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Autore: Neyther    19/04/2014    1 recensioni
Novembre 2014, luogo sconosciuto, epoca musicale critica.
Supponiamo che Marianne Gilmour, la classica ragazza “perbene” proveniente da una famiglia benestante e bigotta, nasconda una folle e malsana passione per il rock.
Ipotizziamo,inoltre, che la strada di lei incroci quella dei, "Come si facevano chiamare?", Guns N’Roses, quel tipo di ragazzi che nessun padre, in particolar modo Mick Gilmour, vorrebbe frequentassero la figlia.
Benvenuti nel folle mondo del rock, che malgrado sembri essere scomparso, continua ad esistere nelle viscere delle odierne società.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axl Rose, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You’re crazy

 
Squilla producendo quel fastidiosissimo suono che solo quel congegno infernale può emettere. Allungo la mano e spingo l’odiata sveglia giù dal comodino.L’impatto col terreno fa schizzare via le pile e l’insopportabile trillo svanisce. 
Ben ti sta, stronza sibilo al nemico, incapace di comprendere di prima mattina, che quelle dannate macchinette non parlano.
Rotolo su un fianco, cascando giù dal letto.Lo scontro col parquet produce un rumore sordo che rimbomba nel mio povero, ma indistruttibile, cranio.
Intontita arranco fino all’armadio ed afferro qualcosa di nero ed un paio di jeans.

Il nero va sempre bene.

Indosso gli amatissimi anfibi antifreddo/altri possibili scherzi del clima – privo di umorismo-,prendo due biscotti, la tracolla con il materiale scolastico e corro fuori di casa.
***
Finalmente scorgo in lontananza la sede centrale del mio istituto, mi concedo di riprendere fiato ed inizio a passeggiare tranquillamente dopo aver constatato che le lezioni iniziano fra dieci minuti.
-Si, hai ragione, Axl ed i suoi amici sono davvero belli. Peccato per quel modo di vestirsi fuori moda e per quei gusti musicali assurdi. Rolling Stones? Ma chi sono? – ride una smorfiosa davanti a me.
Mi ero ripromessa di non giudicare le persone senza conoscerle, ma lei non è una ragazza, è solo una stupida oca.
-Ci vuoi raccontare quel che è successo ieri con Rose? – domanda un’amica alla ragazza bionda senza un minimo di cultura musicale.
- Oh, nulla. Quando gli ho chiesto se poteva mettere la nuova canzone di Miley Cyrus è andato via. I Guns’n’roses sono assai strambi. –
Aggiungo “cultura musicale” alla lista dei requisiti per diventare uno dei cagnolini dei Guns.
Mi pento immediatamente del pensiero, non posso giudicarli, non li conosco nemmeno, rischierei di ripetere l’errore commesso con Slash.
Forse sono diversi da quel che credevo.
Per quanto riguarda le ragazze che si trascinano dietro, in fin dei conti sono solo degl’adolescenti “ormonati” membri di un’associazione a delinquere, hanno pur sempre diciassette anni.
Interrompo la discussione col mio ego quando mi accorgo di essere arrivata a destinazione.
Fra la folla scorgo una massa informe di riccioli pece, Slash è con il suo gruppo come tutte le mattine, e, come tutte le mattine, dovrei passare loro davanti da brava bambina menefreghista senza guardarli, indifferente.
Eppure ieri ho conosciuto uno di loro. Ipoteticamente, se non si trattasse di un Guns, saluterei una nuova conoscenza, ma si tratta di un membro di quel gruppo e questo fa cambiare le cose.

Perché?

Loro, forse, sono le persone a me più simili presenti in questa monotona cittadina popolata da modaioli.
Quindi, seguendo il filo logico della mia asserzione, è, sebbene sia faticoso ammetterlo, importante l’idea che loro hanno, o si potrebbero fare, di me.
Perché in fondo fra noi si potrebbe instaurare un meraviglioso rapporto d’amicizia.
Il mio soliloquio risveglia la vigliaccheria presente in me e, da brava codarda, decido di aspettare la reazione di Slash alla mia vista.
Troppo timore di sfigurare, ma da quando è così importante l’idea che gli altri hanno di me?
Non mi interessa la loro opinione.
Quindi perché ho preso questa decisione?

Perché continuo a farmi domande di cui non possiedo risposta?

Odio la mia mente.

Quel ragazzo mi è parso simpatico e lo saluterò. E’ la mia scelta.
Si tratta solo di un dannatissimo saluto, solo un saluto.
 
 
Entro nel cortile della scuola, rilassata, come sempre perché allora tutta quella tensione?.
L’umidità della rugiada mattutina penetra attraverso gli anfibi lucidi e mi punge le punte dei piedi, mi fermo ad osservare la pelle degli stivali, più fulgida e luminosa nelle zone lambite dall’acqua.

-Marianne – mi chiama una voce familiare, ma non abbastanza da essere riconosciuta.

Mi volto in direzione del misterioso individuo che ha appena pronunciato il mio nome ed incontro la massa informe di riccioli scuri fra i quali intravedo Slash.
Gli sorrido, è il mio modo di salutare personalizzato, preferisco regalare quel simbolo di gioia che un banale “Ciao” o un cenno di capo.
La sua mano si avvinghia al mio polso e mi trascina con sé – Devi venire a conoscere gli altri – spiega lui – sono rimasti sbalorditi quando ho spiegato loro che c’è un’altra persona come noi in questa scuola. E sei pure una ragazza! –
Storco il naso, cosa ci trovano lui ed i suoi amici delinquenti di tanto strano in una ragazza con una cultura musicale decente?
-E’ così bizzarro che una ragazza ascolti rock? – domando alquanto infastidita.

Ride.

Non ci trovo nulla di divertente.

-Non ti offendere, ma le ragazze che abbiamo conosciuto sino ad ora non fanno certo onore al genere femminile – confessa lui.
Quindi sono consapevoli di frequentare solo mediocri femmine smorfiose prive di materia grigia.
Un punto a loro favore.

Rudemente mi spinge verso i suoi amici, sbatto contro uno di loro che si rivela essere Duff McKagan, ragazzo alto, abbastanza magro ma comunque muscoloso, lunghi capelli biondi gli scorrono lungo la schiena e sfiorano il bacino. Sembra uscito dagli anni Ottanta come tutto il gruppo d’altronde, ciò non mi dispiace affatto, quegli erano gli anni d’oro della musica, il decennio in cui avrei voluto nascere.

Sospiro, la macchina del tempo la devo ancora inventare.

-E’ lei? – chiede Rose.

Ha parlato loro di me? Pare di sì.
Slash annuisce convinto mentre io sono sempre più confusa e intimorita.

-William Axl Rose, più semplicemente Axl – si presenta lui, porgendomi la mano sorridendo.
Stringo, le dita sono affusolate, sottili e lunghe ed, a mia volta, mi presento.

-Allora sei davvero una rocker? Posso vedere il plettro? – mi domanda, mantenendo la stessa espressione gentile ed angelica di prima.

La richiesta mi imbarazza, Slash ha raccontato ogni particolare, ma assecondo Axl e gli porgo il ciondolo.
Un ragazzo dalla chioma nera, simile a quella che Slash potrebbe avere se frequentasse un parrucchiere ed adoperasse una piastra; si allunga verso di me presentandosi. E’ Jeffrey Dean Isbell, da me conosciuto, sino a quel momento, come Izzy Stradlin.
Successivamente gli altri membri del gruppo, dei quali conoscevo già i nomi, mi stringono la mano e mi porgono qualche domanda.
Sto parlando tranquillamente con ragazzi di cui ho sempre disprezzato l’esistenza, ignorando quanto fossero simili a me. Ed in quel momento, mentre rido con loro, comprendo di essere meno sola, perché in questa terra ci sono altri spiriti ribelli che seguono un ritmo diverso. Ed il rock vibra nelle loro vene e lo riconosceranno sempre, scorrere nel sangue d’un altro, e riconosceranno sempre uno di loro.

Ed il rock è in noi.

-Davvero bello. Canzone preferita? – interroga Axl restituendomi il giracollo.
-Impossibile avere solo una canzone preferita quando si tratta di loro. – rispondo sinceramente.
-Risposta giusta – stabilisce Axl sorridendo.
- Una che ti piace particolarmente? – domanda Duff.
Quest’interrogatorio non mi dispiace affatto, malgrado odi essere sottoposta a troppe domande.
Stiamo solo discutendo di musica, ed è la prima volta che mi capita da quando Angie è partita.
Escludendo naturalmente le liti con vari individui privi di intelletto i quali si offendevano davanti alle mie affermazioni sulla musica commerciale.
-Comfortably Numb – è la mia risposta.
-Beatles o Rolling Stones? – è l’ultima domanda che mi sottopongono ed a farmela è Michael Coretti, conosciuto come Steven Adler.
La compagnia di questi ragazzi mi porta indietro nel tempo, verso quel periodo in cui la musica imperversava come un mare in tempesta ed era l’inno di un’anarchica gioventù ribelle assetata di rivoluzione.
E il dilemma di quei ragazzi era quello: Beatles o Rolling Stones?
I Beatles, i quattro ragazzi di Liverpool amati da genitori e figli.
Definiti gli eroi perché con i loro caschetti rappresentavano un po’ il modello di ragazzo perbene.
Mick Jagger, in un’intervista spiega che ottennero quel soprannome quando emersero gli Stones, perché la nuova band emergente era composta dai cosiddetti antieroi.
I Rolling Stones erano più fedeli all’antico motto Sex, Drugs and Rock’n’Roll come si intuisce da Brow Sugar o Satisfaction.
Erano i figli che nessuna madre avrebbe voluto.
Erano come me e per questo li amavo forse un po’ di più dei cari Beatles.

-Stones – è la mia risposta.

Mi sorridono, leggo dell’affetto nei loro occhi, eppure mi hanno appena conosciuta. Forse sono tutti così mi dico riferendomi all'espansività di Slash del giorno precedente.
Axl si avvicina e mi stringe la mano – Congratulazioni – dice – sei dei nostri ora –.
Lo fisso spiazzata, sconvolta.
-Cosa intendi? – domando basita, la sua affermazione è alquanto strana.
-Pensi davvero che dormiremmo sereni se lasciassimo una come te nelle mani di quelli come loro? – spiega Slash allargando le braccia, indicando così tutti gli studenti della scuola.

La campanella scandisce l’inizio delle lezioni e tutti gli alunni si dirigono verso l’entrata principale, tutti tranne me. Rimango ferma, immobile, rigida, sconvolta da quell’asserzione.
La comitiva mi saluta amichevolmente e si sposta verso l’edificio vetusto, seguendo la massa di studenti.
-Ci vediamo all’uscita, le prove sono alle 3.00. Passa se ti va – mi sussurra Slash prima di andarsene.
Smuovo i piedi apparentemente saldati al prato, inspiro e proseguo verso la costruzione di mattoni rossi ormai in rovina.
Ho ancora cinque ore di lezione per riflettere tranquillamente sull’accaduto.

-Marianne! – mi chiama una voce amica, in quel momento non interessante.
Voglio bene ad Elén, con me si è sempre comportata in modo impeccabile, ma fra di noi ci sono distanze e differenze che nessuna gentilezza può colmare.
 La nostra amicizia mi è cara, nonostante conviva con la consapevolezza che un giorno comprenderà i divari che separano le nostre menti, e in quel momento forse mi abbandonerà.
E sarà solo l’ennesima volta che qualcuno mi lascerà dietro, sanguinante, per proseguire verso la sua strada, determinato a raggiungere il traguardo.

-Cosa facevi con quel gruppetto? Ma ti ricordi chi sono? Sono la feccia della scuola, i Guns N’ Roses – grida furibonda.

Discuto con me sulla risposta da darle.
Ma la consapevolezza che lei critichi il mio comportamento, in qualsiasi modo spieghi la situazione, mi sprona a non mentire, ad essere sincera.

-Chiacchieravo. Ho sbagliato a giudicarli – ammetto, è una risposta senza veli,la verità.

Dolorosamente noto il disprezzo, il disgusto di ciò che ha davanti nel suo sguardo.

-Sei cambiata – stabilisce lei sprezzante.

Rido della sua ingenuità.

-Sei tu che ti sei svegliata – ribatto – io e quei ragazzi siamo meno diversi di quanto credi –.

Osserva triste l’abominio di fronte a lei.
Leggo il dolore nel suo sguardo, non capisci, è meglio così Elén.

-Non puoi accettare questa mia differenza vero? – domando retorica, conosco già la risposta.

-Posso provarci – mormora lei mentre una lacrima le percorre il volto – non voglio perderti –.

Sorpresa.

L’unico modo in cui potrei definire il mio attuale stato d’animo.
Non mi aspettavo questo da lei, la ragazza che spesso si era vergognata del nostro rapporto d’amicizia, tenta di accettare che non sono alla moda come lei, come vorrebbe che fossi.
-Allora tentiamo –le dico gentile, ma so che le possibilità di riuscire nell’impresa sono molto basse.
Prende la mia mano e mi conduce all’interno della scuola.
-Corri, arriveremo in ritardo – esclama sorridendo mentre mi trascina con sé.
Forse mi ero sbagliata.
C’è ancora speranza per la nostra amicizia, forse.
***
Trascorro le ore seguenti discutendo col mio ego sullo strano incontro di quella mattina.
Mentalmente figuro le loro prove, potrebbe essere divertente, forse sono pure bravi.
Slash ha ragione, in questa scuola mi è impossibile trovale alcuna compagnia al di fuori di loro. Questa mattina quei ragazzi mi sono parsi così simili a me, Che nascondano anche loro un segreto? Possibile.
-Gilmour, ci parli del Sessantotto – ordina il professore, interrompendo i miei pensieri, riferendosi al movimento del Sessantotto.
Sgrano gli occhi in seguito all’impatto col pianeta Terra e metto in moto il mio povero cervellino.
Sessantotto, Sessantotto, rifletti.
-Siamo nel dicembre del 1968 ed esce il celeberrimo album Beggars Banquet – rispondo d’impeto, senza pensare alla lezione di storia in corso.
- Irrecuperabile – sibila il professor Barret.

Appena si disinteressa di me mi tuffo nei miei pensieri, nuovamente.
In seguito al mio precedente dibattito interiore stabilisco di rimandare la decisione alla fine delle lezioni, mi avevano detto di rivederci all’uscita.

Fai domani quello che puoi fare oggi.

Altro motto di Marianne Gilmour.

 
Spazio Neyther!
Okay people, il capitolo non è il massimo ma almeno è un po’ più lungo del solito.
Come sempre ho sprecato tutto il tempo a rileggere, incapace di correggere il testo e farlo apparire decente.
Anyway, che ve ne pare?
Idee, pareri, opinioni, spietate critiche?
Ho avuto un po’ di problemi nella scena in cui Slash fa conoscere Marianne al resto del gruppo, avevo paura di cadere nella classica “coincidenza da fan fiction”, ma il presentare una ragazza ad una band perché ha gusti musicali degni di questo nome non mi sembrava poi così strano.
Per quanto riguarda Elén immagino che il mini litigio possa apparire strano, ma le due ragazze hanno caratteri molto contrastanti (come ho spiegato poi), infatti questa lite è solo la prima di una lunga serie perché Elén non è capace di accettare l’amica così com’è.
Ora, visto che siete arrivati sino qua, mi approfitto un altro secondo di voi pubblicizzando altre mie storie:
  • “Sweet child o’ mine”, originale.
  • “Quello che Suzanne Collins non ci ha detto”, vecchissima fan fiction su Hunger Games
Alla prossima guys!


Vostra
Neyther :)
  
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