Giochi di Ruolo > Dolce Flirt
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Autore: Iaiasdream    24/04/2014    3 recensioni
IN REVISIONE
I sogni, chi può vivere senza? Non riesco proprio ad immaginarmelo. Possono essere: dolci, lugubri, nascondigli per i tuoi più profondi pensieri, ma fanno sempre parte di te, rappresentano l’io di una persona, e anche se non si vuole credere, loro sono inevitabili... rieccolo lì, il mio passato. Arciere che scocca la freccia nel mio punto debole: l’inconscio. Di sicuro è lui che lo manovra. Lui, con quegli occhi taglienti e beffardi, con quel sorriso strafottente, disegnati su un viso irresistibilmente affascinante, è ritornato repentinamente a invadere la mia vita, lui artefice della sofferenza che mi aveva imprigionato per un po’ di tempo. Perché stava ricomparendo senza alcun pudore? Perché ricordarlo in quegli atteggiamenti? Che cosa vuole da me dopo tutti questi anni, che non sono molti ma, ancora oggi mi sembrano un’eternità?
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A quel punto... mi sarei fermato '
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13.
ERA IL MIO PRIMO BACIO
 
<< Castiel… il gioco è bello quando dura poco… >> sussurrai con l’affanno << se stai scherzando, finiscila >>
Il rosso sembrava essere sordo. Appoggiandosi sul materasso con un braccio destro, usò l’altro per catturare la mia pelle. Lo sentii mentre mi sollevava il velo dell’indumento che indossavo. Strinsi gli occhi, portandomi le mani al petto.
<< Castiel, smettila… ho paura! >> esclamai con voce di pianto. Le lacrime iniziarono a scorrere copiose sul mio volto arrossato.
A un tratto si fermò, sentii il letto muoversi, aprii gli occhi e lo vidi mentre si recava al tavolino intento a prendere una sigaretta dall’apposito pacchetto. Mi misi a sedere, non capendo la situazione.
Lui mi rivolse lo sguardo, appoggiò la sigaretta fra le labbra, per poi sputarla scoppiando in una rumorosa risata. Le mie lacrime si bloccarono, e i miei occhi lo seguirono calamitati dai suoi movimenti.
<< Ah, ah, ah… avresti dovuto vederti! Ah, ah, ah! >>
Mi sentii il sangue ribollire in tutto il corpo arrivando fin sopra la testa. Iniziai a fumare di rabbia. Era proprio incorreggibile. Lo detestavo fino al midollo. Mi alzai dal letto, presi un cuscino e glielo scaraventai contro.
<< Ti odio! Sei un maledetto bastardo! Ti stai divertendo? >>
<< Guarda che io stavo solo giocando >> mormorò lui fra le risate.
<< E ti sembra il modo di giocare? Mi hai fatto pigliare un accidente! Ti detesto! >> esclamai recandomi alla porta.
<< Ehi? >>
<< Che altro vuoi?! >> chiesi bruscamente voltandomi verso di lui il quale mi lanciò una maglietta che si poggiò sulla mia faccia.
<< Metti questa… di sicuro avrai svegliato tutti. Non vorrai mica farti vedere in queste condizioni? >>.
Indossai la maglia imprecando, poi aprii violentemente la porta e uscii richiudendola allo stesso modo.
Il corridoio era acceso, e sentii delle voci in lontananza.
<< Ma chi è che disturba alle due di notte? >> sembrava la voce di Alexie.
Velocemente entrai nella mia camera per non incontrare nessuno. Questa volta accesi la luce, per essere sicura di non aver sbagliato un’altra volta. Quando ne ebbi la certezza, spensi e mi gettai sul letto sospirando rumorosamente.
<< Maledetto… non capisci un bel niente! >> sussurrai a denti stretti << Se volevi farti odiare, ci sei riuscito a meraviglia >>. Mi misi a un lato cercando di chiudere gli occhi, ma tutto quel scombussolarmi, mi fece perdere anche l’unica consolazione che avevo. Non riuscii a dormire e per la prima volta in vita mia, fui spettatrice dell’aurora.
Nonostante i continui tentativi, da parte di Rosalya, di farmi restare a colazione, decisi di ritornare a casa, prima che il pervertito potesse scendere. Non volevo vederlo. Era tutta colpa sua se non avevo chiuso occhio la notte passata e il sonno mi stava divorando la mente.
<< Fa’ come vuoi >> disse Rosalya imbronciando le labbra.
<< Ci vediamo a scuola >>. Salutai e me ne andai. Erano le sette, e l’aria era fresca. Il cielo era pittato di azzurro senza alcune sfumature che rappresentassero nuvole. Raggiunsi casa a passo lento. Arrivata, entrai chiamando zia Agata che mi rispose dal piano superiore avvertendomi che scendeva.
Andai in cucina, aprii il frigorifero e presi una lattina di coca cola. Quando Agata scese, mi lanciò uno sguardo contrariato << Non bere coca cola a quest’ora, e per giunta a stomaco vuoto, ti farà male la pancia >>
<< Non mi importa, ho bisogno di tutto l’acido possibile, per affrontare quest’altra giornata >>
<< Cos’altro è successo? >>
<< E me lo chiedi pure? >> chiesi alzando la voce e sbattendo la lattina sul mobile << perché devo sempre venire a sapere le cose per ultima? >>
<< Che intendi? >>
<< Tu sapevi che Armin abita a casa di Castiel? >>
<< Certo >>
<< E perché non me l’hai detto prima? >>
<< Be, perché avevo visto la tua contentezza nell’incontrarti con quel ragazzo, così non ho voluto rovinarti la serata >>
<< Bene, allora ti annuncio che è stata una disastrosa serata! E non solo quella >>
<< Ma si può sapere dov’è finita la Rea di qualche giorno fa? >>
<< Perché non glielo chiedi a quel pervertito del rosso? Da quando l’ho conosciuto, non mi riconosco più neanch’io >> dissi recandomi alle scale.
<< A me piace come ti sta cambiando >> rivelò lei sorseggiando una tazza di caffè.
Mi fermai rivolgendole lo sguardo e a denti stretti mormorai << Non provare più a ripeterlo >>.
 
 
A scuola, in compenso, non riuscii a seguire le lezioni, fu un miracolo se non mi addormentai. Aspettavo ansiosa l’ora di ricreazione, almeno, mi dissi, avrei potuto chiudere gli occhi per venti minuti. Ma poteva andarmi qualcosa nel verso giusto?
“Aspetta e spera cara mia”.
Quando suonò la campanella, la preside mi chiamò nel suo ufficio ordinandomi di ripulire la sua scrivania, occupata da blocchi di scartoffie per portarli a Nathaniel, in sala delegati. Uscii dal suo studio con una pila di fogli. Mi accorsi di barcollare e per fortuna, durante il mio cammino incontrai Kim, che da buon amica mi diede una mano.
<< Grazie, non ce l’avrei mai fatta da sola >>
<< Figurati. Ma è stata la preside a ordinartelo? >> chiese incuriosita. Annuii sospirando << ma non è tua zia? >> chiese ancora lei.
<< Non ricordarmelo, per favore. >> mormorai esausta.
Arrivate davanti l’aula delegati, la porta si aprì di scatto e Nathaniel mi venne contro facendomi mandare all’aria le scartoffie che non persero tempo a disperdersi sul pavimento.
<< Oh, scusami tanto Rea >> esclamò il biondo chinandosi e aiutandomi a raccogliere le carte.
<< Non ti preoccupare >> risposi io incrociando la mia mano con la sua nel tentativo di prendere un foglio. Lo vidi arrossire e gli sorrisi. Quando il pavimento fu ripulito, ci rialzammo e mi chiese se avessi bisogno di qualcosa.
<< Veramente, la preside mi ha detto di portarti questi fogli >> risposi.
<< Già Nathaniel >> intervenne Kim, porgendogli anche la sua fila << Scusatemi, ma prima che risuoni la campanella, devo occuparmi di una cosa. Ciao >>. Kim se ne andò. Rimasi da sola con Nathaniel aspettando che finisse di leggere uno dei fogli.
<< Ok, vieni con me, per favore. Oggi manca Melody e mi servirebbe una mano. >>
<< Va bene >> risposi accingendomi ad entrare e prima di farlo fui catturata dalla presenza di Castiel, che se ne stava appoggiato agli armadietti insieme a Lysandro. Mi stava guardando e io, facendo una smorfia, distolsi lo sguardo ed entrai nella sala delegati.
Quelle carte contenevano alcune opzioni sulle visite guidate e Nathaniel mi disse che quell’anno le classi avrebbero fatto una gita ecologica verso la fine di aprile. Indaffarata ad aiutarlo, nel tentativo di riordinare i documenti, la voglia di sonno si placò e la mia mente si riprese. La campanella era suonata da un pezzo, ma Nathaniel mi disse che non dovevo preoccuparmi, giacché era stato un ordine della preside.
Purtroppo non ne fui tanto convinta. Ci si poteva aspettare di tutto da quel gangster.
A lavoro terminato, lo salutai uscendo dalla sala per recarmi in classe. Con mia sorpresa, mi ritrovai di fronte la biondona con i tacchi a spillo che mi sbarrò la strada.
<< Che fai? Adesso te la intendi anche con mio fratello? >>
<< Dovresti smetterla di far uscire scempiaggini da quella bella bocca pittata! Io non me la sto intendendo con nessuno! E poi chi sarebbe tuo fratello? >>
<< Nathaniel, chi altri, se non lui? Dove hai gli occhi, non vedi che è bello come me? >>
Fu un duro colpo per me quella rivelazione. Come poteva un cherubino essere fratello di un’arpia? Decisi di ignorarla, per non avere impicci, così la scansai e mi diressi verso la mia classe.
Vidi i miei compagni uscire uno alla volta e incontrando Armin chiesi dove si stessero dirigendo.
<< Andiamo nel laboratorio di chimica, vieni con noi? >>
<< Certo >> risposi con un sorriso. Prima di seguirlo, mi recai all’armadietto per prendere l’occorrente adatto a quella materia, vi incontrai Castiel intento a prendere la sua cartella. Mi avvicinai ignorandolo e aprii lo sportello. Lo sentii fare rumori, cercai di guardare dalle fessure cosa stesse facendo, ma mi fu impossibile capirlo. Feci spallucce e ritornai alle mie faccende.
<< Cos’è? >> chiese ad un tratto << quando ti vedi in difficoltà, scappi? >>
Di sicuro ce l’aveva con me. Decisi di non rispondere. Ma fu più forte di me e la mia voce iniziò ad agire per conto proprio.
<< Di che diavolo stai parlando? Se ti riferisci a stamattina… ti avverto che… >>
<< Non si tratta solo di questo! >> m’interruppe lui, chiudendo con forza il suo armadietto posizionandosi alle mie spalle.
Mi girai mettendomi in allerta.
<< Siccome sei la nipote della preside, pensi di poter fare liberamente i tuoi comodi? >>
“Ma che cavolo sta dicendo, da dove se n’è uscito fuori?”
<< Che vuoi dire con questo? Che sono più agevolata? >>
<< Vedo con piacere che il sonno ti è passato stando in sala delegati >>
“Ok… adesso non riesco più a seguirlo… che diavolo sta dicendo? Questo discorso non ha senso”
<< Oh, basta Castiel! >> esclamai scansandolo e allontanandomi << sono già confusa di mio e non ho voglia di sforzare ciò che mi rimane del mio amato cervello, per decifrare le tue cazzate! >>.
Mentre camminavo, vidi che di fronte a me si stava avvicinando la barbie uscita male. “Ci manca anche questa!”.
<< Quante volte devo dirti che non devi parlare con il mio Castiel >> disse sbarrandomi un’altra volta la strada.
Sentivo che quella era la volta buona. Quella era la volta in cui Ambra avrebbe scoperto cosa significava il proverbio “Non stuzzicare il can che dorme”. E non solo lo avrebbe scoperto, ma glielo avrei fatto assaporare come antipasto.
Mentre, ansiosa, aspettavo il momento in cui la famosa goccia, cadendo nel vaso bello pieno, lo avrebbe fatto traboccare, mi sentii afferrare per un gomito.
<< Castiel, che fai? >> sentii dire da Ambra. Mi voltai e vidi il rosso, scuro in volto, mentre mi tirava a sé, dicendo << Vieni con me, non abbiamo ancora finito! >>
<< Che cosa? >> chiesi ma la mia voce fu sopraffatta dalle urla della biondona che diceva << Castiel, lasciala! Dove diamine la stai portando? >>
Castiel si fermò, e dovetti farlo anche io, lo vidi girarsi e lanciare un’occhiata fulminea a Ambra.
<< Non azzardarti a seguirci! >> disse quasi minaccioso.
Ambra si fermò di colpo. Guardavo quella scena allibita, cercando di capire che cosa stesse succedendo. Mi sentii di nuovo tirare dalla presa del pervertito che sembrava alquanto sicuro di sé. Ci trovammo al lato delle scale. Qui c’era una porticina di metallo, che venne brutalmente spalancata da Castiel.
<< Che stai facendo? >> chiesi iniziando a preoccuparmi << Dove mi porti? >>
<< Sta’ zitta, ed entra >>. Entrammo, lui accese la luce e subito davanti a me vidi un sacco di pacchi e pedane. Quel posto era molto umido e sembrava un ipogeo. Mi guardai intorno tanto incuriosita, quanto spaventata.
<< Perché mi hai portata qui? >> chiesi volgendomi a lui, seria.
<< Il nostro discorso non è ancora finito. Quindi non te ne andare! >>
<< Che cosa vuoi ancora? >> chiesi sbuffando.
<< Allora, ti sei divertita con quel coglione? >> chiese avvicinandosi lentamente.
Indietreggiai, cercando qualcosa che poteva dividerci, ma venni bloccata subito da una pila di pedane, mi appoggiai con le spalle ad esse non distogliendo gli occhi dal rosso.
<< C-che centra adesso Nathaniel? E poi fammi uscire, non ho intenzione di avere una discussione con te, almeno per oggi! >> esclamai incrociando le braccia al petto e volgendo lo sguardo da un’altra parte.
Trasalii non appena sentii lo spaventoso rumore che provocò Castiel, tirando un pugno contro le pedane dietro di me. Lo guardai, era molto vicino. Sentii di tremare, ma non era paura. Non seppi spiegare bene cos’era. L’unica cosa che albergava nella mia mente era un piccolo presentimento e cioè, che da un momento all’altro, quella situazione potesse tramutarsi in qualcosa di grosso.
<< Ma che ti prende? Ti si è storta quella piccola nocella che hai al posto del cervello? >> chiesi cercando di sdrammatizzare la situazione, che si rivelò solo una perdita di tempo, infatti, da lui non ricevetti le solite frecciatine, bensì uno sguardo incomprensibile da descrivere: sembrava arrabbiato, ma allo stesso tempo, desideroso di qualcosa.
<< Fai la difficile con me, ma vedo che con il coglione in cravatta, stai a tuo agio. Non sei altro che una gatta morta travestita da verginella >>.
 Rieccolo comparire quel sorriso beffardo. La maschera teatrale che si era costruito istanti fa, si disintegrò repentinamente sul suo stesso viso, facendo ritornare in scena il vero Castiel.   
Sapevo che andava a finire così. Quel pervertito convinto non faceva altro che beffarsi di me. E io lo avrei ripagato con la stessa moneta. Oltre anche al fatto che quelle parole mi offesero nell’anima.
Cieca di rabbia gli tirai uno schiaffo, facendogli piegare la testa a un lato. Il suo sorriso di colpo scomparve e i suoi occhi iniziarono a luccicare rendendo più profondo e penetrante il suo sguardo.
<< Non azzardarti più a dirmi una cosa del genere! Non stai parlando con quella stronza! Se volevi farti odiare, ti annuncio che ci sei riuscito a meraviglia! Ti detesto dal profondo del mio cuore! >> esclamai tremante di rabbia e cercando di indurire lo sguardo non appena lui mi rivolse il suo.
“Ah, è così? Le mie offese non ti scalfiscono? Ok Castiel, l’hai voluto tu!”
<< Volevi sentire la mia risposta? >> ripresi sfidandolo << Ok… certo che mi trovo a mio agio con Nathaniel! E sai perché? Perché lui è cento volte migliore di te! >>.
Se in quel preciso istante avessi potuto dare un’occhiata al futuro, sarei ritornata nel passato appositamente per stroncare quella frase nel momento in cui ero in procinto di tirarla fuori.
Vidi Castiel tramutare faccia, e questa volta, ciò che iniziai a provare fu timore.
Si fece ancora più vicino, allungò gli avambracci appoggiandoli bruscamente sulle pedane, intrappolandomi poi sussurrò a denti stretti << Apri bene le orecchie, Rea, perché non ho intenzione di ripetere ciò che sto per dirti. Tentare me è come giocare col fuoco, prima o poi ti bruci. Da quando ti ho vista e conosciuta non hai fatto altro che tentarmi. Quindi tieniti pronta, perché ho intenzione di prendermi tutte le tue prime volte. Ho iniziato con il segno sul collo e non ho intenzione di fermarmi. Farò in modo che il tuo cuore palpiti solo per me e per nessun altro, fino al momento in cui mi supplicherai di farti mia… >> la sua voce si stava facendo pian piano più sensuale e il mio cuore sembrava acconsentire alle sue parole.
<< N-non succederai mai >> balbettai con un sibilo non riuscendo però a concepire quella frase con sincerità. Lui sbuffò un sorrisetto, poi afferratomi il viso con una mano sibilò << Sta tutto da vedere >>.
La saliva che cercai faticosamente di mandare giù, si bloccò a metà strada nella gola. Le labbra di Castiel si erano poggiate sulle mie.
Rimasi pietrificata e con gli occhi sgranati sentendo quel lieve bacio farsi più intenso. Con la mano che manteneva il mio viso, Castiel cercò di farmi socchiudere le labbra pronto per insinuare la sua lingua e glielo permisi con facilità dato che non riuscii a resistere alla sua forza, ma non vi trovò nulla.
Cercai di dimenarmi, ma inutilmente, lui afferrò le mie braccia bloccandomele contro le pedane. Avendo il viso libero, scansai quell’ardente bacio girando la testa a un lato. << Ah, Castiel… perché…  >> balbettai con il fiatone. Lui dolcemente, liberò le mie braccia, mi accarezzò il viso riportandolo di nuovo verso di sé e accarezzandomi le labbra con il pollice, mi alzò il mento, mi indusse a dischiudere il labbro inferiore e, guardandomi con quel sensuale sorriso, ripoggiò la sua bocca che ardeva, contagiandomi di piacere. La sua lingua si intrufolò ancora e questa volta incontrò la mia che non si oppose al suo bruciante tocco.
Non lo avrei mai voluto ammettere, forse potevo ingannare gli altri, ma non me stessa. Giocare con il fuoco non era affatto spaventoso. Castiel ardeva come le rosse fiamme e mi piaceva.
Dopo poco, ci allontanammo, io abbassai lo sguardo, lui, mantenendomi dalla nuca rivelò un leggero affanno.
<< Era il mio… primo bacio >> sibilai piangendo. E quelle lacrime erano tutto fuorché di tristezza.
 
   
 
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