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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    20/04/2014    1 recensioni
[KidoBros][Fluff]
A poco a poco erano crollati tutti.
Si erano asserragliati su quel letto troppo piccolo per due, figuriamoci per quattro, a chiacchierare; avevano trascorso ore a scherzare ma, vuoi la stanchezza vuoi la tranquillità che quel piccolo appartamento sul porto aveva, al cicaleccio ben presto si era sostituito un piacevole silenzio.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Phoenix Ikki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Kido Family'
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Fandom: Saint Seiya
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Ikki
Tipologia:
OneShot
Genere:
Sentimentale, Malinconico, Fluff
Avvertimenti: Pesantemente fluff.
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

PER UN PUGNO DI STELLE

A poco a poco erano crollati tutti.

Si erano asserragliati su quel letto troppo piccolo per due, figuriamoci per quattro, a chiacchierare; avevano trascorso ore a scherzare ma, vuoi la stanchezza vuoi la tranquillità che quel piccolo appartamento sul porto aveva, al cicaleccio ben presto si era sostituito un piacevole silenzio.

Con la coda dell'occhio di chi si interessa di qualcosa ma non vuole mostrarlo apertamente, Ikki aveva osservato gli occhi di Seiya chiudersi, vinti dal sonno, e la testolina spettinata di quest'ultimo accoccolarsi contro il petto di uno Shun già addormentato da qualche minuto.

La stessa Fenice aveva riso tra sé e sé, intuendo che il prossimo a dare forfait sarebbe stato probabilmente Hyoga e infine Shiryu, gli ultimi due superstiti: l'espressione stralunata del Cigno, che di tanto in tanto sobbalzava per restare sveglio era emblematica.

E difatti le sue previsioni non tardarono a farsi veritiere; e quando la lontana campana della chiesa dell'orfanotrofio rintoccò la mezzanotte, spingendo il maggiore dei cinque a voltarsi, la scena che gli si parò dinanzi aveva un che di tenero, a suo modo: era quasi tentato di spostare leggermente le teste di Seiya e Hyoga per far respirare Shun, che faceva loro da cuscino, ma le loro espressioni serene e la protettività che gli stessi emanavano nell'abbraccio in cui erano stretti lo fermarono.

Non se la sentiva di disturbare il loro sonno e neppure di staccarli, andava bene così.

Shiryu, invece, era tutta un'altra storia: e sistemarlo di modo che, una volta giunto il mattino, il collo non gli dolesse per la pessima posizione, fu un attimo, un gesto leggero e disinteressato; poi, Ikki ritornò alla finestra ad osservare non solo il porto deserto e tranquillo ma soprattutto il cielo, quel cielo meravigliosamente blu solcato da un lucente fiume di stelle, pulsante e tremulo ai suoi occhi allenati ad osservare nel cuore di un'oscurità che difficilmente abbandonava le loro vite, benché quella fosse foriera di vita e di una bellezza incomparabile.

Ma non poteva vedere tutte le costellazioni, non da lì almeno.

Chissà se...

Con una illuminazione, come se stesse ascoltando un richiamo primordiale proveniente dalle profondità del Cosmo e assicuratosi con la coda dell'occhio che il resto dei fratelli dormisse della grossa, Ikki fece forza sulle mani per issarsi sul davanzale e sgusciò fuori, aggrappandosi alla grondaia del tetto che correva lungo tutto il perimetro di quest'ultimo; puntellandosi con i piedi sul muro, s'arrampicò agilmente alla luce di una Luna calante, raggiungendo infine il punto più alto prima di alzare lo sguardo e lasciare che gli occhi si riempissero della meraviglia del cielo notturno, prima che il fiato gli si mozzasse in gola.

La Via Lattea era rara a vedersi, soprattutto da quelle parti, e lui stesso non ricordava mai di averla vista, non così nitida e luminosa.

Ora capiva perché la sua gente la chiamava “Fiume Celeste”...

Ma fu la morsa che strinse il suo cuore poco dopo a strappargli una lacrima solitaria giù per la guancia senza che lui potesse fare nulla per fermarla, un dolore tale da sembrare un pugno nello stomaco inaspettato e per questo molto più violento e insopportabile anche per un guerriero come lui: che fosse o meno la sua immaginazione non gli importava ma l'Andromeda e il Pegaso, il Cigno e il Dragone sembrava avessero lasciato le loro posizioni, come se avessero deciso di incontrarsi ed abbracciarsi allo stesso modo di quei ragazzi da loro protetti in ogni battaglia, gli stessi che avevano accompagnato ogni giorno.

Pur non essendo qualcosa di possibile – e Ikki questo razionalmente lo sapeva - si sentiva comunque svuotato: che gli Dei lo stessero punendo ancora dopo tutto quel tempo?

Perché unire le costellazioni dei fratelli e lasciare fuori la sua?

Il ragazzo richiamò alla mente le nozioni di astronomia che gli erano state impartite tanti anni prima, ricordò con dolore la propria posizione sulla carta del cielo, una piccola e scura porzione di cielo nell'Emisfero Australe e sentì insopportabilmente il desiderio di urlare: era davvero quello, un piccolo spazio buio e dimenticato, lontano anni luce da loro?

Non lo sapeva, non voleva crederlo eppure era quello che i suoi occhi gli stavano mostrando: l'eterno escluso, forse per sua scelta, per un suo capriccio che lo allontanava inesorabile da loro?

Eppure non era quello che desiderava!

Certo, non aveva mai dichiaratamente mostrato i suoi veri desideri e sentimenti ma era sicuro che gli Dei si fossero accorti di quanto tenesse a loro anche senza che lui lo avesse espresso.

E invece...

Per un attimo, lunghissimo e infinito, si sentì nuovamente quel bambino sfinito e sperduto che correva nella notte, in un mondo di macchine e luci e clacson, un mondo oscuro senza calore dove il suo unico pensiero era per il fagottino che portava con sé, pesante, e poi ancora il ragazzino a cui avevano strappato l'ultimo frammento di umanità e dell'anima quando lo avevano mandato a morire.

Ma credeva di averlo ritrovato, che gli fosse stato restituito nel momento in cui lui e i fratelli si erano finalmente ritrovati e riconosciuti come tali.

Non era stato sufficiente il suo silenzioso impegno di non abbandonarli mai più?

Perché tenerlo fuori in quel modo?

Tutto lo colpì con la forza prepotente di un'ondata di marea che voleva farlo affogare nel buio di un brutto sogno, non poteva essere altrimenti che quello, un brutto sogno da cui faticava a svegliarsi: le stelle erano dalla loro parte, loro erano le stelle e...

Cosa ci fai qui fuori, niisan...?”

La voce di Shun, piccola e assonnata, si fece udire alle spalle del ragazzo più grande, il quale si voltò di scatto e guardò con espressione stralunata la sagoma piccina del fratello issarsi a fatica sul tetto e gattonare cautamente fino a lui.

Ikki restò immobile, anche quando le braccia sottili di Shun gli cinsero la vita.

Niisan...?” chiese ancora il ragazzo con voce bassa.

Fu solo a quel punto che, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica lungo tutto il corpo, che la Fenice si riscosse, abbracciando meccanicamente il Saint di Andromeda.

Niisan... Che succede? Perché sei qui?” chiese il bruno con gli occhioni verdi spalancati e luccicanti, non capiva bene se per le stelle che rilucevano nel cielo, riflettendosi dolcemente nelle pupille, o per un accenno di lacrime dovute alla preoccupazione.

S-Stavo... pensando...” riuscì a dire Ikki con voce il più possibile neutra.

Come ad un naufrago a cui viene lanciato un salvagente, allo stesso modo voci altrettanto familiari ma lontanissime, al punto che neppure lui sapeva come avessero fatto a raggiungerlo, mormorarono parole gentili e preoccupate: “Cosa ci fate quassù? E' tardi...”

Seiya, con la testa tutta spettinata e l'aria di chi è stato buttato giù dal letto prima del tempo, comparve dalla grondaia con la testa arruffata di Hyoga accanto a lui, il quale borbottava qualcosa mentre Shun cercava di tirarlo su.

E Shiryu che, probabilmente, cercava di spingerli verso l'alto rispetto alla posizione di pubblico appollaiato pericolosamente e appeso alla grondaia.

E si rese infine conto di quel che stava accadendo.

Ciò che lo stava tenendo prigioniero di quel malsano pensiero di abbandono che non lo aveva mai lasciato del tutto era solo una sua paranoia, paranoia che era scomparsa nel momento in cui il fin troppo vero il senso di calore invisibile ai suoi occhi che gli stringeva la mano – il medesimo che rappresentava la sua realtà insinuatasi e fattasi strada nella palude dell'incubo - aveva preso la forma dei fratelli che si erano accomodati al suo fianco ad osservare le stelle.

Come in un caleidoscopio di stelle splendenti, il cielo e il tetto sembrarono mischiarsi allo stesso modo dei colori su di una tavolozza, ruotavano su loro stessi unendosi, fondendosi e mescolandosi tra loro fino a diventare irriconoscibili e indivisibili ai suoi occhi.

Mi sono svegliato e non ti ho visto nella stanza.” disse Shiryu con voce tranquilla.

E hai buttato giù dal letto anche noi...” brontolò il Pegaso, massaggiandosi la schiena nel punto in cui doveva aver impattato con il pavimento.

Volevo vedere il cielo.” fu la prima cosa che gli venne in mente, ad Ikki.

Non ti facevo così romantico.” lo sfotte Hyoga, ottenendo un colpetto sulla spalla.

Non litigate, su.” li rimbrottò Shiryu con un sorriso bonario dipinto sul volto.

Io ho portato su un thermos.” offrì Shun con gli occhi splendenti: “Se volete un po' di tè...”.

E mentre la notte, trascorrendo quietamente, si tramutava lentamente in giorno, pur se nel cielo erano comunque separate, nel cuore di Ikki le loro costellazioni erano unite come non mai.

   
 
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