Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Mania    24/04/2014    4 recensioni
{ Loki/Sigyn + accenni Thor/Jane ● Long!Raccolta di one-shot ● What if? ● → Si prega di leggere sempre le note ← }
{ SEGUITO di «L’AMORE CHE NON SALVA, DANNA, CORRODE E RENDE FEDELI» ● NON è necessaria la sua conoscenza }
____ Per chi ha deciso di scegliere di ingannare l’universo intero per dissetare un’anima perennemente preda dell’insoddisfazione, la vita prospetta un conto da pagare prima o poi. E solitamente è di elevata quantità.
Per chi ha deciso di essere fedele a chi è tanto abile manipolatore, sa che la realtà è un puzzle da ricostruire, frammenti da ricomporre, e non è esente dalle sue macchinazioni.
| CAP. 1O • Vite parallele |
«È sempre stata preoccupante la sua fedeltà a Loki. Mi chiedo a volte quando la conosciamo davvero» sussurrò muovendo appena le labbra, indecisa se potesse davvero pronunciare a voce alta una simile constatazione. [...] Più si evolveva il rapporto tra Loki e Sigyn, più era chiaro fino a quale punto di follia fosse stata spinta la sua devozione nei confronti del dio – una fedeltà cieca, testarda, ferrea, e che forse non aveva alcun limite, nemmeno quello della nefandezza. Ed era ciò a preoccupare Lady Sif.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sigyn, Thor
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PROLOGO



C A P I T O L O O 2 ▬
“ È sempre stata inaspettata

{ Vivere.
Fosse stato più facile
dire che gli anni non contano
perché siamo demoni e angeli. }
Vivere – Cristiano De André



I polpastrelli definivano la forma del ciondolo con la lentezza straziante con cui soleva ripetere tale rito più volte al giorno. Avrebbe voluto poter asserire che la conta fin anche dei minuti da quell’infausto giorno, era dovuta alla sua mente particolarmente propensa a non dimenticare mai nulla e a tenere sotto controllo ogni mutamento potesse governare e modellare; la realtà era che per quanto avesse deciso di non far più parola e negato a chiunque di parlare di Lady Sigyn, la sua mente e la sua anima era totalmente inginocchiata dalla tale perdita.
Sapeva bene quanto i suoi comportamenti fossero stati limati talmente alla perfezione da non far risultare alcun cambiamento esteriore, né nella voce né tanto meno dai gesti. Aveva finto – e continuava a farlo – che nulla fosse mutato, per non concedere la soddisfazione a suo padre di scorgerlo ferito dall’essergli stata strappata la sua fedele compagna, ma anche per non lasciare trapelare il dolore di un’assenza che non aveva mai messo nel conto. Quando l’avrebbe riavuta – e non vi era da dubitare su un simile evento –, anche lei avrebbe dovuto pagare pegno per averlo costretto a subire una simile tortura, segregandolo nella solitudine che sapeva unicamente di mancanza.
Lo smeraldo che teneva tra le mani era la collana, unico gioiello posseduto da Lady Sigyn, che per molti secoli aveva abbellito il suo collo. Glielo avevano tolto prima dell’inflizione della perdita della memoria, su ordine della regina Frigga e in tale modo era venuto finalmente a conoscenza della storia dietro tale monile – cimelio di famiglia, ma non di quella di Sigyn come quest’ultima si era premurata di non sottolineare. Sua madre si era rifiutata di rivelargli le ragioni per le quali aveva elargito a Sigyn un simile dono, ma glielo aveva lasciato in custodia pregandolo di conservarlo fino a quando lei non fosse tornata – e se Frigga asseriva che si sarebbero rincontrati, nessuno poteva diffidare dal ritenere che il destino avesse già intessuto le trame per un simile accadimento[1].
Infilò nella tasca dei pantaloni il prezioso, alzando lo sguardo verso l’alba e ciò che quella giornata avrebbe portato con sé. Se tutto fosse andato secondo i piani, avrebbe avuto occasioni più che mai propizie per il raggiungimento di parte dei suoi scopi e una volta conquistato ciò che desiderava, anche premurarsi di Lady Sigyn sarebbe risultato meno difficoltoso di quanto non si fosse rivelato nel trascorrere di quei decenni.
Un ghigno mellifluo solcò le labbra sottili quando l’allarme della sala delle reliquie svegliò di soprassalto il palazzo, e con la teatralità di cui solo lui era in possesso, si precipitò fuori dalle proprie stanze nascondendo l’eccitazione che l’inizio delle sue macchinazioni portava con sé.
Ritrovò suo fratello già sul luogo dell’intrusione, intento a strillare ordini sconnessi fino a quando non giunsero anche i Tre Guerrieri dietro Lady Sif, come sempre pronta a lanciarsi ciecamente in qualsiasi scontro se era per volere di Thor – anche se era un volere arrogante, sconsiderato e stupido. Nonostante tra il gruppo fosse la più dotata di intelligenza, la sprecava bruciandola dietro a un amore che ormai non sarebbe mai stato corrisposto, in un’insensatezza pigra – non era la stessa forma di asservimento che aveva offerto Sigyn a Loki, perché mai lei aveva rinunciato alla propria volontà per rimettersi blandamente alla sua.
«Com’è possibile che nessuno li abbia scorti entrare nella sale delle reliquie di nostro padre?», la voce adirata di Thor rimbombava per le camere scure in cui erano costuditi tutti i monili e oggetti rari che fino a quel giorno aveva recuperato Odino. Brandiva con somma rabbia Mjöllnir nella propria mano, pronto a sventolarla in faccia al primo malcapitato che fosse stato a tiro – e Loki trattenne un sospiro di compassione nell’osservarlo tanto incapace di contenersi anche per un’inezia del genere, in fondo di furti ne erano capitati più d’uno e ogni volta finivano come se nemmeno fossero avvenuti. E anche se magari quello non era un caso come i precedenti, rifletté il dio degli inganni tra sé e sé, era comunque un atteggiamento inappropriato quello tenuto dal fratello per un principe che presto sarebbe stato incoronato re.
«Probabilmente si sono procurati incantesimi di protezione, o avevano qualcuno all’interno» osservò quasi con pigrizia Loki, stanco di dover essere lui a sottolineare l’ovvio a cui gli altri non giungevano nemmeno se li avesse pagati con sacchi d’oro – o belle donne, nel caso di Fandral.
«Se così è, bisogna scoprirlo. Non possiamo permetterci che nella Guardia Reale vi siano tali elementi» ringhiò Thor, più che mai scosso da quello che considerava un vero e proprio affronto personale, non potendo accettare che tra chi aveva giurato di servire la casa reale e Asgard si annidassero esseri tanto subdoli. «Mentre noi li inseguiamo, potresti occuparti tu, fratello, di indagare? Siamo già fin troppi per una banda di ladruncoli, non mi pare il caso di giocare con una squadra così eccessivamente in vantaggio.»
«Andate, qui me ne occupo io. E cercate di recuperare il bottino, se non è chiedere troppo», una caccia al fuggiasco che a Loki non interessava minimamente, soprattutto se condotta senza alcun criterio come avrebbe fatto Thor, quindi non ebbe alcunché da ridire e ringraziò silenziosamente i Numi per avergli risparmiato un viaggio futile come quello – e anche la scusa che avrebbe elargito in caso di invito.
E sotto lo sguardo impassibile del dio degli inganni, ebbe inizio un inseguimento che cominciò come normale e sfociò nell’inaspettato più completo. La piccola astronave, forma ovale e allungata nel quale potevano comodamente stare tutti e cinque, era un modello decisamente rapido, ma non sufficientemente da riuscire a bruciare via la distanza che avevano messo su i ladri. Sfrecciare tra i palazzi della città fu abbastanza semplice grazie alle capacità di comando di Lady Sif, che per quanto si mettesse a fare percorsi spericolati e tendesse a schivare all’ultimo gli ostacoli, era un’eccellente pilota.
Il vero problema arrivò solo in seguito, quando la piccola combriccola – da lontano potevano essere tre o quattro al massimo – si spostò nei campi sterminati della prateria fuori le mura di Asgard, immergendosi nella natura verso mete sconosciute a chi cercava di acciuffarli. Dovevano aver studiato il percorso di fuga molto più a fondo di quanto potesse sembrare a primo avviso, perché nonostante all’inizio del loro gioco a guardie e ladri potesse sembrare un’incidente di percorso, una divergente dall’iniziale progetto, la precisione delle loro manovre indicava l’esatto contrario.
Si erano allontanati sfrecciando su prati immacolati, campi coltivati e laghi dalle acque limpide a far da specchio al mondo circostante, bruciando via ore senza nemmeno accorgersene sotto l’agitazione frenetica di non smarrire la propria preda, tra battute tirate e imprecazioni quando dalla loro vista sfumava via il mezzo nemico. Molte miglia li distanziavano d Asgard, tanto che quando trovarono la navicella usata dai ladri ai bordi di un bosco i cui alberi si innalzavano per metri, quasi a voler toccare il cielo da quanto avevano deciso di far crescere i loro tronchi scuri, ci misero un po’ a riprendere le fila dell’orientamento e comprendere di essere ai confini dello stregato Myrkviðr[2].
«Non proprio il miglior posto nel quale cercare rifugio e nel quale continuare un inseguimento», commentò Lady Sif avanzando per prima all’interno delle ombre create dalle foglie fitte – di un verde talmente annerito da poter essere scambiato per catrame nel loro riluccicare appena sotto i pochi raggi di sole che filtravano. L’umidità era soffocante per chi vi metteva piede per la prima volta, dopo aver potuto respirare la cristallina aria esterna, ora avvertita appesantita sotto le fronte abbondanti accompagnata da una lieve brezza gelida – da lontano, era svicolata tra i tronchi per provocare lievi brividi agli avventurieri.
Solo quando si addentrarono maggiormente negli antri di Myrkviðr compresero quale fosse l’origine di quegli spiragli di freddi refoli, ma giunti a un tale momento fu troppo tardi per poter prendere provvedimenti, perché già si trovavano nel mezzo del cuore opprimente del bosco oscuro, tartassato da una tempesta di neve e ghiaccio perpetuo. I fendenti del vento erano talmente affilati da dare l’impressione di riuscire a dilaniare la carne con maggior semplicità di qualsiasi lama in loro possesso, e nell’indeterminatezza del bianco accecante, ritrovarono le figure dei ladri solo quando compresero che li avevano attirati fino a quel punto per avere un vantaggio che a loro era negato.
Quando cominciarono ad attaccarli con l’uso di dardi a lungo raggio, avendoli accerchiati in precedenza e spostandosi con la sicurezza di chi aveva avuto il tempo di studiare il terreno con minuziosa preparazione, Thor insieme ai suoi compagni si ritrovarono nel bel mezzo di un punto di fuoco tutt’altro che semplice da gestire.
«Ho l’impressione che siamo finiti in una trappola, Thor» osservò con ovvietà lamentosa Hogun, parando un colpo a sé rivolto con l’uso della propria mazza. Non vi erano sporgenze dietro le quali trovare un pur minimo rifugio, solo tronchi che per quanto robusti, non avrebbero potuto reggere molto sotto il peso di attacchi talmente precisi, sparati in rapida successione.
«Non credevo che questa foresta fosse così dannatamente pericolosa», Volstagg avrebbe di gran lunga privilegiato andare a prendere i nemici uno alla volta, ma la pioggia di vento glaciale era a loro sfavore e muoversi era un azzardo incalcolabile perché la neve rendeva ogni passo lento - pesante. Le sferzate giungevano con forza, abbattendosi su di loro, offuscando lo sguardo dei cinque eroi di Asgard, bloccandoli sui loro stessi piedi, in attesa di un’occasione propizia non ancora giunta.
«Questa tempesta di ghiaccio… Chissà da dove viene?! Non dovrebbe esistere, è impossibile!»
«Myrkviðr merita tutte le sue leggende.»
«Discuteremo di questo interessantissimo argomento una volta usciti vivi da qui», Thor zittì le chiacchiere di Lady Sif e Fandral riguardo ai misteri del bosco, decisamente poco adatti alla situazione nella quale si trovavano.
«Se ci riusciremo.»
«Oh, non mi sembra il caso di essere tanto pessimisti, mio caro Hogun, ce la siamo cavata in situazioni peggiori.»
Prima che Hogun potesse ribattere qualsiasi cosa riguardo a come in realtà non rimembrava nessuna circostanza con lo stesso livello di elementi a loro sfavore, il solo urlo della tempesta tornò a regnare senza che fosse interrotto dalla brutalità dei colpi rozzi delle armi nemiche. Si sporsero con i volti oltre i confini degli alberi usati come scudi di fortuna precaria per poter scoprire a cosa fosse dovuto tale inattesa ritirata, ma si ritrovarono a osservare una nuova figura dalle fattezze esili celate sotto vesti femminili e il capo bendato dietro una sciarpa per proteggersi dal vento terribile, a combattere con la spada contro due dei ladri. Si destreggiava nell’uso della scherma in maniera abile, abbastanza da superare le avversità climatiche e lo svantaggio numerico, tanto che dopo qualche minuto in cui le sue qualità di combattente furono chiaramente rinfacciate ai due criminali, essi decisero di ritirarsi – probabilmente per raggiungere i compagni che già avevano intrapreso una via lontana, portandosi con sé la refurtiva sottratta ad Odino.
Una volta rimasta da sola, scivolò con le gambe lievemente piegate per rimanere in equilibrio lungo il crinale sul cui fondo si ritrovavano i Tre Guerrieri, Lady Sif e Thor. La tempesta li aveva colti alla sprovvista in una posizione infelice, sarebbe stato arduo per loro riuscire a venirne fuori, ma indubbiamente con un po’ d’astuzia e l’irruenza di cui erano ricolmi se la sarebbero cavata. Solo il dio del tuono pareva aver riportato una lieve ferita al braccio, probabilmente mentre rimaneva indietro per permettere ai suoi compagni di cercare riparo dietro ai trochi, per attendere il momento propizio di un contrattacco che non era stato necessario.
«Cercate di seguirmi velocemente» la voce della donna era perentoria, come il gesto con il quale indicò la direzione da intraprendere nel più breve lasso di tempo possibile. Non era una decisione saggia quella di rimanere sotto le sferzate di un vento tanto imperiosamente rigido, né sotto la bufera di neve che da quando se ne aveva memoria martoriava il cuore di Myrkviðr – si narrava che fosse un incantesimo lanciato da un’incantatrice il cui cuore era stato spezzato; o che fosse colpa dei Giganti del Ghiaccio la cui furia giungeva sino a lì, condensandosi in un solo punto; o ancora che fosse responsabilità di uno stregone la cui amata era morta in una tempesta e l’aveva ricreata per raggiungerla. «Non dovreste inoltrarvi in questo bosco con tanta leggerezza, non conoscete la fama di Myrkviðr?»
«Sì, ma stavamo inseguendo dei ladri» chiarì la voce ferma di Thor, provando a sovrastare gli schiocchi creati dal vento che lacerava l’aria. I passi affondavano nel ghiaccio, e la fatica per avanzare era più di quanta ne avessero fatta precedentemente – o forse la stanchezza accumulata nel contrastare un simile clima si faceva sentire anche su di loro.
Gli occhi scuri della donna tornarono a incrociare quelli del dio del tuono, ma non gli concesse ulteriore riposta per tutti i minuti di eternità che servirono a raggiungere la fine di quel perpetuo inverno tempestoso. Avrebbero potuto essere intere ore per quanto apparve pesante compiere quei metri, ma in realtà ci impiegarono molto meno della percezione che ne ebbero e sotto la guida sicura della misteriosa donna, si ritrovarono nuovamente nella parte del bosco tranquilla mentre i loro occhi potevano osservare i reflussi del maltempo continuare a sferzare gli alberi a pochi passi da loro.
«È un piacere fare la vostra conoscenza, vi siamo debitori per averci salvato la vita» asserì Thor dopo aver dato uno sguardo alla ferita sul braccio, costatando che non era niente di particolarmente allarmante. La giovane donna teneva il velo di lana ancora ammantato attorno alla propria testa per ripararsi dal gelo che aveva affrontato per venirli a soccorrere, e si stava piegando a raccogliere un cesto di vimini nei quali erano sistemati con ordine funghi ed erbe probabilmente raccolti in altri meandri di Myrkviðr. «Come vi chiamate?»
«Sono certa che il principe Thor, dio del tuono, e i suoi fedeli compagni se la sarebbero cavata ugualmente anche senza il mio modesto contributo. Il mio nome è Sefa, possiedo le terre a qualche chilometro di distanza da qui», non era difficile sapere chi fosse il possessore di Mjöllnir, più complesso era capire perché si trovasse in quel luogo e con tanta sprovvedutezza nell’insinuarsi nel cuore di un bosco maledetto, anche se era per inseguire dei ladri – ma si trattenne dal fare qualsiasi specificazione, perché in fondo non erano affari suoi e li aveva aiutati unicamente per assenza di meglio d’altro da compiere. Si levò lo scialle arrotolato attorno al proprio visto con un sospiro liberatorio, lasciando finalmente scorrere nuovamente i lunghi capelli di un biondo scolorito lungo la schiena, sistemandoseli in modo da mettere a tacere le ciocche ribelli.
Non diede troppo peso al silenzio mentre rifoderava la spada, appendendola nuovamente al proprio fianco; fu solo quando sollevò nuovamente lo sguardo verso i cinque che si rese conto delle loro espressioni sconcertate. La osservavano con le iridi incredule, fronti aggrottate tanto da sembrare quelle di vecchi e labbra semichiuse in parole sfiorite già nella mente, prima ancora di essere pensate. Le sembrò talmente assurda come reazione, che si voltò per assicurarsi che nulla vi fosse alle proprie spalle e dopo aver considerato che effettivamente poteva essere solo lei l’oggetto di tanto turbamento, provò a chiederne conto. «Ho qualcosa sulla faccia?!»
«No», era più un balbettio quello di Thor che una vera e propria risposta. Non era certo di stare davanti davvero a Lady Sigyn fino a quando non fu in grado di spostare la propria attenzione su Lady Sif e scorgere anche in lei la medesima sorpresa fulminante, un tale quantitativo di imprevedibilità da aver annichilito qualsiasi loro capacità di reazione davanti all’apparizione della loro amica perduta. Loki l’aveva cercata tanto a lungo, ancora continuava a perdurare nei suoi tentativi di scovarla in qualsiasi antro del mondo l’avesse nascosta loro padre – nonostante li avesse perpetrati segretamente, nell’illusione che alcuno si fosse mai accorto di quanto in realtà fosse stato segnato dal vuoto che aveva lasciato la scomparsa di Sigyn, e così Thor lo aveva assecondato per rispetto a sentimenti di cui non desiderava rendere conto. E ora gli era capitata davanti con così tanta mancanza di preavviso da farlo irrigidire sul posto.
Sapeva perfettamente che stava dando un’impressione sbagliata, che gettava su di lei troppi interrogativi ed era talmente lampante che non possedesse il benché minimo ricordo di chi loro fossero da far apparire del tutto insensata l’intera vicenda, ma gli era del tutto impossibile reagire in differente modo. «È solo che lascia intontiti la tempesta che scuote il cuore del bosco», infine trovò la forza per riprendersi dalla situazione di stallo nel quale la sua mente era crollata nell’avere davanti il volto di Lady Sigyn, con le sopracciglia inarcate e le labbra arricciate in un’espressione di perplessità diffidente come la ricordava nei momenti in cui qualcosa non la convinceva. Era indubbiamente lei, con le mani segnate dai calli degli allenamenti, i capelli incredibilmente chiari, le labbra carnose e le iridi di un nero da confondersi con la pupilla.
Finse di credere a quella scusa, Thor e gli altri lo sapevano bene, e li invitò a casa sua unicamente per rispetto a chi si trovava di fronte, ma tutti avevano il sospetto che avrebbe preferito di gran lunga liberarsi di quegli stranieri che tanto singolarmente erano incapaci di non fissarla con un’insistenza allarmante. Fece loro strada tra i tronchi del bosco, su sentieri non segnati di cui conosceva l’esistenza, fino a giungere nuovamente alla luce calda dell’estate che abbracciava le pianure di cui Lady Sefa era proprietaria. Dal punto in cui erano fuoriusciti erano vicini alla navicella su cui erano giunti i ladri, ed era anche visibile la villa in cui risiedeva la loro salvatrice, giusto a qualche chilometro di distanza – metri ricoperti rapidamente grazie all’uso del velivolo.
«Hilda, sono tornata» annunciò morbidamente la voce di Lady Sefa mentre rientrava in casa dopo aver salutato gli altri dipendenti al suo servizio, intenti ad occuparsi del buon funzionamento delle macchine della fucina e dei campi. La donna chiamata dalla padrona doveva avere presumibilmente un’età simile a quella di Lady Sefa, o quanto meno prossima, e si affacciò all’ampia arcata che dava sul salotto con l’espressione incuriosita nei confronti della schiera di persone al seguito della sua signora. «Abbiamo ospiti importanti, cortesemente potresti portarmi il contenitore medico? Molto gentile, mia cara.»
Li condusse nell’ampia cucina arredata in uno stile antico, nonostante la modernità delle sue funzionalità, rendendo così accogliente l’ambiente. Bicchieri e tazze erano posate su vari ripiani in un disordine unicamente apparente, e qualsiasi cosa si trovasse esposto aveva una collocazione studiata per arricchire la vita di una casa altrimenti spoglia. La lunghezza del tavolo poteva accogliere una quindicina di persone, lavorato da un lego pregiato, possedeva gambe i cui intagli dovevano essere stati ottenuti da un falegname dall’abilità notevole per quanto precise e arzigogolati erano.
«Così siete la signora di queste terre, eh? E ve ne prendete cura con le vostre mani?», la domanda del principe maggiore di Asgard suscitò un sollevamento delle sopracciglia sottili della sua interlocutrice, una sottile forma di risposta basita a un quesito di tale ovvietà da risultare superflua. Mentre sistemava le bende, insieme ai medicinali prodotti dalle erbe che avrebbero rapidamente curato le ferite, poggiandole ordinatamente sul ripiano di legno scuro del tavolo, li osservava con crescente sconcerto misto a una curiosità dubbiosa.
Lady Sefa non comprendeva l’atteggiamento solo apparentemente normale con il quale la stavano trattando. La scrutavano con un’attenzione che avrebbe voluto essere discreta, ma si insinuava nelle pieghe di ogni suo più minimo gesto, sviscerandolo alla ricerca di qualcosa di imprecisato. Erano in perpetua attesa, stavano sulle punte dei piedi e trattenevano il respiro irrazionalmente, spaventati quanto allarmanti da qualcosa di cui lei non riusciva ad afferrare il senso.
«Solitamente è così che si fa quando si tiene a qualcosa, ci si sporca le mani» replicò la donna, appoggiando davanti al dio del tuono il necessario per curare i profondi graffi sul suo braccio. La sua risposta suscitò un risolino da parte di Thor e uno scambio di occhiate di intesa tra i Tre Guerrieri e Lady Sif, cosa che ulteriormente andrò a incrementare il sospetto crescente che qualcosa uscisse dalla sua comprensione. Ma non domandò alcunché, preferendo che fossero le mutazioni degli avvenimenti a portarle i frammenti del quadro che le mancava, perché aveva imparato che si ottenevano molte più informazioni quando si fingeva di non desiderarle.
«E non le avete mai lasciate?» continuò a chiedere Thor, spalmandosi un unguento curativo sugli sfregi, ottenuto da erbe mediche dai poteri rigenerativi impressionanti. Ci avrebbe messo poco a far rimarginare i lembi della pelle lacerata, e sulla guarigione accelerata dei tessuti si persero le iridi scure della padrona di casa, per distrarsi e fingere di non avvertire la pressione sotto cui era schiacciata dai presenti.
Cominciava a rimpiangere di averli aiutati, nonostante perdurasse a mostrare un sorriso gentile – la sua maschera più usata e mai logora –, sotto il quale segregava il desiderio di buttarli fuori dai propri possedimenti il più in fretta possibile. Si sedette davanti a Thor, accavallando le gambe e appoggiando le mani sul tavolo ricalcando con i polpastrelli le venature per occupare il tempo, poco impegnato dalla semplicità di sostenere lo sguardo del principe – erano chiazze cristalline di laghi dalle acque quiete, talmente pure da lasciare il fondo completamente scoperto a chi vi si rifletteva.
«Da quando le posseggo, no.»
«E da quanto tempo è?» domandò questa volta Lady Sif, inserendosi nell’interrogatorio – o quello che almeno appariva tale alla giovane dama -, allungando il braccio verso la brocca di vino che Lady Sefa aveva messo a loro disposizione per riprendersi dal gelo nel quale si erano perduti. Sentiva ancora la pelle d’oca, come se la tempesta invernale nella quale si erano smarriti fosse rimasta incollata a lei, incapace di sciogliersi nonostante il calore che si respirava al di fuori del cuore maledetto della foresta.
«Sono sotto inquisizione?» scherzò sarcasticamente Lady Sefa.
«Assolutamente no. Sia mai, mia signora, siamo solo curiosi per la vita che conduce la meravigliosa donna che ci ha soccorso. Avete mai visitato Asgard?» si intromise Fandral, sciorinando la migliore dei suoi sguardi ammiccanti e rivolgendole un sorriso il cui splendore avrebbe conquistato innumerevoli donne – ma che lasciò impassibile Lady Sefa, semplicemente blandamente divertita dai modi da grande conquistatore dell’uomo. Indubbiamente era pieno di un fascino sfacciato, carico di sicurezza e di un tepore ammantato sotto la certezza delle proprie doti, e per quanto potesse millantare con estrema bravura, Sefa era abbastanza incline a dargli il beneficio del dubbio, ma qualsiasi ampiezza avessero potuto avere le sue doti d’amatore, ne aveva osservati intere schiere di uomini rivestiti di quel medesimo potere seduttivo del quale si sfregiava ostentatamente.
«Non ne ho mai avuto il piacere», trattenne a stento una risata nell’osservare la gomitata poco celata che Volstagg assetò alle costole dell’amico.
Per quanto i loro atteggiamenti sottintendessero qualcosa di cui ancora non afferrava il contenuto, nascosto tanto malamente da rendere la situazione comica allo sguardo attento della donna, continuò a fingere di non accorgersi della sottile patina di stranezza che li avvolgeva. Lo sguardo che Thor le aveva rivolto dopo essersi levata la sciarpa dal volto era di quel particolare tipo di stupore che Lady Sefa immaginava si potesse rivolgere unicamente a fantasmi sfuggiti al regno di Hel, misto a una contentezza di cui era incapace a imbrigliare i risvolti. Continuava a depositare su di lei i suoi occhi nitidi con l’entusiasmo felice di chi pregusta qualcosa di magnifico, e non vi era nessun reflusso malevolo nei suoi modi, cosa che le rendeva arduo comprendere quale mai potesse essere la ragione di tanta allegria nell’averla incontrata.
«Vorrei ricambiare il favore che mi avete fatto, salvando me e i miei fedeli compagni, invitandovi a palazzo in vista della mia incoronazione tra poco più di un mese» riprese a parlare Thor, riponendo il contenitore con l’unguento nella scatola dal quale l’aveva estratto.
«Sono lusingatissima, ma rifiuto l’offerta dato che devo, per l’appunto, occuparmi dei miei possedimenti», ma già pronunciando quel rifiuto aveva avuto la netta impressione che a niente sarebbero valse le proprie parole e alla corte di Odino ci sarebbe stata condotta comunque. Non avrebbe potuto quantificare quante volte venne rettificata la medesima proposta da ciascuno dei presenti, quanti assicurazioni Thor le diete riguardo a come le sue terre sarebbero state supervisionate in modo che nulla e nessuno potesse minacciarle, quante promesse di divertimenti le vennero sottoposte. Rifiutò tutto quanto, in continuazione, ma non ebbe in ogni caso la meglio sull’insistenza e davanti alla costatazione folgorante che si trattava del principe – nonché futuro Re –, si ritrovò costretta a ingoiare l’indisposizione per un tale abuso di potere, piegandosi all’evidenza di dover accontentare i desideri dei suoi fastidiosi quanto regali ospiti di ripagarla.
«Non faccia così, mia signora, potrebbe beneficiarne molto» cercò di consolarla Hilda, mentre l’aiutava a preparare un comodo bagaglio da portare con sé durante il viaggio. Dall’armadio estrasse i migliori abiti che possedeva, scrutando la propria padrona con sguardo delicato, cercando di alleviare il malumore che la scuoteva in quel determinato momento. Gli occhi scuri di Lady Sefa erano rivolti oltre gli infissi della finestra, perduti in ragionamenti che non erano captabili dall’esterno – enigmatica ed ermetica come lo era sempre stata, perdurava anche in quella circostanza a trattenere dentro sé l’inquietudine che la scuoteva. Hilda avrebbe voluto affidarle parole di maggior conforto, ma sapeva bene quanto la propria signora non potesse essere scossa semplicemente e si intestardisse ostinatamente nelle proprie convinzioni. Eppure, provò comunque a renderle meno gravosa tale scelta imposta. «Magari le concederanno molti benefici e le vostre terre non potranno che accrescersi nella loro ricchezza.»
«Mia buona Hilda, non ho bisogno di alcun aiuto né per accrescere i miei possedimenti né per difenderli. Tuttavia, potrebbe comunque tornarmi utile farmi conoscenze tanto altolocate, per quanto fastidioso sia dovermi abbassare all’altrui desiderio» rispose Lady Sefa piegando i propri vestiti con rapida destrezza, mentre passava in rassegna i lati positivi di un invito talmente tanto sentito, cercando di evidenziare mentalmente che qualche vantaggio lo avrebbe tratto. Non aveva particolari problemi economici, la rendita era alta e il suo grado di prosperità le aveva reso una certa influenza nella zona – tutt’altro che scarsa, ma Lady Sefa era conosciuta per la sua mansuetudine, non amava ostentare il proprio potere e quasi lo usava controvoglia, o almeno tale era l’impressione.
Aveva ereditato le terre dalla donna che decenni prima l’aveva trovata riversa sulla riva del fiume presso il villaggio a cui vendeva i propri prodotti. L’aveva fatta curare, nutrire, vestire e messo a disposizione qualsiasi cosa che potesse esserle d’aiuto in quel primo momento che ricordava da sempre – quelle prime ore, giorni, in cui il vuoto lacerante della completa assenza del più flebile ricordo le era parso un peso opprimente. L’aveva seguita per ripagarla della gentilezza e perché qualcuno l’aveva convinta a desistere dall’impulso scellerato di andare alla ricerca di ciottoli di se stessa sparsi per i Nove Regni. Dunque non avrebbe mai permesso che tali possedimenti potessero in qualche modo deturparsi, tenendo lontana la rovina alla quale avrebbe condotto piuttosto i confinanti, privandoli di qualsiasi cosa potesse impedire il deperimento delle proprie proprietà.
Era donna sensata, ritenuta quieta e gentile, ma Lady Sefa per quanto odiasse far sfoggio di brutalità non aveva così tanti scrupoli quanti se ne raccontasse in giro, semplicemente era abile nel lasciare nell’ombra le cattive azioni delle quali si macchiava. Era un’abilità naturale che accudiva come se fosse l’unica parte essenziale del proprio essere che non desiderava perdere, perché le bugie e le macchinazioni le davano il conforto e la sicurezza irrazionale di affondare in quel passato del quale non riusciva a liberare dalle nebbie fitte in cui era avvolto.
Infine, c’era la curiosità. Negare di essere attirata da quell’insolito comportamento che avevano tenuto nei suoi riguardi era pura follia, e se quel viaggio poteva garantirle di scoprirne la ragione, ne avrebbe approfittato – perché, senza razionalità alcuna, era certa vi fosse qualcosa di essenziale e che l’invito stesso fosse in qualche modo collegato a ciò.
La comoda astronave[3] su cui erano giunti fino ai confini del bosco di Myrkviðr era già stata preparata e sistemata per intraprendere il viaggio di ritorno quando Lady Sefa uscì dal porticato della sua villa, salutando con un cenno del capo la sua fidata Hilda e il resto dei braccianti assunti che vivevano con lei. L’aria era intrisa di un calore soffuso ampliato dalla lucentezza dei raggi del sole che si estendevano per le praterie attorno alla meravigliosa dimora, rifinita con antichi basamenti di secoli prima restaurati in modo da renderli imperituri, regalando un paesaggio bagnato dell’estate dolce.
La mano di Frandal si protese verso di lei per tenderle un aiuto, ma con un sogghigno morbidamente macchiato di sfida, Lady Sefa sollevò i risvolti della propria gonna quel tanto che le occorreva per poter scavalcare il lato dell’astronave, senza alcuna difficoltà e senza neppure badare ai gradini disponibili. Aveva affrontato pericoli e avventure di tutti i tipi negli anni, sempre dimostrando di poter badare a sé e le cicatrici di cui non ricordava le origini le suggerivano che molti più pericoli aveva sconfitto in quel pezzo di vita di cui non ricordava i risvolti. Certamente non necessitava del supporto di un uomo per poter salire su di una navicella, né tanto meno avrebbe finto il contrario per rendere più saturo di sfacciata arroganza da donnaiolo il guerriero.
Prese posto tra Thor e Lady Sif, acconsentendo all’invito del primo. «Sapete, ho un fratello minore», riprese la conversazione da dove l’aveva interrotta, questa volta liberandola dal peso dei quesiti. Il dio del tuono continuava a provare una fibrillazione di eccitazione nell’aver trovato la sua vecchia amica e amata di Loki, dunque non desiderava altro che riportarla al palazzo per potergliela presentare, sicuro di alleviare quel tormento al quale nemmeno una volta aveva voluto dar voce o mostrare. Ma Thor era certo vi fosse, con la sicurezza testarda di chi conosce i segreti senza che nessuno glieli avesse svelati, e avvalorata dall’aver scorto più di una volta la collana che un tempo aveva indossato ogni giorno Lady Sigyn, rigirata tra le lunghe dita del dio degli inganni.
Non aveva il minimo indizio su come riportarle indietro i ricordi che li legavano, ma era altrettanto fermamente convinto che Loki avrebbe trovato il modo – per lei, lo avrebbe sicuramente fatto, perché solo Lady Sigyn era riuscita a indurlo a provare sentimenti scevri dalla più piccola traccia di risvolti negativi. E proprio la decisione immutabile di Loki di non voler più parlare di lei o udirne il nome, aveva convinto Thor che la voragine lasciata dalla donna dentro di lui era più ampia di quanto potesse solo immaginare. Per tali ragioni era impaziente di far ritorno a palazzo e altrettanto di provare a scoprire se in qualche modo Lady Sefa conservasse resti della sua vita andata perduta.
«Abito anch’io su Goðheimr[4], principe Thor, sapete?» replicò sarcastica, sollevando appena un sopracciglio in un arco ben definito di ironia.
«Loki, mio fratello, sono certo che sarà molto felice di conoscervi. Sapete, molti pensano che non sia molto propenso per essere socievole, in realtà ha solo gusti molto difficili, ma credo che voi rientrate nei suoi.»
«E quali sono i gusti di vostro fratello?», Lady Sefa non sapeva se prendere le parole di Thor come un complimento o altro, ma decise di non comportarsi da risentita senza fondate ragioni. In fondo, pareva che l’uomo cercasse unicamente di metterla a suo agio nonostante l’inadeguatezza dei suoi sforzi, era gentile per quanto i suoi modi fossero grezzi e poco affinati nei loro risvolti – un’eleganza da coltivare.
Alla sua domanda, Lady Sif si ritrovò a ridacchiare sommessamente. Non riuscì a captare, invece, i commenti di Volstagg al riguardo, ma gli scoppi di ilarità da parte di Fandral e la comparsa di un divertito sorriso sul volto fino a quel momento serio di Hogun, le suggerivano che doveva essere una battuta che probabilmente il soggetto in questione non avrebbe apprezzato in egual misura.
«Sono piuttosto complessi, possiamo dire così, ma di sicuro vi rientra l’impertinenza» rispose Thor, alludendo ai comportamenti tinti delle stesse sfumature di Sefa. Quest’ultima non replicò ulteriormente, preferendo poggiare un braccio sul bordo della navicella intenta a solcare l’aria a moderata velocità, gustandosi lo spettacolo dello scorrere delle terre sotto i suoi occhi.
Improvvisamente avvertiva un nodo di malinconia appesantirle il petto, una quantità tale che mai ne aveva avvertita fino ad allora, e si chiese fino a quale punto potesse trarre origine dall’abbandonare quei luoghi che per tanti decenni erano stati la sua unica e conoscibile casa. Avvertiva l’incombenza di qualcosa di indefinito, una sensazione strana della quale non riusciva a scacciare la persistenza nemmeno sotto il peso della costatazione della sua irrazionalità. Si annidavano ombre tumultuose all’orizzonte, nonostante il cielo fosse ancora saturo di un azzurro lacerante, ma ne avvertiva i fermenti batterle nel petto per avvisarla della loro incombenza.
Presto, le tempeste avrebbero lasciato il cuore di Myrkviðr e si chiedeva lei dove sarebbe stata per quel tempo, ma le risposte rimanevano incastrate nell’inconoscibile in cui avrebbe voluto affondare le mani, abbeverandosi nella Fonte di Urðr[5] per scoprire quale destino le era riservato. Forse, si disse, ad Asgard lo avrebbe potuto scoprire, e allora la malinconia sarebbe stata per la perdita della tranquillità serena nel quale era vissuta fino ad ora – o forse altro ancora di cui non riusciva a immaginare la sostanza.




M A N I A’ s W O R D S
Ed ecco qui il secondo capitolo/one-shot.
I salti temporali mi piacciono, sìsì. Come dicevo la scorsa volta, amo le raccolte perché mi permettono di prendermi tanta libertà e di evitare di narrare pedissequamente ogni più piccolo fatto, che posso semplicemente raccontarvi sinteticamente invece di mettermi qui a delinearlo per filo e per segno – altrimenti la long non finisce più e io mi rompo prima.
Comunque, venendo al capitolo in sé – che è di nuovo lunghissimo, ahimè -, Sigyn è stata scovata ma non ritrovata dato che le sue memorie non ci sono ancora e no, il bacio del Vero Amore lo lasciamo alle fiabe – specifico dato che l’idea era partita da «Once Upon a Time» -, servirà chissà che cosa – forse niente in particolare o forse bho, spoiler!. In ogni caso, nessun dettaglio è lasciato durante la narrazione per caso e tutto – spero – avrà un suo senso che un giorno scoprirete.
La collana che ha Loki è quella che nel capitolo O9 – secondo la mia numerazione dei capitoli – nella precedente raccolta, Frigga regala a Sigyn – l’ho già detto nello scorso capitolo, io ribadisco per tenere a mente tutto quanto. Sì, non è che gliel’ha regalata a caso, già si capiva in quel dialogo tra le due, quindi posso chiarirlo definitivamente come particolare.
I ladri, ciò che hanno rubato e Myrkviðr sono tutti elementi che verranno spiegati in seguito, non sono solo un’espediente per far trovare a Thor la dea della fedeltà – essì, ho voluto che fosse proprio lui a riportarla al fratello perché desideravo sottolineare l’affetto che il primo prova per il secondo, ma anche l’amicizia che lo lega a Sigyn stessa, e anche altro che scoprirete sempre forse un giorno. L’ho solo accennato, ma c’è un motivo per cui Sefa/Sigyn, appena risvegliatasi senza memorie, non ha provato a scoprire il perché di una tale amnesia – lo spiegherò, se vi dico tutto subito non c’è gusto.
Venendo alle note segnate nel corso del capitolo:
[1] • Mi riferisco al fatto che Frigga nella mitologia norrena abbia il dono della preveggenza.
[2] • Myrkviðr, è nella mitologia norrena il «bosco nero» e fa da confine invalicabile tra mondi/territori. Non ha proprio una buona fama, ma la particolarità della tempesta di ghiaccio al suo interno è frutto della mia fantasia.
[3] • Astronavi/Navicelle – che avrei dovuto inserire prima, ma mi ero scordata e l’ho messo nel primo punto che mi è capitato, perdonatemi –, sì, non gli ho dato dei cavalli per muoversi perché sono un popolo tecnologicamente decisamente più avanti della Terra, e come si nota in Thor 2 le guardie usano astronavi a forma di gondola per muoversi, quindi no, non ho intenzione di dare un’atmosfera medioevale se non esteriormente. Anche gli unguenti che Sefa/Sigyn da a Thor e gli altri sono medicinali decisamente più potenti, per questo la guarigione è accelerata.
[4] • Goðheimr, è il pianeta su cui si trova Asgard, che ne è la capitale, e per la sua importanza la città-capitale spesso la si usa per identificare l’intero pianeta, anche se non è propriamente corretto.
[5] • Fonte di Urðr, si dice che sia alle basi dell’albero cosmico – Yggdrasill – ed è la fonte che contiene il destino di ogni essere vivente nei Nove Regni (nella mitologia e anche nei fumetti se non erro, Odino ha perso l'occhio per poter bere dalle sue fonti e trarne la conoscenza).
Sì, lo so, sentite la mancanza di Loki in questo capitolo che è giusto apparso all’inizio, ma non è che può sempre dominare la scena in modo visibile, altrimenti ci si insospettisce troppo, giusto? Comunque, non temete, tornerà in modo preminente già dal prossimo.
Inoltre ci tengo a precisare che sono andata proprio a fare una ricerca sui nomi vichinghi femminili per trovare quello più consono a Sigyn, e infatti Sefa ha come significato «calma, padrone di sé stesso, rilassato, gentile e tranquillo» - che come descrizione esteriore della dea della fedeltà mi sembra calzante.
Bene, detto ciò ringrazio super-infinitamente - come al solito del resto, sweetes - coloro che si sono soffermati a commentare il capitolo precedente, mi auguro che questo vi abbia soddisfatto. Inoltre, e ovviamente, ringrazio moltissimo anche chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate - e siete tanti per un primo capitolo, quindi tantissimo amore anche a voi, vi spedisco del cioccolato ♥ Come sempre vi invito a lasciare una piccolissima recensione per farmi contenta - così almeno avrò una piccola gioia in un periodo tremendo - e a presto,

Mania ▬



  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Mania