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Autore: Marty_Winchester    23/04/2014    0 recensioni
What if…?
E se Patrick avesse avuto un’altra figlia? Se lei fosse sopravvissuta alla visita di Red John?
Direttamente dal prologo:
“Caro signor Jane, non mi piace essere insultato sui media, specialmente da un piccolo imbroglione avido di denaro come lei. Se lei fosse un vero sensitivo, non avrebbe bisogno di aprire questa porta per sapere cosa ho fatto alla sua deliziosa moglie e alla sua primogenita e se davvero fosse un sensitivo sarebbe andato prima in bagno a salvare la figlia che poteva salvare”
Patrick lascia andare il foglio e corre in bagno, la vasca è piena d’acqua e tutto intorno si sta formando un’immensa pozza rossa. […]
La pura disperazione si trasforma in furia e odio verso se stesso e verso tutto, senza quasi più lucidità inizia a fare il massaggio cardiaco al corpicino inerme della piccola, smette presto perché ormai non ha più un briciolo di speranza. All’improvviso, però, si solleva un pianto sommesso, il colorito della bambina torna roseo e le sue palpebre si aprono mostrando quegli occhi così azzurri.
«T-tigle»
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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**Angolo dell’autrice**
Non mi dilungherò troppo, volevo solo spiegare lo stile che userò. Il prologo per necessità non ho potuto farlo in prima persona, ma io prediligo questo stile narrativo quindi da adesso in poi userò la prima persona. Le parti in corsivo sono i pensieri/sogni della piccola Sarah, mentre per le altre parti qualsiasi cambio di punto di vista verrà segnalato.
Grazie dell’attenzione !

 
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«Tigre. Tigre. Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale fu l'immortale mano o l'occhio
Ch'ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

In quali abissi o in quali cieli
Accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano afferra il fuoco?
Quali spalle, quale arte
Poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

Quale mazza e quale catena?
Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?
Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?

Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
e il paradiso empivano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
Chi l'Agnello creò, creò anche te?

Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale mano, quale immortale spia
Osa formare la tua agghiacciante simmetria»

Una voce bassa, armonica, precisa e spietata recita una poesia mentre, lentamente, il rumore del suo passo svelto diventa sempre più lontano.
Il mio cuore batte forte nel petto, ogni molecola del mio corpo mi urla di non emettere un fiato. Una leggera e quasi inudibile colluttazione e poi ancora rumore di passi, rapidi e diretti verso l’uscita, ma poi… Una sensazione terribile, come un pugno nello stomaco o una pugnala al cuore, e dalle mie labbra si solleva un pianto disperato che porta quell’uomo da me. Il suo sorriso è diabolico, il suo sguardo gelido e raccapricciante.

 

**Punto di vista: Daniel, cognato di Patrick**

Sento dei leggeri lamenti e istintivamente mi volto a guardare mia nipote: i suoi occhi sono chiusi e tiene come sempre una manina sotto il volto, ha il sonno agitato e non è raro che si svegli in lacrime. Povera piccola.
Torno a guardare l’uomo seduto davanti a me: occhi grigi, capelli biondi, postura rilassata e sguardo gelido.
«Allora Ruskin, ha riflettuto sulla mia proposta?»
Quel tono pacato è finto, lo so bene; deglutisco impercettibilmente e mi alzo dalla sedia, avvicinandomi alla finestra meccanicamente. Poso lo sguardo su quello che riesco a scorgere: gli alberi, le macchine che si muovono nel traffico e molte persone sotto ombrelli fin troppo grandi che si fanno largo nella confusione generale.
«Ci ho riflettuto, ma non sono arrivato a una conclusione… Sa, sono padre»
Rivolgo lo sguardo a mia nipote, che adesso dorme placidamente. Il russo scatta in piedi e in un secondo mi è davanti, mi sbatte al muro e mi tira su tenendomi per il collo. I suoi occhi sono ridotti a due fessure e le labbra contratte in una smorfia.
«Sono stanco delle tue cazzate! Sai che non sono un uomo paziente»
Non riesco a respirare, mi sento completamente in balia di questo criminale, ma i miei pensieri e le mie preoccupazioni più forti sono rivolte a Sarah.
«Amh»
Non riesco a emettere alcuna parola di senso compiuto, lentamente un alone nero mi cala sugli occhi e scivolo nell’incoscienza.
 

Mi sveglio dopo non so quanto tempo, la gola mi brucia e mi fa molto male la testa; la mia mano corre al punto dolente e si colora di rosso, anche il luogo dove sono svenuto è ricoperto di sangue. Sbuffo e mi alzo in piedi, massaggiandomi la gola prendendo uno straccio per tamponare la ferita alla testa.
«Eh Sarah, certi uomini non sono per niente uomini d’onore, ricordalo» esordisco, prendendo le chiavi della macchina e avvicinandomi al lettino. «Vieni q…»
Strabuzzo gli occhi e sento il cuore balzarmi in gola, lascio cadere per terra lo straccio e metto le mani piene di sangue nella culla, come se avessi bisogno di sentire con mano l’assenza della bambina. Mi metto le mani sul volto e poi tiro dei calci ovunque. Maledizione! Maledizione!

**Punto di vista: Patrick**

Un’altra giornata di lavoro giunge al termine, il criminale è stato consegnato alla giustizia e posso passare un po’ di tempo con Lisbon. A passo controllato arrivo all’ufficio di Teresa, apro la porta e la trovo immersa in un mucchio di scartoffie; la donna alza gli occhi in modo automatico e, quando i nostri sguardi si incontrano, a entrambi si disegna un enorme sorriso in viso. Terry ripone le carte che stava compilando, afferra la sua giacca e mi si avvicina senza mai smettere di rivolgermi un ampio sorriso. Chiudo la porta alle mie spalle e la prendo tra le mie braccia, baciandola con lentezza e trasporto. Gioco con i suoi capelli lunghi, mentre le nostre lingue tengono un saggio perfettamente orchestrato. Dopo un tempo indefinibile, ci stacchiamo un poco e Teresa tossicchia.
«Non hai rispettato i patti» Mormora, mentre facciamo intrecciare le nostre dita. «Niente contatti al lav…»
La zittisco con un altro bacio, più veloce e meno profondo del precedente.
«Abbiamo il week-end libero, per una volta, e ho intenzione di assaporarne ogni secondo»
Finisco di parlare per poi riprendere a baciarla, noto come rotea gli occhi per poi ricambiare il bacio e stringersi a me. Allungo una mano e chiudo le tendine del suo ufficio e la porta a chiave, per poi avvicinarci al divano del suo ufficio, ma vengo fermato dal suono del cellulare. Senza nemmeno guardare chi sia lo spengo e torno a baciare la mia donna, con sempre più desiderio. Il resto del mondo sparisce, ci siamo solo noi due: i nostri respiri, i nostri movimenti sincronizzati e l’amore profondo che ci lega; arriviamo al culmine del piacere nello stesso momento.

 

**angolo dell’autrice**
Al prossimo capitolo!

   
 
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