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Autore: niallsblast    17/04/2014    4 recensioni
Due ragazzi. Due passati difficili. Un presente complicato. Una malattia. Una battaglia. La LORO battaglia. E forse un futuro insieme.
Tratto dalla storia:
"- Harry a me non spaventa aiutarti. Non ho paura di starti accanto. Sarà anche la tua battaglia, ma non è una battaglia se non ci si allea. - . Harry sorrise leggermente per la specie di metafora dell’amico. Louis gli alzò la testa dolcemente con una mano sotto al mento costringendolo a regalargli uno sguardo. – Combattiamo insieme, piccolo. – concluse dolcemente. Harry annuì con gli occhi pieni di lacrime: aveva trovato un amico, sentiva una forza addosso da spaccare il mondo, benché si stesse quasi addormentando dalla stanchezza.."
ATTENZIONE! Storia ovviamente Larry. Se non vi piace, non entrate.
TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=xzgPs9JYtiI
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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QUESTO CAPITOLO E' POSTATO OGGI GRAZIE A MagnusBane_  http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=277513


Our Own Struggle - DICIOTTESIMO CAPITOLO





I giorni trascorrevano velocemente e Louis era felice dei progressi fatti da Harry nelle ultime settimane.
Marzo era ormai inoltrato e fuori nevicava fittamente.
Harry, seduto sul letto di Louis, guardava fuori dalla finestra i fiocchi cadere, mentre si chiedeva dove fosse scappato il maggiore. Pochi minuti prima, infatti, se ne era andato.

Louis e Harry erano seduti sui loro letti adiacenti, vicini, molto vicini. Il più grande stava giocando con i capelli dell’altro mentre quello leggeva un libro di Nicholas Sparks che gli aveva consigliato Johannah.
Poi tutto era successo velocemente: i baci di Louis che partivano dal collo del minore fino ad arrivare alla sua bocca morbida, l’incredulità di Harry,  l’imbarazzo del maggiore. E Louis era uscito, sbattendo tutte le porte e vergognandosi di ciò che aveva appena fatto. Perchè Harry non era gay, cazzo. Non poteva esserlo. E anche se lo fosse stato, Louis non sarebbe mai stato abbastanza per lui, figuriamoci.
 
Harry decise così di uscire e prendere una boccata d’aria; sarebbe sicuramente andato a bersi un drink, ovviamente analcolico, al Fresh per distrarsi. Louis avrebbe dovuto essere a casa entro sera nonostante tutto e Harry si sentiva rinchiuso in gabbia in quella casa che era piena degli urli delle ragazze che, appena tornate da scuola, facevano più casino del solito.
Scese al piano di sotto, avvertendo Jay che sarebbe tornato per cena, poi si mise la giacca, lasciò le mani intrufolarsi nelle tasche strette dei jeans che gli aderivano perfettamente alle gambe snelle, e, aprendo la porta, venne invaso dalla neve che scendeva velocemente, ricoprendo tutte le strade della periferia di Londra.
In strada si scivolava paurosamente e Harry, stranamente, riuscì a non cadere come una pera sulla neve, ma quando si guardava intorno vedeva anziane signore che faticavano a restare in piedi e bambini che scorazzavano in qua e là per le strade deserte, mentre qualcuno finiva con la faccia in un mucchietto di neve.
Gli spazzaneve non erano molto organizzati, Harry lo aveva scoperto a gennaio, quando, tornando a casa con Louis, era scivolato paurosamente dritto dritto nel vialetto di casa, suscitando l’ansia fraterna di Louis che lo aveva subito soccorso; alla fine il più piccolo aveva solo rimediato un bel livido sulle chiappe che per qualche giorno lo aveva perseguitato non riuscendo a farlo sedere.
 
- Harold! - . La voce acuta di Stan invase il locale ancora semi vuoto, accogliendo Harry che si stava sedendo al balcone. Senza quasi accorgersene il ragazzo era arrivato a quel pub sudicio, sporco e puzzolente che veniva gestito da un amico d’infanzia di Louis, Stanley.
- Stan. – salutò di rimando Harry appoggiando i gomiti al balcone, senza togliersi la giacca bagnata dalla neve. Il locale era troppo freddo e buio per i gusti del ragazzo.
- Che ci fai qui a quest’ora? Abbiamo appena aperto. – chiese Stan appoggiando un bicchiere pieno di liquido arancione davanti al ragazzo.
- Uhm… Passavo di qua. – mentì Harry che era semplicemente annoiato, forse triste per quanto accaduto, sorseggiando il suo drink tranquillamente, gettando un’occhiata alla parete dietro al balcone dove il proprietario aveva spavaldamente messo in mostra alcuni trofei di pugilato.
- Senti, se ti annoi – Stan lanciò un’occhiata d’intesa al ragazzo, mentre si appoggiava sul balcone avvicinandosi pericolosamente a Harry. – potresti aiutarmi con alcune scatole. Sono da portare fuori che più tardi le ritirano. – finì Stan con un occhiolino, mentre era intento già ad asciugare alcuni bicchieri.
Alzò le spalle. – Perché no? - . Stan gli sorrise riconoscente strofinando uno straccio che a Harry non parve proprio molto pulito, sui vari bicchieri.
- Senti, - iniziò Harry. – Lou è per caso passato di qua? – chiese un po’ ansioso, ma senza lasciare che si notasse. Era ansioso perché era uscito di casa sbattendo la porta rumorosamente, dopo la litigata, e non sapeva quando sarebbe tornato, anche se era convinto che lo avrebbe fatto dopo poche ore, sbollita la rabbia.
- Sì, ha preso una birra, poi si è allontanato con dei ragazzi. - .
- Ah… - un velo di preoccupazione regnava la voce del piccolo. Sapeva che Louis si lasciava un po’ trasportare dagli amici quando si parlava di alcool. – E sai per caso se li conosceva? - . Stan si girò pienamente verso Harry, prestandogli tutta l’attenzione. - Non credo, ma non potrei giurarci. Sai, passano tanti ragazzi qua. - .
- Va beh, grazie. - . Harry mandò giù l’ultimo sorso della sua aranciata e balzò in piedi cercando di non pensare a un Louis ubriaco, perché faceva cose davvero pericolose per se stesso e per gli altri in quelle condizioni.
Oltrepassò il balcone con lunghi passi e prese in braccio quelle scatole. - Dopo mi offri un altro drink. – aggiunse strizzando l’occhio a Stan che stava preparando due caffè per due ragazze che erano appena entrate e che chiacchieravano animatamente a un tavolino in fondo al locale. Aprì la porta di legno vecchio che dava sul vicolo e fu nuovamente invaso da una folata di neve. Con un gesto fulmineo Harry lasciò le scatole in un angolo e sarebbe stato pronto a tornare dentro se non fosse stato per una figura stesa di lato sull’asfalto, probabilmente agonizzante dal modo in cui stava ferma, mentre la neve la investiva.
Harry si sentì mancare. Riconobbe subito i capelli lisci e setosi, le mani nodose che erano strette attorno al corpo, e ovviamente i vestiti: la t-shirt bianca, che bianca più non era, e i pantaloni neri, arrotolati sopra le caviglie con le Vans che spiccavano con stile.
Il più piccolo pensò di svenire, sentì la terra cadere sotto i piedi.
- Boo! – urlò a gran voce correndo, rischiando di cadere paurosamente, per avvicinarsi al corpo del liscio. - No, Louis, no! – . Una voce strozzata fu tutto quello che uscì dal più piccolo. Il cuore di Harry pulsava con gran forza, la sua mente fu immediatamente invasa dai pensieri più brutti.
Si era inginocchiato accanto al ragazzo e lo aveva steso a pancia in su sull’asfalto. Il suo Louis tremava come un chihuahua, i vestiti zuppi d’acqua. Il viso di Louis era ricoperto da scie di sangue che partivano dagli zigomi o dalle sopracciglia, gli occhi chiusi e i capelli spettinati.
- Harry…- . Louis aprì gli occhi e gli afferrò debolmente la mano gelida che un attimo prima gli stava percorrendo il viso ferito facendolo sussultare. Si guardarono negli occhi, Louis non riusciva a tenerli del tutto aperti per via del gonfiore delle sue sopracciglia, ma Harry in quelle piccolo fessure azzurre non riconobbe le biglie azzurre del suo Louis, quelle in cui leggevi positività, felicità e che si stupivano per tutto brillando. Riusciva a leggere la cosa peggiore del mondo: dolore. Eppure poco tempo prima proprio il più grande era riuscito a far sparire quella brutta sensazioni dalle biglie verdi di Harry.
- Lou, grazie al cielo. - . Harry gli si buttò al petto per stringerlo forte a sé e anche riscaldarlo un po’. Louis mugugnò e strinse forte la mano del riccio, con tutta la forza che aveva. – Boo, ti fa male? - . Louis non rispose, ma Harry capì che era così e in quel momento realizzò che, probabilmente, Louis era stato picchiato dai famosi ragazzi con i quali si era allontanato. Altrimenti che ci faceva in quelle condizioni in un vicolo durante una specie di tempesta di neve? Certamente non faceva un pupazzo di neve.
- Chiamo l’ambulanza adesso, resisti Boo. – propose Harry, travolto dal panico, tirando fuori il telefono dai pantaloni, poi con una mano stretta in quella di Louis e l’altra tremante che digitava qualcosa sullo schermo.
- No, Harry. – sussurrò Louis che faticava a respirare. – Va tutto bene. Portami solo a casa. - . Harry sapeva che se avesse protestato, il suo Boo si sarebbe sentito peggio, così con delicatezza prese un braccio del più grande e se lo avvolse attorno al collo, poi attentamente lo alzò, cercò di sfilarsi il cappotto e lo mise malamente sulle spalle del più grande che non riusciva a tenersi in piedi praticamente. In quel momento Harry si maledisse di non aver preso la macchina per andare al Fresh.
- Ce la fai? - . Louis annuì debolmente tenendosi una mano sullo stomaco, sentendo un po’ meno freddo, mentre il profumo del suo piccolo gli invadeva le narici, e mandava giù il sangue che sentiva in bocca. Lo avevano picchiato e non poco. Era stata una banda di ragazzi più o meno della sua età. Louis sapeva che lo avevano picchiato per un motivo, non solo per divertimento, ma sentiva ancora i piedi di quei ragazzi infrangersi contro le sue costole e la forza di spiegare l’accaduto che mancava.
Dal Fresh alla casa Tomlinson non c’era troppa strada, ma se si considera quanta neve cade in marzo a Londra, allora tutto diventa più lungo. Tutto il tragitto Louis pregò che la casa fosse vuota: non voleva che sua mamma si preoccupasse per niente.
- Ecco Boo, siamo a casa adesso. È tutto passato. – disse Harry, con la voce più dolce che avesse in corpo, anche se non riuscì a mascherare la preoccupazione per il suo migliore amico, aprendo la porta di ingresso con due scatti, segno che Jay e le ragazze erano uscite.
Adagiò cautamente Louis sul divano, chiuse la porta, e lo coprì immediatamente con una coperta, perchè tremava ancora. Proprio il più grande amava tenere sul bracciolo del divano una coperta perché diceva che quando guardavano insieme i film, rintanarsi entrambi sotto di essa faceva più film americano. Harry pensava fosse fissato per i film americani e in effetti Louis lo era.
Anche Harry aveva freddo, era restato nella sua felpa solo, ma in quel momento non gliene importava niente, voleva solo prendersi cura di Louis, come il liscio aveva fatto con lui mesi prima.
- Dormi, Boo. Metto su del tè e poi ti medico le ferite, ok? - . Harry gli rimboccò la coperta fin sotto al mento, accovacciato sul pavimento accanto al divano. Il più piccolo non riusciva a guardare in faccia Louis, aveva paura di leggerci la sofferenza, ma Harry continuava a trovare l’amico tremendamente affascinante, anche se non sembrava lui: aveva il volto coperto di sangue ormai secco, le ferite aperte e gli occhi, quei bellissimi occhi azzurri, pieni di dolore.
- Non importa, Harry, mi sento già meglio. Vatti a cambiare che sei tutto sporco. - . Harry abbassò lo sguardo su di sé e solo allora notò che aveva tutto il sangue di Louis sulla felpa che una volta era color panna.
Harry si avvicinò pericolosamente al viso di Louis che fu costretto a concedergli il blu oceano dei suoi occhi, poi il più piccolo gli afferrò una mano stringendola e gli accarezzò la guancia delicatamente, con un pizzico di barba che gli solleticava i polpastrelli dell’altra mano.
- Louis William Tomlinson. Adesso mi permetti di prendermi cura di te ok? Ok. Non fare i capricci come i bambini di due anni o sarò costretto a chiamare tua mamma. - . L’ultima frase risuonò più come minaccia, ma Louis sorrise stancamente e richiuse gli occhi, abbandonandosi a un sonno abbastanza profondo.
Harry gli stampò un timido bacio sulla fronte, evitando accuratamente le ferite; andò in cucina a preparare il tè, per poi dirigersi in bagno e tornare nella sala con acqua ossigenata, cerotti, cotone idrofilo e tutto il necessario. In realtà, se non fosse stato per Kate, non avrebbe mai saputo come medicare Louis.
Appoggiò gli strumenti accanto al divano, per terra e scomparì nuovamente in cucina, per poi ricomparire ancora una volta con una tazza bollente di tè con molto zucchero, come gli aveva insegnato Jay.
- Ehy Boo, devi berlo. - . Harry, con il tè in mano, svegliò Louis delicatamente, con delle carezze tra i capelli. Il più grande protestò un poco, più che altro grugniva. – Ti scalderà mentre ti medico. - . Harry si sedette sul divano accanto a Louis che si sollevò e si mise a sedere con le gambe stese, ancora assonnato e infreddolito. Poi prese il tè e iniziò a sorseggiarlo cautamente, tenendo gli occhi ben puntati sulla tazza. In qualche modo si sentiva in colpa. In colpa per Harry che si sarebbe preso un raffreddore, solo per avergli dato il cappotto, che non andava bene dopo quel che aveva trascorso. In colpa per la felpa rovinata dal suo sangue. In colpa per aver detto cose mai pensate, ore prima. In colpa perché Harry, per quanto fragile e bisognoso di cure lui stesso, ora, stava curando proprio Louis che non si meritava niente di tutto ciò.
Harry sorrise dolcemente a Louis che sbirciava il più piccolo attraverso il ciuffo che gli ricadeva sulla fronte.
Poi il più piccolo bagnò completamente un batuffolo di cotone con l’acqua ossigenata e gli prese dolcemente il mento con una mano, iniziando a tamponare molto delicatamente le ferite con l’altra. – Dimmi se ti faccio male. - . Louis scosse la testa, mentre non pensava ad altro che alla vicinanza dei loro visi quasi inesistente.
Louis sussultò non appena Harry gli fu sul taglio abbastanza profonda che aveva sulla fronte.
- Scusa…- sussurrò Harry. Louis rimase in silenzio, ma lo guardò con un sguardo che diceva ‘continua, per favore’ e Harry continuò, concentrandosi sul taglio per pulirlo bene da tutto il sangue rimasto.
Non appena ebbe finito di pulirlo, Harry gli sistemò un po’ di garza sul taglio e lo fissò alla fronte di Louis con dello scotch apposito. Poi guardò la medicazione scuotendo la testa. – Loulou dobbiamo andare in ospedale. – annunciò il più piccolo guardando Louis che teneva lo sguardo basso. - Sei bellissimo. - . Harry si morse il labbrò e Louis arrossì. – Ti hanno conciato male, eh? Dammi qua. - . Il più piccolo gli prese la tazza di tè vuota e la portò in cucina, tornando dopo pochi secondi con i loro cappotti in mano.
- Harry, non voglio andarci…- quasi sussurrò Louis.
- Poche storie, se ti si infetta dopo sono casini e poi non smette di sanguinare. – sputò bruscamente Harry che stava sfogando tutta la sua ansia e si era un po’ calmato, anche se non del tutto.
- Scusa, non volevo. – si scusò poco dopo lui mentre vestiva Louis.
 





CORNEEER
Ehm...mi vergogno a venire ad aggiornare dopo quasi quattro mesi... uhm direi che però sono tornata...
Allora...in questi quattro mesi sono stata male di salute e ho affrontato la scuola, quindi spero mi perdoniate. In più non avevo idee e non pensavo interessasse a qualcuno che riaggiornassi. Poi, improvvisamente, ieri, qualcuno mi ha scritto. Culo vuole che ieri ho iniziato le vacanze di Pasqua. A questa persona ho dedicato il capitolo, ma avevo anche detto che avrei riaggiornato entro sabato. Beh dai, oggi è giovedì, direi che sono andata alla grande.
Il mio problema, in realtà, con questa fan fiction è che ho dei pezzi di storia pronti, ma non so mai come collegarli...Troverò un modo, dai.
Dopo OOS ci sarà una OS spin-off e poi si vedrà. Ho tante fan fiction scritte, magari potrei pubblicare qualcosa di quello o magari potrei scrivere qualcosa di nuovo.
Vorrei ringraziare chiunque abbia aperto questa pagina e abbia letto fino a qua. Spero di non avervi persi tutti...
Recensite che mi fa piacere sapere cosa ne pensate, bello o brutto che sia.
Un bacione e (prometto) a presto - Lele xx

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