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Autore: hikaru83    18/04/2014    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se Hana e Kaede si fossero conosciuti da bambini? E se poi si fossero dovuti separare? E se si ritrovassero al liceo? Se volete sapere quello che sarebbe potuto succedere entrate in questo mio mondo. Una nuova storia con i personaggi che tanto amiamo, vi aspetta!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccoci al secondo capitolo di questa mia storia, non ho molto da dire se non che i personaggi si presenteranno un po’ alla volta, non riesco a scrivere di troppi personaggi insieme, ma prometto che avranno tutti l’importanza che si meritano. O almeno io ci provo. A dopo per note e ringraziamenti.
 


Cap 2

 

Erano in strada adesso Rukawa e Sakuragi. Uno a fianco all’altro camminavano in silenzio tra le strade familiari della loro infanzia.

“In quel negozio non c’era una drogheria?” Chiese la voce allegra del rossino, mentre si guardava in giro curioso.

“Sì, ha chiuso qualche anno dopo che ti sei trasferito.”

“Mi ricordo che quando andavo con la mamma mi regalava sempre un pacchetto di caramelline alla frutta.”

“Me le ricordo, a volte le portavi a scuola e me ne davi un po’.”

“Sì e tu non volevi mai quelle al limone, ma adoravi quelle all’arancia.”

“E quelle alla fragola, che però adoravi anche tu.” Ricorda Kaede.

“Vero, quante litigate per quelle caramelle, non ho mai capito perché erano sempre di meno rispetto alle altre.”

“Già, però alla fine le dividevamo. Chissà perché litigavamo visto che tanto sapevamo che le avremmo divise.”

“Perché era divertente, io mi sono sempre divertito a litigare con te, perché sapevo che scherzavamo, eri l’unico che non mi facesse sentire diverso e sbagliato, non ti ho mai ringraziato per questo.”

“Sì che lo hai fatto.”

“E quando scusa?”

“Ogni volta che dividevamo le caramelle, quelle alla fragola erano sempre dispari e tu me ne cedevi sempre una in più, credevi che non me ne fossi accorto?”

“...beccato... ma scusa un attimo se tu te ne sei sempre accorto perché non mi hai mai detto niente?”

“E rinunciare alle mie caramelle preferite? Mai!”

“Eri una carognetta fin da piccolo allora...”

“Ero furbo fin da piccolo, in fondo non hai detto tu che sono una kitsune?”

“Allora vedi io ero un genio fin da piccolo, ti avevo inquadrato bene.”

“Tu non eri un genio, eri solo...”

“Troppo buono?”

“...un do’aho!”

“Maledetta kitsune...”

“Ti va di fermarci un po’ sulla spiaggia? Non c’è molta gente.”

“Ok, prendiamo qualcosa da bere però.” Detto questo entrarono in un piccolo chiosco vicino alla spiaggia per comprare due lattine. “Guarda un po’ kit, erano anni che non le vedevo più.” Hanamichi si avvicina al bancone con un pacchetto di caramelle alla frutta. “Prendo anche questo, questa volta offro io, e non fare storie la prossima tocca a te.” Dice al suo compagno, già pronto a ribattere.

Si sedettero sulla spiaggia, Kaede appoggiò le braccia sulle gambe leggermente piegate, osservando curioso Hanamichi, finalmente poteva farlo senza essere controllato a vista da quel rompiscatole di Akira che non aveva fatto altro che osservarli per tutto l’allenamento. Oramai lo conosceva ed era certo che lo avrebbe trovato a casa, pronto a riempirlo di domande. Già gli pareva strano che non avesse provato a unirsi a loro, anche se per quello forse avrebbe dovuto ringraziare la gelosia cronica di Koshino e il suo carattere decisamente poco accomodante. Osservò il compagno mentre appoggiava le mani sulla sabbia tiepida, lasciando che le dita venissero seppellite sotto quella marea dorata, mettere il suo peso sulle braccia e guardare un punto imprecisato nel cielo. Era bello, decisamente più bello di come potesse credere, di come in tutti quegli anni l’aveva immaginato.

Kaede sapeva oramai da tempo di non essere interessato alle ragazze, anche se nell’ultimo anno si era convinto che non fosse proprio interessato alle relazioni umane, visto che non aveva mai provato nulla per nessuno. Ma ora con Hanamichi a poche decine di centimetri, cominciò a ricredersi. Forse non era mai stato interessato a nessuno perché il suo cuore si era già impegnato quando era bambino, e Kaede non era una persona che cambiava idea, una volta presa la decisione nulla avrebbe più potuto distoglierlo da ciò che si era prefissato. E lui voleva Hanamichi, lo aveva sempre voluto, solo che quando erano stati separati erano troppo piccoli per capirlo. Si chiese cosa passasse per la testa di quel terremoto umano, a cosa stesse pensando, o per meglio dire a chi stesse pensando. Non aveva idea del perché fosse tornato, né se avesse lasciato qualcuno dall’altra parte dell’oceano, se fosse stato così sapeva già avrebbe sofferto tantissimo, Hanamichi non poteva avere avuto una relazione con qualcuno, Kaede non poteva tollerare che qualcuno avesse accarezzato la sua pelle, giocato con quei capelli che sembravano così morbidi, assaggiato le sue labbra, no, non poteva tollerarlo. Non ora che finalmente stava comprendendo ciò che lo legava a lui, quel sentimento che non sapeva neanche di poter provare. Non avrebbe mai più giudicato male Koshino per la sua gelosia, ora che aveva scoperto di esserne affetto anche lui e in maniera ancora più devastante.

 “Kit? Tutto bene?”

“Hn.”

“Sai mi era mancato anche il tuo hn, non esiste nessuno in grado di farlo uguale.” Un sorriso prima di voltarsi verso il mare. “Non credevo che sarei tornato qui, non ora almeno.”

“Ti mancano?” Non resisteva più, la sua curiosità stava raggiungendo limiti mai esplorati, doveva sapere, doveva sapere subito se esisteva una minima possibilità di stabilirsi dentro il cuore del suo rossino e rimanerci.

“Chi?”

“I tuoi compagni di squadra, i tuoi amici, la...tua...ragazza.” L’ultima parola la sputò fuori con disgusto, non voleva neanche immaginare le mani di una ragazza sulla pelle dorata che anche da quella distanza sembrava liscia e morbida.

“Ragazza?” Le guance scarlatte di Hanamichi fecero partire al galoppo il cuore di Kaede, soprattutto quando sentì il seguito della frase. “Nessuna ragazza, libero come l’aria.” Questo non voleva dire che non aveva avuto nessuna storia, però almeno sapeva che il suo cuore era libero, poca cosa visto che non sapeva se avesse mai potuto accettare ciò che sentiva per lui, ma meglio di niente. “E per gli amici, beh esiste internet no?”

“Come mai sei tornato?” Ora che il cuore era un po’ più tranquillo era davvero curioso di conoscere i motivi che l’avevano spinto a tornare.

“L’anno scorso papà ha avuto un infarto.”

“Oh mi spiace io...”

“Non preoccuparti ora sta bene, ci ha solo fatto spaventare. I medici hanno detto che se seguirà una dieta equilibrata, e cercherà di stare lontano dallo stress, insomma se si deciderà a prendersi cura di sé, basterà solo una semplice terapia e potrà avere una vita abbastanza normale.”

“Ne sono felice.”

“Già, così appena ha saputo che avrebbe potuto tornare in Giappone ha accettato subito, non credo neanche che fosse mai stato felice di dover andare negli USA, ma allora era solo un giovane impiegato senza molto diritto di parola, ora invece ha fatto carriera ed ha potuto tornare a casa.”

“Staccandoti un’altra volta dalla tua vita, però.”

“Beh, non ho fatto i salti mortali, è vero, non  dopo la fatica che avevo fatto a farmi accettare, ma sai, ora sono molto felice di essere tornato.”

“Lo sono anch’io.”

“Hai davvero iniziato a giocare quando me ne sono andato?” Ora toccava ad Hanamichi a domandare ciò che gli frullava in testa dal momento che l’aveva visto in quella palestra.

“Quell’anno ero troppo piccolo, ma l’anno dopo, mi sono iscritto in un'altra scuola e sono riuscito ad entrare in squadra, anche se penso che sia  stato solo perché Sendoh ha insistito.”

“Sendoh? Vuoi dire hedgehog?”

“Hed... che?”

“Hedgehog, quel tipo con quella pettinatura assurda, che lo fa assomigliare a un, come si dice... ah giusto porcospino.”

“Beh sì allora, lui.”

“E siete molto amici tu e quel tipo?” Kaede osservò per un attimo il volto di Hanamichi, che per la prima volta da quando si erano messi a parlare sfuggiva al suo sguardo. Gelosia? Era questo? Era davvero geloso del rapporto che potevano avere lui e Sendoh? Poteva dunque sperare?

“Lui crede di essere il mio migliore amico...”

“E non è così?”

“Il mio migliore amico è partito per Los Angeles più o meno dieci anni fa. Sendoh mi ha aiutato molto, e siamo amici è vero, ma non potrà mai prendere il posto di quell’idiota.” Un timido sorriso su quelle labbra morbide che Kaede desiderava. “E tu? Quando hai cominciato a giocare?”

“Poco dopo il mio trasferimento. All’inizio nessuno mi dava molta retta, poi dei ragazzi più grandi mi hanno preso in simpatia e mi hanno insegnato le basi. Devo molto a Michael e agli altri.”

“Michael?”

“Sì è stato il primo ad avvicinarsi e trattarmi come uno di loro.”

“Quindi siete molto legati.”

“Beh siamo amici è vero, ma non è la mia volpe, se capisci quello che intendo. Sai Los Angeles non ne ha molte, di volpi voglio dire. Così sono tornato per vedere a che punto, quella che avevo lasciato qui, era arrivata.”

“Avevo capito che era stato tuo padre a voler tornare.” Disse Rukawa per cercare di nascondere il rossore che gli aveva colorato le guance. Si sentiva un cretino, e che cavolo era Kaede Rukawa non una ragazzina alla prima cotta. Una risata cristallina di Hanamichi lo fece comunque sentire subito meglio, la vergogna provata appena aveva sentito le guance diventare calde lo abbandonò immediatamente. No, non era una ragazzina, era un ragazzo, ed era sempre stato deciso determinato e sicuro di sé, ma era indubbiamente alla prima, e unica di questo era certo, cotta, se così si poteva chiamare ciò che sentiva per la sua testa rossa. Doveva ancora capire come comportarsi, non è che poteva abbracciarlo e chiudergli le labbra con le sue assorbendo in se la sua risata che gli apparteneva di diritto. Non poteva, anche se era quello che avrebbe tanto voluto fare. Rukawa non era mai stato uno che seguiva solo il proprio istinto, lo ascoltava, questo sì, ma era uno stratega, non si sarebbe mai buttato in un’azione senza aver avuto la certezza che andasse a buon fine. Nel basket questo modo di essere lo aveva sempre ricompensato, quindi decise di adottarlo anche con Hanamichi. Conoscere l’avversario era la prima mossa da fare, conoscerlo tanto bene da riuscire a prevederne le mosse. Questo era il primo passo, e da lì sarebbe partito, anche se sospettava riuscire a prevedere cosa passasse sempre per quella testa rossa sarebbe stato molto difficile. Avrebbe affrontato un problema alla volta, almeno doveva capire se poteva essere interessato ai ragazzi, cosa non per forza garantita.

“La vuoi sempre vinta eh kit? Non solo non parli mai, ma quando lo fai vuoi avere anche l’ultima parola, dovresti però sapere che io ha la testa dura quanto la tua, e un numero di parole superiore da poter usare visto che questa volta hai parlato molto più del solito, scommetto che non hai più autonomia vero?” Rukawa fece uno sforzo tremendo per non lasciare che le sue labbra sorridessero, era assurdo quel demente lo faceva sorridere per ogni cretinata che diceva, e sembrava che fossero un numero infinito. Fu per questo che uscì dalla sua bocca il solito...

“Hn!” Una nuova risata esce da quelle labbra di corallo che Kaede sognava di poter chiudere con le sue, una risata che riscaldava il cuore di Kaede più di qualsiasi altra cosa.

“Ecco appunto!” Riuscì finalmente a dire Hanamichi mentre si teneva la pancia per il troppo ridere.

Rimasero ancora una accanto all’altro a bearsi del calore del corpo vicino, fino a quando il sole non sparì del tutto, inglobato dal mare. Fu Hanamichi a prendere la parola.

“Kitsune è meglio andare, devo sistemare delle cose a casa, sono ancora circondato da scatoloni, e mia madre mi fa la pelle se non mi decido a mettere un po’ in ordine.” Così dicendo i due si alzarono e si incamminarono verso le proprie abitazioni, Rukawa non poteva credere alla fortuna di abitare tanto vicino a Sakuragi, lo avrebbe potuto vedere tutte le mattine, ancora prima di entrare a scuola, questa cosa lo metteva così di buon umore da dimenticare per un istante l’interrogatorio che lo attendeva a casa. Era certo infatti che Sendoh non si fosse fatto scoraggiare dal fatto che non lui fosse ancora tornato, ma che anzi, la sua curiosità sarebbe stata alle stelle. Camminare fianco a fianco con Hanamichi però lo rendeva così felice e sereno che per la prima volta non pensò a niente, non agli allenamenti o a qualche azione da imparare, non alla sfida con qualche campione, non alla lezione d’inglese, l’unica per cui si preoccupasse, e sicuramente non a Sendoh e alle sue domande. Niente di tutto ciò lo sfiorava, niente che non fosse il ragazzo dai capelli rossi, la pelle dorata e lo sguardo sincero che, finalmente, gli camminava ancora a fianco.
 

In quello stesso momento un altro ragazzo camminava verso la casa di Rukawa. Uno dei ragazzi più corteggiati dell’intera Kanagawa. Sendoh aveva deciso di passare dal numero 11, per capire chi fosse il nuovo misterioso ragazzo. Ma quando li aveva visti avviarsi insieme aveva intuito che probabilmente era del tutto inutile presentarsi subito a casa dell’amico, quindi aveva preferito andare dal suo ragazzo, il quale ovviamente, ancora arrabbiato per i continui sguardi che Akira aveva lanciato al nuovo ragazzo, aveva fatto di tutto per fargli credere di essere troppo impegnato per starlo a sentire. Beh, pensò con un sorriso il ragazzo con i capelli a spazzola, lui l’aveva decisamente e piacevolmente impegnato per tutto il pomeriggio. Ma la colpa era tutta di Hiro, insomma lo sapeva quanto lo faceva impazzire quando metteva su quel broncio, e lui che aveva fatto per tutto l’allenamento? Guardato con gelosia, imbronciato come un bimbo a cui hanno appena rubato l’attenzione che riteneva solo sua. Non poteva mica credere che Akira potesse resistere no? Infondo lo conosceva, sapeva quanto poco servisse per accendere in lui quel desiderio insaziabile di possedere il suo corpo. Trattenuto a stento dal fatto che potessero esserci i genitori di Kosh a casa. Cosa che poi lo stesso Kosh gli aveva assicurato non vera appena chiusa la porta d’ingresso alle loro spalle. “Devo studiare Akira, inutile che rimani qui, per una volta che i miei sono fuori fino alle ventidue e la casa è libera e silenziosa, quando mi ricapita un’occasione del genere?” Quando? Mai pensò Akira un secondo prima di fondarsi su di lui e riempirlo di baci, non gli diede neanche il tempo di arrivare in camera quel pomeriggio, almeno non al suo primo attacco. Quanto piaceva ad Akira vedere quel broncio trasformarsi, vedere quelle belle labbra torturate dai denti candidi mentre il suo ragazzo cerca ancora di trattenersi, di non dargliela vinta, quanto amava sentire i sospiri e i gemiti che solo lui era in grado di far uscire da quella gola. Quanto gli piace sentire quella voce che gli ordina di muoversi, di farlo suo ancora una volta. Già, era stato davvero un pomeriggio magnifico. Magari fossero tutti così.

Perso nei suoi pensieri non si accorse neanche di essere arrivato a destinazione, almeno fino a quando non vide due ragazzi avvicinarsi alla porta di casa Rukawa. Appena riconosciuti decise di nascondersi, era curioso, ma non voleva ancora confrontarsi con quel tipo senza conoscere qualcosa di lui. Certo che il fatto che l’unico che potesse dargli informazioni fosse proprio Rukawa rendeva il suo lavoro decisamente più complicato. Per fortuna che in squadra aveva un alleato. Mitsui era curioso almeno quanto lui, e si era accorto degli sguardi che lanciava a Sakuragi, certo se n’era accorto anche Hasegawa, ma era certo che Mitsui sapeva come farsi perdonare, la curiosità non era l’unica cosa che avevano in comune, in certe cose loro due si assomigliavano molto, due gocce d’acqua. Dalla sua postazione riuscì a sentire il dialogo tra i due.

“Allora kitsune ci vediamo domani.” Kitsune?

“Sì.”

“Sono felice di non dover riaffrontare tutto da solo questa volta.”

“Hai un alleato dalla tua parte.”

“Ho di meglio. Ho te. Ci vediamo.” Non ci credo Rukawa è arrossito!

“Hana?” L’ha fermato, credo che le sorprese non sono ancora finite.

“Sì?”

“La mattina vado al campetto vicino alla spiaggia a fare due tiri prima di scuola, se vuoi venire anche tu...” Questa è più che una sorpresa, è un miracolo, Mr. Iceberg non ha mai invitato nessuno al campetto, non ha mai permesso neanche a me di andarci.

“Sarebbe fantastico, però ti toccherà venire a svegliarmi, e la cosa mi fa abbastanza ridere.”

“Perché?”

“Farmi svegliare da una kitsune narcolettica è abbastanza strano no?” Ok credo di aver avuto un miraggio. Kaede che sorride, dev’essere per forza un miraggio.

“E io che ti do’ anche retta do’aho.”

“Buona notte kit.”

“Notte.”

Solo quando fu sicuro che Sakuragi non avrebbe più potuto scorgerlo decise di uscire dal suo nascondiglio.

“Bene bene caro Rukawa, sono certo che sai perché sono qui.”

“Hn.”

“E sai anche che non ti lascerò in pace fino a quando non ti deciderai a rispondere alle mie domande, almeno a una parte, ho tutta la sera.”

“Andare a rompere a qualcun altro, no?”

“E a chi scusa?”

“Al tuo ragazzo?”

“Ci sono stato fin’ora e ti assicuro che è stato davvero un pomeriggio...”

“Basta, certe cose tienitele per te.”

“Ma perché? Non devi essere timido, e poi potrebbero servirti in un futuro forse non troppo lontano.”

“Cosa vuoi dire?”

“Inutile che fai lo gnorri, vi ho visti tu e il bel nuovo arrivato, quindi...” disse sedendosi comodo sul divano di casa Rukawa e continuando solo quando anche il proprietario di casa si accomodò sulla poltrona accanto. “...perché non ti decidi a dirmi chi è?”

“Perché non sono affari tuoi.”

“Rukawa da quanto ci conosciamo noi due? Avevi si e no sette anni quando arrivasti nella mia scuola e decidesti di entrare in squadra. E in quanti volevano darti fiducia? A parte i presenti ovviamente. Nessuno e lo sai. Quindi invece di chiuderti a riccio come sempre per una volta potresti anche fidarti non credi? Anche perché in questioni di cuore tu sei rimasto esattamente quel nanerottolo di sette anni che mi è capitato tra i piedi.”

“Anche se volessi, non so da che parte iniziare.”

“Allora vediamo un po’, io ti conosco da nove anni oramai e quel tipo non l’ho mai visto, quindi doveva venire a scuola con te quando la frequentavi la Kisetsu.”

“Sì.”

“È lui il motivo per cui hai deciso di cambiare scuola?”

“Sì e no.”

“Però c’entra.”

“Sì”

“Ok, almeno ho capito perché io non l’ho mai conosciuto. E cosa è successo, avete litigato forse?”

“Se n’è andato.”

“Il trasferimento, certo.”

“Non riuscivo a guardare il suo banco accanto al mio, vuoto. Poi ci hanno messo un altro bambino e io non lo tolleravo.” È la prima volta che parla senza che debba estorcergli la parola, come se questa verità stesse solo aspettando qualcuno disposto ad ascoltarlo.

“E così sei riuscito a farti trasferire nella mia scuola.”

“Già!” Mi guardo intorno conscio che non è una conversazione che i genitori di Kaede possano ascoltare, ma Rukawa mi sembra tranquillo, almeno da questo punto di vista, non sarà che...

“I tuoi non ci sono neanche questa sera?” Oramai ho fatto l’abitudine al silenzio di questa casa, chissà come fa a tollerarlo lui che qui ci vive.

“Di cosa ti stupisci? Credo che sia un miracolo il fatto di essere venuto al mondo, probabilmente avevano scritto sull’agenda ‘ricordarsi di concepire un figlio entro la tot data’ non mi sorprenderebbe granché se l’avessero fatto.” Se a dire una cosa del genere fosse stato qualcun altro, probabilmente mi sarei messo a ridere, ma Rukawa è terribilmente serio, non lo ammetterebbe neanche sotto tortura, ma il fatto che i suoi siano sempre assenti deve pesargli molto.

“Sono sempre impegnati eh?”

“Amano il loro lavoro, tutto qui.” La sua voce è atona mentre risponde, parlare dei suoi genitori lo ha fatto tornare il Rukawa totalmente distaccato che conosco fin troppo bene, esiste solo un argomento, solo una persona, che lo rende terribilmente impacciato, e quindi terribilmente umano, ed è il nuovo arrivato.

“Beh allora ritorniamo al nostro discorso, tu ti sei trasferito nella mia scuola e hai deciso di giocare a basket per riempirti le giornate?” Non è tutto chiaro, però comincio a capire qualcosa in più di questo mio silenzioso amico.

“Gliel’avevo promesso.”

“Una promessa? Hai iniziato a giocare a basket per una promessa fatta a lui?” Tutto è cominciato per via di una promessa, una promessa fatta da due bambini, scommetto che questa promessa sia lo stesso motivo che ha spinto Sakuragi a iniziare a giocare a basket. Quanto in realtà sono legati questi due?

“Hn.” Rukawa mi sembra davvero strano, sento che c’è qualcosa che non ho ancora capito del tutto. Erano amici da bambini, si sono dovuti separare ma non si sono scordati l’uno dell’altro, aggrappandosi a una promessa per andare avanti, perché una cosa e sicura, visto quanto Kaede ha lavorato per arrivare a migliorarsi di giorno in giorno si è letteralmente aggrappato a quella promessa. E Sakuragi? Per lui dev’essere stato anche più difficile, visto dove si trovava, non credo che l’abbiano accettato subito, deve aver dimostrato il suo valore, deve aver lottato e deve averlo fatto per Kaede, o forse è solo che lo spero con tutte le mie forze, visto quello che ho improvvisamente capito. Ho afferrato quella cosa che non mi era chiara, ora lo so.

“Rukawa, tu sei innamorato di lui, vero?” Distoglie lo sguardo, tentando di nascondere il viso, ma l’ho visto, il rossore sulle sue guance, l’ho visto bene. “Bene, è deciso.” Dico battendo le mani sulle ginocchia e alzandomi di scatto.

“Cosa?”

“Ti aiuterò a conquistare il bel rossino.”

“Tu non farai un bel niente.”

“Forse non ti è chiaro un concetto semplice, non ho bisogno che tu mi dia il permesso. Bene ho fatto prima del previsto, credo che tornerò a trovare Kosh, intanto però chiamo Mitsui, ho bisogno di alleati.”

“Mitsui?”

“Già, per prima cosa dobbiamo trovare il modo di sapere se al tuo amico interessano solo le ragazze o ha la mente un po’ più aperta, a proposito sai se è libero?”

“Non ha lasciato nessuno in America se è quello che vuoi sapere. Ma perché vuoi mettere in mezzo anche Mitsui?”

“Perché tanto si impiccerà sicuramente, lo sai com’è fatto. Vedrai presto tu e il tuo rosso sexy sarete una coppia. Forse avrò anche bisogno del consiglio di una ragazza, chiederò ad Ayako, sono certo che mi aiuterà volentieri. Ora vado, buona notte Rukawa.” Chiudo la porta dietro di me, lasciandomi un Rukawa basito alle spalle e sorrido mentre cerco il numero di Mitsui sulla rubrica del cellulare. È la prima volta che vedo quello sguardo in Rukawa, è la prima volta che la sua attenzione è per qualcosa esterno al basket, ed è la prima volta che mi ha permesso di conoscere davvero una parte di sé. Finalmente quel nanerottolo che mi porto dietro dalle scuole elementari sta crescendo e sta diventando un uomo.
 

In quello stesso momento un cellulare cominciò a vibrare insistentemente nelle tasche dei jeans di Hisashi. Jeans che erano appallottolati sul pavimento della stanza di Kazushi.

“Hisa, il tuo cellulare...” La voce di Hasegawa mentre tenta di svegliare il suo ragazzo. Quante volte gli ha detto di spegnere il cellulare quando sono insieme? Mille, no, sicuramente di più, anche perché quel maledetto aggeggio sembrava risvegliarsi quando erano solo loro due. A volte sospettava che Mitsui avvertisse tutti quando andava da lui, perché non era possibile che a tutti, compresa una vecchia zia che abitava in un paesino sperduto in Hokkaido e che non sentiva da anni, venisse in mente di telefonargli sempre quando erano insieme da soli a casa. Per fortuna questa volta almeno non li avevano interrotti sul più bello come l’ultima.

“Mmm...” rispose Mitsui, il viso appoggiato alla sua spalla e nessunissima voglia di muoversi.

“Hisa se non rispondi lo butto dalla finestra.” Solo allora il suo ragazzo di decise a muoversi, sapeva che Kazushi non scherzava e che avrebbe buttato di sotto anche i jeans per fare in fretta.

“Mmm... ma chi cavolo è che rompe...” borbotta Mitsui recuperando il cellulare incastrato nella tasca dei jeans, e alzando gli occhi al cielo appena visto chi era il rompiscatole in questione. “Sendoh, chi altri... non ti ha mai detto nessuno che sei inopportuno?” Ringhia al telefono.

“Ops ho interrotto qualcosa?”

“Non ci sei riuscito, questa volta...”

“Dovevo intuirlo, l’altra volta in effetti la tua voce era...”

“Mi hai chiamato solo per rompere o c’è una ragione valida?”

“Più che valida, sei seduto? Che domande sarai a letto spalmato su Kazushi.”

“Akira, perché hai chiamato?”

“Sono appena uscito da casa di Rukawa e indovina?”

“Akira? Ti sembra davvero che abbia voglia di perdere tempo?”

“Che antipatico, comunque il nostro Ru è innamorato perso del nuovo tipo.”

“COSA!!!!!!” Urla Hisashi saltando a sedere di scatto, Kazushi lo osserva sorpreso prima di decidere di stare molto attento a ciò che si stanno dicendo, quei due separati sono pericolosi, insieme sono molto peggio.

“Ti dico che è così, lo ha ammesso. Hanno anche dei soprannomi, non molto romantici a dir la verità ma in fondo chi sono io per giudicare? Ti rendi conto il cuore del piccolo Ru batte, è vivo, da non crederci. Bisogna inoltre ammettere che ha degli ottimi gusti, hai visto che razza di fisico si ritrova il rossino? Ha certi muscoli che sembrano gridare ‘mordimi’ un bocconcino niente male.”

“Akira non sei con Koshino vero?”

“Come fai a saperlo?”

“Intuizione.”

“Ah già c’è Kazushi che ti ascolta? Beh comunque basta un sì, insomma ammettilo è o no un bel bocconcino?”

“Sì, decisamente hai ragione.”

“Vedi, dobbiamo assolutamente aiutare Rukawa, insomma lo sai che la sua capacità di districarsi nelle relazioni umane e inversamente proporzionale a quella che ha di giocare a basket.”

“Compito di matematica imminente?”

“Lascia perdere. Allora mi dai una mano?”

“Certo, insomma è un nostro compagno di squadra, è il minimo che due senpai possono fare per aiutare una matricola che è sotto la loro ala protettiva.”

“Sapevo che avrei potuto contare su di te. Senti secondo te Ayako ci aiuterà?”

“Scherzi è dalle medie che sta tentando di accasare Rukawa, ci andrà a nozze.”

“Perfetto, domani ci mettiamo d’accordo sul da farsi, ora ti saluto, sono arrivato da Kosh, sai i suoi non ci sono fino alle ventidue e io vorrei proprio provare...”

“Akira io non ti vengo a raccontare cosa faccio con il mio ragazzo, ti sarei quindi grato se potessi fare altrettanto.”

“Ma perché? Secondo me dovremmo confrontarci, insomma potremmo imparare parecchio...”

“Sei un maniaco.”

“Sei retrogrado, la mia idea era niente male.”

“A domani.”

“Ok a domani. Comunque nel caso in cui tu cambi idea io sono disposto a metterti a parte di alcuni giochetti che...”

“Notte Akira.” Mitsui non lo fece neanche finire chiudendo la telefonata. Rukawa innamorato? Non voleva perderselo.

“Cosa voleva?”

“A quanto pare Rukawa ha una cotta per il nuovo tipo, e Sendoh vuole aiutare l’iceberg ha mettercisi insieme.”

“E ti ha chiesto una mano?”

“Già.”

“Mi spieghi perché non potete semplicemente lasciare che se la cavi da solo?”

“Rukawa alle prese di un problema di cuore? Se non gli diamo una mano non riuscirà a cavare un ragno dal buco.”

“E il fatto che voi due siete peggio di due portinaie pettegole non c’entra niente?”

“Va beh forse un pochino. Ma lo facciamo per Rukawa, davvero.”

“Sì sì certo. Piuttosto in che cosa Akira ha decisamente ragione?”

“Non capisco di cosa parli.”

“L’hai capito benissimo. C’entra il nuovo arrivato vero? Dimmi tutto o ti butto fuori da questo letto.”

“Ok ok non scherziamo, ti dico tutto.”

“Sarà meglio.”

“Mi ha detto che è un bel bocconcino, e non potevo certo mentire, e poi lo sai gli occhi sono fatti per guardare.” Hisashi si sentì sbattere rudemente sul materasso e schiacciare dal corpo del suo ragazzo. L’attrito tra due corpi nudi fece nascere una scossa elettrica che accese i sensi di entrambi i ragazzi.

“I tuoi occhi devono guardare solo me. ” Gli occhi scuri di Kazushi non gli permettevano di rispondere a tono, riuscì solo a deglutire mentre sentiva il cuore in gola, conosceva il suo ragazzo e sapeva perfettamente cosa sarebbe successo da lì a qualche istante. “Credevo che una cosa così semplice l’avevi capita oramai, ma visto che non è così mi toccherà punirti, così forse riuscirà ad entrarti in testa.” Continuò Kazushi con una voce calma che però non ammetteva repliche. “Questo però ora lo spegniamo, sarà una punizione lunga e non voglio essere interrotto.” Il cellulare, ormai spento di Hisashi finì vicino ai jeans dimenticati. Le mani di Kazushi cominciarono ad accarezzare la pelle, già bollente di Hisashi. “Lo sai che devo farlo vero?”

“Sì, devi punirmi, devi farlo fino a quando non sarai sicuro che abbia capito la lezione.”

“Molto bene.” Le ultime parole prima di scendere su quel corpo che richiedeva le sue attenzioni. Hisashi adorava quel lato di Kazushi, sembrava fra i due il più pacato e tranquillo, ma in certe occasioni, e possedere il suo ragazzo era una di quelle, sapeva essere molto autoritario e sicuro di sé. Appena sentì le dita del suo ragazzo scivolare in lui Hisashi fu certo che neanche per quella notte avrebbe dormito a casa, anzi, probabilmente non avrebbe dormito affatto, ma non era colpa di Kazushi, era lui a doversi far perdonare parecchie cose, ne avrebbe inventate se fosse stato necessario.
 

Continua
 

Note: Ok ho presentato anche gli altri, vi è piaciuta come presentazione? Spero di sì. Come sempre ringrazio Arcadia_SPH, Slanif e Pandora86 per le belle recensioni al primo capitolo (e anche per averla messa direttamente tra le preferite Pandora e nelle seguite slanif e saruccia), a settimana prossima.
  
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