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Autore: falling_in_reverse    24/04/2014    3 recensioni
Mi chiamo Ellen ho 16 anni e vivo in Canada precisamente ad Alberta. Ho lunghi capelli rossi, occhi verdi, e un corpo che non mi permette di avere una buona autostima di me stessa. Ho delle curve che mi fanno sembrare grassa, no, il mio corpo non mi pice per niente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dedico questo capitolo ad una persona che mi ha aiutata in un periodo ancora giù.
 
3.Devo.

Arrivata all'ospedale Elisabet venne mandata in pronto soccorso con bollino rosso, perciò passò subito, ed una volta entrata in stanza, i medici la visitarono. Erano circa quattro, il che mi faceva sempre di più preuccupare. Aveva qualcosa di grave, per essere circondata da tutte quelle persone. Io venni, praticamente, "cacciata" fuori da una infermiera con una mascherina in viso. L'agitazione era indiscrivibile quella sera.
C'erano barelle che dominavano le corsie per le sale operatorie, quindi Ellisabet doveva avere qualcosa di preuccupante. Ma l'ultima cosa da fare ora, era fare domande. Sarei stata innopportuna.
Chiamo mio papà due volte perchè alla prima chiamata non risponde.
-Papà..-
-Ellen, dove sei, sono le nove.-
Strano. Direi molto strano, una volta sono stata fuori tutta la notte e nessuno si era mai accorto di niente.
-Sono in ospedale. Papà, è successa una cosa molto grave.-
-Oh santo cielo, stai bene?-
-Sì, io sto bene. Vieni perfavore, non posso raccontarti nulla per telefono.-
-Arrivo.-
Dopo aver avvisato mio padre, devo assolutamente contattare i genitori di Elisabet.
Ma come faccio? I suoi vestiti sono all'interno della stanza e anche la sua borsa.
Non posso entrare. Perciò attendo per un po'.

Passano circa dieci minuti, mio padre non è ancora arrivato.
Ad un certo punto la porta della stanza di Ellen viene spalancata dall'infermiera che prima mi ha quasi cacciata.
Lei tiene la porta aperta mentre, due medici escono seguiti da una infermiera che porta Elisabet con la barella nella direzione della sala operatoria.
-Quindi verrà operata?- dico velocemente all'infermiera che sta per voltarsi.
-Sì. D'urgenza. Mi dispiace ma non posso dirle altro per ora.- dice andando via quasi di corsa.
Elisabet ha un viso distrutto, gli occhi socchiusi e un tubo in bocca che le permette di respirare a fatica.
La vedo portare via. Mi sento inutile, sapendo che non posso fare niente per aiutarla.

Mio padre arriva poco dopo.
-Ellen. Cosa ci fai qui? Ho visto delle auto della polizia fuori.- dice abbastanza sconvolto.
-Mentre stavo andando a casa, ho sentito degli urli. Una ragazza, della mia scuola, era in mano di quattro ragazzi. Anche loro della mia scuola..- mi fermo perchè non trovo le parole per continuare. Non posso. Non riesco. Non voglio.
-Su Ellen, continua.-
-Ecco, lei...La stavano..- mio padre mi ferma prima che esca quella maledetta, inutile parola.
-Ho capito.-Ma tu che centri in tutto questo, hanno fatto qualcosa anche a te?- ha l'aria piuttosto preuccupata.
-No, io l'ho salvata. Ho chiamato la polizia. E dopodichè ci hanno portato qui.-
-Brava Ellen, sono fiero di te. Ma in che guaio ti sei cacciata. Allo stesso tempo.-
-Papà. Rifletti l'avrei dovuta lasciare lì? Da sola? Indifesa? In modo che potevano farle tutto quello che volevano?- dico con le lacrime agli occhi e la rabbia nei loro confronti, che continua ad aumentare.
-Non intendevo questo.-
Non aggiunge altro perchè un pliziotto interviene.
-Buongiorno Signor Todd.- mio padre è un avvocato, perciò è conosciuto dalla maggior parte dei poliziotti.
Papà risponde facendo cenno con la testa.
In quel momento mi viene in mente che devo ancora avvisare i genitori di Elisabet, e ora che la stanza è libera e la sua borsa è lì posso cercare il suo telefono e eventualmente chiamare i suoi genitori.
Mio padre inizia a parlare con colui presumo fosse il tenente.
Io giro e vado in camera.
Vedo subito la sua borsa rosa e cerco il telefono.
Perfortuna lo trovo velocemente.
Cerco in rubrica "mamma" o "papà" e trovo solo mamma.
Premo invia e la chiamata parte.
Cosa devo dirle? In fondo sono agitata, e potrei non riuscire a controllare la situazione.
Ma devo essere forte. Per lei. Per me.
-Pronto. Elisabet, ma dove ti sei cacciata?-
-Pronto signora.- dico facendomi forza e cercando di avere una voce più tranquilla possibile.
-Sì, lei chi è?-
-Sono un'amica di Elisabet. In questo momento...è...in ospedale.- non riesco più a controllarmi, sto per iniziare a piangere. Ma non devo.
-Come?! Oddio che le è successo?- la sua voce è preuccupata, direi, terrorizzata.
-Deve venire, signora non posso dirle niente per telefono. Faccia presto.-
-Arrivo!!-mette subito giù e non mi da il tempo di risponderle.
Esco dalla stanza e mio padre sta ancora parlando con quel poliziotto.
Che vedendomi arrivare dice:
-Elle, dovrai testimoniare in tribunale.-Contro quelle persone.-
-Hai fatto un atto di coraggio che verrà apprezzato e ribadito in tribunale. Per ora quei ragazzi sono in carcere quindi non preuccuparti- aggiunge il poliziotto.
Devo raccontargli della gamba. Anche se non è il momento adatto. Devo.
Il tenente sta per andare via quando:
-Scusi, può restare un attimo, devo dirle un'altra cosa.-
Mio padre è sospettoso ma il tenente mi dice:
-Si prego, dimmi pure.-
Mi faccio forza.- Vede questa gamba...Un giorno a scuola..Mi hanno buttato giù da una discesa.-Mi fermo per alcuni minuti.-E mi sono rotta la gamba.
Mio padre stupito dice:
-Oh, Ellen..Ma perchè non mi hai mai detto nulla?-
Sto per rispondere ma il tenente mi dice:
-Ellen, sei sicura che ti abbiamo fatto solo questo?- mi fa cenno di sedermi.
Io mi sedio, anche il poliziotto, ma mio padre rimane in piedi.

Gli racconto tutto.
Dove trovo la forza, non lo so.
Ma ho capito di essere entrata in un "gioco" troppo grosso e di non poter più tornare indietro.
-Potrai sporgere denuncia.-
Ci avrei scomesso.
-Ellen, per tutto questo tempo non mi hai detto nulla. Credo che sporgere un denuncia sia il minimo.-
Ci rifletto per alcuni minuti.
Certo non è una decisione da prendere in alcuni minuti.
Ma ci ho già pensato, varie volte.
Ho 16 anni. Loro hanno 16 anni. Non potrei rovinargli la vita. Andranno in riformatorio...e dopo?
Cambieranno? Io penso di no. Non penso si cambi così, e il riformatorio li rovinerà. Ma...In fondo loro hanno rovinato per sempre una vita. Il dolore, la tristezza del ricordo, la sofferenza che ha provato Elisabet rimarrà. Quello che hanno fatto a me, rimarrà. Ma una volta in prigione, di loro, non rimarrà niente. Ho preso la mia decisione e mai potrò cambiarla. Ci sarà chi mi aiuterà a combattere questa lotta. Chi mi resterà sempre vicino. Chi nel corso del tempo si allontanerà. Ci sarà chi mi odia. Ci sarà chi mi ama. Avrò un futuro o magari no.
Ora. Devo vivere.
-Papà. Vorrei passare questa sera stessa in distretto. Devo denunciare loro.- dico queste parole e nel frattempo arriva una signora, molto alta e snella. Ha gli occhi azzurri e gli stessi capelli di Elisabet.
Sembra disperata, ha le lacrime che le scorrono giù per il viso.
Le vado in contro. So che è lei.
-Signora. Sono Ellen, ho parlato con lei al telefono.-
-Dov'è Elisabet?! Perchè nessuno mi ha detto nulla? Dov'è mia figlia?- l'agitazione le scorre in tutto il corpo ed è presa dal panico. La capirebbe chiunque in questo momento.
Arriva un dottore che prima era con Elisabet.
La signora lo ferma.
-Scusi. Sono la madre della ragazza, Elisabet. Sa dove l'hanno portata?-
Il medico le fa cenno di allontanarsi e lei lo segue.
Intanto il poliziotto saluta mio padre e io rimango per qualche secondo senza dire niente.
-Ellen, non è meglio che vieni a casa? Ti riposerai, verrai a trovarla domani. E poi dobbiamo andare a sporgere denuncia.-
Mio padre è insopportabile! Non si rende conto della situazione!
Capisco che dobbiamo andare ma io mi sento una schifezza sapendo che lei è in sala operatoria e io sono qui, e devo pure andare via.
-Va bene. Ma prima devo andare da sua madre.-
La mamma di Elisabet sembra meno agitata rispetto a prima.
-Scusi, posso sapere come sta Elisabet?-
Okay. Non è proprio la domando più opportuna in questo momento. Ma devo.
-Ma tu chi sei? Elisabet non mi ha mai parlato di te.-
-In effetti lei mi conosce solo di vista. Io l'ho aiutata questa sera.-
-Spiegami bene cos'è successo esattamente.- mi dice.
Le racconto tutto, ogni singolo particolare perchè lei deve sapere la verità è sua madre.
Ogni volta che continuo con il discorso sembra disperarsi sempre di più. Non voglio provocarle un dispiacere così. Anche se io l'ho aiutata sono anche colei che deve dirle tutto. Perchè c'ero solo io dalla parte di Elisabet questa sera.
Lei mi ringrazia inifinitamente per quello che ho fatto e mi dice che i medici hanno tolto il pericolo. Lei è fuori pericolo.
Vado via e le do appuntamento a domani mattina.

Quando arriviamo alla stazione di polizia noto il furgone dove di solito vengono portati i carcerati.
Stiamo per salire gli scalini quando noto quattro poliziotti che stanno uscendo tenendo in manette Lucas, Alan, Jack e Daniel. Rivederli è stato un colpo al cuore.
Ripenso a tutto ciò che hanno fatto e non riesco a mantenere la rabbia e il dolore che ormai mi ha rubato la felicità.
Tutti sono, sconfitti in parte, tranne Daniel che vedendomi fa un sorrisino falso, d'invida, pieno di cattiveria.
Mio padre gli lancia uno sguardo minacciaso e mi tira via.
Quando siamo arrivati un poliziotto ci fa sedere nell'ufficio del tenente.
Attendiamo qualche minuto quando lui si presenta.
Ha in mano un grosso blocco.

Mi dice che devo raccontare tutto.
Io lo faccio e intanto mi padre cerca di farmi forza, mentre il tenente scrive.

-Denuncio contro Lucas Wialliams, Daniel Dell, Jack Brown e Alan Balmorall.- le parole mi escono chiare e decise.
-Bene. La denuncia verrà registrata immediattamente, potete andare.-
Lo salutiamo e andiamo via.

Sono distrutta. Tutto il corpo non mi regge più. La mia gamba ingessata è colma di dolore. Mi chiedo se riuscirò a reggere tutto questo. Volevo fare una vita normale. Studiare e magari fare carriera in qualche rivista importante. Sapevo che avrei dovuto lottare per ottenere questo. Ma mai avrei creduto di arrivare a questo punto. Non avrei mai pensato di essere protagonista di una vicenda che a volte viene trattata soprattutto dai telegiornali. Non chiedevo tutto questo.
Volevo e voglio ancora ora un po' di felicità.
Voglio poter sognare e non avere incubi...



La cosidetta "scrittrice":

Cari miei lettori! Sono molto felice che questa storia sia piaciuta! Come vi sembra il capitolo!? So che non è molto lungo, magari nenache molto coinvolgente ma fa parte della mia lunga storia. Mi scuso per quelli che si aspettavano di più. Oggi vi ho fatto una sorpresa regalandovi le foto dei nostri protagonisti che potete trovare qui sotto! Devo ringraziare in particolorare la mia cara Solstitia che ha recensito questa storia a mia grandissima sorpresa e che scrive delle storie fantastiche, ringrazio sarasaretta56 che mi ha reso molto felice con la sua recensione e anche strongerthanyou per la recensione!!! Grazie davvero!!!
Inoltre ringrazio(ammazza sembra che devo ringraziare come se avessi scritto un libro, scusate son fuori *.*)
Niernen che ha aggiunto questa storia alle seguite e tutte le persone che la seguono che ho già ringraziato la scorsa volta e infine miei cari lettori anonimi.
Un bacio,
Bea<3   
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