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Autore: WillowG    14/07/2008    2 recensioni
Konoha è deserta, ed un giovane ninja vaga per le vie del villaggio...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Destiny -Destiny-

Il destino si può cambiare.
Ce lo costruiamo noi ogni giorno, attraverso le nostre azioni.
Era così che lui la pensava.
E credeva ciecamente che le cose stessero così.
Ed il suo credo ninja era quello di “dire le cose come stanno, e non cambiare idea”.
Queste erano le sue convinzioni.
Punto e basta.
Erano un fatto.
Ma era un fatto anche la presenza di una forza superiore, in grado si scindere a questo suo pensiero.
Un elemento fuori da ogni logica, che niente e nessuno poteva fermare, o anche solo prevedere.
Questo fenomeno, che creava più scompiglio di un gatto in un canile, era noto con un nome.
Sfiga.
Naruto ne era certo. Solo la sfiga poteva avergli fatto una cosa del genere.
Ovvero chiudergli il suo chiosco di ramen preferito, in un giorno festivo, quando tutti i negozi del villaggio erano chiusi. Per di più il suo frigo era una miniatura de l’Era glaciale, compreso di scoiattolo psicotico a caccia di una ghianda. Scrat, si chiamava, se ricordava bene. Scosse la testa. Brutte cose può fare alla mente la fame.
Sospirò abbattuto davanti al cartello “closed” dell’Hikiraku. Nulla da fare. Quel giorno, non ci sarebbe stata alcuna scorpacciata di ramen.
Demoralizzato, si avviò per le strade di Konoha, quel giorno irrealmente deserte. Nessun gruppo di bambini a gridare ai quattro venti le sue future imprese da ninja, o donne a caccia dell’ultimo pettegolezzo. Neanche un vecchio ninja intento a raccontare, davanti ad un buon saké, le gesta di gioventù. Niente ragazze innamorate adoranti di fronte a quello che era definito il fighetto della scuola.
All’ultimo pensiero si rabbuiò ulteriormente. Impossibile non viaggiare nei ricordi su Sakura, quando sbavava dietro a Sasuke.
Merda.
Quanto era stato stupido, Sasuke? Tanto, troppo. E la cosa che più lo faceva arrabbiare, era che, se fosse tornato, novantanove su cento il consiglio lo avrebbe ripreso al villaggio, e magari gli avrebbe dato anche una posizione di tutto rispetto. Se lui avesse sgarrato di un solo passo, invece, non ci avrebbero pensato due volte a condannarlo a morte.
Mentre si dirigeva al parco, una parte di lui cominciò fare domande. Domande che quei pensieri gli portavano sempre.
Perché non lo faceva anche lui?
Perché non mandava a quel paese quel villaggio, e tutta quella gente ipocrita che, quando salvava il villaggio andava bene, ma quando si trattava di incrociarlo per strada, non si faceva scrupoli a rabbrividire di disgusto?
A volte gli sembrava anche di poter sentire i loro pensieri. Un parola, che rimbombava come una condanna.
Mostro.
Diede un calcio ad un sasso. Mentre una sensazione, che conosceva anche troppo bene, gli attanagliava lo stomaco. Un misto di tristezza e di rabbia.
Un tempo aveva pensato che fosse solo una reazione fisica alle sue emozioni. Ma adesso, aveva seri dubbi. In quel concerto scoordinato di emozioni, a volte non poteva fare a meno di riconoscere qualcosa di Kyuubi. E la cosa lo spaventava. Fino a dove arrivavano le domande che si poneva Naruto, e dove iniziavano gli inganni di Kyuubi?
Un profumo d’incenso lo avvolse, distogliendolo momentaneamente dai suoi pensieri. Si guardò attorno, riconoscendo il luogo. Senza neppure accorgersene, si era diretto fino alla collinetta dei caduti. Qualcuno doveva aver acceso dell’incenso.
Si chiese di chi potesse trattarsi. Era troppo tardi, perché fosse il maestro Kakashi. Mezzogiorno era già passato. E lui sapeva che il Jonin era lì solo la mattina.
Fece per tornare indietro, ma si bloccò. Un’occhiatina poteva anche darla. In fondo, che aveva di meglio da fare? Nulla. Salvo farsi avvelenare la mente da domande che non avevano risposta, e da risentimenti di ogni sorta.
Avanzò piano, con calma. Correre gli avrebbe fatto solo venire più fame.
Quando arrivò in cima, vide l’ultima cosa che si sarebbe aspettato di vedere. Davanti alla stele dei caduti, in preghiera, stavano Hinata, Shino e Kiba, ovviamente accompagnato da Akamaru. La prima con in mano un grande mazzo di fiori bianchi.
Rimase fermo, a qualche passo di distanza, senza dire una parola, indeciso se segnalare la sua presenza o meno.
Akamaru lo tolse da ogni preoccupazione. Con un paio di guaiti festosi, il cane si lanciò nella sua direzione, scodinzolando.
Naruto avrebbe voluto sparire, ma Shino, Kiba ed Hinata si erano già voltati verso di lui.
-Heilà! Ciao Naruto! Anche tu da queste parti?- Fece Kiba, mente Shino alzava appena la mano, in gesto di saluto. Hinata intanto, si era nascosta dietro i fiori, nel tentativo di coprire il rossore che le aveva acceso le guance, mentre un debole “ciao” le usciva dalle labbra.
Il biondino fece un’alzata di spalle.
-Mha … un giro di qua, un giro di là … e voi?- I tre allievi di Kurenai non fecero in tempo a rispondere, perché dal sentiero appena percorso da Naruto apparvero anche Shikamaru, seguito da Choji, Ino e Sakura, queste ultime anche loro con in mano un grande mazzo di fiori variopinto.
-Siete in ritardo.- Fece Shino con voce fredda, appena appena stemperata da una nota di esasperazione. Shikamaru  indicò con un movimento del capo le due ragazze.
-Che vuoi che ti dica … le donne sono sempre in ritardo.- Ino lo tirò per uno degli orecchini, mentre una vena gli deformava la fronte.
-Ah sì? Ma chi è stato a dormire su un albero finora, eh?-
-Io non avevo alcuna voglia di venire … mi ci avete costretto.- Borbottò il ragazzo, massaggiandosi l’orecchio leso.
-Naruto! Ci sei anche tu! Pensavo non venissi …- Fece Sakura. Il biondo strabuzzò gli occhi.
-Eh?-
-Ma come? Non hai letto il messaggio che ti ho attaccato alla porta stamattina?-
-Ah … stamattina sei stata da me?- Domandò Naruto, caduto dalle nuvole. La ragazza si passò una mano sul volto, cercando di contenere la “vera Sakura”, che aveva una mezza idea di strozzare il compagno di squadra.
-Stamattina sono venuta a casa tua, ma dormivi così profondamente che non mi hai sentito bussare. Così ti ho attaccato un biglietto alla porta, per avvertirti che oggi saremmo venuti qui!-
-Capito …- Fece il biondo, grattandosi la nuca, mentre la mente cercava, invano, di ricordare un foglietto attaccato alla sua porta.
-Bhe, allora? Ci siamo tutti?- Chiese Kiba, sfregandosi le mani. Akamaru cominciò a scodinzolare, abbaiando incontro ad un gruppetto di persone che stavano salendo la collinetta.
Naruto riconobbe la figura accigliata di Neji, seguito da un’irritata Ten Ten, e da un Rock Lee che si era messo in testa di fare tutta la salita saltellando su una gamba sola, e tenendo le mani dietro la schiena.
-Alla buonora …- Fece Ino, mentre Rock Lee rovinava a terra spompato, borbottando qualche cavolata sulla gioventù, presa direttamente dal repertorio del maestro Gai, Ten Ten infieriva tirandogli un cazzotto, e Neji salutava Hinata quasi imbarazzato. Anni di odio non potevano essere cancellati con un colpo di spugna. Ed anche quando l’odio se n’era andato, c’era sempre la vergogna.
Naruto passò lo sguardo sui presenti, poi si decise.
-Scusatemi, qualcuno mi può dire perché siamo qui?- Dieci paia di occhi, undici contando anche quelli di Akamaru, si posarono sul biondo, increduli e sotto shock. Shikamaru fu il primo a riprendersi, sbuffando rassegnato.
-Sei il solito testa quadra, Naruto …- Per un momento, uno solo, a Naruto parve di sentir parlare Sasuke. E di nuovo le domande che non avrebbe neppure dovuto porsi.
Perché non lo faceva anche lui? Perché non mandava a quel paese quel villaggio?
Perché … perché …
-Chi hai chiamato testa quadra?!- Ringhiò, quasi scagliandosi contro Shikamaru, che rimase impassibile.
-Ma come, non ti ricordi?- Fece Sakura, indicando la stele dei caduti. Come un flash, a Naruto venne subito in mente. Senza dire una parola, i ninja si misero a pregare.
-Oggi è l’anniversario …- Mormorò Ino, triste.
-Sono passati quattro anni …- Fece Naruto, alzando lo sguardo alle rocce degli Hokage.
-Così poco?- Cercò di fare lo spiritoso Shikamaru. Ma il sorriso amaro che gli piegava le labbra era troppo finto. Neji ammirò la lunga crepa che deformava la fronte del terzo Hokage.
-Sembrano molti di più …- I ninja annuirono, rivolti alla maestosa parete rocciosa.
Quattro anni … dall’attacco del villaggio del suono, durante le selezioni dei Chunin. La prima, vera volta in cui i destini di quel gruppo di ragazzi si mescolavano.
Quattro anni dalla morte del terzo Hokage.
Sembrava trascorsa una vita. Invece no.
Naruto pensò a Konohamaru. Chissà come si sentiva …
Si ripromise d’invitarlo a mangiare un ramen dall’Hikiraku a proprie spese, non appena lo avesse incontrato. E, se le sue finanze lo consentivano, anche i suoi due amici.
I ninja rimasero in silenzio per vari minuti. I pensieri rivolti a quel giorno da incubo. Le ragazze posarono i rispettivi mazzi di fiori sulla tomba, mentre Shino e Rock Lee accendevano dell’altro incenso.
Poi, alla fine, Choji interruppe le varie riflessioni.
-Allora? Andiamo a mangiare? Io ho fame!-
-Sai che novità?!- Fece Ino, acida. Solo allora Naruto notò che tutti i suoi compagni avevano con loro dei fagotti con il pranzo. In un attimo il suo volto si trasformò nella versione manga de “l’Urlo” di Munch.
-ACCIDENTI!!!-
-Cosa c’è, Naruto?- Chiese Sakura, accigliata per l’improvviso grido del compagno di squadra.
-Io non ho nulla da mangiare! Era tutto chiuso …- Sakura gli tirò un pugno.
-Dovevi pensarci, testa quadra! Oggi è giorno di lutto, è logico che tutti i negozi siano chiusi!- E, detto questo, si allontanò a passo di marcia, lasciando Naruto dolorante e depresso.
-Uffa! Ed ora che faccio?!- Borbottò, mentre lo stomaco gli ruggiva tanto da terrorizzare Kyuubi, stranamente tranquilla.
-S … senti, Naruto …- La voce appena percettibile di Hinata lo fece voltare. La ragazza arrossì vistosamente, ma porse il suo sacchetto. Deglutì più volte, prima di riuscire a spiaccicare parola.
-Io … ho portato un po’ troppa roba, così, ecco … mi chiedevo se … ti … ti andrebbe di dividere il pranzo con me?- Gli occhi candidi restavano piantati al terreno, mentre Naruto sgranava i suoi per la felicità.
-Davvero lo faresti?- La Hyuuga annuì appena, troppo imbarazzata. Un uragano biondo la investì, abbracciandola di slancio. -Yahoooooo!!! Grazie, Hinata, grazie!!!- Per qualche istante Hinata pensò che sarebbe morta d’infarto, ma poi si lasciò andare ad una risata gioiosa.
Quando Naruto la lasciò andare, improvvisamente rosso anch’esso, un pacchetto gli precipitò sulla testa.
-AHIA!!!-
-Raccoglilo, testa quadra! Non ho voglia di sprecare cibo, ok?- Fece Shikamaru, grattandosi la testa. Naruto raccolse il pacchetto, e lo aprì. Dentro vi erano dei biscotti.
-Ma … questi …- Shikamaru sbuffò annoiato.
-Li ha fatti mia madre. Io non aveva affatto voglia di portarmeli dietro, ma lei ha insistito perché li portassi …-
-Questo è da parte mia …- Fece Choji, porgendo un panino a Naruto, ben avvolto in un tovagliolo azzurro. -Ne ho portato uno per ognuno. Un pic-nic con poco cibo, non è un pic-nic …- Pochi istanti dopo, anche gli altri ninja porsero qualcosa a Naruto, che aveva gli occhi lucidi dalla commozione.
-Davvero questa roba … è tutta per me?-
-Solo se non fai l’ingordo!- Fece Sakura ridendo. Piano piano il gruppo cominciò a scendere la collina, chiacchierando allegramente, come avrebbero fatto un gruppo di ragazzi qualsiasi, in marcia per un pic-nic.
Naruto, ora carico di pacchetti contenenti ogni genere di cibarie, si avviò per ultimo, affiancato da Hinata, imbarazzata ma sorridente.
Solo una volta si fece ancora quella domanda.
Perché non lo faceva anche lui? Perché non mandava a quel paese quel villaggio?
Stavolta sorrise, sicuro della risposta.
Perché in quel villaggio vivevano un sacco di persone che gli volevano bene.
Perché aveva vari motivi per combattere e per difenderlo.
Perché Sasuke era troppo tronfio di sé per guardarsi in giro, e vedere quanti amici aveva.
Perché Sasuke aveva permesso all’odio di consumarlo, ed invece di contrastarlo, gli aveva lasciato il via libera.
Ma lui non avrebbe commesso quell’errore. Lui avrebbe continuato per la sua strada, sarebbe diventato Hokage, ed avrebbe difeso quel villaggio. Solo per difendere le persone che gli stavano a cuore.
Perché quello era il destino che lui si era scelto.

-Fine-
  
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