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Autore: J_Ari    21/04/2014    2 recensioni
Correva.
Junsu non aveva idea di dove lo avrebbe condotto quel sentiero, ma non gli interessava, la spensieratezza della sua età non gli permetteva di preoccuparsi troppo delle conseguenze delle sue azioni. Voleva solo essere un tutt'uno con la natura che lo circondava, non pensando a nulla, avendo solo la consapevolezza di ciò che era presente intorno a lui.
[...]
«Ti ho spaventato?»
«Un po'...»
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jaejoong, Junsu, Yoochun
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Correva.

Junsu non aveva idea di dove lo avrebbe condotto quel sentiero, ma non gli interessava, la spensieratezza della sua età non gli permetteva di preoccuparsi troppo delle conseguenze delle sue azioni. Voleva solo essere un tutt'uno con la natura che lo circondava, non pensando a nulla, avendo solo la consapevolezza di ciò che era presente intorno a lui.

I raggi del sole filtravano caldi attraverso i rami degli alberi, mentre le fronde gli accarezzavano il viso e le braccia lungo la sua corsa senza meta.

Rallentò quando si accorse di una piccola libellula blu che si stava librando nell'aria. La vide posarsi sulla spessa corteccia di un tronco, sembrava magica, uscita da un libro di fiabe tanto era bella e irreale.

Junsu sapeva che gli insetti risvegliatisi con i primi caldi si stavano moltiplicando in migliaia e che presto sarebbero arrivati anche gli scarabei, quelli grossi e rumorosi che tanto gli facevano paura e ribrezzo.

Prima di riprendere la sua corsa alzò lo sguardo verso le fronde più alte; uccellini delle specie più varie stavano cinguettando nascosti tra le foglie, chi più forte e stridulo, chi più delicato e melodioso, ma tutti, uno dopo l'altro, come se stessero conversando animatamente tra loro.

Sorrideva.

I suoi passi erano scanditi solo dal frusciare dell'erba che gli arrivava al polpaccio e che si apriva al suo passaggio.

Spiccò un salto, schivando un tronco secco ormai senza vita.

E poi, dall'ombra, uscì da quella piccola foresta e la luce del sole lo colpì in pieno viso.

Si buttò a terra, a braccia aperte, con lo sguardo rivolto verso il cielo limpido dove solo una nuvola faceva capolino da dietro le fronde degli alti alberi. Attese qualche minuto, ed ecco finalmente quella grande nuvola nella sua interezza. Sembrava un piccolo elefantino.

Junsu rise tra sé e sé.

L'elefantino prese vita, nella sua mente, alzando le zampe anteriori e la proboscide; lanciò un barrito facendo elevare dalla boscaglia uno stormo di uccellini spaventati. Se lo immaginò correre, scuotendo il terreno ed alzando della polvere sottile ad ogni suo pesante passo. Anche lui era libero, così come lo era Junsu.

Chiuse gli occhi.

Il suono delle cicale era forte, ma non abbastanza da infastidirlo e nemmeno da sopraffare il rumore delle acque del ruscello che non molto lontano scorrevano impetuose.

Nella sua mente vide ancora l'elefantino, stavolta correre nell'acqua, alzando grandi spruzzi a destra e a manca. Era felice, forse tanto quanto lo era Junsu in quel momento.

 

Passarono diversi minuti, impossibili da contare; quell'ambiente composto da una fitta vegetazione e da piccoli animali sembrava inghiottire dentro di sé, dentro la sua terra, minuti e ore. Junsu aveva completamente perso la cognizione del tempo.

Improvvisamente, però, qualcosa lo distrasse dai suoi pensieri; la sensazione che qualcosa si fosse frapposto tra lui e i caldi raggi del sole. Così aprì le palpebre di scatto, e il viso di un bambino comparve di fronte a lui strappandogli un piccolo grido di sorpresa.

«Ti ho spaventato?»

«Un po'», rispose Junsu mettendosi in piedi dopo essersi pulito le mani sporche d'erba sui pantaloncini in stoffa che gli arrivavano ai polpacci; “pinocchietti” li chiamava sua nonna. Un nome curioso per dei pantaloncini. Si era sempre chiesto se era perché Pinocchio ne portava un paio uguali (come quelli che aveva visto nelle illustrazioni del suo libro di favole preferito), o se era per un altro motivo particolare.

Si osservarono in silenzio per qualche attimo. Il bimbo dai capelli nerissimi inclinò la testa guardandolo perplesso.

«Come ti chiami?»

«Junsu», rispose lui curioso. «Tu?»

«Yoochun. Diventiamo amici?»

«Io non ho amici.»

«Perché?»

«Mia nonna non vuole.»

«Perché?»

«Dice che la gente è cattiva.»

«Tua nonna è proprio strana. Ma non vai all'asilo?»

Junsu scosse la testa. «A settembre vado a scuola, però.»

«Ecco perché non ti ho mai visto! Vieni, ti faccio vedere una cosa.»

Il bambino lo afferrò per una mano ed iniziò a correre nell'erba.

Junsu lo seguì, meravigliato da quel contatto. La sua mano, stretta intorno alla propria, era calda e morbida.

Poteva davvero avere un amico? Non ne aveva mai avuto uno, aveva sempre vissuto con sua nonna. L'unico amico che aveva era il gatto bianco e nero che era riuscito ad addomesticare grazie ai pezzettini di bistecca che di tanto in tanto nascondeva nel tovagliolo durante il pranzo o la cena e che gli dava di nascosto quando sua nonna non era nei paraggi. All'inizio il gattino era stato un po' titubante, quando provava ad accarezzarlo scappava o gli soffiava contro, ma dopo qualche giorno si era lasciato perfino prendere in braccio e da quel momento erano diventati inseparabili. Per quanto un gatto possa essere inseparabile.

Secondo Junsu assomigliava più ad un cagnolino che ad un gatto vero e proprio. Quando si addentrava nel bosco vicino a casa sua, il gattino lo seguiva sempre ad un passo di distanza. Poi iniziava a rincorrere grilli, scarabei ed insetti di ogni tipo, e di tanto in tanto anche delle bellissime farfalle -e allora Junsu doveva sgridarlo perché le farfalle sono degli animali troppo belli per essere uccisi con una zampata-, ma gli stava sempre vicino, forse lo considerava un po' la sua mamma adottiva.

Junsu seguì Yoochun finché arrivarono al ruscello che aveva udito e immaginato tante volte nella sua mente.

«Sei già venuto qui?»

«No», affermò Junsu guardandosi attorno.

Non era un ruscello grandissimo, il suono molto forte delle acque arrivava soprattutto dalla parte più alta del corso, quella che scendeva dalla montagna e che doveva essere estremamente ripida vista l'elevata pendenza in quei punti. Lì il corso era abbastanza tranquillo, valutò che avrebbe potuto anche entravi dentro scalzo senza correre nessun pericolo, l'acqua gli sarebbe arrivata alle caviglie.

«È bello qui, vero? A me piace tanto l'acqua, è la cosa che mi piace di più tra fuoco, terra e aria!»

«A me piace di più l'aria, invece.»

«L'aria?»

«Sì. Mi piace troppo il rumore del vento.»

«A Jaejoong piace il fuoco, invece!»

«Chi è Jaejoong?»

«Il mio migliore amico!»

Junsu sgranò gli occhi. Il suo migliore amico... Gli sarebbe piaciuto troppo averne uno anche a lui.

«Sei fortunato», disse mogio abbassando il capo. Si inginocchiò vicino alla parte più bassa del ruscello, passò un braccio intorno alle ginocchia ed infilò un ditino nell'acqua fredda. Della fanghiglia si alzò dal fondo. L'acqua era così fredda che rabbrividì.

«Tu non hai un migliore amico?»

Junsu scosse la testa.

«Allora lo divento io!»

Junsu rialzò il capo di scatto e sgranò gli occhi.

«Davvero?»

«Certo!» affermò Yoochun scoppiando a ridere. «Anche Jaejoong, se vuoi!»

Sul viso di Junsu si allargò un timido sorriso.

«Veramente?»

«Non mi credi?!»

«Ah, sì, certo!» esclamò mentre le guance gli si tinsero di un lieve rossore.

«E tu chi sei?»

Junsu si alzò nuovamente in piedi voltandosi verso la voce che l'aveva colto di sorpresa.

«Junsu», sussurrò timidamente osservando il bambino che gli stava proprio di fronte. Poteva sembrare una domanda un po' sfrontata quella che gli aveva posto, ma ciò che lesse nei suoi occhi era solo curiosità. Aveva degli occhi grandi grandi, furono quelli a colpirlo subito più di tutto.

«Come?»

«Si chiama Junsu, sordo!» intervenne Yoochun mettendo una mano sulla spalla al bambino poco più alto di lui. «Lui invece è Jaejoong. Sembra un po' cattivo, ma se lo conosci bene bene, è simpatico!»

«Cattivo?!» ripeté Jaejoong gonfiando le guance e dandogli un piccolo spintone. «Non è vero!»

Yoochun non gli badò. «Giochiamo ai tre elementi?» chiese improvvisamente. Gli occhi gli brillavano. «Sai», disse tutto eccitato rivolto a Jaejoong. «Il suo elemento preferito è l'aria!»

«Davvero?» chiese Jaejoong sorpreso ed improvvisamente interessato allo stesso tempo.

Junsu annuì vigorosamente col capo. «Però non so giocare a questo gioco.»

«Ti insegniamo noi!»

«Infatti!» rincarò Jaejoong.

Junsu guardò prima uno e poi l'altro sorridendo.

«Prima però abbiamo bisogno di un nome solo nostro!»

«Tipo?» chiese Jaejoong.

Yoochun assottigliò lo sguardo, arricciando le labbra pensieroso. «Possiamo usare le prime lettere dei nostri nomi. In inglese, però!»

«Io non so l'inglese.»

«Io nemmeno.»

«Ma io sì! Mia mamma ha vissuto in America. Mi ha insegnato le lettere dell'alfabeto in inglese.»

Senza aspettare una risposta, Yoochun prese un bacchettino di legno e si acquattò a terra, vicino a del terreno smosso accanto all'argine del fiume, iniziando a tracciare delle linee.

Junsu e Jaejoong si avvicinarono alle sue spalle ed osservarono curiosi quelle linee che presto si rivelarono essere delle lettere: “Y”, “J”, “J”.

Yoochun borbottò qualcosa tra sé e sé sottovoce, finché si alzò di colpo voltandosi verso di loro.

«Trovato! Jei, uai, jei

Junsu e Jaejoong lo osservarono per qualche attimo ripetendo a propria volta quelle lettere straniere dal suono un po' strano, ma che messe assieme in quella determinata sequenza avevano un suono meraviglioso.

«Bello!» affermò Junsu entusiasta.

«Mi piace!» disse Jaejoong allo stesso tempo. «Bravo Yoochun!»

«Bene, ora che abbiamo il nostro nome segreto ti insegniamo...»

«Ah!» gridò Jaejoong puntando un dito contro Junsu.

«Cosa?!» gridarono gli altri due all'unisono spaventati.

«C'è una bellissima coccinella sopra la tua spalla. Aspetta...»

Jaejoong gli si avvicinò, tentando di afferrare delicatamente il piccolo insetto. Junsu rimase immobile, guardando con la coda dell'occhio l'espressione assorta e decisa di Jaejoong nel portare a termine quella che sembrava esser diventata una missione vera e propria: impossessarsi di quell'esserino.

Dopo qualche secondo ci riuscì. Si allontanò di un passo sorridendo alla piccola coccinella che zampettava lungo le sue dita.

Era estremamente piccola e carina.

Mentre osservava quella creaturina Junsu pensò che forse aveva trovato veramente degli amici, e non uno, ma ben due in colpo solo.

Yoochun era davvero un bambino sveglio e gli stava già simpatico; Jaejoong, invece, ad una prima occhiata sembrava un po' scontroso, ma doveva essere un bambino gentile visto come aveva trattato quella piccola coccinella. Junsu aveva sempre pensato che chi rispettasse gli animali fosse una brava persona.

Forse avrebbe potuto far conoscere ad entrambi il suo gatto (che era suo ormai era un dato di fatto, e che sua nonna non fosse troppo contenta era solo una cosa secondaria).

Forse sua nonna si sarebbe arrabbiata un pochino. Non voleva uscisse dalla foresta avvicinandosi a quel ruscello (forse sua nonna era un po' rompina, ma gli voleva tanto bene lo stesso).

Forse a Junsu non sarebbe importato nulla di tutto ciò, perché sperava di scoprire finalmente il significato della parola “amicizia”. E se fosse accaduto o meno, be', lui intanto ci sperava... Il futuro era solo da scrivere.

 

 

«Aria!»

«Fuoco!»

«Acqua!»

«JYJ, ATTACK!»

I tre ragazzi scoppiarono a ridere.

«Sembravamo dei piccoli Power Rangers», affermò Jaejoong tentando di trattenere le risate che non accennavano a fermarsi. «Con il pugno alzato in aria credendoci dei grandi supereroi dai poteri speciali.»

Junsu si girò di lato tenendosi la pancia ormai senza fiato.

«Eravamo dei piccoli bambini nella più tenera età...» iniziò Yoochun. «La nostra unica scusante.»

Altre risate.

Junsu passò il palmo della mano sull'erba fresca. Smise a fatica di ridere e chiuse gli occhi, godendosi il leggero venticello che stava scendendo dalla montagna. «Bei tempi, quelli.»

«Già», dissero gli altri due all'unisono.

Tutte e tre erano distesi sull'erba sopra ad una grande coperta a quadri, vicino allo stesso ruscello di ventun primavere prima. Anche gli alberi erano gli stessi, così come il paesaggio montuoso che si estendeva a perdita d'occhio.

Gli unici ad essere cambiati erano loro, solo esteriormente però. Dentro erano rimasti gli stessi bambini irruenti e a tratti dispettosi ma decisamente molto più maliziosi di quanto lo fossero da bambini. Seppur vivessero vite diverse, in città diverse, una volta all'anno si ritrovavano in quel luogo e passavano la giornata assieme fino a tarda sera. Era un rituale ormai irrinunciabile per tutti e tre. Nessuno era mai mancato una sola volta.

«Birra?» chiese Jaejoong mettendosi a sedere e tirandone fuori una dal piccolo frighetto portatile.

«Passa», fece Yoochun allungando un braccio.

«Io no, grazie», disse Junsu mettendosi a sedere anche lui. Alzò lo sguardo verso il cielo stellato, augurandosi che quella notte non finisse mai.

«Hey, hey! L'avete vista?!» esclamò improvvisamente.

«Cosa?»

«La stella cadente!»

«Ma non è periodo, sicuro di non essertela sognata?»

«Giuro!»

«Certo, certo», fece Jaejoong tirandogli una gomitata. Al lamento di Junsu, gli passò un braccio intorno al collo come a confortarlo, ed alzò verso il cielo la lattina che aveva in mano.

«Oh, grande stelle del firmamento, esaudite il desiderio del mio qua presente compare! Perché l'hai espresso un desiderio, vero?»

«Veramente...»

«Muoviti, che poi voglio saperlo», si intromise Yoochun.

«Ma così non si avvera più!»

«Muoviti!»

Junsu chiuse gli occhi per qualche attimo. «Okey, fatto.»

«Dicci.»

«Ma non si avvera!»

«Dillo!» disse Yoochun scavalcando Jaejoong e agguantando Junsu per la vita facendogli immediatamente il solletico. «Dillo! Ora, subito ed immediatamente!»

Ovviamente non passò molto che si aggiunse anche Jaejoong. Quei due erano sempre in combutta contro di lui!

«No!!!» gridò Junsu che stava letteralmente morendo dal ridere.

«Dai!!!» insistettero gli altri due.

«Neanche sotto tortura!»

«Vedremo...» dissero all'unisono Jaejoong e Yoochun lasciando la frase in sospeso più minacciosi che mai.

«Siete malefici», si lamentò Junsu, mentre nella sua mente sarebbe rimasto sigillato per sempre il suo piccolo ma grande desiderio.

Noi tre, JYJ, assieme. Ora e per sempre.

 

 

 

 

Mi mancavano le storie così, un po' leggere, un po' reali nell'irrealtà, e tanto imbevute di quel bellissimo e nobile sentimento che è l'amicizia <3

I dialoghi tra i JYJ bambini sono volutamente più semplificati del solito, son pur sempre dei bambini di sei anni... Non potevo fare altrimenti xD

Grazie per aver letto, e spero vi sia piaciuta almeno un po' <3

   
 
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