Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: A Modern Witness    17/04/2014    2 recensioni
Affido la vita di mia figlia, la sua felicità e il suo futuro a Jared Leto.
Perché lui?
Perché non i nonni?
Perché non Amelia?
Perché mamma?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Pioggia di ricordi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 


 

 

Capitolo 10 (seconda parte)

 

Capita, ogni tanto, di avere delle sensazioni, pensati. Impossibili d’affondare, come il piombo. Galleggiano nella testa, agitate, così chiare ed evidenti. Iniziano a farsi strada tra i nostri pensieri, quando improvvisamente metti insieme i pezzi di momenti, apparentemente slegati tra di loro. Un semplice uno più uno, determina qualcosa di ovvio, sciocco. Tuttavia, per quanto semplice possa sembrare, illogicamente lo si tende a rifiutare, a negare quella consapevolezza, perché ci appare strana, imprevedibile.
Anthea si sentiva così mentre rileggeva quelle parole: sciocca, perché c’erano una mezza dozzina di motivi per cui se ne sarebbe dovuta accorgere che sua madre e Shannon avevano avuto un passato. Primo fra tutti Shannon stesso e il suo modo di porsi nei suoi confronti. Eppure le veniva difficile crederlo, anzi c’era una vocina nella sua testa che non riusciva ad accettarlo. Non poteva, perché implicava qualcosa, un legame, forse? Non lo sapeva, non ci riusciva. Perché far accettare l’affidamento al fratello di un uomo di cui era stata innamorata?
«Perché…» Iniziò tentennate, alzando gli occhi sul batterista «Perché Jared e non tu?».
Shannon le tolse il disegno di mano e lo riposò nella scatola, senza incrociare lo sguardo di Anthea. Riusciva solo a percepire la testa vuota, blackout assoluto, eppure c’era una frenesia illogica in quel vuoto. Un moto continuo di immagini di Sophia, che correva da una ricordo all’altro, saltando furiose, come il battito del suo cuore. Dire ad Anthea di essere suo padre avrebbe concretizzato tutto.
«E’ stata una precauzione» Vaneggiò portando lo sguardo su quello della ragazza.
«Per cosa?» Indagò Anthea, non capendo quella frase vaga, indefinita.
Shannon sospirò «Per tua madre è stata più semplice rivolgersi a Jared» Iniziò «Io e tua madre siamo stati insieme, ma anche Jared è stato innamorato di lei. Tuttavia Sophia non ricambiava, ma Jared non si è mai perso d’animo. Le stava vicino, esprimeva il suo affetto nei suoi confronti. Voleva sopperire alla mancanza di un rapporto  concreto, viziandola con quello che lei amava di più: l’arte. Come ti ho detto, non so di preciso a quante mostre siano andati insieme. Su questo lato c’era una profonda intesa, al di là di quanto tua madre volesse ammettere, anche se non era amore. Semplicemente Jared era più simile a lei, e non solo per l’arte. Si assomigliavano, erano la metà di un’unica cosa, si capivano al volo, perché avevano la stessa visione delle cose. Sogni, tanti, impossibili, ma accattivanti. Due persone sincere, senza peli sulla lingua e nessuna censura, dicevano quello che pensavano. Schietti, a tratti stronzi e arroganti, ma dolci, intelligenti come pochi» Era come rivivere quei momenti: i pomeriggi passati ad ascoltarla mentre parlava della mostra a cui era andata o dei suoi progetti, gli era sempre sembrato di ascoltare Jared. Erano uguali, non c’era parola che li potesse descrivere meglio. Eppure, Sophia era stata la sua donna e non aveva mai dubita del suo amore, seppure avesse dubitato di essere la scelta migliore.
Anthea taceva, silenziosa, ma attenta a quel discorso così insensato per lei, perche quella non era sua madre. Non poteva essere la stessa donna che l’aveva cresciuta con regole stabilite od orari da rispettare.
«Per questo motivo ho commesso un errore Anthea» La voce incrinata, dispiaciuta, mentre gli occhi assumevano un’aria vacua, indistinta da ogni emozione «Ho chiesto a tua madre di passare una notte con Jared, non ero sicuro di me stesso. Non ero certo di poter essere il partito migliore tra i due. Jared, poteva essere qualcosa di più» All’epoca ne era convinto, forse era la paura di perderla, di sapere che lei era quella giusta, che indipendentemente da ogni cosa Sophia avrebbe influenzato il suo rapporto con le donne.
«E Jared non fa le cose a metà. O tutto o niente, nessuna via di mezzo. Quella sera le ha dato sé stesso» Non erano una azzardo quelle parole, non era nemmeno esagerato. Era la verità, pura e semplice.
«Se n’è andata per questo? Per Jared?» Era confusa, sempre di più. Quella non era sua madre, non la riteneva capace di una cosa simile. Le sembrava di sentir parlare di una sconosciuta, come se sua madre si fosse mascherata per tutti quegli anni con il volto della donna normale, quando il suo passato era intriso errori…si potevano definire tali?
«No. Tua madre conosceva il valore dei sogni» Snocciolò, passando una mano sul bordo della scatola «Dopo quella notte era rimasta…turbata, ma non era cambiato molto tra me è lei» Un sorriso spontaneo gli dispiegò le labbra «Avevo deciso di essere suo. Rivalutare i miei desiderio, preferendo tua madre e concederle il giusto tempo nelle mia vita, allontanandomi da l’idea di fondare la band con Jared. Sapevo che l’avrei trascurata, che la musica mi avrebbe preso troppo. Non volevo trascurarla…» Shannon glie lo disse guardandola dritta negli occhi velati di tristezza. Credeva in quelle parole e odiava l’idea che Sophia non ci fosse più. Non riusciva a coesistere con quell’assenza, proprio ora che scopriva di esservi legato per la vita. Proprio ora che la sua carriera s’impennava, ritornava quella normalità che lo aveva ammagliato tanti anni prima.
«Se n’è andata per questo, non voleva togliermi dai miei sogni. Non voleva che me ne pentissi più avanti».
Anthea si riavviò i capelli, non sapendo cosa dire o fare. Si sentiva a disagio davanti a quella storia, le sembrava impossibile, inconcepibile. Quella doveva essere un’altra donna, perché se davvero sua madre aveva vissuto a Los Angeles, aveva davvero avuto una storia con Shannon, aveva davvero fatto innamorare entrambi i fratelli…lei era legata ad uno dei due.
Jared o Shannon. Uno di loro era suo padre.
Vuoto. La stanza le vorticò attorno alcuni secondi. Chiuse gli occhi.
«Quindi se n’è andata perché aveva paura di distruggere i tuoi sogni? perché credeva di non essere abbastanza? Si essere d’intralcio?» Chiese riaprendo gli occhi, ritrovandosi in quelli di Shannon.

Il batterista annuì.
«C’è dell’altro?».
L’uomo annuì nuovamente.
«Cosa?»
Chi di voi due?
«Tua madre disse a Jared di essere incinta, quando partì…» Le parole gli scivolarono sulla lingua, senza contegno. Libere, sfrattate dalla sua testa ormai esasperata di doverle tenerle dentro.Gli occhi della ragazza si spalancarono. CHI? Ma prima di quella domanda, un ricordo. Io e tua madre eravamo legati, no, no, no… non stava con Shannon?
«Sono tuo padre. Sono io, non Jared. Sei mia figlia Anthea

«Sono questi i momenti da ricordare. Quelli dove le persone ci sono realmente, quando possono dire “Io sono qui con te”, anche se sono cose semplici come passeggiare sulla spiaggia. E’ solo un attimo rispetto alla lunghezza di una vita, no? Cosa sono tre ore comparate a ottanta o novant’anni? Niente, eppure per noi sono più importanti i cumuli di niente che periodi di tempo lunghissimi. Quando sarai più grande e avrai la mia età, non ricorderai il periodo dell’adolescenza, ma ricorderai le giornate, gli stralci di pomeriggi, le serate con gli amici…ma non ricorderai mai un anno, sì fosse lo ricorderai ma non lo rivivrai come lasso di tempo, ma come un contenitore numerico di attimi a te importanti. E’ questo quello che ci porta ad andare avanti, la certezza che ci prima o poi arriverà  un momento di felicità, in contrasto con un lungo periodo di noia. Perché il troppo, le lunghe durate sono vuote. Le azione sono dilazionate e diluite nel tempo, non le vivi a pieno, ma ti concedi di assaporarle piano, piano, però prima o poi perdono sapore. Invece un momento, un singolo istante è un concentrato di gusto, un’esplosione prelibata che rimarrà sempre impressa nella mente. La brevità a volte può essere sinonimo di vita. Sono i piccoli attimi le cose speciali, non gli anni. E’ vero ci vuole tempo per trovare un attimo, ma quando lo si trova…oh, bisogna viverlo come se fosse una vita intera. Oltretutto queste frazioni di tempo diventano ancora più ricche se le si condivide con qualcuno. Non ti parlo di promesse, perché io sono la prima ad non essere in grado di mantenerle, ma ti parlo delle presenze. Una presenza che non ha bisogno di convincerti con un promessa, ma che per propria volontà vuole esserci, anche in momenti slegati tra loro. Non importa, se un colpo c’è, invece nell’altro no, quello che conta è quanto rimanga costante alla volta precedente in cui c’era, che il suo desiderio di vivere quel momento con te sia concreto, sincero, incondizionato… Anche se manca per tanto, se è più assente che presente, bisognerebbe dare una possibilità. Non importa quanto è mancato, importa quanto desidera essere parte della tua vita, quanto tu desideri che ne faccia parte e quanto siete disposti a sacrificare. Una possibilità non la si nega a nessuno, tanto a meno a qualcuno di cui ci potremmo fidare.»

 

C’era solo il brusio della Tv e l’eco della voce di Shannon.
Sono tuo padre. Sono io, non Jared. Sei mia figlia Anthea.
Glie l’aveva detto con gli occhi lucidi, mentre lei singhiozzava confusa e fusa nell’abbraccio di suo padre.
Oh.
Anthea aprì gli occhi. Non si ricordava d’essersi addormentata, anche perché non si era sentita stanca, eppure era crollata tra le braccia di Shannon e lui l’aveva lasciata dormire. Era proprio stata un’imbecille, lui le diceva di essere suo padre e lei cosa faceva? Scoppiava a piangere come una bambina e si addormentava, pure. Bel modo di iniziare.
Tuttavia, inconsciamente sapeva che poteva evitare di sentirsi così. Shannon era suo padre. Suo.
Era bello pensarlo. Era troppo bello. Era troppo egoistico pensarlo, tanto da diventare strano concepirlo.

Anthea Leto, non suona così male.

Anthea Leto, figlia di Shannon Leto, non era nemmeno tanto strano.

Anthea Leto, figlia di Shannon Leto batterista dei Thirty Seconds To Mars, era questo a non essere normale.
Tuttavia, adesso, poteva avere la stessa percezione della normalità? Normale per lei era vivere a Londra, uscire con le sue amiche, aiutare sua madre a sistemare casa, litigare con quest’ultima, insomma quello che migliaia di altre ragazza della sua età facevano.
E ora? Aveva già mosso i primi passi verso il cambiamento, ma questo era passare da una sconosciuta ad essere la figlia di una noto batterista. Sarebbe davvero cambiato qualcosa? O sarebbe riuscita, in qualche, modo a mantenersi fedele a sé stessa a non lasciare che tutto la travolgesse?
Doveva ammettere che sapere di poter contare su Shannon come genitore, come qualcosa di più di una semplice persona, era rassicurante. Le aveva sempre trasmesso quel senso di protezione che aveva pensato di trovare in Jared, invece era stata il batterista che con semplici gesti aveva fatto in modo che fosse lei ad avvicinarsi a lui.
Eppure era impreparata.
Lei era stata la figlia per diciassette anni e poi in pochi mesi si era ritrovata senza ruolo all’interno di una famiglia. Era nipote, ma c’era una sottile differenza tra i due compiti. Ora, invece, le appariva così inusuale essere figlia, insomma Shannon era pur sempre un uomo, ma non era stata abituato ad essere padre per tutto quel tempo. Sua madre la conosceva, sapeva quali erano i cibi che preferiva, la conosceva caratterialmente, l’aveva vista crescere, c’erano dei ricordi comuni ad entrambi, con Shannon no. Addirittura l’unica figura che avevano in comune, era completamente diversa.
Si mise  a sedere, in mezzo a letto, immersa nel buio.
Voleva davvero creare un legame con Shannon?
Non lo sapeva, anzi si chiedeva come fosse possibile farlo. Costruire un rapporto padre-figlia con due vite così differenti, ma non solo. Forse lo stile di vita del batterista era l’ultimo pensiero a frastornarla.
Il problema che più sentiva pesante era il tempo. Diciassette anni, senza sapere dell’esistenza l’una dell’altro.
Sarebbe bastata la buona volontà?
O il presupposto di provarci, di darsi una possibilità?
E lui?
Che casino.

 

Era scesa al piano di sotto.
Voleva parlare con Shannon, aveva bisogno di  parlarci, di capire cosa ne pensava lui.
Il batterista allungato sul divano a guardare la Tv, sembrava tranquillo, se non per il fatto che non stava minimamente guardando la televisione. Aveva le mani sotto la testa e lo sguardo alzato sul soffitto candido, mentre Anthea era ferma sul penultimo scalino della scala.
Era imbarazzo quello che sentiva?
Non voleva mostrarsi riluttante all’idea di averlo come padre, ma non poteva nemmeno nascondersi da tutti i dubbi che la stavano disturbando. Erano davvero troppi.
«Shannon?» Forse dormiva.
Il batterista si girò come meglio poté verso Anthea «Riposata?» Le chiese, rimanendo a fissarla. Non aveva idea di quanto assomigliasse a Sophia, se non fosse che aveva il suo colore di capelli.
Anthea si limitò ad annuire, mentre scendeva gli ultimi gradini e Shannon si metteva sedere sul divano, spegnendo la televisione. La ragazza lo raggiunse, mettendosi a sedere girata verso di lui.
«Vorrei fare il test di paternità se per te non è….un problema» Inizio, era inutile che le chiedesse come stava, non sapeva nemmeno lui come sentirsi sapendo di essere padre.
Anthea lo guardò confusa, non era sicuro?
«Jared, insomma…tua madre gli ha fatto credere per tutto questo tempo che fosse lui tuo padre» Snocciolò, rendendosi conto subito dopo di non aver mai accennato prima a quell’argomento.
Jared.
Sua madre gli aveva davvero fatto credere questo?
«Mi dispiace…» Riuscì a dire, capendo ora cosa  il cantante volesse dire con Non puoi farmi questo, dannazione! Cosa aveva fatto?
«Quindi la quercia, i due tronchi siete tu e Sophia?» Chiese e Shannon annuì.
Aveva dipinto l’amore di sua madre per Shannon davanti agli occhi si Jared, senza nemmeno saperlo.
Ora lo capiva e si sentiva in colpa.
Gli occhi le si inumidirono nuovamente. Cosa aveva fatto? Sua madre aveva mentito a Jared  per tutto quegli anni, con una bugia orribile, repellente e lei aveva le dato forma.
Una lacrime le scivolò lenta lunga la guancia, ma la mano di Shannon la fermò.
«Cosa c’è?» Le domandò dolcemente.
Anthea abbassò lo sguardo «Jared mi odia, ma come dargli torto? Mia madre….è terribile quello che gli ha fatto credere per tutto questo tempo. Io... gli sono stata tolta, quando lui era convito che potessi essere sua figlia, quando lui hai convissuto per diciassette anni con l’idea di essere padre, invece non lo è. E’ orribile» Ma mano che parlava, lo stato d’animo del cantante il sono comportamenti diventano più giustificali. Legittimi all’ingiustizia che Sophia gli aveva inferto.
Shannon l’abbraccio, in quel momento non ci voleva pensare, perché era davvero troppo.
«Non ci pensare Anthea, non adesso, sono troppe cose messe insieme» Tentò accarezzandole la schiena per tranquillizzarla «Sono sicuro che non ti odia. Non è stata un tuo sbaglio, ma di tua madre.»
Anthea si lasciò stringere, cullata dal senso di protezione che Shannon emanava.
«Lo affrontiamo insieme?» Domandò lei, speranzosa, spaventata. 
Shannon sorrise.
«Sono qui con te, lo affronteremo insieme piccola.»
Anche Anthea sorrise.


NDA.
Uh, ma chi si rivede!
Beh il capitolo è un pò, anzi....un pò tanto naschifezza.
Insomma, dato che è pasqua vi regalo le uova da tirnarmi dietro.

Detto questo, diciamo che qui immaginariamente si chiude la prima parte della storia, dal prossimo capitolo ci sarà un salto di un mese o una paio di mesi, per vedere come la notizia è stata metabolizzata.

Se non l'aveste notato il ho cambiato nickname, ma non è quello definitivo :D
E sono pure riuscita a fare un dannato banner....non è chissàchecosa, però mi piaceva la foto e non volevo rovinarla più di tanto u.u 

Alla prossima,
Black.

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: A Modern Witness