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Autore: Marcuc    22/04/2014    8 recensioni
La mia seconda FF si concentrerà sulla nuova generazione! Spero vi piaccia!
Dal Prologo
Rose e Albus si trascinavano i bauli per il corridoio dell’Espresso di Hogwarts, facendosi largo tra la moltitudine di passeggeri tenendosi per mano, molti li additavano, altri li osservavano in silenzio, ma loro non ci badarono mentre cercavano uno scompartimento libero.
Rose, accidentalmente, pestò il piede a qualcuno senza accorgersene e passò oltre.
-Chi mi ha pestato il piede?- ruggì una voce alle spalle di Rose.
Si voltò verso il ragazzo che aveva parlato e gonfiando il petto disse senza paura:- Io, è stato un incidente.- guardava dentro gli occhi azzurri di un ragazzetto biondo, della sua età, visto che non portava lo stemma di nessuna Casa sulla sua divisa nuova, il padre glielo aveva indicato poco prima al binario.
- Io chi? Voglio il tuo nome.- Disse ghignando alla volta di un amico con la pelle scura.
- Rose Weasley.-
Il ragazzo impallidì immediatamente e il suo amico lo tirò per la manica della divisa dicendo:- Scorpius, andiamo, non è il caso di farci nemica la figlia della Mente. Sicuro che il cervello lo ha ereditato dalla madre.-
Rose ridacchiò e Albus con lei, mentre li guardavano allontanarsi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Ragazzi lo so che ho ritardato! Chiedo perdono, anche perchè questo capitolo farà digrignare parecchi denti! Preparate la ghigliottina! Vi rassicuro sul fatto che per Rose e Scorpius abbiamo solo una battuta di arresto, li rivedremo, finalmente insieme, in pace... ma ci vorrà ancora un po'. Abbiate pazienza!
Comunque ho preso l'abitudine di scrivere alcune frasi in swahili, quindi ai piedi del capitolo metterò un piccolo dizionario dei termini usati con le traduzioni, per facilitarvi la lettura. Uso comunque quelli che si userebbero in un villaggio colonizzato e che abitualmente parla una lingua europea (il Kenya ha l'Inglese), sono... diciamo... modi di dire o di appellare qualcuno, come i nostri nonni usano il dialetto, ai personaggi della storia faccio usare lo swahili. Potete trovarli su wikipedia se siete curiosi, io sto cercando di studiare la lingua nella sua interezza, quando ho dei ritagli di tempo, ed è davvero affascinante!
Spero che questo capitolo non vi deluda troppo, è stato faticoso da scrivere, i miei sentimenti erano parecchio contrastanti! Ci sarà presto una svolta... non si è ancora rivelato il vero pericolo della storia generale (quella di Rose!),ma siamo vicini a scoprirlo!
Buona lettura!

Un bacio,
Sa'

PS- Ci sarà un salto temporale all'interno di questo capitolo. Nella prima parte ritorneremo indietro al giorno in cui Scorpius è ritornato dall'Africa, Rose non ha ancora avuto la sua crisi indotta da Ben. Dovevo solo far vedere che accade in casa Malfoy.
Nella seconda parte del capitolo invece sono già passati due mesi e mezzo dallo sfogo della ragazza. Spero che sia chiaro.







Indietro al giorno in cui Scorpius tornò...


 




Inganni







Scorpius scrollò il mantello dalla cenere che vi si era posata sopra, senza guardare in viso la ragazza che, in piedi davanti a lui a braccia incrociate e viso rosso di rabbia, lo guardava con astio.

Eleonor Baston fisicamente non era cambiata molto dai tempi di Hogwarts, minuta e magra, con il viso dai tratti delicati e gli occhi castani che imperavano sul suo viso a cuore. Quello che di lei era cambiato era il carattere; se ai tempi della scuola era dolce e timida, subito dopo il diploma si era rivelata un’arrampicatrice sociale priva di scrupoli, oltre che una pessima amica e una pessima fidanzata.

Lei e Scorpius si erano rivisti poco dopo la partenza di Rose per il Brasile, al Paiolo Magico; l’umore dell’ex Serpeverde era talmente giù di tono, a quel tempo, che lei ne aveva approfittato subito per coglierlo di sorpresa e attaccare. Gli si era avvicinata con un sorriso ampio e comprensivo a tagliarle il viso, avevano parlato della giovane Weasley per ore e ore mentre il ragazzo si scolava una bottiglia intera di Weaskey Incendiario e lei, a fine serata, lo aveva accompagnato e sorretto fino al Manor. Si erano sentiti qualche volta, per lettera ma la loro relazione non era decollata subito.

Fin quando, due anni dopo l’inizio dell’addestramento di Rose, lui le aveva mandato un gufo chiedendole un appuntamento che lei aveva accolto entusiasta, escogitando la sua vendetta perfetta nei confronti dell’amica. Nel corso della loro relazione avevano tenuto ben lontano il discorso da Rose, l’uno perchè voleva davvero vivere quella storia a mente libera, l’altra per indurlo ad essere suo complice in quel programma di distruzione. La ragazza aveva incontrato l’amica recluta di nascosto, senza dire nulla dei loro caffè al fidanzato, negli occhi la determinazione di chi vuol fare davvero male ad altri. 

Quando Scorpius le aveva proposto il matrimonio Elen non ci aveva più visto dalla gioia, una gioia malata che non aveva niente a che fare con la felicità delle vere innamorate, una gioia trinfante che provava per aver coronato il suo piano e perchè era entrata a far parte di una famiglia ricca e socialmente elevata, che non le avrebbe richiesto di lavorare.

Perchè Elen aveva perso tutto ciò che la rendeva Corvonero. Non amava più studiare e i suoi interessi si erano focalizzati sui bei vestiti di marca e sui prodotti di bellezza estremamente costosi che, ora che aveva un fidanzato ricco, le venivano continuamente regalati.

Era ad un passo da prendere due piccioni con una fava. L’amore non le interessava.

Scorpius si assicurò che non ci fosse più neanche un granello di sporcizia sopra il mantello prima di guardare la sua quasi moglie.

-Ciao Tesoro!- disse con un sorriso timido.

Elen divenne ancora più rossa e furiosa:- Tesoro? Hai il coraggio di fare il carino dopo che sei stato via un giorno e una notte interi ? C’è scritto “Ingenua” sulla mia fronte, per caso?- sibilò fuori di sé.

Scorpius imbastì un’espressione di pietra prima di parlare ancora:- Ti avevo detto che sarei stato via per lavoro. Non vedo per cosa dovresti arrabbiarti in questo modo.-

-IL TUO VIAGGIO DA LEI, VERO? SEI ANDATO IN AFRICA PER VEDERE LEI!- urlò fori di sé dalla rabbia, perchè non poteva perdere la partita ad un passo dalla vittoria, non  poteva perderla ora che il suo piano stava per concludersi in modo vittorioso.

Scorpius mentì:-No, non sono stato da lei. Sono andato in Africa per conto del Ministero, non l’ho neanche vista.- la sua faccia ancora una maschera indecifrabile.

Lo aggredì:-Non mi dire cazzate, Malfoy! Sono andata al Ministero ieri sera e mi hanno detto che eri a Shinyalu, dove lei lavora da più di un anno! Mi hanno detto che eri lì per motivi personali.- gli sbatté un foglio in faccia dove era scritto a chiare lettere che il suo viaggio non riguardava il lavoro.

Questa volta fu Scorpius ad arrabbiarsi:- Non ne avevi il diritto! Ma chi ti credi di essere per farti i cavoli miei, per perseguitarmi?-

Elen alzò una mano pronta a schiaffeggiarlo ma lui la bloccò prima che la mano arrivasse alla sua guancia, era l’ultima persona a cui avrebbe dato il permesso di schiaffeggiarlo. Strinse forte il suo polso ma lei non fece una piega, furiosa com’era non avrebbe sentito neanche una pugnalata dritta al cuore.

-Non ci provare mai più!- la minacciò con un ringhio, ora visibilmente e terribilmente arrabbiato.

-Io sto per diventare tua moglie, ho il diritto di sapere dove e soprattutto con chi sei!- pretese lei.

-E dove sta scritto? Non mi sembra di aver firmato un contratto che lo prevedesse quando ti ho messo al dito quell’anello di fidanzamento.- sputò lui.

Elen decise di cambiare tattica, se l’attacco non funzionava sarebbe ritornata la dolce Elen di cui si era innamorato lui, la dolce Elen che era molto lontana dalla vera persona che era. Il suo volto passò da arrabbiato a desolato e con voce piagnucolosa disse:- Io non voglio perderti, amore mio.-

Ma Scorpius non ci credette, lasciò il suo polso con violenza e le ordinò:- Siediti, dobbiamo parlare.- se prima non voleva mostrarsi pentito per la sua scappatella, perché pentito non lo era, in quel momento voleva solo che lei vedesse quanto arrabbiato fosse.

Elen decise di non protestare a quell’ordine. Si accomodò elegantemente sul sofà e aspettò, mascherando il timore e allo stesso tempo la furia che covava.

Scorpius cominciò a camminare avanti indietro, proprio come aveva fatto Albus pochi minuti prima davanti a lui , intrecciava e scioglieva le mani in modo febbrile, gli occhi ridotti a due sfere di ghiaccio e fuoco che coesistevano in un unico globo bianco e grigio. Le parole dell’amico erano state un fulmine a ciel sereno e avevano fatto riemergere domande che credeva di aver seppellito dopo il primo anno di relazione.

Era stato sospettoso nei confronti di Elen, doveva ammetterlo con sé stesso, non le sembrava normale che qualcuno di così vicino a Rose fosse interessato a lui, ma poi si era zittito dicendosi che l’amore va oltre il rispetto che si deve ad un’amica. In nome di quell’amore, per preservare quell’amore, aveva mantenuto il silenzio con la Weasley.

Ma quella sua breve fuga in Africa voleva per forza dire qualcosa, quel senso di ingiustizia che lo stuzzicava quando parlava del matrimonio, significava molto di più di un semplice timore da fidanzamento.

Il suo cuore lo stava mettendo in guardia, il suo cuore sapeva qualcosa che la sua mente non voleva accettare. Albus aveva intuito tutto, da subito, ed era il momento che anche lui scendesse a patti con la realtà, dato che sarebbe stata la sua vita ad andare in malora.

-Elen… perché hai accettato di sposarmi?- le chiese a bruciapelo.

Lei lo guardò sconvolta e, come se recitasse il più famoso tra gli assiomi, disse:- Perché ti amo, che domande mi fai, Tesoro?-

Scorpius si voltò a guardarla e si imbatté nel suo sguardo immobile dentro il suo, non batteva ciglio, ritta e rigida con il dorso che non toccava i comodi cuscini dello schienale. Solo le sue mani si muovevano, su e giù sulle cosce e, ad intervalli regolari, si massaggiava i polsi e i gomiti.

-Ok, mettiamo che sia vero…-

-Ehi! Ma come osi…- la ragazza non si era alzata ne lo aveva raggiunto per aggredirlo, sempre seduta aveva arpionato un bracciolo del divano come a volerlo ridurre in polvere, rossa in viso ma con qualcosa di più della rabbia ad oscurarlo. Uno scintillio brillò nei suoi occhi castani, per un solo momento, il fidanzato lo colse: colpevolezza.

-Sta zitta!- disse con un ghigno. Lei divenne ancora più furente ma non osò ribattere. – Ora… dimmi, perché hai accettato pur sapendo i trascorsi che ho con la tua migliore amica?- si era bloccato, le braccia incrociate e la lingua che passava sulle labbra, come a pregustarsi la vittoria di una bugia svelata.

Elen si spostò impercettibilmente, le palpebre cominciarono a battere senza sosta, le mani si tormentavano a vicenda, il volto si abbassò a guardare le ginocchia una sopra l’altra:- Ne abbiamo già parlato, Scorpius, non mi va di ritornare sull’argomento.- disse.

-E’ buffo… tu affermi che abbiamo già affrontato questa discussione ma io non me ne ricordo, affatto.- si passò una mano trai capelli e con un abbozzo di risata chiese:- Potresti darmi delle delucidazioni? Vorrei ricordare…-

-Perché vorresti ricordare?- sputò lei, quasi ringhiando.

Scorpius si strinse nelle spalle:- Così… per sfizio… e ricordati che sono un abile pozionista, se non vuoi ritrovarti un Veritaserum nel latte, una di queste mattine, dovresti fare ciò che ti ho detto.-

-Non oseresti!-disse indignata.

-Se questa conversazione è avvenuta non dovresti temere nulla, cara.- usò volutamente quel vezzeggiativo come il peggiore degli insulti.

Elen rimase un po’ in silenzio poi cominciò a raccontare:- Eravamo sul retro del giardino dei tuoi genitori, il giorno che mi hai portato in casa per la prima volta. Quando indossavo quel vestito verde che mi hai regalato, mi dicesti che un vestito Serpeverde mi avrebbe aiutata a conquistarli e mi hai comprato quel MikeMonné. Siamo stati gran parte della sera con i tuoi e a cena abbiamo mangiato il famoso fagiano arrosto di tua madre, quello che mi decanti sempre… e hai ragione, è davvero ottimo…-

Scorpius ridacchiò, si stava divertendo da matti.

-… dopo cena siamo usciti nel parco di casa tua, mi hai detto che eri felice di aver portato me a cena dai tuoi, hai detto che con quel vestito stavo molto bene e che avrei dovuto rimetterlo presto, perché tu potessi sfilarmelo via. Cosa che poi non è successa perché io sono una ragazza casta e non voglio farlo prima del matrimonio. Comunque… mentre eravamo sotto l’arco di rose al limitare del giardino, mi hai chiesto come avremmo fatto a dirlo a Rose. Io ti risposi che sarebbe stato meglio non dirle niente, perché tanto lei sarebbe rimasta in Africa e che, se davvero ti amava ma non voleva tornare, era inutile darle quel dispiacere.- si lisciò le pieghe del vestito.- Tu sei stato d’accordo con me e io ti ho detto che mi sembrava un po’ strano uscire con te, perché ho passato gran parte dei miei anni ad Hogwarts a spingere Rose tra le tue braccia e ci sono finita io, ti ho detto anche che ero innamorata di te e che avrei fatto di tutto per far andare bene la nostra storia, che Rose era il passato e io ero il futuro.- concluse il racconto allargando le braccia e tirando un impercettibile sospiro di sollievo che venne notato dal suo interlocutore.

Scorpius ghignava ancora, andò verso di lei, si inginocchiò ai suoi piedi e le prese la mano con l’anello. La strinse fra le sue con passione.

Lei pensò che il peggio fosse passato, che tutto era salvo, che lo aveva convinto.

Sembrò così.

-Mi dispiace di aver dubitato.- disse con aria contrita. Abbassò lo sguardo sulla mano della ragazza, il solitario, grosso quanto l’impronta digitale del suo alluce, incastrato in una base di oro bianco, campeggiava scintillante all’anulare.

Lei sorrise comprensiva:- Non ti preoccupare, Tesoro. Perdono in fretta.- con la mano libera gli accarezzò i capelli biondi con dolcezza.

-Peccato che io non possa farlo con me stesso, non altrettanto in fretta.- disse tornando a guardarla.

-Se l’ho fatto io, puoi farlo di sicuro anche tu. Non è niente di grave. Fra quattro settimane saremo sposati e non ci ricorderemo più di questo piccolo screzio.- lo baciò sulla fronte.

Scorpius rise, con un movimento fulmineo della mano le sfilò l’anello di fidanzamento e lo serrò tra le sue falangi. Si alzò a fronteggiare la furia che sarebbe arrivata sicuramente dopo lo stupore, che in quel momento campeggiava a chiare lettere sul viso di lei. Ma prima che cominciasse ad inveirgli contro doveva dirle alcune parole:- Temo che tu abbia frainteso le mie parole, Baston. Io non riuscirò a perdonare me stesso per essermi fatto abbindolare da te, viscida serpe, che mi hai allontanato dall’unica donna che abbia mai amato. Mi dispiace per aver dubitato delle mie sensazioni, del mio istinto. E anche se ora è troppo tardi, anche se adesso per colpa tua Rose non mi parlerà mai più, se per colpa tua sono considerato un reietto nell’unico posto in cui vorrei essere in questo momento, non ti permetterò di prenderti la mia vita. Il matrimonio sarà annullato. Ora raccatta le tue viscide cose e portale fuori di qui con la tua faccia da sporca bugiarda.- fu sul punto di sputarle concretamente in faccia ma si trattenne, era pur sempre una ragazza.

Elen lo guardava ancora, totalmente sconvolta dalla piega che aveva preso la conversazione, non ancora del tutto consapevole che tutti i suoi propositi di vendetta fossero andati in fumo in mezzo decimo di secondo. –Ma… ma… Scorpius… ma che dici? Io non ti ho mai mentito.- ma pian piano si rese conto che era tutto inutile.La faccia del ragazza era inumana, carica di una furia che presto avrebbe dovuto sfogarsi in qualche modo.

Riuscì a trovare la lucidità per risponderle:- Ti sei tradita in parecchi punti del tuo discorso, mia cara.- Sibilò.-L’arco di rose è posto all’ingrasso principale del Manor ed è stato piantato il maggio scorso. Alla prima cena con i miei portavi un vestito argento e subito dopo cena ti ho accompagnato a casa perché diluviava. Non c’è mai stata una discussione su Rose tra noi da quel giorno in cui mi hai trovato ubriaco al Paiolo Magico. Hai usato il verbo amare coniugato al passato…- sciorinò tutta la lista di indizi che aveva captato nel suo racconto bugiardo.- Dimentichi che ho seguito un’istruzione da Avvocato Magico e che uno dei miei esami è stato “Linguaggi verbali involontari e non- verbali”, so riconoscere un bugiardo. L’ho sempre saputo fare, ma non mi sono mai dato ascolto.- la furia omicida cominciava ad emergere.- Ora, io non so per quale motivo vuoi far male a Rose, ma sono sicuro del fatto che non userai più me, né la mia famiglia, né la sua, per il tuo sporco piano. Io tengo a Rose più della mia stessa vita, e ti giuro che mi odio per essere stato tuo complice in questa farsa che l’ha ferita in modo irreparabile. Ma ti giuro anche che da adesso in poi ti impedirò con tutte le mie forze di farle ancora del male.-

Elen si alzò puntando la bacchetta contro il ragazzo:-NON PUOI ANNULLARE LE NOZZE, ORAMAI E’ TUTTO STABILITO E GLI INVITI SONO PARTITI E ARRIVATI!- era fuori dalla grazia di qualsiasi mago illustre deceduto.

Scorpius le si avvicinò fino ad arrivarle ad un palmo dal viso:- Forse non mi hai sentito? QUESTA RELAZIONE MALATA FINISCE QUI! V A T T E N E  D A  C A S A  M I A!-  le urlò in faccia afferrando la sua bacchetta che spezzò senza battere ciglio.

-Finirai in galera per avermi spezzato la bacchetta!- disse lei sconvolta guardando le due metà del legno di tasso strette nella mano di lui.

Scorpius rise sprezzante:- Cosa vuoi che me ne importi della galera? Ci sono stato tre anni non consapevole di esserci, non mi faranno nulla altri anni dietro le sbarre, finalmente vere e solide. Mi eviteranno di fare gesti molto più gravi di questo.- buttò i resti della bacchetta di Elen sul pavimento ed evocò un Patronus con la sua:- Ti faciliterò il compito. Mi autodenuncio.- poi si rivolse al suo Patronus, un maestoso pavone con la coda dispiegata, e disse lentamente:- Porta questo messaggio direttamente ad Harry Potter. Ho spezzato la Bacchetta di Eleonor Baston, volontariamente. Non mi stavo difendendo da nessun incantesimo. Vi attendo alla mia residenza. Scorpius Malfoy. – il Patronus sparì trapassando il muro del Manor Dragonfly.

Cercò di recuperare il recuperabile:-Ma non era necessario, potevo passarci sopra! Di la verità… tutta questa storia è solo un attacco di panico prematrimoniale. Fammi mandare un messaggio di rettifica, prestami la bacchetta. Ti devi solo riposare un po’ e andrà tutto bene.- disse mascherando la rabbia che provava. Poteva ingannarlo ancora, ne era assolutamente certa.

-Stai lontano da me. Ti permetto di guardare mentre mi arrestano, sarà una bella soddisfazione per te, ma pregherò Albus, mio padre e mia madre di venire ad assicurarsi che tu sia sparita della mia vita dal momento in cui le manette si chiuderanno sui miei polsi.-

Lo schiocco di una Materializzazione si portò dietro tre Auror, tra cui uno di loro era il capo e destinatario del messaggio: Harry Potter.

I tre ufficiali guardarono la scena sconvolti. Non c’era segno di litigio, di lotta, niente che confermasse e smentisse le parole del Patronus. –Scorpius, ma che sta succedendo? Ti diverti a fare scherzi?-

Scorpius si voltò verso gli Auror con un ghigno e mostrò la bacchetta spezzata:-Non era uno scherzo. La mia ex fidanzata ed io stavamo discutendo, io le ho preso la bacchetta, senza motivo, e l’ho distrutta. Ora arrestatemi.- disse.

Harry provò a ribattere. Non se la sentiva di arrestare il migliore amico del più giovane dei suoi figli maschi. Dovevano esserci sicuramente delle altre spiegazioni, per forza.- Signorina Baston, conferma la versione?-

Elen guardò Harry Potter, oramai sconfitta, un moto di rabbia e umiliazione le fece sputare con violenza:- Confermo!-

Scorpius rise:- E’ la prima volta che dici la verità in tre anni… magari diventerà un vizio da adesso in poi!- andò verso i tre Auror che, basiti, avevano ascoltato la conversazione tra coloro che il mondo magico credeva pazzamente innamorati l’uno dell’altra.

Ma che diavolo era successo?

Si voltò per farsi mettere le manette.- Esci da casa mia, viscida serpe.- sussurrò alla volta di Elen.

Harry, con gesti meccanici, chiuse i cerchi in ferro sui polsi di quel ragazzo e poi gli sfilò di mano le due metà della bacchetta spezzata e la sua bacchetta. Con voce atona disse:- Signor Malfoy, lei ha il diritto di rimanere in silenzio. In caso contrario ogni cosa che dirà potrà essere usata contro di lei in sede di giudizio.-

Scorpius annuì.

Con uno schiocco i tre sparirono e vennero catapultati in una delle celle provvidenziali all’interno del Ministero.

Harry diede ordine ai suoi sottoposti di andare a riporre le due bacchette nel suo ufficio e di chiuderle in un sacchetto. Quando rimase solo con il ragazzo, sicuro che non gli avrebbe fatto del male, si sedette sulla brandina con lui. - Va contro il protocollo che io parli con te. Ma devo sapere che è successo. Lo sai che rischi dai sei mesi ai dieci anni per una cosa del genere? Che ti è saltato in mente?-

Scorpius guardò dentro gli occhi verdi di Harry Potter, così simili a quelli del suo migliore amico; lo sconforto lo invase, le sue speranze deluse gli afferrarono la testa e gli strinsero il cuore. Per un momento pensò che poteva capire che cosa avesse provato Rose alla notizia del suo matrimonio con Elen. I suoi occhi tempestosi si bagnarono e Scorpius scoppiò in pianto fragoroso, portandosi le mani al viso, tra i singhiozzi pronunciò:- Ho rovinato tutto!-

 
 












Ritorniamo in Africa, dove li avevamo lasciati...





 





Mama Malaika1









Ottobre era ad uno starnuto di distanza, l’autunno a Shinyalu non si sentiva ancora, di solito la stagione delle piogge iniziava a metà del decimo mese e si concludeva a dicembre.

L’edificio scolastico era quasi concluso, le aule erano già state tinteggiate e arredate,  attendevano gli infissi. Il programma scolastico giovanile era stato redatto e consegnato a tutte le famiglie con figli dai cinque ai sedici anni, mentre quello per i gli alunni serali era in fase di completamento. Le ore scolastiche che “rapivano” i bambini alla strada, ai campi e alle due fabbriche non erano molte, li coinvolgevano dalle prime ore del giorno fino a poco dopo le undici del mattino, le lezioni si tenevano nei periodi delle precipitazioni, quando togliere manodopera alle coltivazioni non sortiva grandi danni. Durante i mesi buoni per il lavoro, all’ora di pranzo e all’ora di cena, gli insegnanti avrebbero preso i ragazzi per ripassare all’ombra di qualche pianta, senza tenere conto delle classi di appartenenza.  Vi era anche un ampio spazio all’interno dell’edificio che era destinato ai più piccoli: la scuola materna, aperta ventiquattro ore al giorno tutti i giorni dell’anno, per dare modo ai genitori di poter seguire le lezioni serali e fare le faccende di casa.

Anche la nuova scuola seguiva i tempi della natura, come tutta la popolazione.

Le autorità della cittadina erano davvero molto entusiaste del progetto, ai tempi dell’approvazione non c’erano state esitazioni se non da parte di due grandi magnati dell’industria che vedevano molti ragazzi strappati dalle loro grinfie avare, per ricevere un’istruzione; avevano minacciato di trasferire le loro fabbriche altrove e togliere lavoro anche a quei pochi adulti che avevano assunto, ma dopo vari meeting con Ian, Ben e il sindaco di Shinyalu erano riusciti ad arrivare ad un accordo che accontentasse tutti.

Shinyalu era un cittadina vuota ma in ripresa, il grande esodo del 2020 aveva svuotato le case, i campi e le fabbriche , almeno tre quarti delle famiglie si erano trasferite in città più grandi sotto promessa di ricchezza e prestigio, ma andando incontro solo ad altra povertà e ad altro dolore. Per orgoglio nessuno era tornato indietro e Shinyalu era stata lasciata morire, gli anziani costituivano più della metà della popolazione e i bambini già a sei anni venivano muniti di zappe e vanghe, per affrontare il terreno che stava per essere inghiottito dalla foresta pluviale, che minacciosa aveva ripreso ad avanzare e riprendersi i suoi territori.

Poi erano arrivate delle delegazioni da alcuni paesi europei e in cinque anni avevano riportato speranza tra quelle strade, avevano regalato a tutti una nuova religione, il cristianesimo, e avevano contribuito al sostentamento  e all’aiuto dei più poveri.

Quando Rose era arrivata, nel 2029, Shinyalu era in lenta ripresa, la città era un piccolo paese di circa diecimila abitanti, l’amministrazione era stata rinnovata, la popolazione leggermente aumentata ma, oltre alle case in paglia, fango e mattoni di fortuna, qualche villa dei ricchi proprietari, gli edifici che svettavano erano solo un complesso militare decadente, una scuola quasi rasa al suolo, il palazzo del governatore molto provato dagli agenti atmosferici, senza ombra di ristrutturazione, e due grandi fabbriche fumanti fuori dal perimetro cittadino.

Ma chi per le strade urlava al mondo l’esistenza di una popolazione frizzante, tenace e forte, dava anche prova di un atteggiamento verso la vita volto alla speranza e con un unico comandamento:  sorridere anche davanti alle avversità.

I cittadini avevano mescolato un po’ della vecchia cultura con quella nuova, formandone una tutta loro che comunicava con lo swhaili e l’inglese, ma aveva le regole morali del cristianesimo. Moltissimi vivevano ancora nella miseria, gli Auror Esteri erano arrivati per provvedere anche alla popolazione, faceva parte dei loro incarichi. Non c’erano stati attacchi di Mangiamorte ma il superiore aveva insistito molto perché restassero a proteggerla, nessuno sapeva il vero motivo che lo spingeva a privarsi di quaranta dei suoi migliori soldati per vegliare su una cittadina che il MABEM non avrebbe mai preso in considerazione.

Ma lo fecero.

Per quanto riguarda la nostra eroina…

Rose aveva superato la tristezza, lo sconforto, aveva attraversato le cinque fasi del cordoglio e infine aveva accettato di andare avanti. Aveva scritto a sua madre dicendole che stava bene, che non pensava che la colpa di quel silenzio fosse sua e che la capiva , che stava bene o che sarebbe stata bene. Le aveva promesso che sarebbe tornata in Inghilterra a Natale, per rassicurarla di persona.  Hermione si era tranquillizzata un po’ e la corrispondenza epistolare con la figlia si era notevolmente infittita. C’era solo una regola che Rose aveva stabilito: non parlare di Scorpius per nessun motivo al mondo. Quindi la signora Weasley non l’aveva avvisata dell’annullamento delle nozze, dell’incarcerazione e del fatto che fosse l’avvocato difensore del giovane Malfoy. 

L’avvocato Granger aveva tentato di non ricadere nel silenzio e nell’omertà, aveva tentato di non tradirla, ma Rose aveva apertamente dichiarato che quella relazione era chiusa e archiviata per sempre; nonostante i rapporti che il giovane aveva con la sua famiglia, per lei sarebbe stato il nulla.

Ben l’aveva guardata rialzarsi da quella botta, l’aveva aiutata come avevano fatto le sue amiche, aveva dato a quel bacio che c’era stato quel pomeriggio, la stessa importanza che le aveva dato lei: nessuna.

Non voleva pressarla, non voleva che fosse in ansia e in tensione, non voleva darle scadenza per quanto riguardava loro. Lei d’altra parte era sempre più vicina al ragazzo, man mano che Scorpius si staccava dal suo cuore, Rose dava luce a Ben, una luce diversa da quella che gli aveva sempre dato, carica di un affetto differente e più profondo ogni giorno che scorreva loro davanti.

Passavano molti momenti soli, Rose e Ben, molti turni di vedetta li vedevano rannicchiati nello stesso sacco a pelo, abbracciati, a scrutare la grande foresta pluviale senza parlare. Andava bene ad entrambi, avevano tanto a cui pensare con il loro mestiere,  occuparsi di una storia d’amore che aveva alle spalle tanti giorni difficili e una ragazza dal cuore ferito, non era la prima delle loro preoccupazioni. Il tempo avrebbe fatto il suo corso, senza nessuna fretta, rivelando le sorti di quella storia.

Quel pomeriggio sull’estinguersi di settembre Rose, carica di buste stracolme, percorreva la strada che dal mercato conduceva alla casa di Saran. Non sentiva fatica, camminava a passo marziale svelta e lesta per arrivare il prima possibile dai bambini.  Non riusciva ancora a distinguere bene il giardino e l’orto che circondava la casa, quando una moltitudine di facce scure sfrecciarono verso di lei.

-Jambo, Dada2 Rose! Jambo!- urlavano  rivolti a lei, ridendo e agitando le braccia.

Due dei ragazzi erano Essien e Kwame, i figli più piccoli di Saran, gli altri erano tutti loro amici, una decina di bambini urlanti. Rose poggiò a terra le buste e si lasciò travolgere dal fiume scuro che si buttò su di lei a braccia aperte e con la gioia negli occhi. Caddero tutti a terra, tra la polvere, ridendo e continuando a urlare saluti.

Era il tipico benvenuto dei più piccoli, con il loro entusiasmo travolgevano letteralmente coloro a cui volevano bene, e Rose era adorata da tutti, ora che aveva ritrovato il sorriso, molto più di prima.

La ragazza li abbracciò uno per uno, prima di alzarsi e distribuire un po’ di caramelle e dolciumi. Poco dopo riprese il suo cammino verso casa di Saran seguita da quella moltitudine di visi e di grida. Quando arrivarono davanti alla porta i ragazzi si salutarono e tornarono tutti alle proprie baracche.

Essien fece strada davanti al fratello e a colei che considerava come una sorella maggiore. Si sistemarono intorno al grosso tavolo al centro della cucina per sistemare la spesa e cantare tutti insieme.

La padrona di casa entrò proprio in quel momento, seguita dai figli più grandi e con al petto il piccolo Ismael che reclamava la poppata del pomeriggio; la donna si sedette alla tavola, non prima di aver posato un bacio delicato sulla guancia di Rose e averla salutata con un affettuoso:- Jambo Malaika*. Grazie della spesa!- e unirsi al canto.

Rose diede un buffetto al piccolo e sorrise alla mamma.

Quando la gioiosa brigata concluse il canto Saran si rivolse ai due figli: -Voi piccoli avete aiutato dada con le buste o avete fatto in modo che le portasse tutte da sola?- chiese ad Essien e Kwame con sguardo tagliente.

I due assunsero un’espressione colpevole e mentirono con un grosso sorriso stampato in faccia:- Certo, Mama! Noi siamo forti e le abbiamo portate tutte quattro noi e i marafiki3.-

Rose scoppiò a ridere continuando a riporre le pietanze nella credenza e nei cassetti, aiutata da Chioke, il più grande dei sette fratelli. Sapeva benissimo che la bugia sarebbe venuta a galla in pochi secondi, anche se lei avesse retto il gioco, quelle due pesti avevano gli occhi che parlavano e la madre sapeva ascoltare.

Saran li guardò arrabbiata mentre attaccava al seno il piccolo Ismael che aveva dato le prime avvisaglie di un pianto fragoroso, perché ignorato per troppo tempo.- Dada, per loro niente cioccolato! Non se lo meritano!-

-Mama noooo….Samahani4, Samahani!- urlarono disperati.

Ma lo sguardo della madre non ammetteva repliche anche se il sorriso lottava per piegarle gli angoli della bocca.

Rose si voltò verso i due malfattori e senza farsi vedere, gli fece un occhiolino che seppero interpretare alla perfezione.

L’ultima busta che la ragazza aveva portato non fu aperta subito, anzi, venne riposta chiusa in uno dei due grandi armadi che contenevano i pochi vestiti della famiglia. Questo destò tutta la curiosità dei ragazzi che senza chiedere nulla si precipitarono a guardare dentro il contenitore che Rose aveva cercato di nascondere. Lei rise, sapeva che con loro nei paraggi, anche se distratti dalle leccornie e dalle faccende, occultare qualcosa era impossibile. Quindi li lasciò fare finché tutti insieme le portarono gli oggetti nuovi di zecca; parecchie magliette colorate, una ventina di quaderni e una miriade di penne.

-A cosa servono queste, Dada?- chiese Dakarai.

Saran affidò il figlio a Rose e si avvicinò ai ragazzi per guardare anche lei.

-Fra un qualche giorno comincerete tutti la scuola… ho pensato di comprarvi qualcosa di utile per questa nuova avventura.- sorrise al bambino che aveva tra le braccia, Ismael ricambiò e agitò le manine.

Saran deglutì guardando la ragazza con un’espressione che era un misto tra gratitudine e disagio:- Ma, Rose… non dovevi… ci saremo arrangiati in qualche modo.-

Rose guardò la donna con affetto:- Mama… non devi sentirti in debito e non devi pensare che io lo faccia perché voglio che ti senta sminuita. Mi hanno già aumentato lo stipendio, prendo tre volte tanto, perché insegnerò nella nuova scuola, a me tutti quei soldi non servono, a voi sì. E comunque le magliette sono fornite dal mio Ministero in accordo con il vostro governatore, sono una specie di divisa che dovranno indossare durante le ore di scuola, io ho solo fornito un po’ di materiali e continuerò a fornirveli senza che voi me lo chiediate.- sospirò guardando l’espressione immutata della sua mamma adottiva.- Tutti gli arruolati fanno così, vorrei dire che ho preso esempio da loro ma, in realtà, molti hanno cominciato a donare dei soldi alle famiglie perché io l’ho fatto per prima con la vostra.  E’ per questo che il nostro Ministro ci ha aumentato gli stipendi, sa di tutto questo e l’ha fatta diventare una “regola non scritta” anche in altre città. Ovviamente non tutti gli arruolati lo fanno, coloro che hanno la famiglia inglese che stenta ad arrivare a fine mese preferiscono inviarli a casa i soldi, ma la maggior parte di chi conosce la povertà, di chi crede nel proprio lavoro, lo fa.- sorrise.- Togliti quell’espressione affranta dalla faccia, io lo faccio per donare gioia, non per far sentire a disagio.- si avvicinò a lei e le posò un bacio sulla guancia, con l’altro braccio reggeva un Ismael profondamente addormentato.

Saran aveva gli occhi lucidi e il cuore gonfio di emozione. Si voltò per non farsi vedere dai suoi figli, anche loro commossi.

Quella sera Rose rimase a cena con la famiglia, anche mentre cucinavano e mangiavano i canti li univano in un’ico coro gioioso. Rose adorava quella atmosfera. Prima che si mettessero a mangiare Ben venne trascinato a tavola da una esuberante padrona di casa che lo aveva accalappiato quando era venuto a cercare Rose . Il ragazzo si era seduto accanto a Rose, posandole un bacio sulla guancia e sciogliendole i capelli con un movimento svelto della mano, prendendo parte anche lui al canto.

La cascata infuocata si era riversata sulla schiena di lei, che aveva protestato con un sorriso. I ragazzi e Saran non avevano mai visto Rose con i capelli sciolti, da regolamento doveva tenerli stretti in una crocchia impeccabile e molto spesso li copriva con un foulard colorato, come le donne del luogo, per non farli sporcare di polvere e terriccio svolazzante.

Si ammutolirono tutti.

-Dada! Che capelli strani che hai…- disse Gebre spalancando gli occhi stupito. – Posso toccarli?-

-Gebre! Ma che ti viene in mente di chiedere?- disse la madre ugualmente ipnotizzata dalla chioma della ragazza.

- Hakuna matata, Mama5!- la tranquillizzò lei.- Certo che puoi toccarli, Gebre.- gli sorrise.

Ma non fu solo lui a farsi avanti, tutta la truppa abbandonò la posizione e si piazzò alla schiena di Rose per passare la mano nei suoi lunghi capelli rossi, anche Saran non poté resistere alla tentazione e accarezzò la criniera della ragazza.

-Sono davvero belli!- le disse.

-Asante6, Saran!- ringraziò lei arrossendo.

Ben intervenne e tuffò anche lui le mani nei capelli di Rose, insieme a tutti gli altri:- Io le dico sempre di lasciarli sciolti, ma lei è troppo rispettosa delle regole per darmi ascolto. Trovo che siano meravigliosi.- la guardò con una devozione ed un affetto unici nel suo genere.

-Dovresti ascoltare il tuo marito, Rose!- disse Essien posizionandosi a sedere sulle ginocchia di Ben.

Rose se possibile divenne ancora più rossa in volto, non sapeva come rispondere a quella affermazione. Ben non era il neanche il suo fidanzato, figurarsi suo marito, ma agli occhi genuini di un bambino di cinque anni poteva apparire così perché le gironzolava sempre attorno.

Fu Ben a toglierle l’impaccio del rispondere:- Io non sono suo marito, Essi, ma hai ragione sul fatto che dovrebbe darmi ascolto.- risero entrambi.

Azekel però volle insistere sulla questione matrimonio:- Bhè, dovresti sposarla subito, Chioke è in età da matrimonio, potrebbe rubartela…. Lo sanno tutti che…- ma fu interrotto dal fratello che lo prese sottobraccio immobilizzandolo e frizionandogli il pugno chiuso sulla testa.

Ci fu una lotta fraterna e rumorosa che pian piano coinvolse tutti, tranne gli adulti e il piccolo Ismael, rimasti attorno al tavolo a finire il pasto.

Erano da poco passate le nove della sera che la cena ebbe finalmente una conclusione; Ben ringraziò la donna per l’invito e si apprestò a raggiungere la caserma per adempiere ai suoi ruoli di sergente. Prima di uscire di casa si rivolse a Rose:- Sese… vieni anche tu?-

Rose stava per accingersi a seguire il superiore quando Saran la fermò per un braccio chiedendole:- Mi aiuteresti un attimo qui in casa? Non ci vorrà molto, devo sistemare delle cose nel bagno e ho bisogno che qualcuno mi badi a Ismael, Chioke e i più grandi escono con gli amici a quest’ora.- guardò Ben implorante:- Ti dispiace lasciarmela per una mezz’oretta?-

Ben annuì e salutando prese la via della città.

Ma la donna non lasciò Rose con il bambino, la costrinse a sedersi con lei al tavolo mentre i suoi figli si davano da fare con le loro cose o uscivano per incontrare gli amici.

-Devo sistemartelo io il bagno?- chiese la ragazza dubbiosa vedendo come le cose si stavano sviluppando.

-No, non c’è nulla da sistemare.- disse lei guardandola intensamente.

-Allora?- le chiese curiosa.

Saran aveva il classico aspetta da mamma, il viso bonario, con i tratti dolci mischiati a quelli tipici delle donne africane, le ricordava così tanto nonna Molly che quando parlava con lei aveva delle intense fitte di nostalgia. Alta e florida, nonostante una certa tristezza nello sguardo, sempre provvista di un enorme sorriso bonario e comprensivo.

La donna sospirò:- Sai che sei come una figlia per me, quindi da quasi mamma devo farti notare quando stai sbagliando.-

-Saran…- provò ad interromperla.

Ma lei alzò una mano per continuare a parlare:- So che hai già una mamma, che è una mamma forte e bella e che nel tuo mondo è un eroina.-

Rose la guardò sbalordita. Come faceva a sapere chi era sua madre?

Lei lesse le sue domande negli occhi:- Sì, so che tu e i tuoi amici avete qualcosa di speciale, sono una brava osservatrice come tutto il paese lo è. Sappiamo anche che è fondamentale per voi mantenere questo enorme segreto e lo rispettiamo perché lo usate per aiutarci. Ma non è di questo che voglio parlare.-la guardò eloquentemente.

-Ok, Saran.- annuì lei ancora a disagio per essere stata scoperta. – Di cosa vorresti parlarmi?-

-Del sergente Smith e dell’enorme cotta che ha per te.-

Rose divenne bordeaux fino alle orecchie ma cercò di mantenere un contegno:- Ma che dici… siamo solo buoni amici e ci piace stare insieme.- sapeva che mentire ad una mamma non era una mossa da campioni, ma ci provò ugualmente.

-Non mentirmi, dada.- le puntò il dito contro accigliata.- Lo sai anche tu che ha una cotta per te, ma ciò che non mi spiego è perché non rendete ufficiale il vostro legame. Quando sei con lui ti vedo felice.- le disse sicura.

Rose sospirando spostò lo sguardo altrove:- Ho paura ad affidarmi completamente ad un’altra persona.- aveva deciso che parlarne con lei l’avrebbe aiutata. Gli africani affrontavano i problemi in modo molto diverso da come era abituata a fare lei, un consiglio da quella donna poteva solo fare bene.

-E che sciocchezza è mai questa?- le chiese lei incredula.

Rose la guardò sorridendole amaramente:- Mi è successo di amare una persona… è rimasta in Inghilterra e non ha avuto il coraggio di… ammettere che io e lui siamo diversi, che io e lui vogliamo vivere vite diverse. Quando mi ero già rassegnata a lasciarlo andare…  mi… ha raggiunto qui, in Africa, e mi ha detto che dovevo tornare per impedirgli di sposarsi con un persona che amava meno di quanto ama me. Gli ho mentito dicendo che ero vincolata ad un altro contratto già da quella mattina, forse volevo vedere se sarebbe rimasto con me. Che stupida! Mi ha solo sedotto e abbiamo fatto l’amore per la prima ed ultima volta.- Guardò le mani intrecciate sul grembo,aveva  gli occhi umidi e il cuore le sembrava stretto in una morsa.- Sarebbe stato un ricordo meraviglio se la mattina dopo non mi avesse rivelato che la ragazza che stava per sposare era la mia migliore amica fin dai tempi della scuola, era una persona a cui avevo confidato tutti i miei segreti, che aveva ascoltato il mio dolore quando le avevo confessato di volerlo lasciare andar avanti.-

La donna comprese al volo i suoi sentimenti: -…e ti sei sentita tradita due volte. Perché speravi che lui accettasse la tua scelta, che rimanesse qui con te, e perché questa ragazza ti ha pugnalato alle spalle.- disse comprensiva.- Era quando ti chiamavano “donna che ha perso il cuore”, vero?- intuì.

Rose annuì:- Sì… sono stata parecchio male e non mi sono mai scusata con te e la tua famiglia per come vi ho trattati.- chiese con uno sguardo pentito sempre rivolto alle sue mani.

-Rose, non ci hai trattati diversamente dal solito, almeno non molto diversamente dal solito. Ti sei concessa solo molto meno tempo per ridere, scherzare e divertirti. Ti affannavi dietro ai campi e con il progetto della scuola e molto spesso lo fai anche ora, in certi giorni mi accorgo che sei diversa, più fredda.

La ragazza convenne che Saran avesse ragione. Capitava che alcuni giorni si lasciasse prendere dallo sconforto più nero, vedeva il bordo di un baratro nero che si avvicinava alla punta dei suoi piedi e si affannava per non cadere giù. Solo Ben riusciva a riportarla alla realtà e a tranquillizzarla, andavano insieme a correre intorno al piccolo lago finché le forze non li abbandonavano e cadevano stremati a terra, ridendo per nulla e per tante cose.

-Non devi chiedere scusa perché stai soffrendo e se hai bisogno di un giorno o due di pausa da questa famiglia non devi chiederlo a nessuno, anzi… devi cominciare a prenderlo ogni tanto. Noi ce la possiamo cavare alla grande e soprattutto vogliamo che tu stia bene.- le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.-  Se c’è una cosa che la morte di mio marito mi ha insegnato è quella di affrontare le miei emozioni. Sapevo che l’unico modo per stare bene e occuparmi dei miei bambini è accettare il dolore che mi provocava la perdita del mio adorato marito. Io e i piccoli lo abbiamo fatto insieme, univamo i giacigli all’ora della nanna, ci stringevamo in un grosso abbraccio e piangevamo quasi tutta la notte… pian piano abbiamo smesso di farlo, di piangere, e abbiamo ripreso in mano le nostre vite. Ma tu sai quanto me che non c’è stato giorno o notte che noi abbiamo nascosto il nostro dolore, per rispetto a noi stessi, innanzi tutto, tenere tutto dentro ci avrebbe avvelenato.-

Ed era vero, la sera stessa che la notizia era arrivata in quella casa la famiglia si era raccolta immediatamente in un unico dolore e per quasi due settimane, durante le giornate di lavoro, non si vergognavano di fermarsi e piangere ancora e ancora. Per lei che aveva vissuto in Inghilterra, tutte quelle lacrime erano state interpretate, inizialmente, come un’ostentazione di dolore e di debolezza, solo quando Ben le aveva fatto ammettere ciò che provava, aveva capito che il pianto era il simbolo di un coraggio che non aveva mai conosciuto: il coraggio di ammettere di soffrire, il coraggio di ammettere di essere umani con il cuore spezzato, il coraggio di pensare di voler guarire, un giorno.

-A Natale tornerò in Inghilterra per due settimane, dalla mia famiglia, mi prenderò quella vacanza che mi dici. Vi affiderò ad Annie e Becky, ma voi promettetemi che starete bene.- le disse sentendosi quasi in colpa ad aver ammesso che le serviva una pausa e che le mancasse la sua famiglia.

Saran sorrise ancora:- Non ti preoccupare. Fai bene a tornare da loro, ti vogliono bene.-

-Grazie, Mama!- si abbracciarono a lungo, il piccolo Ismael addormentato e tra loro.

Quando sciolsero quel gesto di affetto la donna non voleva ancora lasciarla andare, avevano un discorso ancora in sospeso.- Tornando a noi.- disse andando verso la culla a posare il bimbo.- So che provi un sentimento sincero nei confronti del sergente, si vede da come lo guardi e da come hai bisogno di lui. Magari credi che non sia lo stesso amore che ti legava all’altro ragazzo ma dagli una possibilità, lui non se ne andrà neanche se glielo chiederai, ti seguirebbe in capo al mondo.  Non deve ripresentarsi per forza la stessa situazione e io sono sicura che ti renderà felice. – disse tornando a sedersi accanto a lei.

-Ma… non ho tempo da dedicargli, il lavoro è importante e…-le solite scuse a cui non credeva neanche lei.

-Niente ma… nessuno vuole mettervi fretta ma smettila di usare come scusa il lavoro per non ammettere che hai una paura folle di correre dei rischi.- la guardò negli occhi.- Fate lo stesso lavoro, avete lo stesso interesse di far andare avanti le cose qui. Troverete un equilibrio.-

-Non voglio essere talmente attaccata ad una persona per poi ritornare disperata… per poi perdere ancora il mio cuore quando mi lascerà sola con me stessa. Detesto essere così vulnerabile.- ammise a lei e a se stessa.

Rise:- Oggi facciamo il pieno di sciocchezze, cara.- disse. – I salti nel buio sono la specialità di una relazione d’amore, la rendono più bella ed intensa. Ciò che è successo in passato ti ha dato modo anche di conoscere te stessa, come reagisci, niente sarà stato vano se ne ricavi il meglio. Ben ti rende felice… è ciò che vuoi ora. Non è abbastanza?-

-Tu dici?- le chiese titubante.

-Lascia che ti faccia qualche domanda… - si fermò a riflettere per qualche secondo.- Chi ha agito per farti stare bene pur sapendo di farti del male? Avresti voluto un’altra persona al suo posto in quel momento? Qual è il primo viso che vorresti vedere appena ritornata in caserma?-

Rose provò a rispondere immediatamente ma lei la fermò.

-Non voglio che tu lo dica a me, ma se il nome è sempre quello, se il viso che ti sei vista davanti è sempre lo stesso… tesoro, non è qui che dovresti essere.-  

La ragazza si alzò di scatto, rossa in volto, pronta a correre. Guardò la donna sorridente ancora seduta su quella sedia di fortuna, facendole un’unica domanda con lo sguardo. Una domanda che risuonò senza averla pronunciata.

-Sei ancora qui?!- le disse lei.

Rose sorrise, incapace di dire nient’altro, si fiondò fuori dalla porta e lungo la strada che la portava al centro città, corse più veloce che poté, con l’adrenalina che le attraversava il corpo e la paura che la faceva traballare. Con la voglia di vederlo.

Arrivò alla caserma e quasi si schiantò sulla porta chiusa, dimentica di tirar fuori il tatuaggio e farlo passare sulla maniglia.

Trafficò un po’ con la felpa del Ministero, impacciata per la fretta, infine squarciò la stoffa e strofinò il tatuaggio sulla maniglia, ridendo di sé.  All’interno trovò solo qualcuno dei suoi compagni. Chiese a Seth dove fosse andato a finire Ben, quasi aggredendo il malcapitato.

-Era andato in camera prima della ronda delle strade...- disse terrorizzato con le mani alzate in segno di pace.

Rose posò un bacio sulla guancia del ragazzo, per tranquillizzarlo, e poi fece le scale a due a due fino ad arrivare al terzo piano, la prima porta a sinistra era quella della sua camera.

-Alhomora!- quasi lo urlò e la porta si spalancò con un botto.

All’interno Ben si voltò di scatto, era tutto bagnato, un asciugamano stretto intorno alla vita e una mano tra i capelli. Sorseggiava una tazza di caffè mentre le gocce d’acqua si rincorrevano lungo i contorni dei suoi pettorali e giù, verso i piedi scalzi.

-Rose!- urlò - Ma che diavolo è successo?- agitato e spaesato da quell’irruzione precipitosa.

Lei era arrossita il doppio di quello che non era già arrossita. Si voltò dandogli le spalle, per cercare di riprendere contegno e scusarsi.- Ben… mi dispiace… mi… mi ero fatta prendere la mano. Non è successo niente. Dovevo solo parlarti. Ora me ne vado… scusami ancora. Se mi cerchi mi sto scavando la fossa vicino al lago, dovrei essermi seppellita prima che arrivi mattina.- corse via, il volto tra le mani e una risata isterica che si spandeva al suo passaggio. Corse verso il laghetto che costeggiava un piccolo tratto della foresta. Si abbandonò sull’erba cercando di smettere di ridere. Si teneva la pancia e ogni tanto si asciugava le lacrime.

Credeva che fosse solo andato a posare una cosa prima della ronda. Ma evidentemente si era sporcato prima di arrivare in caserma.

Non era stato un brutto spettacolo, l’acqua accentuava i suoi muscoli guizzanti e il suo fisico tonico e ben piazzato. Gli occhi verdi, preoccupati e imbarazzati al tempo stesso, gli avevano modellato la faccia in un’espressione davvero spassosa.

Era stata istintiva e pazza , ma non se ne pentiva.

Ma poi che gli avrebbe detto? Che giustificazione avrebbe costruito per spiegare quel suo precipitarsi da lui come se fosse successo qualcosa di grave? E cosa avrebbe detto quando l’avrebbe raggiunta?

Rideva ancora quando l’alta figura di Ben le si affiancò e si sedette accanto a lei. Era vestito e asciugato, aveva portato una tazza di caffè anche per lei.

-Forse non dovrei darti del caffè!- disse ridendo e guardandola ridere.

Lei si raccolse a sedere e gli strappò la tazza di mano con finta espressione minacciosa:- Certo che devi! Sciocco uomo.- rise.

Lui alzò le spalle divertito e continuò a sorseggiare la sua.- Prima eri impaziente di dirmi…- lasciò in sospeso la frase per darle modo di continuarla, gli occhi fissi sul cerchio della luna davanti a loro.

Anche lei aveva gli occhi puntati alla luna ma per rispondere si voltò verso di lui.- Ho paura.- disse semplicemente.

Ben si voltò a guardarla negli occhi:- Di chi?- serio, aspettandosi già la sua risposta.

Rose prese un sorso e si passò la lingua sulle labbra staccando lo sguardo da lui:- Ho paura di te.-

Ecco. -Ah.- non sapeva che dire.- Devo andarmene?- abbozzò, ma non aveva voglia di lasciarla sola, scossa a quel modo. Era curioso di sapere anche il perché gli facesse paura.

Lei rise:- Se ci provi ti ammazzo!- ed era sincera.

-Ora sei tu che mi fai paura.- disse lui ridendo. – Ma non capisco…. Perché hai paura di me?-

Si avvicinò a lui e si lasciò abbracciare, scelse le parole con cura prima di tornare a parlare:- Se abbasso la guardia… se mi permetto di essere vulnerabile con te… se mi permetto di… provarci…- farfugliò.

-Io non ti deluderò.- disse sicuro stringendola a sé per avvalorare la sua affermazione.

Annuì:-Lo so.- certo che lo sapeva… lo sapeva da sempre.- Allora correggo il soggetto dei miei timori.- prese un sorso di caffè e uno di aria pura della sera.- Ho paura di me stessa.-

Per un po’ nessuno dei due disse niente.

-Ti devo confessare una cosa…- sussurrò passandole una mano sulla fronte, tirandole indietro i capelli e posandole un bacio sulla pelle liscia.- Anche io ho paura di me stesso.-

Fece un risolino:- Siamo messi bene! Se nessuno dei due crede in sé stesso, dove andremo a finire?-

-Potremo credere l’uno nell’altra.- propose.

Lei lo guardò, alzando il volto verso di lui:-Mi sembra un ottimo compromesso.- sorrise.- Ma dimmi… perché non credi in te stesso?-

Lui parve pensarci un po’, poi spiegò:-So già che sono un amico… apprezzabile.- rise.- So già che so essere un pretendente dal giusto equilibrio… ma ho il terrore di ferirti come lui ti ha ferito, o peggio.- ammise.

Rose si fece avvolgere ancora più stretta:- Sono sette anni che ti conosco, non mi hai mai fatto del male neanche quando credevi di farmene. Non penso tu ne sia capace.- lo credeva dal vero. Perché non era mai stato lui a farle del male. Era stato Scorpius, Elen e sé stessa a fargliene.

Ben prese la tazza dalle mani di lei e la fece Evanescere con la sua, riprese a stringerla forte: -Questo è un sollievo.- disse baciandole ancora la fronte.- Non ti voglio mettere fretta.-

-Non me ne stai mettendo.- lo rassicurò.

-Non voglio essere un rimpiazzo.- si irrigidì.

-Non lo sei.- gli passò una mano sul petto sentendo il suo cuore volare.

Si tranquillizzò:-Non voglio che tu ti metta con me solo perché hai bisogno di me, voglio che lo fai perché mi ami e perché vedi un futuro con me. Perché io lo vedo, Sese! Chiaro e limpido…- era infervorato ed emozionato.

Chiuse gli occhi e le parve di vederlo, quel futuro. Lei e Ben, mano nella mano, in una casa africana circondati da figli loro e da quelli di Saran, felici come pochi: -Lo vedo anche io.- disse estasiata.- E’ bellissimo, questo futuro.-

Silenzio.

Ben posò un dito sotto il mento di Rose che aprì gli occhi:- Sì, lo è.- sorrise guardandola intensamente negli occhi celestiali.- Ninakupenda7, Sese!-

-Ninakupenda.-

Un bacio voluto da entrambi suggellò l’inizio di una nuova storia.










Un piccolo Dizionario Swahili-Italiano, per voi!

1 (Mama) Malaika: (Mamma) Angelo
2 Jambo: Ciao
  Dada: Signorina
3 Marafiki: Amici
4 Samahani: Scusa
5 Hakuna Matata: Nessun problema
6 Asante: Grazie
7 Ninakupenda: Ti amo
  
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