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Autore: sunflowers_in_summer    22/04/2014    2 recensioni
|In un tempo lontano di re e imperatori antichi, sei donne Romane si dedicavano alla cura del Fuoco Sacro alla dea vergine Vesta, promettendo di servirla e servire il Popolo Romano per la durata di trent’anni.
Il Pontifex Maximus le sceglieva tra bambine di famiglie patrizie, e a loro era data un’importanza fuori dal comune, a loro era concesso un rispetto inimmaginabile.
Ma se solo avessero spento il fuoco o avessero perduto la loro purezza, sarebbero state murate vive, poiché nessun uomo può uccidere ciò che è sacro agli dei.
Nella fiorente città di Nuova Roma questo succede ancora…|
{Nuova Roma | Tempo indeterminato, ma comunque in epoca contemporanea | Altra generazione di semidei}
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VESTALI


 
Minnie ≈ “Non posso dire a Maxie cosa fare, e io lo so perfettamente.”
 
senza che Mama dica una sola parola, prendo Maxie per il braccino candido e la conduco fuori dalla fila che lentamente volge ai colli di Nuova Roma.
Cammino con passo spedito ignorando volutamente i lamenti della bambina perché non sopporto la vista di tutto quel nero e quella mescolanza di ceti tanto diversi in quella che sarebbe dovuta essere una cerimonia sacra.
D’altra parte sono contenta che abbiano risparmiato Ruth. La sua morte avrebbe tolto quel minimo di lustro che, dopo anni di tempo, rimane alle Vestali.
E io, che sono una sacerdotessa di Vesta per adorarla e per manifestare al Popolo Romano il lustro degli dei, non certo per fare la baby sitter alternativamente a una ninfa senza cervello e a una bambina neo sacerdotessa! Ma… Maxie è il mio orgoglio, una personcina da plasmare a mio piacimento, una bambina a cui trasmettere l’importanza e la gloria di Roma, quel baratro incolmabile che divide gli antichi patrizi dai Graeci barbari che si infiltrano segretamente tra i Romani. Io lo so che i Graeci esistono ancora, spuntano come funghi al mercato, nelle Coorti, persino nel Senato… Il mercato. Buona idea: a quest’ora del giorno la maggior parte della gente se n’è andata o è ancora sulla via del ritorno dalla mancata cerimonia funebre e posso passeggiare senza confusione attorno a me.
Affretto il passo il più possibile, ma trascinarsi dietro Maxie è come trascinare un masso irremovibile. Ha deciso che non si muoverà finché non le darò attenzioni.
«Miunicia» mi chiama lei con il mio nome per intero.
Ho un solo nome. Ecco qual è il mio problema.
«Cosa vuoi?» urlo esasperata, e io mi trattengo sempre da urlare come una barbara.
«Tu non puoi dirmi cosa fare» dice con malizia e sfida.
È perché ho un solo nome. Uno solo.
Mi volto e la trascino come una Furia mentre cado nel vortice di pensieri, ricordi, illusioni…
Non sono nobile di nascita e dubito che lo sarò di morte. Non sono nobile perché sono figlia di commercianti, non di Patrizi, come Ruth, Maxie e, molto probabilmente, come Mama. Non sono nobile, ed è per questo che ho un solo nome. Nessuna appendice, nessun appellativo per una figlia di commercianti.
Non sono nobile, ma il Pontifex Maximus mi ha scelta come se mi fosse stato dato un permesso, una grande concessione dettata da una legge recente che voleva l’ammissione alle Vestali anche per la figlie di famiglie plebee.
Ed è quello che sono io, figlia di una famiglia plebea. Io, che non posso dire a Maxie cosa fare, perché sono inferiore a lei per rango. È così che vanno le cose a Nuova Roma, proprio come nella Roma Antica.
È per questo che ci tengo tanto a quel concetto di razza che Mama proprio non approva: ho smesso di essere plebea da quando sono entrata a far parte delle Vestali e non ho alcuna intenzione di tornare al livello dei miei genitori. La mia anima è pura al cospetto degli dei, le mie decisioni sono sempre prese seguendo i Costumi degli Antichi, il Mos Maiorum.
Ma non vale, perché non posso dire a Maxie cosa fare, e io lo so perfettamente. Posso solo sperare che un giorno, quando sarà capace di pensare senza la mia guida, non ritrovi in me un essere ripugnante ed inferiore a lei.
Io sto educando quella bambina, io le sto insegnando a volermi bene, ed è perché sono a conoscenza del fatto che la nobiltà mi guarda dall’alto al basso, che genitori severi impongono alle figlie che non mi sia dato alcun affetto. Conosco bene questa parte dell’orgoglio Romano.
Una manina pallida mi tira la manica della giacca bianca e mi volto aspettandomi che Maxie abbia qualcos’altro da ridire sulla mia andatura, ma quello che vedo mi fa spuntare un sorriso tenue: la piccola Vestale, infatti, mi porge un minuscolo mazzo di margheritine bianche.
«Vedi?»  mi chiede con un pizzico di trionfo nella voce «Bianche come noi»
Raccolgo delicatamente il mazzo e lo tengo fermo con un nastrino candido che cavo dalla tasca dei jeans color avorio chiaro.
«Sai cosa simboleggiano?» chiedo prendendo per mano la bambina e reggendo con l’altra mano il mazzolino. È una passione che sto cercando di trasmetterle, quella per i fiori. Loro dicono sempre la verità.
La bambina scuote la testa e rispondo: «Purezza, innocenza e verità»
«Allora sono proprio i fiori delle Vestali!» esclama Maxie tirandomi leggermente la mano.
«Non lo so» rispondo ridendo «Ma possono essere i tuoi fiori, se lo vuoi»
«Sono anche i tuoi, Minnie» dice Maxie, la voce profonda come quella di una saggia dea.
“Non c’è alcuna verità in qualcuno che finge di essere ciò che non è solo per appagare l’orgoglio” vorrei dirle, molto misteriosamente. Ma ormai siamo vicinissime a Terminus, e non vorrei ferire il suo orgoglio.
 




Uh, hi *agita la mano in segno di saluto*
Mi stavo quasi dimenticando che fosse martedì. Il che significa, come riflettevo prima, che tra due martedì questa storia sarà finita. Ma non pensiamoci, adesso.
Ho immaginato che avere due nomi, in questa storia, sia segno di nobiltà. E non volevo tutte le vestali uguali, di aspetto (avrei voluto inserire da qualche parte il fatto che Minnie porta gli occhiali, ma non ci sono riuscita) e di carattere, ma soprattutto di estrazione sociale. Così, dopo l’Epimelide, abbiamo la figlia di commercianti.
Ho voluto inoltre dipingere la mia Nuova Roma come qualcosa pieno di orgoglio, ma che cerca di emanciparsi, pur non riuscendoci. Ecco il perché della legge che permette anche alle non-nobili di entrare nelle vestali.
Spero che non ci sia nient’altro di poco chiaro. Per qualunque cosa chiedete pure :))
Un bacio,
Ella.
  • PROSSIMAMENTE: Maxie ≈ “Io non so molto.”
  
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