò. I suoi compagni glielo avevano ordinato, e non sapeva se fosse per il Pactio o per il semplice rispetto che aveva nei confronti del loro sacrificio, ma non aveva intenzione di disubbidire.
Maxi colpì una guardia, la cui armatura si frantumò come fosse fatta di vetro. La spada dei Cavalieri di Fiori rimaneva la loro arma vincente, e lo stesso Andres si mostrò una letale macchina da guerra, colpendo ripetutamente le sentinelle che arrivavano, ora con colpi di pugnale, ora con un rabbioso corpo a corpo. Libi scagliava frecce a raffica, e visto quanto poco largo era il corridoio non mancava un bersaglio. Emma era una vera e propria furia e con l’agilità di un vero assassino sgozzò l’ultima delle sentinelle che erano accorse. Una campana risuonò nella notte: doveva essere il segnale d’allarme. Se fossero intervenuti maghi o cavalieri sarebbero morti sicuramente prima ancora di mettere le mani sull’elmo, dovevano affidarsi completamente al mago e sperare che facesse in fretta.
“CANCELLORUM ABRUPTIO”. Schegge invisibili schizzarono in aria, sciogliendosi al solo contatto con l’aria. Dove prima splendeva la barriera adesso c’era solo il proseguimento del corridoio, fino ad un portone di bronzo, non troppo imponente. Era decorato con alcuni motivi floreali incisi non particolarmente rifiniti, anzi piuttosto grezzi.
Quando lo raggiunsero Dj si pose di fronte alla porta e con un solo sguardo fece sbloccare la serratura, liberandola di ogni trappola che potesse esserci. Dopo quel notevole sforzo divenne improvvisamente pallido. Per poco non inciampò sui suoi stessi passi, ma quando gli venne offerto aiuto rifiutò senza mezzi termini. Avrebbe recuperato le energie di lì a poco, ma adesso non dovevano perdere tempo. Andres spinse i pesanti battenti e la porta si aprì, mostrando loro il Pentagono. La stanza era spoglia, le pareti di grezza pietra, e prive di qualunque ornamento, così come il pavimento, ma aveva una piccola finestra di vetro sul soffitto, da cui partiva un fascio di luce che illuminava il centro della stanza, dove su un basamento di pietra poggiava un elmo dall’aria antica.
“Tombola!” esclamò Maxi, indicando il prezioso oggetto con l’aria di chi aveva ricevuto un graditissimo regalo di Natale. Andres annuì, ma rimase vigile, poi si voltò verso il mago.
“Avverti qualche trappola?” chiese, senza muovere un passo.
“Non sento nulla di nulla…sembra quasi che questo posto non esista nemmeno” rispose Dj con aria sorpresa. Emma scrollò le spalle e fece qualche passo in avanti. Mise il piede su un lastrone di pietra, sotto lo sguardo terrorizzato di tutti, ma non successe nulla.
“Allora, che stiamo aspettando? L’elmo non si prende da solo” sbuffò impaziente continuando a camminare. Possibile che il Pentagono non riservasse altre trappole? Quella domanda tormentava Andres, mentre con il naso all’insù scrutava ogni possibile angolo della stanza.
Prima che potesse raggiungere una qualche conclusione sentì il pavimento tremare, e fece un enorme fatica per rimanere in equilibrio. Dj che era al suo fianco imprecò qualcosa, ma il rombo non gli permise di sentire nulla. Il piedistallo su cui giaceva l’elmo si stava rapidamente allontanando. Anzi, se osservava bene, era il pavimento che continuava ad allargarsi a dismisura. La pareti si allontanavano, come respinte da una qualche forza, e voltandosi dietro anche la porta appariva sempre più piccola. Dal pavimento poi cominciarono a fiorire piante di ogni tipo, mentre un’erbetta verde brillante ben curata cresceva rapidamente. Alberi dalle fronde maestose distrussero i lastroni di pietra, allungando i rami verso il soffitto che nel frattempo era scomparso lasciando il posto ad un cielo di un azzurro limpido. Rimasero tutti vicini tra di loro, nonostante ogni volta si allontanassero inevitabilmente.
“Che succede?” esclamò Libi terrorizzata, stringendo ancora più forte la faretra. Quando finalmente la trasformazione si fu arrestata, si trovarono immersi in una radura, circondati da enormi alberi, tra cui numerose querce secolari.
“Siamo finiti…in una foresta” rispose Maxi, alquanto perplesso e spaventato.
La foresta risuonò come di una musica antica, e i cinque ragazzi si trovarono nel bel mezzo di quello che un tempo era il Pentagono. 












NOTA AUTORE: Ecco un po' di movimento finalmente! Allora, allora...il nostro gruppo di rivoluzionari si è intrufolato nel Palazzo di Fiori, ma ha trovato pane per i suoi denti, per colpa di Broadway che sembra essere scomparso nel nulla (ma purtroppo non è così >.<"). Sospettando di un tradimento con un po' di difficoltà superano la barriera magica che gli impedisce l'accesso al Pentagono, su cui è stato lanciato un incantesimo di realtà illusoria, come vedremo meglio nel prossimo capitolo, per cui adesso si ritrovano nel bel mezzo della foresta, e vi dico subito che non sono soli...e in mezzo a tutta quella vegetazione che nasconde chissà quali pericoli si trova l'elmo che tanto cercano! Ma questo capitolo è interessante anche per la breve apparizione di un nuovo personaggio, tale Ludmilla Ferro. E abbiamo FINALMENTE scoperto chi è a capo del quarto regno...si tratta proprio della bionda Ferro, che sembra tanto subdola quanto astuta. Tiene in pugno Natalia, e vuole a tutti i costi l'elmo...per quale motivo? E soprattutto come mai Natalia si trova in trappola? Domande che troveranno risposta nel prossimo capitolo...a me piace un sacco Ludmilla in questa storia, anche se avete capito che non sta dalla parte dei buoni xD 
E niente...non ho da aggiungere nulla, dite la vostra :P Grazie a tutti voi che seguite, e alla prossima! Buona lettura :D 
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: syontai