Haymitch,

ricordo l'edizione in cui vincesti. Ero solo una bambina, per me i Giochi erano uno spettacolo come un altro e li guardavo tutte le sere, seduta sul divano insieme ai miei genitori. Dopo la sfilata dei tributi ritagliai la tua foto da una rivista; la tenevo sotto il cuscino e tutte le notti, prima di addormentarmi, me la portavo alle labbra. Era una specie di rito scaramantico: ogni mattina controllavo la lista dei morti e tu non eri tra quelli.
Mio padre mi prendeva in giro, diceva che un ragazzo del Distretto 12 non avrebbe mai potuto vincere, soprattutto in un'edizione della Memoria; io facevo il tifo per te. Morì prima di vederti trionfare, nell'incendio che si portò via anche mia madre, mentre io ero a scuola.
Ti incontrai anni dopo. Sapevo già cosa aspettarmi: ti avevo visto fare da Mentore e morire ad ogni edizione; morire, perché ogni vita che non riuscivi a salvare ti faceva invecchiare di cento anni in un secondo. La tua passione per l'alcol era cosa risaputa, la tua avversione per le buone maniere no. Nonostante tutto, eri rimasto l'eroe della mia infanzia. Conoscerti fu una delusione.
Ti ho odiato, lo ammetto.
Poi arrivarono Katniss e Peeta, scintille. Qualcosa si riaccese dentro di te ed io me ne innamorai. Dopo la loro vittoria, tornai a considerarti un eroe.
Eravamo una squadra.
Allora perché te ne sei andato senza di me? Perché hai lasciato che prendessero me e Peeta, mentre tu scappavi su un hovercraft alla volta del Distretto 13? Ti sentivi come Katniss, che era disperata all'idea delle torture alle quali stavano sottoponendo Peeta, o ero l'ultimo dei tuoi pensieri, un'altra stupida capitolina da sconfiggere?
Alla fine mi hai salvata, è vero. Ma come posso dimenticare l'ennesima delusione? 
Tu mi confondi, Abernathy. 

Effie Trinket