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Autore: germangirl    17/04/2014    9 recensioni
Dopo un anno difficile, Mac decide di partire per qualche giorno per ritrovare sé stessa.
La sua lontananza apre gli occhi di Harm e lo spinge ad agire.
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Chloe Madison, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
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Appena giunto a casa, Harm si versò una birra e controllò i messaggi nella segreteria telefonica che lampeggiava minacciosa. Il primo era di Bud, che lo invitava a pranzo per la domenica, e l’altro era di sua madre che voleva sapere dove fosse finito, visto che negli ultimi giorni aveva provato più volte a mettersi in contatto con lui ma era sempre irraggiungibile. Scosse la testa. Dopo tanti anni in marina, Trish Burnett ancora non si era abituata all’idea di avere un figlio militare, che poteva essere spedito in missione in giro per il mondo senza grossi preavvisi. Per non parlare del fatto che detto figlio aveva raggiunto l’età della ragione ormai da tempo immemore e pertanto aveva il sacrosanto diritto di sparire per un po’ senza fornire spiegazioni. Cancellò entrambi i messaggi, poi compose il numero della nonna di Chloe e parlò con Mac. Gli sembrò di essere tornato un adolescente alla prima cotta. Chiacchierano a lungo, anche se si erano salutati solo poche ore prima, poi Harm si mise a lavorare su alcuni documenti relativi a un vecchio caso che doveva ancora finire di controllare. Non era certo un’attività da sabato sera, ma aveva voglia di starsene per conto suo a crogiolarsi nel ricordo di ciò che era avvenuto e a fantasticare su quello che sarebbe potuto succedere.

La domenica mattina si alzò di buon’ora e telefonò a Bud e Harriett per ringraziarli del loro invito e confermare la sua presenza. La famiglia Roberts gli piaceva molto e Bud era uno dei suoi più cari amici.

Lo ammirava sinceramente per il modo con cui era riuscito ad affrontare l’incidente.

Lo invidiava per lo splendido rapporto che aveva con Harriett e per la famiglia che avevano costruito insieme, nonostante gli eventi dolorosi che avevano condiviso, come la menomazione di Bud e, ancora prima, la perdita della loro piccola Sarah. Ma adesso sembravano più forti di prima e con due figli piccoli (e i gemelli in arrivo) rappresentavano un’oasi di quiete nel caos della vita militare. Al loro primogenito, AJ, era particolarmente legato. Lui e Mac ne erano i padrini e non mancavano mai di viziarlo. E il piccolo era perdutamente innamorato della zia Mac. Del resto, come dargli torto?

Il pranzo dai Roberts rappresentò un piacevole intermezzo domestico che aiutò Harm a non sentire troppo la mancanza di Sarah, anche perché AJ la nominò circa centomila volte e si fece promettere solennemente dallo zio che la prossima volta avrebbe portato anche lei. Rabb sorrise fra sé al pensiero di una vita quotidiana con Mac fatta di piccole cose: svegliarsi l’uno a fianco dell’altra, fare la spesa insieme, andare a pranzo dagli amici, occuparsi dei figli. Gli si strinse il cuore all’idea di quanto potesse soffrire Sarah per l’esito della laparoscopia, ma era convinto che insieme ce l’avrebbero fatta. Che fosse biologicamente loro o meno, non c’era niente di cui fosse più sicuro: avrebbe avuto un figlio con lei. Avrebbe fatto di tutto per coronare quel sogno.

Il lunedì trascorse in modo convulso: appena arrivato al JAG, il Generale Creswell gli assegnò un nuovo caso, che prevedeva una breve gita a Leavensworth per interrogare il suo nuovo assistito. Tirò un sospiro di sollievo: fortunatamente questa volta non c’erano bambini coinvolti. Il colonnello Smithson, infatti, era stato accusato di aver ucciso l’amante della moglie. Praticamente una passeggiata rispetto all’abominio di cui si era occupato la settimana precedente.

Rientrò a Washington mentre il sole stava tramontando e il pensiero gli andò allo stesso orario di pochi giorni prima e a ciò che era successo in quel lago incantato. Il ricordo del corpo sinuoso di Mac, della sua pelle morbida e vellutata, delle sue labbra succose, della sensazione che aveva provato quando aveva potuto finalmente stringerla fra le braccia gli inondò il cervello, tanto che rischiò seriamente di andare fuori strada e danneggiare la sua preziosa Corvette. Ne riprese il controllo e la parcheggiò con attenzione, per poi dirigersi verso il loft. Fece per inserire la chiave nella serratura quando si accorse che, dall’interno dell’appartamento, proveniva della musica. La cosa lo turbò. Mattie sarebbe dovuta rientrare l’indomani dal lungo fine settimana con il padre. Che le fosse successo qualcosa? A ben sentire, però, quello non era il genere di musica che ascoltava Mattie. Una quieta speranza si fece spazio nel suo cuore. Aprì la porta e fu inondato dalla calda luce delle candele. Non si ricordava di possederne tante. Erano ovunque!

Poggiò il cappello e la ventiquattrore sul mobile accanto all’ingresso e quando si voltò la trovò davanti a sé, come se si fosse materializzata da un suo sogno: indossava un lungo négligé nero che con un gioco sapiente di pizzi, seta e veli nascondeva, mostrava e faceva presagire cosa ci fosse sotto.

Mac era splendida.

Lo era sempre stata, ma stasera i suoi occhi brillavano di una luce speciale. O forse lui la vedeva per la prima volta in tutta la sua bellezza. La visione di lei lo aveva ipnotizzato. Proprio come era successo su quel lago dorato.

“Ciao marinaio” lo salutò con voce sensuale.

“Ciao a te…”

“Ho usato la mia copia della chiave del tuo appartamento, spero non ti dispiaccia…”

“No… no…” Non solo era immobile, aveva perso anche l’uso della parola!

Lei gli si avvicinò, si mise in punta di piedi e gli baciò delicatamente le labbra. Harm parve risvegliarsi dallo stato di intontimento in cui era caduto. La abbracciò e le mostrò quanto fosse felice per quella sorpresa, baciandola a lungo e lasciando vagare le sue mani sul volto, fra i capelli, sul collo, sulle braccia e sulla schiena della sua Sarah, quasi a volersi assicurare di averla davvero davanti a sé, in carne, curve ed ossa. Poi si staccò da lei e le chiese: “Ma non dovevi rientrare domani?”

“Sai, Harm, se telefoni alla compagnia aerea e chiedi di cambiare volo è possibile anticipare il rientro” gli spiegò lentamente Mac, come si fa con i bambini.

“Ah, vero…” non riuscì ad articolare altro. Il cervello di Rabb era ormai andato, inebriato dal profumo di vaniglia sprigionato dalle candele e preso totalmente dalla contemplazione della meravigliosa creatura che stringeva fra le braccia.

“Sarah, sei così bella” le sussurrò, prima di accarezzarle di nuovo il volto, scendere sulle spalle, sfiorarle i seni e appoggiarle le mani sui fianchi. Gli sembrava di avere di fronte un’opera d’arte e temeva di romperla se solo l’avesse sfiorata con più forza. Il solo tocco delle sue mani fece rabbrividire Mac, che, senza dire altro, cominciò a sbottonare l’uniforme del suo marinaio. Non era più tempo per le chiacchiere: ora bisognava passare all’azione.

Una volta liberato dalla giacca e dalla camicia, Rabb prese in braccio Sarah e la portò nella sua camera. La depositò in piedi accanto al letto, finì di spogliarsi e fece scivolare il négligé sul corpo di Mac. Le accarezzò delicatamente un seno con i polpastrelli, giocando con il capezzolo, ancora incredulo di fronte alla sua statuaria bellezza, poi la fece stendere vicino a sé e percorse con le labbra lo stesso tragitto tracciato dalle sue dita, lambendo la sua pelle di seta. Si dedicò a lei, ad ogni centimetro del suo corpo, amandola con un misto di venerazione e passione, assicurandosi di non farle male, gemendo di piacere ad ogni tocco delle calde mani di Mac, che seppero restituirgli il godimento che lui stesso le aveva provocato. Raggiunsero l’acme insieme.

In quel preciso istante, quando erano l’uno dentro l’altra, fu come se ogni cosa avesse finalmente trovato il suo posto.

Per Mac, fu come se il caos della sua esistenza avesse appena trovato pace.

Non si era mai, MAI, sentita così appagata con un uomo.

E per Harm fu lo stesso. Aveva avuto ben più di una donna nella sua vita: i suoi occhi cerulei e la sua avvenenza gli avevano spalancato più di una camera da letto di qualche compiacente accompagnatrice, ma anche se finora si era sempre divertito a letto con le sue conquiste, mai aveva provato una sensazione tanto intensa.

Appena ripresero a respirare normalmente, Mac si sollevò su un fianco, sorreggendosi su un gomito, e lo guardò dritto negli occhi: “Harm, ti amo da morire!”

“Sarah, ti amo anche io. L’ho sempre fatto, probabilmente sin dal nostro primo incontro nel giardino delle rose della Casa Bianca. Dovevo solo ammetterlo a me stesso e a te.”

Non togliendo gli occhi l’uno dall’altra, si sorrisero nell’oscurità. Finalmente, dopo tante occasioni mancate, dopo tanti fraintendimenti e complicazioni, dopo essersi rincorsi ed evitati per anni, Mac e Harm si erano svegliati dal torpore e avevano scoperto il vero amore. Poi si addormentarono l’uno nelle braccia dell’altro.

La mattina successiva Mac fu la prima a riemergere dall’oscurità del sonno. Il suo precisissimo orologio interno le disse che erano le 6.42 e che mancava poco alla sveglia. Prendendo coscienza di ciò che la circondava, si rese conto di non trovarsi nella sua camera e di avere qualcosa che le impediva di muoversi. Aprendo gli occhi scorse il braccio di Harm appoggiato possessivamente sul suo stomaco. Lui era disteso a pancia sotto e il lenzuolo gli lasciava scoperta tutta la schiena, arrivando a malapena a celare i suoi glutei sodi, che Sarah aveva avuto modo di apprezzare durante i loro incontri notturni. Scrutò con attenzione la figura dell’uomo accanto a lei: era bellissimo. Aveva un fisico da urlo, indubbiamente, ma ciò che l’aveva stupita quella notte era stato il modo in cui avevano fatto l’amore. Giunse alla consapevolezza che proprio questo le era successo: per la prima volta in tutta la sua vita non aveva fatto sesso. Aveva fatto l’amore con l’uomo che amava.

Con delicatezza si liberò dalla presa di Harm, si alzò dal letto e andò in bagno. Fece una doccia veloce e, ritornando in camera, si fermò di nuovo ad osservare il suo marinaio, che aveva cambiato posizione ma continuava a dormire serenamente. Adesso era supino e Sarah indugiò con lo sguardo sul suo profilo greco, sull’ampio torace, sulle braccia possenti che l’avevano stretta nella notte.

Poi cominciò a pensare a cosa avrebbero fatto. Non era ancora pronta a sbandierare la loro relazione ai quattro venti. Ne avrebbero dovuto parlare con il loro superiore, visto che il regolamento non prevedeva che le coppie lavorassero insieme, ma per ora voleva andarci con i piedi di piombo. Non che avesse qualche dubbio: erano adulti, si conoscevano da anni, sapevano a memoria pregi e difetti l’uno dell’altra. E il sesso… oh, quello era andato alla grande. Anzi, era stato un’esperienza mistica.

Miracolosa.

Indubbiamente da ripetere.

E molto, molto spesso.

Mentre il suo cervello si perdeva in queste considerazioni, non smise un secondo di fissare il corpo di Harm. L’oggetto delle sue attenzioni non tardò a svegliarsi. Sbatté gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco ciò che aveva davanti a sé e poi un sorriso gli illuminò il volto. “Buongiorno bellissima!” le disse con la voce ancora impastata dal sonno.

“Buongiorno a te, bello addormentato!” gli rispose sorridendo a sua volta e stendendosi di nuovo accanto a lui.

“Come fai a essere così piena di energia?”

“Ho trascorso una notte fantastica con un uomo meraviglioso” gli confessò. “Mi hai fatto volare.”

Rabb cominciò a ridacchiare. Sarah gli rifilò un’occhiata interrogativa e lui spiegò: “Sai, venerdì scorso pensavo che nel fine settimana avrei voluto far volare Sarah. E mi sono chiesto se intendevo l’aereo o tu…”

“Oh, con me ci sei riuscito, Harmon Rabb. Te lo assicuro.”

Harm la strinse a sé e le dimostrò ancora quanto la amasse, nonostante fosse già l’ora di alzarsi per andare al lavoro. Sarebbe arrivato in ritardo e avrebbe beccato la sfuriata di Creswell, ma ne sarebbe valsa sicuramente la pena.

 

Nota dell’autrice

Eccoci giunti al termine di questa storia. Il proposito iniziale di Harm è stato realizzato: ha davvero fatto volare la sua Sarah e chiaramente non si trattava dell’aereo!

Desidero dire grazie, di cuore, a chi di voi ha letto la mia prima avventura da autrice in questa sezione, a chi lo ha fatto in silenzio, a chi ha lasciato una recensione e a chi ha messo la storia fra le seguite, le ricordate e le preferite.

E grazie, come sempre, al mio prezioso angelo custode.

Un abbraccio,

Deb

  
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