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Autore: Benio Hanamura    23/04/2014    1 recensioni
[Mademoiselle Anne/Haikara-san ga toru]
“Il mio nome è Kichiji Hananoya… o meglio, questo è il mio nome dall’età di 15 anni. Fino ad allora ero Tsukiko, la sesta figlia della famiglia Yamada...”
Nel manga originale della Yamato è detto ben poco del passato della geisha Kichiji, che fa la sua prima comparsa come causa inconsapevole di gelosia della protagonista Benio nei confronti del fidanzato Shinobu, ma che poi si rivelerà essere solo una sua ottima amica e stringerà una sincera amicizia con Benio stessa, per poi segnare anche l’esistenza del padre di lei, vedovo inconsolabile da tanti anni.
Per chiarire l’equivoco e per spiegarle quale rapporto c’è davvero fra lei e Shinobu, Kichiji racconta la sua storia del suo passato a Benio, dei motivi per cui è diventata geisha, abbandonando suo malgrado il suo villaggio quando era ancora una bambina, ma soprattutto del suo unico vero amore, un amore sofferto e tormentato messo a dura prova da uno spietato destino…
Dato che questa storia è solo accennata nel manga, ma mi è piaciuta e mi ha commossa molto, ho deciso di provare ad approfondirla e di proporvela come fanfiction!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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   L’indomani mi risvegliai da sola nel futon. Hasegawa-san era andato via, il che mi diede un istantaneo sollievo, dato che inizialmente credetti di aver sognato, che fosse stato solo un incubo; tuttavia impiegai ben poco per rendermi conto che invece era tutto vero, quella terribile esperienza l’avevo vissuta sul serio.
   Guardandomi intorno nella mia stanza scorsi Miyuki, che stava sonnecchiando seduta presso la soglia e che si destò subito appena la chiamai: come era avvenuto qualche altra volta in cui ero stata poco bene da quando avevo iniziato la mia nuova vita lontana dal villaggio, si era preoccupata per me ed evidentemente dopo che Hasegawa-san aveva lasciato l’okiya per tornarsene a casa sua doveva aver chiesto alla okasan il permesso di venire a controllare come stavo e vegliare il mio sonno. Accertatasi che stessi bene mi aiutò a lavarmi e vestirmi per poi condurmi nella stanza di Kikyo-san, come le era stato ordinato.
   Trovai la mia onee-san particolarmente di buon umore, come difficilmente le capitava di mattina, ed accanto a lei c’era anche la okasan.  Appena Miyuki bussò per annunciarmi, Kikyo-san la invitò ad entrare con un tono dolce che mai le avevo sentito usare, mentre la okasan si alzò e venne incontro per abbracciarmi.
   “Sono davvero orgogliosa di te, ieri sera hai reso onore ai tuoi genitori ed al nostro okiya. Ma da oggi in poi l’okiya sarà la tua nuova famiglia, di nome oltre che di fatto!” mi annunciò la okasan, al che istintivamente guardai verso Kikyo-san: cosa intendeva dire la okasan col fatto che l’okiya sarebbe stato la mia nuova famiglia? La mia famiglia sarebbero stati  sempre i miei genitori, i miei fratelli, non avrei potuto certo rinnegarli per entrare in un’altra famiglia!
   Ed invece praticamente era proprio così, perché Kikyo mi annunciò ciò che qualunque apprendista si aspetta di sentirsi dire prima o poi, ovvero la scelta del mio nuovo nome: dunque avrei dovuto dimenticare, seppellire la piccola Tsukiko Yamada, per dare vita ad una persona completamente diversa, con una nuova identità.
   “D’ora in poi tu sarai Kichiji Hananoya: proprio così mia cara, è giunto il momento che tutta la città ti conosca!” proseguì Kikyo-san con una nota di commozione nella voce.
   Non riuscii a spiccicare una sola parola per risponderle, eccetto un timido ringraziamento.
   Dopo la okasan fu la stessa Kikyo-san a stringermi a sé, dicendomi che era sempre stata certa di poter contare su di me, che le dispiaceva molto di essere sempre stata molto severa nell’addestrarmi, ma che ne era valsa la pena, dato che non l’avevo delusa. Entrambe non nascondevano in alcun modo la loro emozione, ma io non me ne sentivo partecipe, ero troppo imbambolata per la sorpresa, ma non solo: sì, ero fiera di me stessa, di ciò che ero riuscita a realizzare, ma ero troppo angustiata per gioirne pienamente, angustiata dal pensiero di quella vivace bambina che fino a qualche anno prima correva spensierata nei prati nel suo villaggio, riscaldata anche nelle più gelide notti d’inverno dall’affetto dei suoi cari, ma che ormai non esisteva più…
   Dopo aver concordato con Kikyo-san e con la okasan i dettagli per i prossimi cerimoniali a cui avrei dovuto partecipare uscii dalla stanza con Miyuki, che avrebbe dovuto aiutarmi ad acconciare i capelli in maniera conforme al mio nuovo stato. Che appunto avrebbe comportato anche il fatto che lei non sarebbe più stata mia sorella, ma solo una semplice sguattera come tante, ma ovviamente non avrei mai potuto accettare quella disposizione: Miyuki era l’unica sorella che avrei potuto avere vicino nonostante tutto e sarebbe sempre rimasta tale, qualunque cosa fosse successa. Glielo ribadii appena fummo rimaste sole nella mia stanza, come pure ribadii che non avrei mai dimenticato chi ero a mio padre, quando venne a trovarmi con mio zio circa un mese dopo. Ma ovviamente sarebbe stato così solo in privato, con mia sorella nella mia stanza e nelle poche lettere che riuscivo a mandare a casa. Per tutti gli altri da quel momento in poi sarei stata per sempre Kichiji, ed anche Kiyoko aveva iniziato a tenere un atteggiamento un po’ più distaccato nei miei confronti, dato che ormai non ero più la cuginetta su cui vegliare ma ero cresciuta ed ero diventata a tutti gli effetti una sua collega di lavoro, anzi, una rivale. E poi da quando aveva un danna:, Kiyoko era un po’ più distaccata con tutti, perché spesso doveva tenersi disponibile per lui, trascurando la vita dell’okiya e gli altri clienti. Un’altra cosa che avrei capito col tempo, come diceva Kikyo-san, anche se stavolta era diverso, perché mia cugina sembrava felice di poter compiacere quell’uomo, che non solo ricco com’era la viziava particolarmente, ma le piaceva sul serio, al punto da indurla a parlarne spesso con noi altre e persino a sognare che lui riscattasse completamente il suo debito e la portasse via con sé. Cosa praticamente impossibile in realtà, perché un danna per quanto possa essere devoto alla sua geisha generalmente ha una sua vita, moglie e figli, ma come diceva lei, sognare è una delle poche cose che non costano niente. Perciò chissà… magari se Koji si fosse deciso a tornare da me mantenendo la sua promessa avrebbe anche potuto diventare lui il mio danna! Mi sentivo avvampare al solo pensiero, anche se era ovvio che non tutte le geishe avrebbero potuto godere della fortuna di Kiyoko, anzi, la maggior parte di loro si ritrovava a compiacere per anni uomini vecchi, o anche grassi o comunque assai poco avvenenti come il signor Hasegawa, e fra le geishe del quartiere si vociferava, cosa alquanto plausibile, che lei aveva ottenuto un danna ancora piuttosto giovane, alquanto avvenente e di suo gusto non per buona sorte, ma semplicemente per la profonda amicizia che c’era da tanto tempo fra la nostra okasan e mio zio, ed io sapevo bene che molto probabilmente non avevano torto. Inoltre Koji proveniva dal mio stesso villaggio ed anche se apparteneva alla famiglia che lì era la più benestante era ben lontano dal potersi permettere le esorbitanti spese necessarie per mantenere una geisha, anche perché era molto giovane e la sua carriera, che in futuro sarebbe stata certamente molto brillante, era allora soltanto agli inizi!
   Tuttavia non solo non ne volevo proprio sapere di abbandonare l’idea di rivedere Koji, ma questa idea diventava ogni giorno più forte: non solo quella notte con Hasegawa-san ero riuscita a sopportare la situazione soltanto perché mi ero aggrappata con tutte le mie forze al ricordo di lui e dei pochi momenti trascorsi insieme, ma anche in seguito, mentre lavoravo, chiacchierando con qualche cliente che me lo ricordasse, perché in uniforme o per qualche particolare fisico, mi ritrovavo sempre più spesso a pensare che avrebbe potuto essere lui, che prima o poi avrei potuto davvero incontrarlo in quel modo!
   Finché avvenne davvero, in un giorno qualsiasi del periodo della fioritura dei ciliegi, un giorno che non scorderò mai e che mi scaldò il cuore anche se faceva ancora molto freddo.
   Quella sera mi sentivo particolarmente malinconica, avevo appena letto una lettera di Yuriko, che dopo tanto tempo mi aveva scritto, parlandomi della sua vita finalmente felice, della nostra famiglia e della sua bambina, che più cresceva più somigliava alla nostra povera Aiko, della quale aveva ereditato il nome. Quanto avrei voluto vederla almeno per una volta! Me l’aveva consegnata Miyuki, alla quale la okasan aveva consentito di trascorrere un paio di giorni al villaggio: persino ad una sguattera anche se molto di rado viene concessa una breve vacanza, se chi le offre lavoro è particolarmente generoso, ed infatti lei si era già assentata in precedenza, quando, ricevuta la notizia della nascita della nostra nipotina aveva chiesto ed ottenuto di accompagnare nostro padre e lo zio al villaggio per vederla… Ma d’altra parte, mi avevano spiegato, di una sguattera si può anche fare a meno per un giorno o due se nell’okiya tutte le geishe non hanno obiezioni e c’è sufficiente personale per coprirne l’assenza, mentre ben diverso sarebbe se ad assentarsi fosse una geisha o una maiko, per la quale anche un’assenza di poche ore potrebbero a volte fare molta differenza, potendo far perdere la possibilità di cospicui guadagni! Dunque io non avrei mai potuto andare con Miyuki in occasione di quelle sue brevi visite al villaggio, soprattutto in quel momento in cui la mia carriera era all’apice, stavo per passare ufficialmente al grado di geisha ed ero così oberata di impegni da fare davvero fatica a volte ad onorarli tutti; chissà, forse se ci fossero stati periodi in cui avrei avuto meno impegni prima o poi avrebbero lasciato partire anche me, ma intanto non se ne parlava, avrei dovuto continuare a conoscere le ultime notizie solo attraverso le lettere e le parole degli altri, ed a vedere i volti dei miei cari solo attraverso i miei ricordi e la mia immaginazione!
   Appena ebbi terminato di leggere la lettera l’avevo affidata di nuovo a Miyuki perché la conservasse insieme alle altre lettere della mia famiglia. La mano mi tremava ed avevo poi fatto uno sforzo enorme per non piangere mentre lei mi vestiva e mi truccava per la serata, ma ovviamente, sempre fedele agli insegnamenti di Kikyo-san, mai e poi mai avrei dovuto lasciar trasparire i miei sentimenti con i clienti.
   Così come al solito mi feci coraggio, mi stampai in faccia un bel sorriso e, scusandomi per il mio lieve ritardo, entrai nella stanza, senza minimamente immaginare cosa mi aspettava... La festa era già entrata nel vivo e le geishe avevano già portato il sakè; c’erano molti ufficiali, dato che il motivo per cui erano lì era festeggiare il nuovo generale della loro caserma. Immediatamente mi misi a cercare con lo sguardo qualche cliente che avesse bisogno di qualcosa, che volesse del sakè, qualcosa di buono da mangiare o semplicemente compagnia, e fu così che il mio sguardo ne incrociò un altro: sì, era proprio quello sguardo che più di qualsiasi altro mi era rimasto nel cuore e che avevo continuato a cercare invano per anni!
   “Kichiji, tutto bene?” ero rimasta impietrita al centro della stanza, per pochi attimi che mi erano parsi secoli, e Kiyoko, che stava uscendo per portare via le bottiglie già vuote, lo aveva notato.
   La rassicurai: certo che stavo bene, non avrei potuto sentirmi meglio! Però alle sue insistenze l’assecondai, sarei uscita a prendere una boccata d’aria fresca, forse così gli altri clienti e le altre geishe non si sarebbero accorte  di nulla ed io avrei avuto il tempo di ricominciare a respirare regolarmente, ed ad impedire che il cuore mi saltasse fuori dal petto o che invece si fermasse del tutto. Le tolsi di mano il vassoio con le bottiglie vuote, uscii velocemente dalla stanza dicendo che avrei pensato io a portarne altre e mentalmente  ringraziai accoratamente il cielo per il fatto che il mio fondotinta fosse così spesso, così nessuno avrebbe potuto vedere come mi si erano arrossate le guance…


 
 
Note:
Danna: letteralmente danna significa padrone, ma in relazione con la geisha questo termine significa cliente-marito.
Il danna è colui che si occupa di tutto ciò di cui ha bisogno una geisha, paga le sue spese, acquista i suoi costosissimi kimono, la sommerge di regali e a volte, se è particolarmente generoso, le compra anche un'abitazione, o una o-chaya  (casa da tè); per questo motivo di solito i danna sono persone molto importanti e facoltose.
  
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