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Autore: OmegaHolmes    17/04/2014    2 recensioni
[...] Ebbe un flashback:
Si ritrovò seduto, di fronte lo psicologo della scuola…quest’ultimo parlava e Sherlock lo osservava apatico…
-Sai Sherlock, anafettività significa che fai fatica a provare sentimenti e creare affetti. La gente ti definisce, solitamente, apatico [...]
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: John Watson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimasero a lungo a fissarsi.
Quei loro tipici sguardi indecifrabili che non capivano mai come fossero arrivati a quel punto.
John, infine, sospirò passandosi una mano sul volto.
Fece un passo verso Sherlock e mosse la testa per dire “No…non è vero…non sai cosa dici, per l’ennesima volta, Sherlock, mi stai prendendo in giro…”.
Il moro intrecciò le sue lunghe dita con quelle di John, contemplando tristemente le loro mani, che sembravano essere nate per essere intrecciate in quel modo così perfetto.
 
Il dottore, lentamente alzò lo sguardo: -cosa stiamo facendo Sh-…- il suo cellulare squillò.
Lasciò cadere la mano del moro e  prese il cellulare nella giacca:
-“Pronto?...sì? …c-cosa? O-ora come sta? E’ all’ospedale? Cristo! A-arrivo subito…” Sherlock devo andare, Mary…Dio…lascia stare. Ci sentiamo più tardi!- e così dicendo si catapultò giù dalle scale chiamando un taxi.
Il detective lo guardò, immobile ed incredulo scivolare via.
Lui sapeva già cos’era successo.
Lo aveva già dedotto dal tono di voce di John e della Zia di Mary dall’altra parte.
Questa volta…John non ne sarebbe uscito facilmente.
 
 
Corse a perdifiato lungo il corridoio quasi infinito dell’ospedale.
I suoni gli parevano amplificati, le voci distorte e le luci più abbaglianti del solito.
Arrivò alla stanza di Mary con il fiatone, la zia di lei cercò di darle spiegazioni, ma lui non ne volle sapere.
Si sedette sulla sedia accanto al letto della donna e prendendole una mano, cercò di farla parlare…
Ma era inutile: Mary era stata investita da un taxi pirata e ora era in coma.
Aveva perso la bambina.
Rosea in volto, respirava lentamente grazie al macchinario, dormendo apparentemente serena.
John le accarezzò il volto baciandole la mano fredda:
-Mary…Mary non lasciarmi ti prego…tieni duro…i-io ti amo, Mary… Sei forte, ce la farai. Io lo so…amore mio…tieni duro, ti prego…-
La dottoressa entrò nella stanza e gli disse la sua situazione: era debole, ma si sarebbe ripresa facilmente, doveva solo riposare. Lo invitò a tornare alla sera in orario di visita.
Il biondo annuì e baciando la fronte della moglie, andò a parlare con la zia.
-Com’è successo?-
La donna in lacrime gli rispose:
-Non lo so…e-eravamo sul marciapiede..v-vicino alla strada…p-poi questo taxi impazzito ci è venuto addosso e a centrato M-mary…-
-L’hai presa la targa?-
-S-sì…ho parlato con la polizia, ma ha detto che era rubata! Oh John! Sono stata così…così stupida! Perdonami, ti prego, perdonami…m-mi…mi dispiace per la bambina…-la donna si coprì il volto, John cercò di calmarla accarezzandole la schiena.
Usciti dall’ospedale l’accompagnò a casa e lui…tornò al 221B, distrutto.
 
Sherlock si era seduto al tavolo del salotto e con mani congiunte, fissava il telefono di fronte a sé, attendendo una chiamata o un messaggio dell’amico.
Ma né  chiamata né  messaggio arrivarono…ben sì arrivò direttamente il dottore.
Il detective udì i suoi passi funebri rimbombare per le scale e poi…eccolo lì: esile, pallido e invecchiato quasi di 5 anni aprire la porta e restare immobile a fissare il pavimento.
Il moro si alzò in piedi, indeciso sul da farsi…
Il dottore con due passi si diresse verso il detective e…lo abbracciò con forza disperata.
Sherlock rimase incredulo a quell’abbraccio.
John lo strinse con una forza sovraumana, quasi da fargli male e…scoppiò a singhiozzare.
Il moro chiuse gli occhi e lo strinse con più calore possibile a sua volta.
John…il suo John stava piangendo…l’uomo che non crollava mai…che andava sempre avanti ora era lì, disperato tra le sue braccia e stava piangendo.
Lui…si sentiva così rattristato e impotente davanti a ciò.
Sentiva le lacrime calde posarsi sulla sua maglia, fino a bagnargli la pelle…
Per qualche strano motivo, Sherlock lo strinse ancor di più a sé e iniziò a intonargli una canzone che gli canticchiava sempre sua mamma quand’era piccolo e si faceva male…

 
“Little man, little man
You’re so strong, you’re so fragile
But one day, but one day the east wind will come…
But one day, but one day the east wind will come…
Little man, little man
I know your suffering…
I know your dream…
But one day, but one day the east wind will come…
Everything, everything, everything will change…”

 
Il dottore rimase inerme tra le sue braccia e stranamente i suoi singhiozzi iniziarono a placarsi…
Come faceva? Come faceva Sherlock a calmare sempre tutti? Con i suoi tocchi…con la sua voce così calma e profonda…
Sospirò profondamente continuando a restare con gli occhi chiusi e respirando il dolce profumo del moro.
Il detective aveva quasi paura di lasciarlo andare, che sarebbe potuto cadere.
Si staccò da lui lentamente e lo guardò negli occhi:
-Mi dispiace, John…-
Il dottore lo guardò a sua volta e annuì silenziosamente, poi tornò a posare il suo capo sul petto possente del più alto.
Sherlock continuò a canticchiare con gli occhi chiusi e a dondolarsi leggermente spostando il peso da una gamba all’altra.
In realtà non era rimasto inerme di fronte a ciò…sapeva meglio di chiunque altro chi era stato a compiere quel gesto…
E non era per colpire John… ma per colpire lui.
Il gioco era ricominciato e il messaggio sul display del suo cellulare ne era la prova:

 
Come to play, Sherlock.
The King is bored.
JM
  
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