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Autore: LaraPink777    21/04/2014    5 recensioni
Una corsa contro il tempo. Fino all’ultimo respiro.
Genere: Angst, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Radiohead, No Surprises


Il piccolo Michelangelo correva veloce. Le gambe pienotte erano rapidissime. Pur essendo il più basso e minuto tra i fratelli, quando si trattava di fare una gara di corsa non lo batteva nessuno. Era una piccola scheggia verde. Adesso i piedini sbattevano contro il cemento delle fogne di New York.
Doveva solo arrivare nel posto dove aveva visto quel pezzo di legno, prenderlo e tornare. Niente di più facile.
Certo, non gli piaceva disobbedire a suo padre, non l’aveva mai fatto e stava giurando a sé stesso che quella sarebbe stata la prima e l’ultima volta. Ma voleva proprio far contento suo fratello Leo. Voleva farlo sorridere.
Non era lontano. Ricordava perfettamente la strada. Adesso bisognava girare per questa parte, dove una volta aveva visto il topo con la coda mozzata, e poi qui, dove aveva trovato la carta della caramella che profumava. Aveva chiesto a suo padre di cosa fosse quel profumo buonissimo, e lui gli aveva risposto che era profumo di fragola.
Fragole. Non sapeva cosa fossero, ma un giorno ne voleva mangiare tante. Un giorno, quando sarebbe cresciuto e gli uomini cattivi non avrebbero più potuto fare del male, avrebbe fatto tante cose. Sarebbe potuto uscire in superficie.
Era così bella, la superficie. A volte l’aveva sbirciata dalle grate. Di giorno il cielo era azzurro come i suoi occhi, e pieno di buffe nuvole bianche. Aveva disegnato pagine e pagine di nuvole sul suo quaderno. Avrebbe disegnato pure le fragole, se solo ne conoscesse la forma. E il colore. Erano forse blu? L’avrebbe chiesto quella sera stessa a suo padre.
Il piccolo mutante stava pensando alle sue fragole blu quando improvvisamente si è bloccato. La strada davanti a lui era sbarrata da qualcosa. Si è avvicinato piano. Cos’era? Le sue manine hanno toccato i nastri di plastica tesi tra tutta una serie di pali di ferro piantati nel terreno, nel cemento della fognatura.
Nastri arancioni. Che bel colore. Chi li aveva messi lì, e perché?
Michelangelo si è guardato in giro. Non ha visto nessuno. Come al solito. Lì sotto non c’era mai nessuno. E’ passato sotto i nastri colorati ed ha proseguito la sua strada. Però adesso non correva più.
Davanti a lui, un pezzo di soffitto era crollato ed impediva di proseguire il cammino. Il piccolo si è fermato, ha messo un broncio sul visino. Questa non ci voleva. Era quasi arrivato! A questo punto sarebbe dovuto tornare a casa a mani vuote. Non avrebbe potuto prendere quel bel pezzo di legno e Leonardo non sarebbe stato felice per il suo regalo. A meno che…
Sulla sua destra si apriva una deviazione secondaria. Michelangelo non ricordava di aver mai fatto quella strada. Forse avrebbe permesso di sorpassare l’ostacolo. Sapeva che prendere strade sconosciute poteva essere pericoloso, suo padre glielo aveva detto moltissime volte (anche se gli aveva detto pure che mai e poi mai sarebbe dovuto andare nelle fogne da solo, va beh…) ma lui poteva farne solo un pezzettino, e se la strada non avesse portato in nessun posto conosciuto o fosse diventata troppo lunga, sarebbe subito tornato indietro. Sì, avrebbe fatto così.
Ha camminato in quella galleria per appena pochi minuti quando questa si è aperta in uno spiazzale sotterraneo, che raccoglieva da diversi canali le acque fognarie in una grande vasca di reflusso. Michelangelo ha alzato gli occhi: particelle di polvere ballavano nei raggi di luce che entravano dai tombini, lì in alto. Erano bellissime.
Lo spiazzale era circondato da tante piccole gallerie come quella da cui era arrivato che si aprivano in diverse direzioni. La piccola tartaruga ha valutato che una di quelle lo avrebbe portato vicino alla sua meta. Ma questa volta avrebbe percorso solo qualche centinaio di piedi e poi sarebbe tornato indietro. Assolutamente. Non voleva perdersi.
Camminava velocemente. Davanti a lui ha visto che la piccola galleria sfociava nuovamente in un tratto principale. Ecco, era sicuramente la strada che cercava. Non era però ancora sbucato dalla galleria che si è bloccato, congelato dall’orrore.
Lì dinanzi, la cosa più spaventosa che avesse mai visto. Il suo cuoricino ha fatto un balzo nel petto. Gli occhi si sono sbarrati in un’espressione di terrore.
A pochi piedi di distanza, voltato di spalle, c’era un uomo. Un essere umano.
Uno vero. Non di quelli che aveva visto in televisione. Era grosso, enorme. Indossava un giubbetto ed un caschetto gialli. Era così grande! Ed era lì, a qualche passo da lui! Se si fosse girato l’avrebbe visto, l’avrebbe preso, l’avrebbe…
Michelangelo è caduto, ha cominciato a strisciare all’indietro, era così spaventato che forse si era fatto la pipì addosso, non lo capiva, si è girato ed ha iniziato a correre veloce, più veloce di quanto avesse mai corso. Via, via! Forse era lì, dietro di lui, forse lo stava per afferrare!
Correre correre correre, non capiva niente se non che doveva correre, non doveva farsi prendere; è rientrato nello spiazzale, è caduto in uno dei canali fognari; per fortuna l’acqua era più bassa di lui, ma era lurida, lo ha sporcato, gli è entrata in bocca; ma si è tirato su dall’altra parte, velocissimo, ha continuato a fuggire, ha imboccato la strada più vicina, senza girarsi, senza pensare.
Un umano! Un umano vero! Tra la fatica della corsa e la paura, Michelangelo sentiva forte i suoi battiti nei fori auricolari. Ma non ha rallentato la sua corsa, doveva scappare, doveva salvarsi…
E’ corso attraverso grandi passaggi e piccoli tunnel, girando, svoltando, entrando nei cunicoli che si aprivano davanti a lui. Alla fine, quando gli sembrava di aver corso per migliaia di miglia, non ce l’ha fatta più. Le piccole gambe stremate dalla fatica hanno fallito un passo e Michelangelo è caduto per terra. Ansimava forte. La bocca aperta a cercare aria. E’ rimasto così, sdraiato, per qualche secondo, poi sì è messo a sedere.
Ancora spaventatissimo, boccheggiante, si è girato a guardare indietro. Non c’era nessuno. Ha aspettato per qualche minuto, troppo stanco anche per alzarsi. Niente, nessuno lo aveva seguito.
Piano piano, il cuore aveva rallentato un po’ e si era calmato. Era riuscito a fuggire. Oppure, adesso che la paura era diminuita e riusciva a ragionare un po’, oppure non era stato proprio visto. Poco importava. Era salvo, per adesso.
A mano a mano che si calmava, mentre il respiro tornava normale, ha iniziato a mettere a fuoco un altro problema, un altro tipo di pericolo. Sì è guardato intorno.
Una galleria larga ma spaventosamente buia. Si vedeva a malapena dove mettere i piedi. Un posto che non aveva mai visto prima.
Coprendosi di colpo la bocca con una mano, Michelangelo è balzato nuovamente in piedi. I grandi occhi azzurri tremolanti hanno scrutato spauriti l’ambiente sconosciuto.
Non riusciva neanche a ricordare come fosse arrivato lì.
Si era perso.
  
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