NOTE DELLA
PIGNA
Buonsalve!
Come promesso, ecco la shot Johnlock (già, sto lentamente
tornando a scrivere di quei due idioti) che avevo promesso, ispirata ad
un prompt
trovato su Tumblr e di cui non conosco la mente ideatrice altrimenti
gli o le
avrei già stretto la mano.
Bando alle ciance, eccovi questa… cosa, che dedico alla
pagina Facebook Sherlockians e a tutte le shippers Johnlock che hanno
pianto
nella terza stagione <3
Lo scatto della serratura annuncia il
ritorno del consulente
investigativo e del suo fedele assistente, che si fanno avanti con
passi lenti
e stanchi nell’appartamento buio. Il primo ha appena risolto
brillantemente un
altro caso, conclusosi con la cattura di un pericoloso spacciatore
della
malavita organizzata di Londra, avvenuta grazie
all’intervento tempestivo ed
efficace del secondo. Dopo lunghe settimane di inseguimenti e
depistaggi,
stremati ma soddisfatti, possono concedersi una giornata per recuperare
le
energie.
-John, posami sul divano e passami
una coperta. Dormirò
lì- gli dice il detective, sfilandosi il lungo cappotto con
un movimento
elegante e gettandolo sulla sua poltrona, raggiunto poi dalla giacca
dell’altro. Questo scuote la testa, cercando di nascondere
uno sbadiglio, e lo
afferra per un braccio per trascinarlo nella camera da letto.
-Non ci provare, tu dormirai in un
vero letto, dove
riposerai per davvero- lo ammonisce, camminando con non poca fatica
verso la
stanza e facendo sdraiare l’uomo sul letto a una piazza e
mezza.
-Ma John…- prova a
protestare l’altro, nonostante abbia
già posato il capo sul cuscino e stia lottando per tenere
gli occhi aperti.
-Niente ‘ma’,
ora lasciati infilare il pigiama e poi ti
raggiungo- sussurra dolcemente, quasi con l’atteggiamento da
madre premurosa
verso il figlio capriccioso. Gli sfila la camicia ed i pantaloni senza
alcuna
malizia, ormai abituato a svolgere quelle azioni da tempo, e gli fa
indossare
il pigiama, rimboccandogli le coperte fin sotto il mento. Quindi si
cambia
anche lui e si infila sotto il piumone, al fianco del detective,
scivolato in
un sonno leggero in attesa che il compagno lo raggiungesse. Appena
avvertito
l’abbassarsi del materasso accanto a sé, il moro
si volta e passa le braccia intorno
al corpo di John, che lo accoglie tra le proprie, facendogli poggiare
la testa
sul suo petto.
-‘Zie, John…-
mormora Sherlock contro il collo del
biondo, che rabbrividisce piacevolmente e lo stringe maggiormente a
sé per
posargli un bacio tra i riccioli ribelli.
Il primo a svegliarsi il giorno
dopo è il medico, che si
concede qualche minuto per restare ad osservare la zazzera corvina che
riposa
placidamente sul suo petto. Allunga una mano per intrecciare le dita
nei
riccioli, facendo attenzione a non fare qualche movimento brusco che
possa
disturbare il suo sonno. Giochicchia per qualche minuto con i suoi
capelli,
posando di tanto in tanto un timido bacio tra di essi, solleticandolo
involontariamente.
-John- si sente chiamare, restando
poi incantato ad osservare
il viso ancora addormentato di Sherlock, che solleva la testa e sbatte
le
palpebre un paio di volte, prima di rivelare le iridi acqua marine e di
rilassare l’espressione in un sorriso stanco.
-Buongiorno- lo saluta John,
ricambiando il sorriso dopo
aver ripreso possesso delle facoltà mentali e fisiche che
ancora si ritrova a
perdere dopo quasi due anni di quella che ormai è diventata
routine dopo un
caso. Il detective sbadiglia ed emette un mugolio soddisfatto,
stiracchiandosi
e senza dare alcun segnale di voler cambiare posizione, quindi
l’altro continua
a cullarlo dolcemente tra le proprie braccia, approfittando di
quell’attimo di
pace per godersi le attenzioni del compagno.
-Vado a preparare il the- esclama
ad un certo punto il
biondo, ottenendo un mugolio contrariato al quale risponde con una
risata
divertita. Quando prova ad alzarsi viene bloccato dalle braccia del
moro,
strette intorno alla sua vita. Si volta verso di lui, che lo osserva
dal basso
con una palpebra abbassata, e gli scompiglia i capelli ridacchiando.
-Lo sai che torno, vero?- sussurra
al suo orecchio,
chinandosi per lasciargli un bacio tra i riccioli devastati. Ne
deposita altri
fin quando non sente la presa intorno ai fianchi allentarsi. Si alza
velocemente in piedi ed afferra la propria vestaglia, gettandogli una
tenera
occhiata prima di dirigersi in cucina ed accendere il bollitore.
Sorride tra sé
e sé, prendendo le due tazze e pensando a quante volta ha
ripetuto quella mossa
negli anni passati prima che il sentimento che vi era dietro cambiasse.
In
effetti, non era mai cambiato, ma era come se lo fosse, ora che
entrambi
avevano accettato le proprie ‘debolezze’ ed avevano
imparato ad conviverci
serenamente. Sente il bollitore fischiare e si alza sulle punte per
prendere il
barattolo nel quale tiene la miscela per il the. Una mano entra nel suo
campo
visivo, afferrando il contenitore, mentre l’altra si posa sul
ripiano della
cucina, bloccandolo. Un sorriso appare sul volto di John, che si volta
nello
strano abbraccio fino ad incrociare lo sguardo di uno Sherlock
gloriosamente
nudo di fronte a lui.
-Sherlock!- esclama, arrossendo
vistosamente e chiudendo
gli occhi.
-Oh coraggio, John! Mi hai
già visto nudo e devo
menzionare il fatto che tu sia un medico?- lo rimprovera il moro, una
smorfia
compiaciuta sulle labbra mentre osserva il suo imbarazzo.
L’altro slaccia il
nodo della vestaglia per avvolgergli l’indumento intorno alle
spalle.
-Ma vederti la mattina, appena
sveglio e con quei
capelli…- si blocca, dandogli la schiena e deglutendo a
fatica. –Fa un certo
effetto- conclude la frase, armeggiando impacciatamente con le bustine
e le
tazze. Sherlock ridacchia e gli allaccia le braccia intorno ai fianchi,
appoggiando il mento sulla sua spalla e guardandolo finire di preparare
le
bevande calde. Gli sporge la sua, ancora senza voltarsi, per poi
afferrare la
propria e berne un sorso, trovando il gusto del the famigliare e
rassicurante.
Torna a guardarlo negli occhi solo una volta che si è
allontanato per sedersi
sul tavolo, facendosi spazio tra i vari esperimenti, ed incrocia le
braccia sul
petto, sorseggiando il liquido scuro. All’improvviso, gli
sfugge una risata,
che cerca di coprire nascondendo il volto nella tazza, fallendo
miseramente
quando scontra il naso con la porcellana.
-Cosa ti fa così tanto
ridere nel farti male da solo?-
gli domanda Sherlock, corrucciando lo sguardo e fissandolo con
curiosità. John
lo zittisce con una mano, arrossendo debolmente per essere stato
scoperto.
-Niente, solo… William
Sherlock Scott Holmes- risponde, sorpreso
da un altro scoppio di ilarità incontrollata al ricordo del
vero nome del
compagno, che aggrotta se possibile ancora di più le
sopracciglia.
-Cosa c’è che
non va riguardo al mio nome?- protesta,
abbassando lo sguardo al pavimento. –A parte il fatto che non
sia orecchiabile-
aggiunge in un sussurro, che viene comunque udito da John.
Quest’ultimo
interrompe le risa e sorride dolcemente, pesando alla scatolina di
velluto che
ha tenuto nella tasca della sua giacca tutta la settimana, in modo che
l’altro
non la trovasse. Posa la tazza sul ripiano della cucina e si dirige in
soggiorno, prendendola e rigirandosela tra le mani. Quando torna nella
stanza,
trova Sherlock ancora più confuso che registra ogni suo
movimento. Lo vede
trattenere chiaramente il fiato quando l’ex medico militare
si china su un
ginocchio di fronte a lui, lo sguardo incatenato al suo mentre rivela
la
scatolina di velluto e la apre, mostrando una semplice ma elegante fede
in oro
bianco.
-Cosa ne dici di William Sherlock
Scott Watson?-