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Autore: MagicRat    22/04/2014    2 recensioni
"Ripensò alle numerose case dove aveva abitato. Di alcune conservava solo una vaga memoria, appartamenti che aveva condiviso per brevi periodo con alcuni amici.
Ad altre invece era più affezionato e le collegava a particolari ricordi"
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Dopo aver ottenuto un certo successo, Bruce aveva deciso che era arrivato il momento di mettere fine a quella sorta di eterno vagabondaggio e comprare finalmente una casa vera e propria, dove sistemarsi definitivamente e potersi rifugiare tra un concerto e l’altro, quando era troppo stanco di quel mondo frenetico – e in parte falso – in cui era precipitato.
Lasciò che una macchina sportiva lo superasse per poi sparire lungo la strada e bevve un sorso del caffè che si era fermato a comprare poco prima. Schioccò le labbra godendosi il gusto amaro della bevanda.
All’epoca non poteva immaginare che scegliere una casa sarebbe stato così dannatamente difficile.
 
 
Si alzò in piedi sui pedali e sforzando i muscoli delle gambe prese un po’ di rincorsa per affrontare meglio la salita che vedeva davanti a sé.
Bruce aveva passato l’intera mattina a sfogliare le proposte di varie agenzie immobiliari, visitare tre case in tre diverse cittadine del New Jersey senza concludere niente. Di nuovo. Inizialmente il suo progetto per il pomeriggio consisteva in un giro con la moto, ma si era accorto che per rilassarsi meglio aveva bisogno di fare attività fisica e la bicicletta gli era sembrata un’alternativa migliore di chiudersi in qualche palestra durante quella bella giornata.
Arrivato in cima alla salita, tornò a sedersi e si godette l’aria che gli gonfiava la maglietta mentre percorreva la discesa.
Era giunto alla conclusione che si doveva trattare di qualche contorto motivo psicologico se non era ancora riuscito ad acquistare una casa. Tutte quelle che aveva visto fino a quel momento avevano almeno un dettaglio che non gli piaceva: erano troppo grandi, o troppo piccole, si trovavano in una zona trafficata o troppo deserta, la disposizione delle stanze non lo convinceva del tutto…
Probabilmente, però, aveva solo paura che sistemarsi in modo definitivo avrebbe influenzato in modo negativo la sua musica. Avrebbe aperto la strada a tutta una serie di cose che avrebbero finito per distoglierlo da ciò che voleva fare veramente. L’idea che in caso di bisogno non avrebbe più potuto mettere tutto ciò che possedeva in valigia, pagare quel che rimaneva dell’affitto ed andarsene via lo impauriva e inquietava. Oppure, come gli aveva detto sua madre durante la loro ultima chiacchierata, era semplicemente incontentabile. Anche quella era una possibilità che non andava scartata.
Si accorse che stava acquistando sempre maggiore velocità, e che la strada terminava in quello che sembrava il cortile di una piccola villa, così iniziò a frenare.
Solo che la bicicletta non diede segno di voler rallentare.
“Che cazzo…”
Premette ripetutamente il freno che agiva sulla ruota posteriore senza ottenere nessun risultato e si rese conto che doveva esseri rotto o bloccato in qualche modo a lui sconosciuto.
“Merda!” Molto delicatamente, usò il freno anteriore e mise un piede a terra per cercare di rallentare ulteriormente.
Non si accorse minimamente della cunetta in cui andò a finire, semplicemente si ritrovò a rotolare nell’erba che fiancheggiava la strada, fino a quando non si fermò disteso a pancia in su.
Riaprì gli occhi sospettoso, aspettandosi di provare da un momento all’altro un dolore fortissimo e vedere macchie di sangue sulla maglietta.
Invece, l’unica cosa inaspettata che attirò la sua attenzione fu un signore anziano vestito con un abito elegante che gli stava venendo incontro dalla villa.
“Ha fatto un bel volo, giovanotto”
“Già. Qui freni schifosi mi hanno tradito nel momento del bisogno”
“Tutto bene? Si è fatto male?”
“No, solo un graffio sul gomito…”
“Aspetti!” il signore lo interruppe e si chinò su di lui per osservarlo meglio “Ma lei è la stessa persona che mia nipote ha appeso in camera! Cioè, intendo dire che ha un suo manifesto. Cos’è, un attore?”
“Musicista” Bruce si rialzò togliendosi l’erba dai vestiti.
“Ah già, musicista. Bruce… Bruce qualcosa…” il signore schioccò le dita come se quel gesto avesse potuto aiutarlo a ricordare il cognome di Bruce.
“Springsteen. Senta, signor…”
“Fincher. James Fincher” Lui e Bruce si strinsero la mano.
“Signor Fincher. Mi dispiace di aver invaso il questo modo il suo giardino”
“Oh, non si preoccupi. Tanto, sto traslocando”
“Davvero?” Bruce non riuscì a trattenere una risata “Pensi che ho passato la mattina a cercare una casa dove poter traslocare. Ho passato l’ultimo mese a cercarla, in effetti”
“Compri questa” disse il signor Fincher senza una particolare espressione o intonazione di voce. Stava dicendo seriamente, però.
“Come, scusi?”
“Ho detto: compri questa casa. Io sto traslocando – è troppo grande per me, ormai, ma a qualcuno dovrò pur venderla”
“Davvero?” Bruce non riusciva a crederci. Era uscito con l’idea di distrarsi esattamente da quel genere di cose e adesso aveva incontrato un vecchietto che gli stava proponendo di comprare la sua casa.
“Ma si! Anzi, venga. Venga a vederla dentro”
Il signor Fincher lo guidò fino all’ingresso e poi attraverso le varie stanze della villa continuando a parlare.
“Ci sono ancora delle cose da portare via, ma mi ci vorrà poco tempo. E poi è isolata. Immagino che voi musicisti facciate parecchia confusione mentre suonate”
“Abbastanza” Bruce guardava tutto con curiosità, cercando un dettaglio che non gli sarebbe piaciuto, facendogli eliminare anche quella casa dalla lista.
“Però è anche vicina al centro abitato. Ci si può arrivare tranquillamente a piedi. Ecco, questa è la seconda camera da letto. Con questa abbiamo finito”
Bruce si affacciò alla finestra. Da lì si vedevano i grandi alberi del cortile “È… è bella”
“Allora la vuole?”
Bruce spalancò gli occhi “Cioè adesso? Subito?” era ancora frastornato dalla caduta e dalla carica di quel vecchietto.
“No, certo che no. Le lascio il tempo per decidere”
“Ma ci conosciamo da neanche dieci minuti”
“Io ho una casa da vendere e lei ne cerca una. Inoltre, molto probabilmente ha anche i soldi per pagarla. È tutto quello che serve sapere” aveva tirato fuori una piccola agenda dalla tasca della giacca. Scrisse un numero telefonico su una pagina che strappò e diede a Bruce.
“Tenga il mio numero. Mi chiami quando ha deciso”
 
La mattina seguente Bruce fece il suo ingresso in un bar alle otto e mezza del mattino. La sua camicia era tutta stropicciata e i capelli disordinati. Diede una rapida occhiata ai clienti del locale e individuò subito la persona che stava cercando. Era seduta in fondo al bar e dava le spalle all’ingrasso, ma la massa di ricci rossi era più che sufficiente per riconoscerla. Bruce raggiunse il tavolo e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia di fronte a Patti.
“ ’Giorno”
Lei smise di leggere un giornale e vedendo l’aspetto dell’amico sorrise “Ciao Bruce, come stai?”
“Sono le otto e mezza del mattino”
Facendo finta di non capire, Patti chiese ancora “E quindi?”
“Le otto e mezza del mattino! Come può andare alle otto e mazza del mattino?”
“Detta così, sembra che ti sei alzato nel cuore della notte”
“Quasi. E poi perché abbiamo deciso di incontrarci a quest’ora?”
“Di solito è il momento in cui la gente normale fa colazione” Patti si voltò appena sentì una mano posarsi sulla sua spalla.
“Allora lui è giustificato: non è decisamente normale” Clarence salutò la ragazza e si sedette vicino a Bruce.
Una cameriera passò a riempire le loro tazze con del caffè caldo.
“Ho trovato una casa” annunciò Bruce.
“Di già? Sei stato velocissimo!” Clarence sorrise ironico e i denti bianchi risaltarono sul volto scuro.
“Dai, C, non prenderlo in giro” intervenne Patti, ma in realtà anche lei aveva riso alla battuta “E dov’è?”
“A Rumson. L’ho trovata per puro caso, ieri, mentre ero a fare un giro in bicicletta..” fu interrotto dalla risata di Clarence “Sentiamo, cosa ho detto di tanto divertente questa volta?”
“Niente, è solo l’idea di te che vai in bici ad essere divertente”
Patti nascose le labbra contratte in una smorfia con la mano e continuò a seguire lo scambio di battute fra i due.
“Perché tu invece hai un aspetto serio e che incute rispetto quando vai in bici”
“Io sono elegante” Clarence si tolse della polvere inesistente dalla spalla “come sempre”
In quel momento Patti non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere “Scusate, ma immaginarvi in bicicletta è…” non terminò la frase e continuò a ridere.
Bruce indicò Clarence e rivolgendosi alla ragazza disse “Avresti dovuto vederlo alcuni anni fa: una montagna umana in pantaloncini corti e sandali su due ruote che si aggirava per Asbury Park”
“Allora, questa casa?” Clarence richiamò l’attenzione sull’argomento principale.
“Se la finisci di interrompermi! Insomma, ho incontrato questo tizio che stava traslocando e ha detto che è disposto a vendermi la sua villa, se sono interessato”
“Aspetta, ma quindi non l’hai ancora comprata?” chiese Patti. Si stava ancora asciugando le lacrime dalla risata.
“No”
“E perché no? Non ti piace?”
Bruce si strinse nelle spalle “No, mi piace, è quella che mi piace di più tra quelle che ho visto. E ne ho viste un bel po’. È solo che, non so…”
Clarence borboyyò qualcosa sull’indecisione di Bruce ma questa volta lui non lo ascoltò.
“Se ti piace ed è in un bel posto, io la prenderei. E poi se l’hai trovata per caso magari è un segno” disse Patti e Clarence le diede ragione sull’ultima frase.
“Ma soprattutto, noi – e per noi intendo tutto il gruppo – ci siamo lievemente – e per lievemente intendo l’esatto contrario – stufati di sentirti parlare di queste benedette case” aggiunse poi.
Bruce sospirò. Estrasse il foglietto con il numero del signor Fincher dalla tasca della camicia e chiese “Beh, allora lo chiamo?”
Gli altri due annuirono convinti. Si alzò e andò al telefono a pagamento del bar, compose il numero e aspettò. Al quinto squillo il signor Fincher rispose. Dopo un breve scambio di convenevoli, l’uomo arrivò subito al dunque.
“Ha deciso? Vuole comprare la casa?”
Bruce non rispose subito. Lanciò un’occhiata ai volti sorridenti dei suoi amici e si rese conto che non aveva proprio voglia di girare tutte le case del New Jersey un’altra volta.
“Si, la prendo”
Parlo al telefono ancora qualche minuto e tornò al tavolo.
“Fatto”
“Bene! Ti sei meritato un altro caffè” Clarence gli diede alcune forti pacche sulla schiena e si alzò, lasciando Patti e Bruce da soli. Quest’ultimo, quando sistemandosi meglio sulla sedia sentì la pressione di una piccola scatolina che teneva nella tasca dei jeans e di cui  si era dimenticato, nonostante fosse la causa di un altro dubbio che l’aveva tormentato in qui giorni. Pensò che forse Patti avrebbe potuto aiutarlo a risolvere anche quella questione. Lei era decisamente la migliore quando si trattava di consigli.
“Patti, posso chiederti una cosa?”
Lei sollevò lo sguardo dal giornale che aveva ripreso a leggere “Certo”
“Io…” si pentì subito di aver parlato. Era qualcosa di troppo personale. Questa volta avrebbe dovuto compiere la sua scelta da solo. E in un certo senso sentiva che chiederlo proprio a lei, a Patti, fosse per qualche ragione sbagliato.
Fece un gesto con la mano per liquidare la faccenda “No, lascia stare. Non era niente di importante”
Clarence ritornò con tre tazze fumanti e ricominciarono a chiacchierare.
 
Dopo che il signor Fincher terminò del tutto di sgomberare la casa e le trattative per l’acquisto furono concluse (insieme ai soldi, il signor Fincher chiese a Bruce anche una copia autografata del suo ultimo disco per la nipote), Bruce poté finalmente trasferirsi nella sua nuova villa.
Le prime cose che aveva sistemato, ovviamente, erano stati i suoi vinili, il giradischi e le chitarre, poi aveva comprato alcuni mobili nuovi. Gli aveva scelto Julianne, approfittando di uno dei rari attimi in cui entrambi erano riusciti a prendere una pausa dai rispettivi lavori. Adesso erano distesi sul letto acquistato il giorno prima a godersi le ultime ore di quell’attimo di pausa. Poi Julianne avrebbe dovuto prendere un aereo e tornare a qualche impegno di lavoro.
“Grazie per avermi aiutato con i mobili e tutto il resto. Questo posto rischiava di diventare un deposito di dischi e chitarre, altrimenti” Bruce prese la mano della ragazza e vi intrecciò le dita.
“La prossima volta andiamo in una galleria a comprare qualche quadro. Alcuni sono molto belli”
“Quadri?” Bruce fece una piccola smorfia “Io pensavo di più ad un mega poster di Elvis”
Julianne rise “Chissà perché non sono sorpresa”
“Dai, un poster gigante di Elvis da mettere… ecco, “ indicò la parete di fronte al letto “da mettere lì”
“Non voglio dormire con Elvis che mi fissa!”
“Oh, ma tesoro” sulla faccia di Bruce era apparso un ghigno “non ti fisserà solo mentre dormi”
“Bruce!”
“Va bene, va bene. Niente poster gigante. Devi andare via subito?” aveva iniziato a baciarle delicatamente il collo.
“Non proprio subito…”
“Ottimo” continuò a baciarle il collo fino a risalire alle sue labbra. Si bloccò e la fissò negli occhi.
Lei sorrise e gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte “Che cosa c’è?”
Bruce deglutì e abbassò lo sguardo scuotendo debolmente la testa “Niente” La baciò delicatamente.
“Bruce?”
“Mmh…”
“Non vuoi proprio dirmi cosa hai combinato al gomito?”
“Bruce sollevò la testa fingendosi offeso “Te l’ho detto: mi sono fatto male mentre mi allenavo” Osservò l’espressione divertita di Julianne e aggiunse “Non mi credi?” lei scosse la testa “Vedrò di farti cambiare idea”
 
Più tardi, quel pomeriggio, dopo che Julianne se ne fu andata, Bruce percorse nuovamente tutte le stanze della casa, sentendosi soddisfatto del suo acquisto.
Era fermo al centro di una stanza che aveva pensato di trasformare in un piccolo studio di registrazione e con la mano stava accarezzando il profilo della piccola scatolina che aveva in tasca, la sua testa persa in pensieri che poco avevano a che fare con la musica.
Tornò alla realtà quando sentì suonare alla porta. Andò ad aprire e si ritrovò davanti il signor Fincher, accompagnato da un bambino piccolo e grassottello.
“Buongiorno! Sono venuto a vedere come si è sistemato. Non la disturbo, vero?”
Bruce sfoderò il sorriso più cordiale che sapeva fare e invitò i due ospiti ad entrare. Mentalmente, però, stava controllando di non aver lasciato nulla di importante alla portata di quel bambino. La sua moto era al sicuro in garage, i dischi su mensole sufficientemente alte… la Telecaster! Il suo cuore mancò un colpo. La Telecaster era su un basso tavolino in soggiorno.
Mentre il signor Fincher si complimentava con lui per il nuovo arredamento, Bruce vide con orrore il bambino trotterellare con le braccia tese in avanti verso la sua chitarra. Lo afferrò appena in tempo e lo prese in braccio scompigliandogli i capelli biondi per mascherare almeno in parte la reale intenzione di quel gesto. Il bambino rise pensando di essere stato coinvolto in qualche gioco.
“Mi scusi, non l’ho neanche presentato. Lui è David, un altro mio nipote” si affrettò a dire il signor Fincher.
“Che bambino… adorabile” Bruce continuava a tenerlo in braccio per proteggere la chitarra “Andiamo in cucina, vuole? Così le offro qualcosa”
Uscirono dal soggiorno e Bruce si chiuse la porta alle spalle per evitare altre incursioni di David.
Una volta in cucina, Bruce controllò le sue scorte di cibo “Ho dei biscotti Oreo e dei crackers Ritz” dopo aver visto la reazione del signor Fincher aggiunse “Ma forse lei preferisce un caffè”
Stava ancora tenendo David in braccio e il bambino aveva allungato le mani verso i biscotti
“Ne vuoi un pochi?” Bruce gli sventolò un pacchetto davanti al naso. David lo afferrò e appena Bruce lo rimise a terra andò a mangiarli seduto vicino al nonno.
Così tu e quelle tue manine unte state lontani dalla mia chitarra aggiunse mentalmente Bruce.
Il signor Fincher aveva osservato divertito la scena “Ci sa proprio fare con i bambini, eh?”
“Ho una sorella più piccola…” Bruce sorrise imbarazzato
“Piacciono anche alla sua compagna?”
“La mia compagna?” Bruce non ricordava di aver parlato di Julianne al signor Fincher e i due non si erano mai incontrati.
“Credo che una persona con dei gusti così… particolari in fatto di cibo si debba essere fatto aiutare per arredare in modo così elegante una casa. E c’è come un lieve tocco femminile”
“In effetti, si. La maggior parte del lavora l’ha fatto Julianne, la mia ragazza”
Il signor Fincher sorrise cordiale “Bene. Avere una famiglia le farà apprezzare ancora di più questa casa. Vedrà che sarà un posto dove tornerà sempre volentieri e dove si sentirà… beh, a casa. Al sicuro”
 
Quando fu nuovamente solo, quella sera, Bruce si sedete sotto il portico. Aveva pensato di invitare qualcuno dei ragazzi della E Street Band, ma preferiva conservare l’ordine e la pulizia della villa ancora per qualche giorno.
Con la mano, stava accarezzando nuovamente il profilo della scatolina che aveva in tasca.
Questo sarà un posto dove tornerò sempre volentieri e dove mi sentirò al sicuro. Continuando a ripetersi le parole del signor Fincher, estrasse la scatolina e la aprì. Dentro c’era un sottile anello d’argento con un piccolo diamante. Non aveva avuto il coraggio di darlo a Julianne  quella mattina, ma l’avrebbe fatto appena si sarebbero rivisti.
Questo sarà un posto dove tornerò sempre volentieri e dove mi sentirò al sicuro.
Questo sarà un posto dove tornerò sempre volentieri e dove mi sentirò al sicuro.
Continuò a ripeterselo finché non ne fu convinto. O forse solo fino a quando non si fu semplicemente stufato e rientrò in casa.
  
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