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Autore: Lucy_lionheart    24/04/2014    3 recensioni
« Senti, coso.» Iniziò, ponendo le premesse di quello che pareva un perfetto discorso in stile Dean Winchester. « Io ora vado a farmi una doccia, prendo qualcosa da mangiare e guardo un film. In tutto questo tu rimani lì, dove sei ora, a picchiettare la tua lattuga esattamente come fa Sam a ogni pasto. Chiaro? »
« Hu-Hu.»

Dean Winchester, come sappiamo, è il tipo di persona che non ha nessun problema ad affrontare vampiri, demoni e qualunque altra cosa gli si pari davanti; le cose si complicano, però, quando a dargli guerra è un pennuto un po' troppo simile a qualcuno di sua conoscenza.
L'autrice si scusa con l'intero e rispettabile popolo rapace.
A Dania, compagna di Supernatural e Gishwhes. ♥
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balthazar, Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Titolo: Two is (not) better than one.
Coppia: Destiel  ( Dean and Castiel )  + """"accenni""""" di Balthagab ( Balthazar and Gabriel )
Raiting: Giallo ( solo a causa delle cose awkard )

Avvertenze: ambientata dopo la 9x18, Spoiler, per capire al 100% l'ultimo pezzo è consigliabile la lettura della mia altra fanfiction "Raison d'Etre" ( http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2568919&i=1), linguaggio non sempre fine e delicato a causa del signor Dean Winchester ( "don't swear dnEA it's not very LADYLIKE" cit. ), l'autrice chiede scusa agli ornitologi di tutto il mondo per l'ignoranza dei suoi personaggi a riguardo, demenza ESTREMAMENTE gratuita ( ma razionale ), awkard!Sam, awkard!Destiel, awkard!Balthagab e soprattutto awkard!tappeto. Spero che nessuno abbia paura dei volatili.


















Two is (not!) better than one.












Era una settimana morta. Non capitava spesso che nella vita dei Winchester ci fossero la bellezza di ben quattro giorni senza casi, morti, spariti, rapiti da cercare o casi, morti, spariti e rapiti che li venivano direttamente a cercare. Solitamente anche le festività erano dense di “avventure”, se così le si voleva chiamare, come ad esempio il Natale in cui i due fratelli avevano rischiato di essere mangiati al posto dell’arrosto da due amabili signori. Durante quelle novantasei ore, però, non era accaduto nulla e la cosa era ancora più incredibile a dirsi visto che erano nel bel pieno di quello che si poteva definire come un colpo di stato all’Inferno e al Paradiso.  Avrebbero dovuto essere seduti nell’Impala, diretti verso chissà dove e con i distintivi finti pronti da mostrare.  Invece Dean e Sam Winchester avevano passato tutta la giornata nel bunker e si erano coricati nelle loro rispettive camere intorno all’una di notte.
“ E’ incredibile. Dormiremo più di otto ore e non sarà un coma.” Aveva commentato il maggiore dei due, lasciando Sam a sbuffare una risata, stringendo tra le mani un libro che suggeriva che, a differenza di Dean, lui ci avrebbe messo un bel po’ prima di chiudere gli occhi, troppo abituato alle vecchie abitudini per non addormentarsi se non esausto.
A Dean infatti erano bastati pochi trucchi per cadere in un sonno degno di questo nome: togliersi i vestiti, grattarsi una chiappa da sopra i boxer e infilarsi sotto le coperte, la faccia lasciata a sprofondare nel guanciale. Per un sacrosanto giorno i pensieri non lo stavano logorando. Per una, dico, una notte avrebbe potuto dormire fino all’alb- no, a dopo la stramaledetta alba!
Tutto questo era estremamente probabile, certo. Almeno fino a che uno strano suono non si era fatto largo nella camera intorno alle cinque e venti del mattino.
Si trattava di un verso cupo, abbastanza greve, ma con un ché di acuto, fastidioso. Deve essere il mio inconscio, o qualunque altro nome abbia, che mi sta facendo scherzi, aveva pensato, ricollegandosi al film horror visto la sera prima –perché sì, avevano avuto anche il coraggio di guardarsi un horror, dato che la vita non li aveva resi gli allegri protagonisti di questo genere più e più volte.
 Però il suono si era fatto ancor più fastidioso.

“ Hu-hu” e Dean si rigirava su un fianco.
“ Hu-huuu” e Dean rispondeva anche lui con un verso.
“ Hu-huuuu” e Dean era definitivamente sveglio, okay, ma gli occhi non se ne parlava di aprirli.
“Hu-huuu, Hu-huuu” e « Cristo, Sam, se è uno dei tuoi scherzi giuro che..»
“ Hu-huuu, Hu-huuu” e la netta sensazione di avere un peso sullo stomaco e non in senso metaforico.
Fu solo e unicamente allora che Dean, spazientito, aprì il suo sguardo.
A quindici centimetri circa dalla sua faccia, nel buio totale, lucenti e enormi, splendevano due spalancati occhi azzurri.




  « Hu-Hu. »
 « FIGLIO DI P- »



La velocità con cui Sam Winchester, tre stanze e due porte chiuse più in là, era saltato fuori dal letto e aveva preso la pistola poteva essere paragonata solo a quella di un leone che si lancia su una gazzella grassottella dopo una settimana in cui non ha visto altro che erbetta.
Non poteva andare tutto bene. Ovvio che no. In quale misero angolo del loro cervello lui e Dean avevano davvero pensato di poter passare tranquillamente la notte!?
Un solo calcio dato con forza e precisione  e le giunture della porta della camera del fratello saltarono, permettendo a Sam di fare irruzione, i denti stretti e la pistola puntata.
« DEAN! COSA STA SUCCENDEND- »
« STRONZO, CHE SCHERZO DI MERDA SAREBBE QUESTO!? »
Sarebbe mentire dire che Sam, al notare che suo fratello maggiore non era in piedi e pronto a combattere, ma spalmato contro la testata del letto nella posa tipica di qualcuno che si era ritrovato  a saltare di colpo almeno cinque centimetri buoni rimanendo seduto e subendo una spinta dal basso verso l’alto  detta “spavento”, non lasciò che sul suo volto di dipingesse un’espressione mista tra confusione, incredulità e qualcos’altro già ben espresso dalle sue sopracciglia aggrottatesi l’una contro l’altra.
Così come lo sarebbe non ammettere che quando notò cos’era che il braccio di Dean puntava, non poté non scoppiare in una risata di pura derisione e cambiare espressione per la terza volta nel giro di neanche due minuti.
Appollaiato sulla collezione di porno cartacei del fratello, con gli occhi ancora fissi su quest’ultimo e le piume arruffate, stava una delle più peculiari delle creature della notte.
« P… Perché hai un gufo in camera!? »
« SECONDO TE LO SO?! »
Dean non si trattenne dall’urlare, imbestialito. Non era stato un caso a svegliarlo l’unica mattina in cui avrebbe potuto dormire fino a tardi, ma un maledetto uccellaccio che non si sapeva come e quando cazzo fosse entrato nel bunker. Sam si asciugò gli occhi dalle lacrime che le risate a crepapelle gli avevano provocato e, mollando la pistola, fece per avvicinarsi alla bestiola, la quale non si lasciò intimorire, ma guardò con attenzione scrupolosa la fin troppo grande mano che gli si stava avvicinando.
« Questo è strano. Nel senso- è un bunker sotterraneo, è- assurdo che sia arrivato qui dentro! »
« Sei sicuro che sia un gufo vero? »
Chiese Dean, cercando di riassumere un’aria composta e, in parole povere, “da figo”, cosa che fece tornare il minore a soffocare ennesime risate. Peccato solo che anche questo tentativo risultò vano nel momento in cui il naso di Sam si storse in virtù di un odore molto poco piacevole e automaticamente cercò nella scatola –non stiamo a ripetere cosa essa contenesse- su cui il volatile si era appollaiato.
« Beh, intanto abbiamo la certezza che svolge i suoi bisogni fisiologici.»
« … No. NO! LA MIA COLLEZIONE! »
« Bel colpo, cucciolo. »


Alle ore 10.30 del mattino tutti i test erano stati fatti: non si trattava di nessun mostro di specie nordica o inglese o ancora teutonica, non un demone, non un famiglio, non un mutaforma. Il gufo era, semplicemente, un gufo e ora se ne stava a picchiettare il becco con entusiasmo contro un pezzo di pane in cassetta e un po’ di foglie d’insalata.
Sopra di lui, lo sguardo di Dean Winchester lo giudicava.
« Ieri sera c’era un tempo da lupi, ora che ci penso.» Iniziò Sam, non badando alla faccia imbronciata che il maggiore –sì, il maggiore, ripetiamocelo un paio di volte che in certe occasioni è parecchio difficile da tenersi a mente- rivolgeva all’animale. « Molto probabilmente ha sentito il calore del bunker ed è riuscito ad infiltrarsi in qualche modo.»
« Già. Ci è riuscito e ha cagato sopra la mia collezione.»
A questo giro Samuel non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sospiro; era il- quanto? Ventesimo commento infantile che sentiva su quella povera bestiola che altro non aveva fatto che cercare un po’ di calore? Ormai aveva perso il conto.
« C’è riuscito perché da qualche parte c’è un buco. Quindi io ora vado a fare un bel giretto e controllo. Tu resta qui.»
Dean si voltò di scatto verso il fratello, ormai già con i piedi sui primi gradini delle scale.
« Col gufo!?»
« Col gufo.»
« Perché diavolo non puoi restarci tu e lasciare che sia io a controllare? »
« In primo luogo: controllerò subito i posti alti e per far ciò io sono indubbiamente più adatto.»
« Fottiti.»
« In secondo: prima ho cercato di prenderlo e non ci sono riuscito, invece da te si fa toccare. Gli resti simpatico, guarda, è davvero interessato a te. Vuole starti vicino.»
Dean aprì bocca per rispondere, ma non trovò le parole: doveva veramente commentare sul fatto che suo fratello Sam ora capisse e comprendesse i gufi? Ringhiò una qualche battuta sul tema del Doc. Doolittle e tornò quindi a sedere composto –per quanto si potesse parlare di postura nel suo caso, certo.
« Hu-hu.»
L’uccellaccio era di nuovo a dieci centimetri dalla sua faccia.
« Senti, coso.» Iniziò, ponendo le premesse di quello che pareva un perfetto discorso in stile Dean Winchester. « Io ora vado a farmi una doccia, prendo qualcosa da mangiare e guardo un film. In tutto questo tu rimani lì, dove sei ora, a picchiettare la tua lattuga esattamente come fa Sam a ogni pasto. Chiaro? »
« Hu-Hu.»
« Bene.» Disse quello che pochi minuti prima aveva dato al fratello del Dottor Doolittle, prima di alzarsi facendo grattare la sedia contro il parquet ( i tuoi avi, Uomini di Lettere che hanno costruito e speso fior di denari nel bunker, ti ringraziano dalla tomba,  o giovane Winchester ) e dirigersi verso il bagno.
Ingenuo a pensare che fosse finita lì? Abbastanza. Ma questo lo capì soltanto quando, messo a tacere il doccino e asciugatosi la faccia, si accorse di due occhi azzurri che lo spiavano dall’anta di cristallo della doccia.
« Hu-hu.»
« Cristo
Scacciarlo con una frustata di asciugamano fu totalmente inutile. Anzi, dopo un breve volo, la creaturina si posò, agitando le ali scure, sulla spalla nuda dell’uomo.
« Hu-hu.»
« Questa non è una guerra che vincerai, bestia.»


Cinque stanze e sei soffitte più tardi, Sam ancora non aveva trovato nessun maledetto foro, non una cavità che avesse permesso al cucciolo di gufo d’infilarsi nell’accogliente bunker, anzi, direttamente nella camera di suo fratello e sfuggire alla notte tempestosa. Colto dalla disperazione di chi non sapeva dove andare più a sbattere la testa e con i vestiti sporchi di polvere centenaria, Samuel aveva deciso di scendere, piuttosto che salire, e controllare le tubature, per quanto l’ipotesi che l’animale avesse strisciato per i condotti fino a sbucare all’interno gli sembrasse più degna di un cartone animato che d’altro. Peccato che avessero avuto esperienza anche con quelli. Già.
Steso sul pavimento freddo sotto un fior fiore d’intrecci di grossi tubi di metallo grigio, Sam si rese conto che essi, oltre all’aria calda, portavano notizie dalle altre stanze. Un tempo quello poteva essere un ottimo stratagemma per controllare ciò che gli altri Uomini di Lettere stavano facendo, se fosse in corso o no una qualche trama cospiratoria…
In quel momento, però, l’unica cosa che si sentiva era il continuo imprecare di suo fratello Dean, il bubolare pacato del gufo e ancora imprecazioni. Subito a seguire sbattere di porte e di finestre, rifrullo d’ali piccole e “Cazzo, esci, torna tra i boschi!” o “Staccati dalla mia camicia!” oppure “Si può sapere perché non te ne vai, oh?! Bestiaccia del..”, per poi tornare ai classici “Adesso mi hai veramente fatto…” e un preoccupante “Vuoi passare alle maniere forti!? Bene!”
Subito a seguire di quella frase Sam udì con terribile chiarezza il rumore della canna di una pistola. Non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca che l’eco dello sparo fece tremare ogni tubatura.
Con gli occhi e i denti stretti, aspetto che il rimbombare del colpo cessasse e rimase in silenzio per circa cinque minuti.

Silenzio.

Silenzio.




“ Hu-Huu! ”
“ Figlio di putt.. “

Con un lungo sospiro di sollievo, Sam Winchester ricominciò a controllare.


Quando finì la sua ispezione, l’orologio ormai batteva le undici. Riemerso dalle profondità del bunker senza aver trovato assolutamente nulla e con ancor più dubbi rispetto a prima, il minore dei fratelli si passò una mano tra i capelli, cercando di ridare a essi un aspetto quantomeno ordinato, e raggiunse il salotto. Ad aspettarlo c’era quello che, a conti fatti, si poteva definire un armistizio.
Suo fratello Dean stava stravaccato sul divano, le braccia sullo schienale. A poca distanza da lui, ben artigliato ad un inutilizzato portacenere sul tavolo di mogano che il biondo usava principalmente come poggiapiedi, il gufo taceva, formando una palletta di penne morelle.
« Hey!»
« Mh.»
« Tu e Cas state facendo amicizia, allora.»
Ci vollero solo quelle tre lettere per far sì che Dean distogliesse l’attenzione dal film western e guardasse con aria interrogativa ( un modo più elegante per definire uno sguardo da “cosa cazzo stai dicendo” ) il fratellino.
« Scusa? »
« Cas. Il gufo!»
La locuzione implicita di prima non si tolse dal viso di Dean, anzi, si accentuò senz’ombra di dubbio. Sam, tuttavia, insisté, indicando il piccolo volatile.
« Occhi blu fin troppo grandi, mezzo spettinato, stranamente legato a te. E’ Cas.»
« No che non lo è. L’unica cosa che hanno in comune è essere dei pennuti.»
« Oh, avanti, sii obbiettivo e guardalo! »
Dean ebbe dei seri problemi a controbattere, questa volta. Il gufo, finito di picchiettare col becco l’hamburger che il Winchester aveva abbandonato sul tavolo, era tornato a guardare con comica e spietata attenzione il film durante la scena in cui la giovane indiana e lo sceriffo che l’aveva appena salvata si baciavano appassionatamente. Dean non poté fare a meno di deglutire quando, sotto i suoi occhi, l’animaletto strinse le palpebre e piegò il collo tutto su di un lato.
In tutto questo, Sam si limitò a proferire, con la solita faccia da stronzo che si metteva addosso ogni qualvolta riusciva ad averla vinta contro l’altro:
« Visto? Che ti dicevo io, è Cas.
Comunque io ora vado a farmi una doccia, vi lascio a divertirvi. »
E così avrebbe dovuto essere, peccato che, senza volerlo, Sam avesse permesso ai pensieri di tornare ad affollare la testa di Dean, che, in un gesto secco e non premeditato, si ritrovò a estrare il cellulare dalla tasca.
Sospirò, cento e più sfumature di una preoccupazione che, se proprio doveva, preferiva mostrare in una rabbia repressa sulla faccia, tra gli occhi e le labbra tirate. Il gufo lo fissò con fare curioso.
Prima che potesse rendersene conto, Dean aveva posato i gomiti sulle gambe e ricambiava lo sguardo della creatura.
« Hey, Cas. Tu al tuo omonimo ci somigli solo per gli occhi e perché non capisci le scene d’amore nei film oppure anche a bastardaggine? »
« Hu-Hu.»
Mostrò lo schermo del telefono al rapace, che strizzò un poco gli occhi a causa della troppa luminosità.
« Dodici chiamate senza risposta. Sette messaggi vocali.  GPS inesistente. Nemmeno lo straccio di una risposta.
Questo a casa mia è essere dei bastardi.»
« Hu-Hu.»
« E andiamo, cazzo! Il cellulare per cosa lo usa, per le chiamate erotiche e giocare a puzzlebubble-? Sa fare anche le foto, adesso, dai. Dove devo andare a cercarlo, su instagram!? »
« Hu-Hu.»
« Hashtag: “coglioneconleali”. Lo trovo subito. Che fa, sta su facebook a fare lo scapolo d’oro? Ottimo, come se l’ultima persona che ha tentato di abbordarlo non l’avesse pugnalato. E’ addirittura più sfigato di Sam in quanto a relazioni, non credevo fosse possibile. »
« Hu-Hu.»
« L’ultima volta che ci siamo incontrati ho fatto in tempo solo a farmi stritolare un braccio e “Dannazione Dean”. “Dannazione, Dean”! Come se non avesse copiato questo modo di dire da me! Perché lui fa “Dannazione, Dean”, ma poi sparisce nel nulla. E allora fanculo, “Dannazione” lo dico io a lui e basta, non lui a me. Dannazione
« Hu-Hu.»
« Quella sua testa di merda ha intrecciato le peggiori strategie. Si può sapere cosa non gli fa capire che mi sto preoccupando per-»
« Hu-hu, Hu-HU!»
« … cosa.»
Esattamente a sette centimetri dal suo fianco destro, Dean notò ciondolare il lembo di un’impermeabile.


 « … Dean. Perché stai parlando ad un rapace?»
 « FIGLIO DI P- »



Per la seconda volta nella giornata, il momento di relax di Sam venne interrotto dalle urla del fratello. Ma questa volta aumentò l’intensità del getto del doccino e fece finta di non sentire.
Anche Dean si ritrovò a fare qualcosa una seconda volta all’interno dello stesso giorno, ovvero saltare cinque centimetri buoni sotto lo sguardo impassibile di due pupille azzurre. Certo, almeno questa volta aveva dei vestiti. Castiel, sempre più confuso da quella situazione e dalle parole che aveva sentito appena arrivato –che strami nomi andava pronunciando?- continuò a fissare gli occhi verdi dell’altro fino a quando a catturare la sua ancor più dubbiosa attenzione non fu un bubolare.
« Scusa se lo chiedo, ma perché c’è un..»
« E’ entrato in camera mia questa mattina e non se ne più andato. Sam gli ha dato anche un nome.»
« Quale?»
« …
Non importa. Tu chiamalo gufo.»
« Non è un gufo.»
Dean scattò sul posto: lo sapeva! Lo sapeva che non era un semplice animale, che si trattava di qualcosa di più, di-
« E’ uno strix aluco. Un allocco.»
Dean tornò a sprofondare nel divano, la delusione dipinta in volto.
« Oh, questo cambia proprio tutto.»
« C’è differenza.»
 Sì, quello era un allocco e quello con l’impermeabile un imbecille. Ecco dove stava la differenza. Castiel, al solito, non colse il sarcasmo nelle parole di Dean e tornò a fissare il guf- pardon, l’allocco. Si fissarono. Si fissarono. Si fissarono ancora e ancora e ancora.
Senza alcuna logica spiegazione, Dean si sentì a disagio.
« Dove hai detto che l’avete trovato?»
« Non l’abbiamo trovato. E’ lui che si è intrufolato qui dentro.»
« E’ che… non so. Più lo guardo e più mi ricorda qualcuno.»
Dean rise, sardonico. « Oh, prova a mettergli il tuo impermeabile.»
« Mh-? Oh- no. No, non sto parlando dell’.. aspetto. E’ qualcosa di più interno.»
« Ho già saputo troppo su quel gufo, le sue interiora non m’interessano.»
« Allocco, non gufo.»
« Quello che ti pare.»
Cadde il silenzio come un elefante sui cristalli.  Allora, Dean? Non eri tu quello che poco fa raccontava al Cas pennuto di quante ne volesse dire al Cas-un-po’-meno-pennuto? E adesso? Tacevi? O giovane Winchester, i tuoi avi si vergognano di te per questa mancanza di coraggio nel loco che loro hanno costruito. Ah, e anche per il parquet maltrattato.
Un grosso sospiro gonfio il petto di Dean.
« Hey, Cas.»
« Hu-hu.» « Dimmi, Dean.»
Girarsi verso quella duplice, agghiacciante, risposta fu la cosa più sbagliata di tutte; lo capì nel momento in cui si trovò a reggere lo sguardo ravvicinato e immobile di non due, ma ben quattro paia d’occhi, due di quali stavano ora appollaiati con nonchalance sul capo dell’angelo.
Lo sguardo verde andò in alto, in basso, poi di nuovo in alto, per un momento credé che le sue pupille avessero preso strade diverse. Nuovamente, in un flusso bollente, sentì il nervosismo salirgli fino al collo. A tutto c’era un limite e lo strabismo era decisamente oltre.
« FATELA FINITA!»
« Dean---! »
« Hu-huuu!!»
Lo scattò che il braccio di Dean compié per colpire il gufo –l’allocco, l’allocco!!- fu talmente forte da fargli perdere totalmente l’equilibrio, e a nulla servì la mano che aveva stretto intorno alla cravatta di Castiel per farlo rimanere fermo, se non a trascinare l’angelo, sempre più sbigottito, nel suo atroce destino. In tutto questo, l’allocco Cas si levò in volo e, sbattute le ali un paio di volte, planò via, sparendo dalla stanza. Sparendo dalla casa.

Sam Winchester lo incrociò mentre stava scendendo le scale. Lo vide entrare a tutto spiano nella camera del maggiore; poi, silenzio. Okay, nuova spiegazione: in camera di mio fratello c’è una sorta portale, si disse, ma  lasciò perdere, perché di stramberie ne aveva avute anche abbastanza in una mattina sola.
Arrivò  in salotto e si ricredé.
In un arco di silenziosi e disagiatissimi dieci secondi, Sam sbatté gli occhi, arrossì, cercò di chiudere la mascella, lasciatasi andare ad un cedimento volontario, la riaprì per dire qualcosa e ne sentì uscire un rumore simile a quello che fanno i gatti quando devono sputare un gomitolo di pelo. Alzò quindi le mani sopra la testa, girò i tacchi e tornò da dov’era venuto, badando di chiudere a dovere la porta di camera sua. Nessun felino avrebbe mai potuto avere la velocità che aveva avuto lui nel momento in cui aveva visto suo fratello maggiore spalmato addosso a Castiel –quello vero- sul divano del loro salotto.
Ulteriore rettifica: era stato così veloce che nemmeno coloro che avevano provocato tale scatto si erano effettivamente accorti della sua presenza.
In tutta quella ridicola situazione, Dean e Castiel altro non avevano fatto che mormorare parole e mugolii in relazione alla testata che avevano battuto, roba in grado di scindere gli atomi, e poi fissarsi da una distanza non più breve di quelle che già si erano ritrovati a condividere.
Com’era la cosa? “Spazi personali”, sì, giusto.
« … Dean.»
« … Eh.»
« Scusa se non ho risposto alle chiamate. Devo aver fatto qualcosa al mio telefono.»
« Questa è la scusa più vecchia del mondo, Cas.»
« Non è una scusa. Dice che devo chiamare Puk, ma non voglio. Altrimenti mi fa chiamare solo il pronto soccorso.»
« Allora non sei diventato un iphone-dipendente.»
« Dean. Davvero. Mi spiace. Non volevo darti preoccupazioni maggiori di quelle che già hai.»
« … Ti sembra il momento giusto per dirlo?»
« … non lo è?»
Il Winchester sospirò; Iphone o Samsung, impermeabile nuovo e un po’ più libertino, ma Cas era sempre il buon vecchio Cas. Lo vide lanciare lo sguardo azzurrino un po’ in là e in qua, per poi tornare a lui.
« L’allocco è fuggito.»
« Meglio così. Uno è abbastanza, due iniziano a essere davvero troppi.»
« Non credo di aver capito.»
« Non importa.»
« Dean, ascol-»
« Cas, dai, ho detto che non importa.»
« Invece sì che importa, Dean.
… Potresti, emh, togliere il tuo ginocchio dal mio-»
« … Oh.
OH, scusa-»

 








*













La prima cosa che Balthazar fece, toccato piede in quella che ormai era diventata la nuova base, ovvero un appartamento londinese appartenente al suo tramite, fu sputare due penne nere. Qualcuno gliel’avrebbe pagata molto cara per quello, carissima, e quel qualcuno, senza doversi manco sprecare a trovarlo, era seduto a meno di due metri da lui, nel bel mezzo del salotto, la tv accesa davanti e una  busta di caramelle praticamente vuota accanto.
« Hey, già tornato?»
 Esordì Gabriel, rivolgendogli un sorriso smagliante. Avevano deciso d fare coppia –coppia nel vero senso della parola, non come duo di latinanti- da circa una settimana e mezzo e Balthazar se ne stava già pentendo amaramente.
« Un gufo.» Disse solo, lo sguardo ridotto a due fessure sull’inferno. « Uno stramaledetto gufo.»
« Noo, un alux stradis. Molto più carino.»
« Gabriel, hai guardato la mia faccia? Non ti conviene scherzare.»
L’arcangelo, trickster, Loki, Messaggero o come lo si voglia chiamare, lasciò perdere il reality  e   fece spallucce, cercando una precisa caramella nell’assortimento.
« Hai detto tu che volevi vedere cosa faceva Castiel senza farti notare. Quindi trasformarti in un animale era l’unica opzione, così come spedirti dai due fratelli porta-sfiga; mandarti direttamente da Cassie sarebbe stato troppo evidente, non è così tonto come sembra. E dato che Dean non sopporta né cani né gatti ho dovuto ripiegare su qualcos’altro.
Latte e miele?? Addolcisce.»
Balthazar non diede considerazione al dolciume offerto e non demorse.
« Ma perché un maledetto guf- NON IMPORTA se è un allocco o quel che ti pare, io lo chiamo gufo. Dico, si può sapere che hai fatto!? Ero totalmente incosciente.»
« Ammetto che quello è stato un piccolo errore. Mentre ti trasformavo mi sono distratto e ho pensato a Castiel e.. ops.
Sei sicuro di non volerla, la caramella? E’ l’ultima, l’ho conservata per te e mi è costato un certo sforzo. »
Balthazar lasciò andare un lamento in quello che sembrò inglese antico e si passò le mani sulla faccia con vigore.
« Come fa Castiel a essere così in fissa con quel tipo. L’ho seguito pure in bagno. Non mi toglierò l’immagine dalla testa per un mese.»
Era bastata quella fase perché la tv, improvvisamente, si spegnesse.
« Beh,» fece Gabriel, mettendo da parte telecomando, caramelle e quant’altro e liberando più spazio possibile sul tappeto. « io scommetto che un modo per farti dimenticare ce l’ho.»
Balthazar si tolse le mani dalla faccia, decisamente interessato. Lo guardò, si guardarono; i loro sorrisetti sardonici dissero tutto il resto.
Quella giornata stava per avere dei risvolti interessanti.



















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ps: lo so che tutte avete invidiato quell'allocco.
   
 
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