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Autore: DiDiGlee    24/04/2014    0 recensioni
Un anno dopo la loro rottura, finalmente Blaine parte per NY, sperando in una riappacificazione, ma scopre presto che Kurt ha un altro perfetto fidanzato.Tutto questo fino a che non capisce che Kurt è caduto in una relazione abusiva..
OOC!Kurt
Canon fino alla 4x06
Genere: Angst, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Eccomi qua! Oh well, questo capitolo mi fa sempre stringere il cuore. A voi i commenti!
Enjoy.



“Stai bene, Blaine?”

Kurt si inginocchiò accanto al suo ex. Sentiva le vertigini, e non solo per l’impressionante livello d’alcol che aveva nel sangue, ma anche per aver visto Blaine a terra in quel modo. 

Mentre stringeva disperatamente la sua giacca, Kurt fu catapultato nel passato. 

Era la battaglia di Bad, insieme agli Usignoli. Fu colpito da una granita indurita grazie al sale per colpa di uno stronzo; faceva qualche differenza con il presente? Blaine era ferito, e come era stata colpa di Kurt quella sera, lo era anche adesso. 

Se Kurt non fosse stato ostile e stronzo con Sebastian fin dall’inizio, la Dalton non si sarebbe mai sentita incoraggiata ad agire in quel modo contro di lui. Avrebbe dovuto mostrare un po’ di fiducia nella sua relazione con Blaine, invece aveva scritto su tutta la faccia “Per favore non portarmi via il mio ragazzo” ogni volta che Sebastian era intorno, e quel dannato figlio di puttana si era approfittato delle sue insicurezze. 

Se non fosse stato per il modo in cui Kurt parlava di Blaine, Andrew non avrebbe mai fatto una cosa simile. Se non avesse mai menzionato Blaine, Andrew non avrebbe nemmeno saputo che Blaine era il suo ex fidanzato traditore, ma Kurt non era stato capace di tenere la bocca chiusa, aiutato dall’alcol e da quei sentimenti di miseria e dolore. Rimpiangeva di avergli detto tutte quelle cose su di lui. Rimpiangeva di aver parlato di Blaine, e pensato a lui, e sognato di lui, e continuato a piangere per lui. 

“Non andartene con lui, Kurt,” gli stava dicendo Blaine, prendendo le sue mani. “Non andare!”

Per un secondo, Kurt fu tentato. Voleva arrendersi, prendersi cura di lui, stringerlo tutta la notte, consolarlo e baciarlo fino a quando non fosse riuscito ad allontanare tutte le sue paure. Voleva credere che potessero essere di nuovo qualcosa, insieme, e che il passato non dovesse più importare. 

Ma importava. Eccome se importava. Se così non fosse stato, allora perché avrebbe dovuto fare così male? Un dolore del genere era impossibile da ignorare. 

“Kurt, ti sto implorando, non andartene con lui.”

Sentiva Blaine che lo pregava, ma non registrava sul serio le sue parole. La mente di Kurt era occupata da un solo pensiero. Andrew avrebbe pagato per quello. Kurt non lo avrebbe lasciato perdere come aveva fatto con Sebastian. 

A quei tempi, quando andavano ancora al liceo, Kurt aveva disprezzato la violenza. Si ricordava perfino di aver parlato con Santana di quanto volesse picchiare Sebastian, ma non poteva accettare un occhio per occhio. Letteralmente. 

Il modo in cui Kurt stava gestendo le cose, nel presente, era un po’ diverso. 

La violenza non era molto più che un modo per sfogare la frustrazione. Bisognava tirarla fuori in qualche modo, giusto?

Blaine mosse cautamente la mascella, controllando i danni, e Kurt, vedendolo, dovette resistere all’urgenza di cullarlo e passare un dito sulla ferita che aveva sul mento. 

Invece, controllò velocemente che Blaine stesse bene. Colpito e ferito, sì, ma non seriamente. Non c’era bisogno di andare al pronto soccorso. Però non poteva nemmeno lasciarlo da solo. 

“Ehi, ragazzi, c’è qualcosa che posso fare?”

E grazie al cielo Chandler era lì. Se c’era ancora un po’ di buono nel mondo, Chandler Kiel ne era la personificazione. Era come un cane felice, a volte un po’ troppo fuori dalle righe. Kurt ancora non capiva cosa spingesse Chandler ad andare al Babylon ogni venerdì sera, ma era grato che lo facesse, perché a un certo punto parlare con lui era diventata l’unica cosa che Kurt aspettava per tutta la settimana, anche se era tutto basato sulle sue bugie. 

A volte si ha semplicemente bisogno di un amico che possa guardare oltre tutto lo schifo che ti circonda ed esserci per te, indipendentemente da tutto. 

La presa sulla sua mano si rafforzò. Kurt guardò il suo ex e si ritrovò perso nelle profondità di quegli occhi color caramello. Blaine era spaventato da quella situazione, e vederlo così gli spezzava il cuore. Aveva già dovuto fare i conti con tanta violenza nella sua vita – il ballo alla Sadie Hawkins, la granita degli Usignoli. Non era necessario aggiungere anche le scenate di gelosia di Andrew alla lista. 

Tentò un debole sorriso, cercando di parlargli con lo guardo. Non avere paura, tesoro. Non c’è niente di cui avere paura. Starai bene. 

Blaine scosse lentamente la testa. No, non ci credeva. 

“Ti chiamo domani,” promise. Era tutto quello che Kurt era capace di dargli, al momento. La promessa di una chiamata. La prospettiva di stare in contatto, anche se sapeva che era probabilmente la cosa sbagliata, e che non avrebbe dovuto volerlo così tanto. Ma voleva ancora Blaine nella sua vita, per quanto facesse male. Forse un giorno avrebbe finalmente imparato ad affrontare tutto il dolore, oppure a conviverci. 

Fino a che non avrebbe trovato il modo per lasciarne andare un po’. 

Gentilmente si liberò dalla sua presa, e si alzò in piedi. Lasciarlo in quel modo era più difficile di quanto pensasse, ma c’era abbastanza rabbia in circolo dentro di lui da carburarlo. Si sarebbe assicurato che Andrew non alzasse mai più una mano su di lui. 





Entrò nel taxi, chiudendo violentemente la porta e facendo alzare un sopracciglio all’autista. 

“Vai!” disse Andrew, poi si appoggiò allo schienale mentre la macchina si immetteva nella strada. 

Kurt strinse i pugni nel tentativo di non tremare mentre fissava le luci della città e cercava di tenervi lo sguardo puntato, nonostante si sentisse così perso. 

La colpa e la preoccupazione lo travolgevano. E se Blaine non fosse stato bene? Avrebbe potuto avere qualche tipo di ripercussione. Avrebbe potuto essere sotto shock. Avrebbe potuto avere qualche problema non visibile a prima vista. Kurt si maledì per non averlo portato subito in ospedale per farlo controllare. 

Tirò fuori il cellulare per mandare un messaggio a Rachel, ma le dita gli tremavano troppo violentemente. Ripose il telefono nella tasca, poggiandosi poi le mani in grembo perché non voleva che l’altro lo vedesse tremare. Avrebbe potuto contattare Rachel più tardi e poi, se Blaine non fosse stato bene, Chandler avrebbe sempre potuto chiamare un’ambulanza, e Rachel si sarebbe presa cura di lui. Lo avrebbe notato, se ci fosse stato qualcosa di serio.

“Oh, ragazzo, avrai un mal di testa allucinante domani,” predisse Andrew con una risatina. 

Kurt alzò la testa, senza guardare il suo ragazzo. “Non parlarmi!” disse digrignando i denti. 

“Cosa?” chiese lui divertito. “Sono nei guai?”

“Aspetta che arriviamo a casa,” lo minacciò Kurt. 

Andrew ridacchiò. “Andiamo, cos’hai che non va? Sei davvero arrabbiato perché ho spinto il tuo ex?”

“Sì, è esattamente questo che non va,” replicò Kurt. “Ho un fottuto mal di testa, e tu che fai per farmi sentire meglio?! Ti metti a picchiare i miei amici!”

“Amici?” Andrew esplose in una risata. “Tu stai davvero chiamando “amico” l’idiota traditore?!”

“La mia storia con lui non è affar tuo!”

“Lo è,” ribatté Andrew, alzando le mani, “perché fin da quando il tuo fottuto ex è arrivato in città ti stai comportando come un pazzo.”

Kurt incrociò le braccia. “Non è comunque una buona ragione per fare del male a lui!”

“Mi stava stancando,” scrollò le spalle. “Ti ha fatto piangere.”

“Ho pianto perché volevo piangere,” dichiarò Kurt. “Non ho bisogno che Blaine mi faccia piangere!”

“Bene, perché non vale nessuna delle tue lacrime.”

“Non piango per lui,” negò Kurt con una risata priva di umorismo. 

“E allora per cosa stavi piangendo ieri notte?” chiese Andrew. “Sai com’è, non è facile addormentarsi accanto a qualcuno che respira con la bocca perché ha il naso tappato.”

“Certo, prendimi in giro!” abbaiò Kurt, gettando un’occhiata all’autista che teneva lo sguardo sulla strada. Sicuramente, non era la prima lite che ascoltava. 





Kurt contenne a malapena la sua rabbia durante il viaggio in macchina. Guardò Andrew parlare con l’autista fino a che non arrivarono al loro appartamento. 

Una volta arrivati, Kurt sbottò. Sbatté la porta, poi raggiunse la prima cosa che riuscì a trovare – una ridicola statua di bronzo a forma di pene che lo aveva perseguitato sin da quando era arrivato – e la scagliò contro il muro. 

“Ehi!” gli urlò contro l’altro. “Sei matto? Quella era costosa.”

“Mi prendi in giro? È spazzatura,” replicò sbuffando. “Esattamente come te!”

“Non capisco perché tu sia arrabbiato con me!” sbuffò Andrew, andando a recuperare la statua. “Sono io quello che avrebbe tutto il diritto di essere furioso. Mi stavi mentendo sin dall’inizio, e non sono sicuro di poter perdonare il fatto che tu abbia tradito la mia fiducia.”

“Fiducia? Come se tu avessi mai riposto della fiducia in me. Tu non ti fidi di nessuno, Drew. È la prima cosa che ho imparato di te, ricordi?” replicò Kurt. “Tu credi solo a quello che vuoi.”

“Okay, quindi mi hai mentito sul non essere vergine, e chi se ne frega?” disse Andrew. “Una volta che lo avrai fatto con me non vorrai andare con nessun altro ragazzo, comunque.”

“Oh, tu sei così fantastico, non è vero?!” sbuffò di nuovo. 

“Vuoi che te lo provi?” Andrew si fece più vicino, puntando la statua contro il suo petto. 

“Col cavolo che voglio che tu mi tocchi!” disse disgustato. Strappò la statua dalla presa dell’altro e la strinse forte, facendolo stare indietro mentre lo minacciava di scagliarla di nuovo. “Voglio che tu ti scusi.”

“Per cosa? Aver colpito lo gnomo? Andiamo!” rise Andrew. “Il tuo ex ragazzo è un patetico cucciolo in cerca di coccole, ed è ancora così pazzo di te. Avresti dovuto sentirlo mentre parlava di te come se tu fossi un angelo mandato dal Paradiso,” ghignò. “Mi fa chiedere se lui abbia mai visto il tuo lato cattivo.”

“Promettimi che non lo colpirai di nuovo, Drew!” insisté Kurt, alzando la statua più in alto. “Perché giuro che faccio a pezzi questo posto, se gli metti anche solo una mano addosso. Sono stato chiaro?”

“Piccolo, sei davvero eccitante quando sei arrabbiato e tutto il resto,” disse con un mezzo sorriso, avvicinandosi e cercando di togliergli la statua dalle mani. 

Kurt spinse Andrew via e scagliò la statuetta contro una teca di vetro. Con un suono rumoroso, l’anta andò in mille pezzi, spargendo pezzi di vetro su tutto il pavimento. 

Entrambi sobbalzarono. 

“‘FANCULO!” urlò Andrew, fissando i vetri incredulo. “‘Fanculo, Kurt! Che cazzo c’è che non va in te?”

“Tu! Questo! Tutto!” urlò a sua volta istericamente, puntando un dito accusatorio contro di lui. “Le cose mi stanno sfuggendo di mano! Non ho mai voluto tutto questo!”

“Ma di che cazzo stai parlando?”

“Non voglio che tu faccia del male ai miei amici!” gli urlò di nuovo. “Come fai a non capirlo?”

“Non riguarda i tuoi amici,” rispose Andrew. “Riguarda lui, non è così? Pensi che io sia stupido? Pensi che non veda come ti comporti con lui? Il modo in cui avete ballato insieme? Pensi che io non lo veda?”

Per un minuto, Kurt fu a corto di parole. Divertente, mentre ballava con Blaine aveva semplicemente scordato tutto il resto. Aveva voluto scordare tutto il resto, e lasciare semplicemente che la sua mente vagasse in un posto più bello. 

“Sì, ho ballato con il mio ex. E allora?” Kurt si strinse nelle spalle. 

Andrew rise senza umorismo e si avvicinò lentamente a lui, mettendolo all’angolo. 

“Piccolo, si sta prendendo gioco di te, e tu sei abbastanza stupido da permetterglielo. Sta probabilmente ridendo di te proprio in questo istante, riguardo a quanto sia stato facile metterti di nuovo le mani addosso. Ci stai davvero cascando grazie ai suoi trucchi da quattro soldi?”

“Tu non sai niente di lui,” replicò debolmente, sbattendo le palpebre per scacciare le lacrime mentre si abbracciava il corpo. 

Si sentì improvvisamente male, e il suo stomaco fu preso dai crampi. 

“Giusto,” confermò Andrew. “E non voglio sapere niente di lui. Mi dà già abbastanza fastidio che sia un traditore. Ma mi dà ancora più fastidio vedere quanto tu ancora lo idolatri. È un patetico stupido, ma tu lo tratti come se fosse una stella.”

“Io non-” cominciò Kurt. 

“I traditori tradiranno sempre, piccolo,” disse Andrew. “Sta facendo l’impossibile per fare sì che tu ti fidi di lui, ma saresti uno stupido a credere a quello che dice, non importa quanto voglia impressionarti combattendo contro di me.”

“Sta solo cercando di essermi amico,” spiegò stringendosi nelle spalle. “Ed è sempre stato molto protettivo con me.”

Andrew sbuffò. “Beh, scommetto che non si sente tanto eroico, dopo che gli ho fatto assaggiare La Furia!” Andrew alzò il pugno ghignando. 

Per un breve secondo, Kurt lo fissò e basta, senza sbattere le palpebre, lo shock scritto su tutta la faccia. Una volta, in un momento di debolezza, gli aveva detto di quei brutti momenti passati con Karofsky al liceo, ed era così che lo stava ripagando. 

“‘FANCULO, DREW!”

Con un pianto strozzato, Kurt si scagliò contro di lui. Andrew parò l’attacco, ma Kurt continuò a tirargli pugni fino a che non riuscì a colpirlo. Andrew fece un verso sorpreso, poi imprecò. 

Afferrò Kurt per le spalle e lo spinse contro il muro. “Smettila Kurt, davvero! Ti stai comportando come un maniaco!”

Per un secondo, il mondo di Kurt gli passò davanti agli occhi – che fosse per il suo senso di perdizione o per l’impatto contro il muro, non aveva la minima importanza. 

Andrew lo tenne premuto contro il muro, inveendo contro di lui, ma Kurt non lo ascoltava più. Tutto suonava allo stesso modo, come un eco nella sua testa. 

Kurt odiava quando Andrew lo faceva. 

Ma stranamente, allo stesso tempo, ne era felice. 

Essere premuto contro un muro gli ricordava i tempi in cui era costantemente spinto contro gli armadietti. Alimentava la sua furia, ma allo stesso tempo la leniva, perché quel tipo di dolore era familiare. Qualcosa a cui era abituato. 

Andrew gli chiuse una mano attorno alla gola per tenerlo fermo. “Hai finito di comportarti come un pazzo, adesso?” gli chiese, ma Kurt continuò a combatterlo, dimenandosi contro di lui e facendogli stringere la presa sulla sua gola. 

“Non ho intenzione di lasciarti andare fino a che non mi prometterai di comportarti come si deve,” disse con aria superiore. “E mi ripagherai la teca, mi hai sentito?”

Kurt incominciò a impallidire, provocando una reazione immediata nell’altro. “Oh no, no, no! Tu non ti sentirai male sui miei tappeti!” Lo prese malamente, trascinandolo lungo il corridoio prima di chiuderlo nel bagno. 

Kurt si diresse verso il gabinetto, poi si inginocchiò. La stanza cominciò a girare intorno a lui, e un senso di malessere gli avvolse la gola. Cercò di non vomitare, ma combattere quell’urgenza stava diventando anche peggio. Finalmente, si sporse sul gabinetto e rimise. 

“Sei disgustoso, lo sai?” disse Andrew, stando sulla porta. “Non sembravi così pazzo all’inizio, ma più ti conosco, più mi fai venire voglia di rinchiuderti in un manicomio.”

Kurt non rispose. Stava abbracciando il gabinetto e sentiva il sapore del proprio vomito in bocca.

“E comunque, se non riesci a reggere, non dovresti bere così tanto,” disse Andrew. 

Kurt si pulì la bocca con la carta igienica e si sedette contro il muro. “‘Fanculo,” mormorò, guardandolo male. 

Andrew sparì e Kurt appoggiò la testa all’indietro, sentendosi più che esausto. 

Gli occhi volevano chiudersi. Sarebbe stato più facile dormire e dimenticare tutto, ma doveva ancora chiamare Rachel. 

“Drew, portami il telefono,” lo chiamò debolmente. 

Ma quando Andrew tornò non stava portando il suo telefono. Invece, gli gettò addosso un cuscino. “Tu dormi qui. Ne ho abbastanza dei tuoi drammi. E poi puzzi.”

Kurt non protestò. Era troppo stanco. 

Stiracchiandosi, prese il cuscino e si sdraiò su tappetino. Fu soltanto quando sentì il suono di una chiave che veniva girata che la sua mente ricominciò a funzionare, ma il suo corpo era troppo stanco per collaborare. Avrebbe chiamato Rachel tra un minuto. Aveva solo bisogno di chiudere gli occhi per un secondo.
  
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