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Autore: Misaki Ayuzawa    18/04/2014    2 recensioni
Questa è la storia di William Herondale, da quando è arrivato all'Istituto fino a ... beh, fino alla fine. Tenterò di descrivere al meglio gli episodi di cui già siamo a conoscenza sia quelli che invece sono avvolti nel mistero, o meglio: nella mente del personaggio più complesso di TID. Spero passiate a dare un'occhiata! :)
I:"I libri mi fanno credere che c’è chi sta peggio di me, anche se ammetto che consolarmi con le disavventure di personaggi immaginari non è esattamente una cosa da persone normali, non che io mi creda sano di mente, anzi sto valutando, ultimamente, la possibilità di farmi visitare da uno strizzacervelli mondano …"
V:"La cerimonia è conclusa e i Cacciatori, fino ad un momento fa silenziosi, si alzano in piedi e applaudono. Io, in questo momento, ho soltanto un pensiero che mi occupa la mente: non sono più solo."
X:"Mi tocco il viso, contrariato, e fisso il mio sguardo in quello di Jem.
“Questo” e faccio un ampio movimento con il braccio “non deve saperlo nessuno.”
Le persone che stanno passeggiando nel parco hanno preso guardarmi, mentre a grandi falcate mi dirigo verso l’Istituto. Quelle anatre me la pagheranno …"
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlotte Branwell, Henry Branwell, James Carstairs, Jessamine Lovelace, William Herondale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L’Angelo

“Diventa il mio parabatai.” Le parole mi escono spontaneamente dalla bocca, incontrollate. Ci ho pensato spesso, in questi giorni. E’ da un anno e mezzo che Jem è venuto a stare qui a Londra e io non posso fare a meno di constatare che lui è la mia roccia, l’unica ragione per cui ho deciso di non buttarmi dal London Bridge. Conoscendo la sua situazione non posso disprezzare la vita, sarebbe un insulto alla sua e dunque, poiché lui mi ha salvato e mi fa sentire normale, mi è sembrata una decisione giusta, questa di diventare parabatai. Mi rendo conto che non si tratta di un gioco, ma di una cosa piuttosto seria: vincolare la tua anima ad un’altra, diventare la forza dell’altro, combattere insieme e supportarsi reciprocamente. Jem non ha nulla da guadagnare, da questo, ne sono ben consapevole, ma spero nel suo assenso.
Jem abbassa lo spadone con cui ci stavamo allenando fino ad un secondo prima e mi guarda con i suoi occhi neri striati d’argento, anche i suoi capelli sono diventati completamente argentei … l’effetto collaterale dello yin fen.
“No.” Il suo è un no lapidario, che non ammette repliche, ma lo avevo previsto. Jem sa bene quanto me che non si può avere un secondo parabatai, quando il primo muore, e lui non accetterebbe mai di “bloccarmi”, vista la sua malattia che quasi sicuramente lo strapperà via da questa vita e da me. Quello che non sa è che io passo giorni interi in biblioteca in cerca di qualcosa che possa aiutarlo e che sono deciso a non fermarmi. Ho cominciato le ricerche quando l’ho visto per la prima volta assalito da uno dei suoi attacchi, mentre tossiva sangue e sveniva: non potevo sopportare di stare semplicemente a guardare.
“Facciamo così: se ti batto in un duello con gli spadoni, tu accetti. Se invece perdo,non se ne fa niente.”
Jem si rilassa e si mette in posizione. E’ convinto che vincerà. E’ vero, quando è arrivato, il suo livello di addestramento era superiore al mio, ma in previsione di qualcosa del genere io mi sono allenato con Thomas per ore e ore.
Mi metto in posizione anche io e attacco per primo. Il combattimento è breve: non gli do nemmeno per un momento la possibilità di attaccare. In nove secondi l’ho fatto indietreggiare di qualche metro e l’ho inchiodato al muro. Con un ultimo fendente lo disarmo. Lui si porta le mani sopra la testa, in segno di resa, sorridendo impercettibilmente mentre gli punto la lama alla gola con lo sguardo più determinato che sia mai riuscito fare.
“Touchè.”
Finalmente metto giù l’arma.

Sono io a dare la notizia, quella sera stessa, durante la cena.
Jessamine ci lancia un’occhiata stupita, ma maschera  quell’emozione in poco tempo con la solita indifferenza; Charlotte e Henry ci sorridono e si congratulano. Non erano preparati minimamente a qualcosa del genere ma subito dono il pasto Charlotte si chiude nel suo studio a scrivere una lettera al Console Wayland a proposito della cerimonia che dovrà essere celebrata per unire le nostre anime.

Ecco qui, il grande giorno. L’Enclave ha aspettato che entrambi compissimo quattordici anni, prima di degnarsi a darci il consenso a diventare parabatai.
 Indosso una divisa disegnata per l’occasione, fatta con la solita pelle nera e i polsini e il colletto ricamati con rune rosse.
E’ la carrozza ufficiale dell’Enclave a portarci fino a Westmister, lì infatti si trova la sala del Consiglio che ospiterà la nostra cerimonia. Prima di scendere stringo forte lo stilo che ho in tasca, per farmi coraggio. Non ho paura né ripensamenti, è solo che tutto questo è estremamente importante.
La sala, circondata da gradini che poi sarebbero i posti a sedere, è gremita e colma di sussurri. So cosa molte persone stanno pensando: l’insensibile William Herondale con un parabatai! Roba da non credere. Il problema è che in tanti sono convinti che sia stato Jem a chiedermelo, perché mai nessuno se lo aspetterebbe da me e questo mi fa innervosire: come se Jem fosse debole e io fossi preso da spirito di carità. No, io sono una persona molto egoista.
Charlotte e Henry accompagnano me e Jem al centro dell’ambiente per poi ritirarsi anche loro sui gradini. Pochi minuti e cala il silenzio. Jem annuisce come a rassicurarmi mentre ci disponiamo ai lati opposti di un cerchio di fuoco sospeso all’altezza delle nostre spalle e il Console si pone di fianco a noi.
I Cacciatori sono persone molto spartane, per questo non mi sorprendo quando Wayland ci invita a procedere immediatamente con le azioni che sappiamo di dover compiere.
Per tutto il tempo in cui io e Jem facciamo passare le mani attraverso il cerchio di fuoco e ci afferriamo reciprocamente gli avambracci, i nostri occhi rimangono fissati in quelli dell’altro.
Sento il Console parlare e dire i nostri nomi, ma io sono tutto concentrato a sentire l’energia di Jem fluire in me e la mia in lui. Sento concretamente un legame che viene forgiato, destinato a non rompersi.
All’unisono pronunciamo le parole del giuramento:

“Dove andrai tu andrò anche io;
Dove morirai tu, morirò anch’io, e vi sarò sepolto:
L’Angelo faccia a me questo e anche di peggio
Se altra cosa che la morte mi separerà da te.”

Il fuoco si consuma,lasciando come unica traccia della sua esistenza un lieve fumo.
Prendo lo stilo dalla tasca e mi avvicino a Jem, che intanto ha sbottonato i primi bottoni della camicia e ha allargato il colletto, per permettermi di imporgli la runa parabatai proprio sul cuore. Mentre dallo stilo vengono incisi ghirigori neri sulla pelle pallida di Jem, questo freme.
Capisco il perché pochi secondi dopo, quando è lui a disegnare il marchio sul mio petto: brucia come mai nessuna runa fino ad ora, neanche la prima.
La cerimonia è conclusa e i Cacciatori, fino ad un momento fa silenziosi, si alzano in piedi e applaudono. Io, in questo momento, ho soltanto un pensiero che mi occupa la mente: non sono più solo.

Spazio autrice: Sto scrivendo con una frequenza quasi imbarazzante, ma non riesco a fermarmi. Ringrazio i lettori, per lo più silenziosi, ma ahimè, non si può avere tutto dalla vita u.u Se però avete voglia di recensire, fatelo pure! Senza problemi, fa piacere e non mi offendo, accetto le critiche in quanto sono consapevole di non essere una grande scrittrice.


 

 



 

 

  
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