Eccomi
qui, di Venerdì come
promesso!
Siccome
sono tornata a casa
alle 3.35, non sono riuscita a preparare i ringraziamenti anche
perché mi avete
incuriosita troppo con la storia del brand new twilight trailer (della
serie:
appena letti i commenti, l’autrice è corsa su
youtube a cercarlo e, ci è
rimasta un quarto d’ora buono in contemplazione, nonostante
Edward non sia
Gaspard. Gaspard, l’Edward Cullen perfetto!!!! )
Allora, parlando brevemente
del capito (scorso e corrente), ringrazio tutte voi che avete
recesito!!! Siete
troppo carine e scrivete sempre dei commenti fantastici! Sì,
Edward si mette a
pulire il pavimento del bagno!!! Però, perché non
è venuto da me quando si è
allagato il mio?? Sniff. È un’ingiustizia!!! Per
il cap 18, sappiate che è
strettamente (moltooo strettamente XD) collegato con il 19, che
posterò
Domenica. Spero sinceramente di non essere finita nel rating rosso.
AVVISO: questo capitolo
contiene una scena erotica => se non volete leggerla, tale scena
comincia più
o meno quando Bella dice: < Edward … sai che giorno
è oggi? > (seconda
metà del cap.)
Spero che questo capitolo vi
possa piacere!!!
Comunque, a parte la deficienza
di questa mia introduzione (colpa del pollo-funghi-bambù del
cinese di oggi. In
realtà erano funghi allucinogeni XD), vi ringrazio ancora
per i commenti
(graditissimi, anche quelli lunghi! Mi piace troppo sapere quello che
pensate,
non preoccupatevi di essere prolisse!).
Per quanto riguarda i volturi,
vi avviso: Per Edward e Bella non sono tutte rose e fiori. Tra qualche
cap ci
sarà il rientro in scena di alcuni personaggi. Non voglio
dirvi altro!!!
Grazie ancora a tutte, un
bacio e a Domenica, sempre intorno a quest’ora …
Cassandra!
In
punta di piedi, sgattaiolai in cucina … devo dire che avrei
anche potuto
correre urlando dato che nella mia famiglia alle due di notte nessuno
dormiva e
i loro sensi erano talmente sviluppati da permettere loro di
distinguere anche
il minimo suono nel raggio di centinaia di metri ma, ingenuamente, mi
auguravo
che nessuno si accorgesse di me.
Sta
di fatto che, visto che Edward se ne stava nella sala del pianoforte,
così
l’avevo ribattezzata, a comporre musica e degli altri non
c’era nessuna
traccia, quatta quatta mi diressi al frigorifero.
Non
so come, lo raggiunsi senza inciampare. Già ero imbranata di
mio, figuriamoci
al buio, di notte, in una casa in cui abitavo da neanche tre mesi.
Quando
aprii l’anta per tirare fuori qualcosa da mangiare (avevo
voglia di meloni. In
quel periodo avevo sempre voglia di meloni, ed era gennaio!) sentii la
voce di
Edward che mi rimproverava da dietro le mie spalle.
<
Bella … è notte fonda. Torna a dormire. >
Sospirai,
sconsolata e, tenendo il frigo aperto, mi voltai verso di lui,
illuminato dalla
luce fioca che veniva dal mio scrigno delle prelibatezze.
<
Mi è venuta fame. > tentai di giustificarmi.
<
Sì, lo avevo sospettato … ma mangiare la frutta
fredda da frigo a quest’ora …
ti resta sullo stomaco. Non vorrai mica stare male. Devi aspettare
almeno
mezz’ora. >
Lo
guardai male e lui mi strinse a se ridacchiando.
Quando
il mio naso sfiorò il suo collo, lasciai andare la portiera
del frigo, che si
chiuse lasciandoci al buio, e lo abbracciai con tutte e due le braccia.
Se non ci
fosse stata Elizabeth fra noi due, l’abbraccio sarebbe stato
molto più
sensuale, ma a noi andava benissimo così.
<
Ti ho tirato fuori un melone una ventina di minuti fa … ma
aspetta ancora un
po’ prima di divorartelo. È ancora molto freddo.
>
Alzai
il capo e fissai il punto in cui sapevo si trovavano i suoi occhi.
Esattamente
sopra il suo magico sorriso.
<
E sentiamo, come mai dici che voglio proprio il melone? Magari questa
sera mi
andava qualcosa di diverso … Forse riesci a leggere nei miei
pensieri adesso?
>
Mi
baciò la fronte e seppi che stava sorridendo.
<
Bella … preferivo quando, nel sonno, chiamavi me invece che
un frutto arancione
e puzzolente … > e scosse il capo, fingendo
rassegnazione.
<
Il melone non puzza. Profuma. Ed è anche buono. >
feci io. Fortuna che era
scuro. Ero arrossita. Da quando ero incinta, le mie reazioni erano
state più
vistose, meno controllabili. Arrossivo sempre, per cose quasi normali.
Avere le
emozioni così ben in vista mi metteva a disagio, un pochino
… c’era gia il
battito del mio cuore ad imbarazzarmi …
<
Più buono di me? > Edward appoggiò le sue
labbra sulle mie. Cominciò a
succhiare, piano piano, il mio labbro inferiore e ad accarezzarmi i
denti con
la punta della lingua. Appena la mia incontrò la sua, mi
avvinghiai ai suoi
capelli. Quando si allontanò, nonostante i miei sforzi per
impedirglielo, mi
domandò:
<
Allora? >
<
Allora cosa? >
<
Cosa ti piace di più? Il melone o un mio bacio? >
<
Sai già la risposta. >
<
Sì, è vero … ma mi piace sentirtelo
dire … >
Lo
guardai negli occhi per un istante.
<
Il melone! > E feci finta di correre via, ridendo, dopo aver
afferrato il
frutto che lui aveva appoggiato sul tavolo.
Naturalmente,
lui mi afferrò poggiando leggero le mani sulla mia pancia.
Mi
bloccai all’istante. Mi costrinse ad appoggiarmi con la
schiena al suo petto.
Le sue mani mi accarezzavano e salirono veloci fino a raggiungere il
collo.
Voltai il capo abbastanza da sentire il suo respiro gelato sulle mie
ciglia.
Chiusi
gli occhi e lasciai che mi baciasse le palpebre e le labbra. Quando il
suo
respiro mi invase la bocca non capii più niente. Lasciai
cadere il frutto, che
rotolò lontano da noi, e affondai le mani nei suoi capelli.
<
Meloni … Bella … mi dispiace. Temo che
dovrò dare il meglio di me per
convincerti del contrario. > faceva la voce addolorata ma,
quando un lampo
illuminò la stanza (naturalmente diluviava), lo vidi.
Sorrideva malizioso.
<
Non credo che riuscirai a convincermi così facilmente
… >
<
Infatti. Ho detto che mi applicherò molto. > e mi
prese tra le braccia.
Mi
adagiò sul letto e mi raggiunse.
Da
quando ero tornata, avevamo trascorso molte serate in quel modo.
Semplicemente
abbracciati, a scambiarci carezze più o meno caste. A
baciarci, non sempre
sulle labbra. Ma, da quando ero tornata, non lo avevamo mai fatto. Non
c’era un
motivo preciso … semplicemente, non era ancora accaduto.
Dopo
i primi giorni d’assestamento trascorsi ad ingozzarmi e
osservare il cielo
pieno di nubi, giorni durante i quali non mi allontanavo mai da Edward
che mi
seguiva ovunque (benedetta porta del bagno! Almeno quel limite a volte
lo
rispettava!), nelle prime settimane ero sempre molto stanca. Dovevo
ambientarmi. La variazione di clima, di cibo, d’aria
… la presenza costante di
Edward … tutti questi cambiamenti mi avevano provata. Avevo
avuto per un po’ le
nausee ma Carlisle ci aveva rassicurato, poteva capitare. Dormivo in
continuazione. E soprattutto, non avevo molta voglia di adempiere ai
miei
doveri matrimoniali. E me ne stupivo io stessa. Per mesi avevo
desiderato poterlo
fare … e adesso semplicemente non mi andava. Preferivo
restarmene calma a farmi
coccolare.
Edward
naturalmente non mi diceva nulla. Sapevo che lui avrebbe atteso che
fossi io a
volerlo.
Temeva
che fossero la paura, i ricordi a bloccarmi e a nulla erano valsi i
miei
tentativi di convincerlo del fatto che non ne avevo voglia ma che Caius
non
centrava niente.
Una
sera, mentre il mio sposo era a caccia, osai persino prendere da parte
Carlisle:
<
Carlisle … potresti venire un attimo in camera? >
<
Certo … > una volta nella stanza mi aveva chiesto:
<
Che cosa c’è? Non ti senti bene? > Aveva
già in mano la sua mitica borsa da
dottore.
<
No, no … la salute non centra … > Ero
arrossita fino alla punta dei capelli.
<
Senti, da dottore … >
Si
sedette accanto a me sul letto e mi prese gentilmente la mano: <
Da dottore
… >
<
Ehm, è un argomento un po’ imbarazzante
… > Mi aveva sorriso divertito.
In
effetti era stupido che mi vergognassi, era il mio medico. Avrebbe
fatto
nascere la mia bambina e mi aveva già sottoposta ad una
visita ginecologica,
appena pochi giorni prima …
Ma
oltre ad essere il mio dottore, era anche mio suocero!
<
Ecco … appena ho rivisto Edward, ero talmente contenta che
non capivo più
niente. Ma da quando sono tornata, da un mese, non ho più
voglia di … fare …
>
Pensavo
che non sarei riuscita ad arrossire ulteriormente ed invece ebbi la
smentita
proprio in quel momento.
<
Non hai più molta voglia di avere rapporti con Edward
… ? >
Annuii
e chiusi gli occhi.
Passandomi
una mano sulla schiena, mi rassicurò: < Certamente,
hai subito un forte
trauma … ma probabilmente è dovuto al fatto che
sei ancora al terzo mese … in
questo periodo della gravidanza c’è sempre un calo
del desiderio. Non devi
preoccuparti. Se il problema dovesse continuare, avvisami. Non
vergognarti.
Vedrai che fra qualche tempo tutto tornerà come prima.
Edward ti fa pressione?
>
<
No! assolutamente … era solo, che ero preoccupata. >
<
Tranquilla, si sistemerà tutto. Magari, quando siete solo
… cercate di stare in
intimità. Ti aiuterà ad abituarti piano piano. E
mi raccomando, chiamami per
qualsiasi cosa, intesi? > Annuii e lui mi diede un bacio sulla
fronte, poi
mi lasciò sola, a pensare.
Naturalmente
Edward, dopo essere tornato, scoprì l’oggetto
della nostra conversazione. E non
perché glielo rivelò Carlisle, che da bravo
medico sigillò i suoi pensieri per
mantenere la mia privacy, ma perché alla fine, esasperata,
fui io stessa a
dirglielo:
<
No, Edward … no, non sto male. Ti assicuro. >
<
E allora perché hai voluto parlare da sola con Carlisle
mentre io non c’ero?
Perché lui ha fatto uscire tutti gli altri? > Era
davvero in ansia. Prese il
mio mento tra le dita e, obbligandomi a fissarlo negli occhi, mi
implorò:
<
Ti prego. Dimmelo. Sono tuo marito, non ti senti libera di sfogarti con
me? Di
dirmi la verità? Stai male? Ti prego. L’angoscia
mi divora, e tu lo sai. >
Cedetti.
Di fronte alla sua bellezza, alla sua dolcezza, al suo sorriso. Alla
sua paura
Sentivo
le guance diventare bordeaux. Lui mi fece sedere sulle sue ginocchia e
mi
accarezzò gentile. Trovai la forza e il coraggio di
proseguire,sussurrandogli
all’orecchio:
<
gli ho chiesto se fosse grave che non mi vada più tanto di
fare l’amore … >
Senza
che potessi aspettarmelo, mi strinse in un abbraccio confortevole e
scoppiò a
ridere.
<
Mi hai fatto spaventare. Chissà cosa mi credevo! Non
preoccuparti. Lo faremo
quando ne avrai voglia. In fondo sei al terzo mese …
è normale. E dopo tutto
quello che hai passato … > e mi scoccò un
bacio casto sui capelli.
Da
quel giorno, ogni sera, mi faceva addormentare carezzandomi e cantando
la
ninnananna per me.
Quando
le sue mani, più leggere della seta, mi accarezzavano dei
punti sensibili, lui
mi sussurrava: < ti amo > nient’altro.
Adesso
però sentivo che lo volevo. Desideravo sentirlo parte di me.
<
Edward … sai che giorno è oggi? >
Avvicinò
le labbra al mio orecchio e, dopo averne sfiorato il lobo con la
lingua,
sussurrò:
<
Oggi, Amore mio, è il 18 gennaio. L’anniversario
del nostro incontro. È da tre
anni che ho ricominciato a vivere … > e mi
baciò la guancia. Si spostò
sempre di più verso le labbra e, quando le ebbe raggiunte,
le assalì con dolce
impeto.
Le
mie mani s’insinuarono sotto la sua camicia mentre le sue mi
percorrevano
vogliose il volto. Cominciai a respirare affannosamente.
Lo
sentivo. Era eccitato quanto me. Appena si accorse che me ne ero resa
conto,
allontanò il suo bacino dal mio sdraiandosi al mio fianco.
Tenendogli la mano,
gli salii a cavalcioni sul petto.
Ero
contenta di non dovermi preoccupare del peso, con lui.
Da
quando anche la seconda ondata di nausee si era dissolta, avevo
cominciato ad
ingrassare notevolmente. Sebbene fossi alla ventunesima settimana,
avevo già un
grosso pancione. Secondo i miei due medici personali, ogni donna era un
caso a
sé e che il mio bel pancione già così
ingombrante non poteva che essere un buon
segno.
Sbottonandogli
lentamente la camicia, gli domandai:
<
Che ne dici di festeggiare? >
Mi
accarezzò la guancia e, scrutando nel profondo dei miei
occhi, cercò
l’indecisione.
Non
trovandola, non rispose, ma si limitò a reclinare il capo
all’indietro e a
chiudere gli occhi.
Con
il suo aiuto, riuscii a sfilargli la camicia e cominciai a passare con
le mani
sui suoi muscoli, sui suoi addominali. Risalii fino al suo petto, che
accarezzai, e poi raggiunsi il suo collo. Con le mani glie lo
massaggiai, per
quanto sia possibile massaggiare una statua di marmo, e poi gli passai
i
pollici sulle tempie, sulle palpebre, sulle occhiaia. Cercai di
sdraiarmi su di
lui, ma per paura di schiacciare Elizabeth mi limitai ad appoggiarmi
alle sue
spalle.
Riaprì
gli occhi e con lentezza mi osservò.
Con
la mia bella pancia ben in vista da sotto la maglietta del pigiama, mi
sentivo
una balena ma lui non pareva curarsene.
Mi
levò la maglia e mi lasciò in reggiseno. Ora ero
costretta a portare la quarta.
Un’intera taglia in più!
Mi
accarezzò il pancione e poi con entrambe le mani raggiunse
la mia schiena. Dopo
averla percorsa a lungo, sganciò il reggiseno. Un clic sordo
nell’oscurità
della notte. I nostri respiri accelerati e il battito forsennato del
mio cuore.
<
Sei splendida … > mi sussurrò mentre,
stupidamente, mi coprivo con le
braccia.
Mi
prese la mano sinistra e se la portò al naso.
Dopo
aver annusato a lungo il mio polso, là dove le mie vene
erano più vicine al
sottile strato di pelle candida, sospirò.
Poi
cominciò a baciare le vistose cicatrici violacee che
devastavano il mio
avambraccio. Erano gonfie, in rilievo rispetto al resto della pelle.
Erano
orribili … eppure Edward le accarezzava con le labbra con
tanta cura e tanto
amore che non mi importò più quanto brutte
fossero, quanto deturpato risultasse
il mio braccio.
Con
dolcezza, mi aiutò a sfilarmi i pantaloni del pigiama.
Mi
sdraiai di lato, sopra di lui, mentre lasciavo che le sue mani
percorressero il
mio corpo, ovunque.
Erano
dolci, esitanti, attente.
Solo
a tratti percepivo la sua impazienza.
Quando
mi sfiorò il lato di un seno, emisi un gemito di piacere e
gli baciai la
guancia.
<
Edward … e se gli altri ci sentono? >
forse era un po’ tardi per pensarci.
Arrivati a quel punto, non avevo alcuna intenzione di smettere, che ci
sentissero, chi se ne importa. Eravamo persino sposati, io ero incinta
… cosa
credevano, che giocassimo a carte di notte? Certo, Emmett mi avrebbe
preso in
giro, ma ci avrebbe pensato Edward a farlo stare zitto.
<
Bella … > mi disse Edward con voce affannata <
siamo soli, io e te. Alice
ha detto che avevi bisogno di stare sola con me … e
così sono andati tutti a
caccia. >
<
Ma piove … >
<
ti assicuro, Amore, non è un problema. > e prese a
baciarmi con avidità il
collo.
Mi
fece sdraiare al suo fianco e poi, dopo aver avvicinato il suo capo al
mio,
fece scivolare la sua mano sotto la stoffa dei miei slip.
Rimasi
immobile per alcuni istanti, e lo stesso fece lui.
Dovetti
aspettare qualche momento, prima di calmarmi, di allontanare tutti i
pensieri
spiacevoli.
Ero
con Edward e ci amavamo. Nient’altro contava.
Mi
rilassai e sfiorai il volto di mio marito.
Con
mani incerte, mi avvicinai all’orlo dei suoi pantaloni e
cercai di levarglieli.
Lui mi aiutò e rimase in boxer.
Incerta,
vi appoggiai la mano sopra e lui sospirò.
Era
strano vedere come si stesse sforzando di trattenersi. Era tenero.
Decisi
di osare di più ed infilai la mia mano sotto la stoffa.
Lui
non disse niente, limitandosi ad un gemito.
Il
suo corpo era freddo, mentre il mio pareva ardere. Sentirlo
…
<
Edward … > sussurrai.
<
Sì? >
< No, niente … >
<
Adesso mi dici. > mi intimò.
<
Sei freddo … Devo aspettare mezz’ora anche con te?
>
Rise
e poi scosse la testa. < No, non credo. Hai già
aspettato abbastanza. Tu che
dici? >
Invece
di rispondere, tolsi la mia mano da sotto il suoi boxer e strinsi la
sua,
appoggiata sul mio bassoventre.
In
un attimo, fu sopra di me. Mi stava riempiendo di baci il collo. Non
avvertivo
minimamente il suo peso. Tra il suo corpo e la mia pancia due
centimetri di
vuoto.
Scese
ad accarezzarmi il seno. Le sue mani si posizionarono sulla mia vita.
Poi
presero strade diverse. La destra scese e raggiunse la mia schiena,
dove
tracciò decisa la linea della mia spina dorsale. La sinistra
raggiunse il seno
su cui si erano intanto soffermate le sue labbra.
Mi
massaggiava lentamente. Appoggiò per un attimo la fronte sul
mio sterno, tra i
miei seni, e portò entrambe le mani sotto le mie scapole. Mi
strinse a se ed
inspirò il mio odore.
Io
intanto ansimavo e, ad occhi chiusi, cercavo di rimanere calma.
Appoggiai
le mie mani sulle sua schiena, in un abbraccio dolce e carico
d’amore.
<
Bella, ti adoro. Sei così dolce … ti emozioni
sempre. Così rossa … il tuo cuore
che batte furioso … > cercò di
allontanarsi un po’ per poter osservarmi
meglio. Mi vergognai del suo sguardo avido e cercai di stringerlo
più a me.
Sentivo
la sua pancia contro il mio pancione. Ovviamente, non avvertivo
minimamente il
suo peso.
Ad
un certo punto, mentre con la lingua giocava con il mio capezzolo
inturgidito,
decisi di agire.
Con
le mani gli accarezzai la schiena, fino ad arrivare ai boxer. Lui, che
si
teneva sui gomiti e sulle ginocchia, capì subito le mie
intenzioni. Sorrise
malizioso e mi disse:
<
Perché ti fermi? >
<
Non mi fermo. > gli risposi decisa, e feci scivolare
l’indumento lungo le
sue gambe. Con un gesto veloce, se ne liberò e poi, dopo
essersi seduto sui
talloni, mi sussurrò: < Ora tocca a me. >
E,
con la punta del dito indice, tracciò il profilo dei miei
seni. Si soffermò
sulla punta di entrambi e, seguendo le curve abbondanti del mio corpo,
raggiunse l’ombelico. Si chinò in avanti per
baciarlo e poi seguì la sottile
linea scura che congiungeva quel piccolo bottoncino in cima alla mia
pancia al punto
più nascosto nel mio corpo. Non riuscii a dominare il mio
corpo e, a quel
contatto, mi incurvai, costretta a bloccare il tremito di piacere che
aveva
cominciato a scuotermi.
Purtroppo,
la pancia mi bloccava la visuale del corpo nudo del mio sposo, mentre
lui
poteva osservarmi benissimo, mentre mi contorcevo per trattenere i
gemiti.
Quando
le sue dita gelide, che ad ogni tocco mi facevano sussultare,
raggiunsero la
stoffa bianca delle mie mutande molto poco sexy ma tanto, tanto comode,
trattenni il respiro. Si abbassò di nuovo per baciarmi sopra
la stoffa,
inumidendosi le labbra. Mi sentii morire di vergogna. Lentamente, mi
sfilò le
mutandine facendomi sollevare le gambe.
Mi
accarezzò.
Nonostante
ostentasse sicurezza, anche per lui era solo la seconda volta ed era
molto
emozionato. Non sapeva bene neanche lui cosa fare e soprattutto come
farlo.
Mi
riempì di baci e lasciò che io fossi pronta,
accompagnando il mio respiro con
le sue carezze, delle mani e della lingua. Il mio corpo contro il suo.
Si
posizionò in modo che i nostri bacini
s’incontrassero e io cominciai a tremare.
In parte era colpa del freddo, in parte dell’eccitazione
crescente. Gli
abbracciai la vita con le gambe. Lui sciolse l’abbraccio con
dei gesti gentili
delle sue mani, e, quando io feci per ribattere, posò il
dito sulle mie labbra:
< Non dire niente … > e poi mi
baciò. Le sue labbra contro le mie per
solo un istante.
Scivolò
lungo il mio corpo nudo. Sfiorò le mie guance con le mani
mentre con la lingua
mi tormentava, illudendomi e poi ritirandosi.
Tra
i miei ansiti, lo chiamavo e lui era sempre lì, pronto a
sussurrarmi che mi
amava, che sarebbe stato con me per sempre.
Accomodandosi
meglio tra le mie gambe, mi accarezzò i glutei e poi i
fianchi. Le sue dita
cercarono me, il mio corpo, la sua parte più nascosta. Dopo
avermi carezzata a
lungo con discrezione, attento ad ogni mio tremito, ad ogni mio mugolio
strozzato, si abbassò a baciarmi. Strinsi il lenzuolo nelle
mani. Mi baciò
l’intermo delle cosce e succhiò la pelle di quel
punto, fino a lasciarmi un
leggero segno rosso. Poi si rimise con la fronte poggiata dolcemente
sulla mia
e mi baciò le labbra. Le sue erano amare. Quando le sue mani
ghiacciate
accarezzarono il mio seno, estremamente sensibile, mi inarcai per
l’ennesima
volta. Vedevo i suoi caldi occhi dorati bruciare di passione. Sentivo
il mio
corpo accaldato e sudato che desiderava il suo, freddo e perfetto. Con
le mani
gli accarezzai la schiena e scesi. Volevo donargli le emozioni e le
sensazioni
che lui aveva appena donato a me. Per lo meno volevo provarci. Mi
vergognavo e
lui se ne accorse. Bloccò la mia mano tremante prima che
potessi raggiungere il
mio obbiettivo e la portò al volto. < Non
è necessario, Amore, non
preoccuparti. > La baciò con grazia. Si
soffermò sulla sottile linea d’oro
intorno all’anulare, poi, con dolcezza si aiutò un
momento per unirsi a me.
< Pronta? > un sussurro smorzato. La sua voce era molto bassa, roca. Sensuale, persino più del solito ...
Piccola
nota dell’autrice:
Allora, vi è piaciuto il cap? spero
di sì!!! Non preoccupatevi, domenica continuerò
ESATTAMENTE da dove ho
lasciato. Avrei preferito scrivere tutto in questo cap, ma sarebbe
venuto
troppo lungo. Sorry! Preferisco non affrettare le cose, soprattutto
queste cose
XD
Volevo dirvi: la storia del
melone …
Tutto nasce dal fatto che mia
madre, quando, centinaia di anni fa, era incinta di me di notte si
svegliava e
andava a razziare il frigorifero, facendo incetta di meloni. Lei e i
meloni
erano la coppia felice e mio padre era relegato al secondario ruolo di
marito e
quasi-padre. E allora lui, di notte, si alzava e le tirava fuori dal
frigo i
meloni perché così mia madre non se li sarebbe
mangiati freddi gelidi alle 3 di
notte, evitandole una congestione e cercando di farsi notare di nuovo
da lei,
innamorata persa del frutto arancione! Era
una storia carina è così ho deciso di inserirla
nella ficcy!
Spero vi sia piaciuta come
cosa. Ancora un bacio, vi aspetto! A domenica!
PS:
A me i meloni fanno schifo
XD