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Autore: Koaluch    25/04/2014    4 recensioni
Tutti potevano ammirare il lato luminoso della Luna, proprio come tutti potevano vedere in Ale la persona brillante che era. Pochissimi esseri umani però erano riusciti a vedere il lato oscuro della Luna, quello nascosto alla Terra.
Così come questo meraviglioso satellite eclissa il suo lato buio, Ale, il nostro protagonista, cela nel suo animo un segreto che lo macchia nel profondo, obbligandolo a nascondere quella parte di sé che l'ha cambiato drasticamente da quando aveva tredici anni.
Il nostro protagonista si ritroverà ad odiarsi, o meglio, odiare ciò che si cela in lui, poiché se stesso è ciò che mette davvero in pericolo la persona che ama.
Ma perché è diventato così? Perché non può avvicinarsi a lei, che subito entra in campo l'istinto di farle del male?
Nessuno sa come e perché quel giorno il fato ha deciso di cambiare la sua vita per sempre.
 
"Perché quella ragazza magnifica non sarebbe mai potuta essere sua. Nemmeno se Ivan non fosse mai esistito. Nemmeno se quell'episodio al mare non fosse accaduto. Nemmeno se lei lo avesse voluto."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre anni dopo.

L'Aston Martin DBS sfrecciava verso il mare, nera come la notte, in contrasto con il panorama caldo e lucente che il sole conferiva. 
“Quando farete guidare me?” Sbuffò Ale
“Quando avrai la patente! Pazienta un anno ancora!”
“Tanto la guido sempre!”, era vero, la guidava ed era anche bravo, ma solo quando Dario non se ne accorgeva o non riusciva ad impedirglielo. Ovviamente suo fratello non voleva che se ne andava in giro senza patente, e ogni volta che succedeva gli faceva una bella ramanzina.
“Beh ora ci sono io in macchina e non voglio rischiare di perdere la vita.” 
Ale sbuffò di nuovo. Dario era sempre così serio. Il resto del viaggio trascorse in silenzio, escluso Marco che tentava di imitare le canzoni alla radio. Tentava perché “cantare” non era proprio il termine più adeguato per i versi strozzati che stava emettendo.
Ale  fissò lo scorrere della strada fuori dal finestrino finché una vasta macchia di pini marittimi non lasciò spazio a spiagge e ristoranti di pesce. Oltre le costruzioni si intravedeva un'infinita distesa d'acqua color del cielo increspata da una moltitudine di onde che la rendevano ancor più affascinante. In lontananza i pescatori se ne stavano stravaccati su sedioline allestite su ponticelli affacciati sul mare, in attesa che la loro canna da pesca catturasse qualche preda di cui vantarsi quella sera stessa.
Dario trascorse una decina di minuti per trovare parcheggio sul lungomare poi finalmente si fermarono e scesero vicino al loro solito stabilimento. Purtroppo però, quell'estate non erano ancora potuti andarci, se non qualche rada domenica di luglio.
La gente che passava indossava sottili costumi alla moda, dai colori più vivaci. Alcune donne portavano un pareo da spiaggia e i bambini avevano cappellini di stoffa o di paglia.
“Ancora non ho capito perché veniamo al mare agli inizi di febbraio” si lamentò Ale. Ci era stato anche con i suoi amici durante l’estate, ma adorava andarci con i fratelli. Quei tre erano inseparabili.
“Perché, fratellino, noi non siamo stati tutta l’estate a guardare le nuvole che passano. Non è colpa nostra se ci hanno mandato in ferie solo ora.”
Ale sbuffò. Avevano ripetuto quella storia almeno una decina di volte durante l’estate. Solo che non era riuscito a farsene una ragione. Era riconoscente a Dario e Ale per il lavoro che facevano per mantenere la famiglia (anche se i soldi non mancavano di certo), però pensava comunque che lavorassero troppo.
“Tieni Ale, comincia ad andare” disse Dario buttandogli addosso i loro teli da mare.
Sempre tutto io!  pensò mentre si incamminava verso la loro spiaggia, con gli asciugamani che rischiavano di cadergli da un momento all'altro. In fondo però era felice di quell'occasione di rilassarsi un po' con i suoi fratelli.
Marco lo stava guardando allontanarsi con una faccia preoccupata che non era da lui.
“Sei sicuro che le pasticche che prende e che tu hai inventato per il suo problema non creeranno problemi? D'altronde non si può mai sapere con lui...”. Disse mentre guardava il fratello allontanarsi.
“Tranquillo Mark, sono o non sono il medico più geniale?" si vantò con un sorriso, ma tornò subito serio, "Mi dispiace non poter dare garanzie, ma fare tutto da solo non è facile.” Effettivamente, inventare un medicinale non è cosa da tutti. Dario si era trovato costretto a sfruttare il suo intelletto al massimo per dare al fratello una possibilità di vivere normalmente, dato che non potevano rivelare a nessuno il segreto che Ale e i suoi fratelli tenevano gelosamente custodito da tre anni.
L'altro rispose con una smorfia, “Sai qual’è il problema!” Dario rimase sorpreso. Marco non era mai stato così serio. 
“Si, lo so. Non funzionano al cento per cento e si limitano a frenarlo in parte. Non sono riuscito a fare di meglio. Farmaci o tranquillanti più potenti avrebbero avuto effetti devastanti su di lui.”
“Dai, non abbatterti. Non potevi fare di meglio, lo so. E poi fino ad ora non hanno dato problemi."
“Sì, ci staremo attenti. Ora andiamo” iniziò a incamminarsi.
 Un bambino andava in giro con la ciambella a forma di papera in mano e il padre gli correva dietro tentando di riacciuffarlo. Sorridendo, attraversarono la strada ed entrarono. La spiaggia era pulita e completa di bar/ristorante, cabine, campo da beach volley e c’era addirittura una piscina. Da una parte i bambini giocavano e ballavano insieme agli animatori, mentre i loro genitori si rilassavano prendendo il sole o facendo un bagno.
“Datevi una mossa!”, si girarono e videro Ale che si sbracciava. Il costume nero che indossava mostrava il resto del corpo agile, muscoloso ma non troppo ed elastico, fisico che si era scolpito giorno per giorno con duri allenamenti. Non era il tipo di ragazzo che si pompava i muscoli per mostrarli in pubblico, lui sapeva anche come utilizzarli, però era comunque molto attraente e ogni volta che passava le ragazze si giravano a guardarlo. 
Dario e Marco si diressero verso quella parte. La sabbia bruciava sotto il sole cocente quindi furono costretti a fare una leggera corsa.
“Ragazzi andiamo a farci un bagno, subito”, li raggiunse correndo, pieno di vita.
“Hey, un secondo. Vi ricordo che non ho dormito stanotte, per lavorare.”  Una signora che soffriva di diabete si era sentita male nel cuore della notte e lui aveva dovuto adempire ai suoi doveri di bravo medico.
“Dario tu lavori troppo.” La solita risposta di Ale a frasi del genere.
“Lo so, non posso farci nulla.” Amava il proprio lavoro. Sapeva di lavorare troppo, ma amava il suo lavoro e vedere la signora sentirsi meglio dopo il suo intervento l'aveva fatto sentire soddisfatto, come tutte le volte che curava qualcuno d'altronde.
“Ti farai il bagno con noi ora, che tu lo voglia o no”
“Ben detto fratello!”, Marco e Ale si batterono il pugno. Presero Dario per le braccia e lo trascinarono fino alla riva. Il fratello tentava di far resistenza, ma non poteva nulla contro i due. Lo buttarono nell'acqua ancora vestito, poi si tuffarono anche loro. L’acqua era calda per essere mattina e limpida come un cristallo.
“Visto? Non era difficile”, Dissero scherzando.
Dario li guardò torvo per un attimo e all'improvviso li schizzò ridendo. Cominciò una gara di schizzi che si concluse con le persone attorno che si lamentavano. Avevano anche ragione, per poco non facevano cadere un bambino dalla sua ciambella, ad un'indignata signora, invece, fecero letteralmente una doccia di acqua salata!
Ale si sentì infantile per un attimo, ma la gioia di poter scherzare con i suoi fratelli oscurò il suo imbarazzo.
Si divertirono per metà mattinata, poi si stesero sotto il sole a riposarsi e asciugarsi. Ma Dario non riuscì a dormire nemmeno questa volta perché Ale propose di fare un salto al ristorante dello stabilimento.
Acconsentirono tutti. Nello stomaco di Ale andava formandosi un languorino, ma d'altronde lui aveva sempre fame. Sorrise al pensiero. Era una sua caratteristica principale: mangiava fino a scoppiare e non prendeva nemmeno un chilo.
Giunsero al ristorante dello stabilimento, dopo essersi asciugati e vestiti. 
Era pieno di gente, ma il ristorante era abbastanza grande, quindi riuscirono comunque a trovare un tavolo per tre. 
Vi erano per lo più ragazzi della sua età e alcuni, che salutò con la mano, li conosceva dai tempi dell'asilo. Le famiglie felici che di solito caratterizzavano quel posto non erano presenti poiché, al contrario di Dario e Marco, nessuno prendeva le ferie in febbraio e tutti erano stati al mare durante i mesi precedenti.
Il posto era accogliente, ben arredato, con un gradevole abbinamento delle tende con le tovaglie rosse, che lasciavano intravedere di proposito i quattro angoli  dei tavolini di legno bianco. L'atmosfera era accogliente e le cameriere cordiali. 
Si sedettero a un angolo e consumarono un allegro pranzo a base di pesce. Ovviamente toccò pagare a Dario. 
Finito il pranzo, si stesero a prendere il sole e Dario si addormentò in meno di un minuto.
Dopo un'oretta entrambi i fratelli dormivano, dei ragazzi che aveva incontrato prima non c'era neanche l'ombra, e Ale le aveva provate tutte per farsi passare la noia dal momento che non gli veniva sonno. Alla fine decise di alzarsi e fare una passeggiata per ammazzare il tempo nell'attesa che i fratelli si svegliassero.
Camminò e camminò, sul bagnasciuga. Mentre passeggiava tra i bambini che costruivano castelli di sabbia o che giocavano con le onde, ammirava lo sconfinato blu dell'oceano e si perse nei suoi pensieri. Conoscendoli, suoi fratelli avrebbero dormito per tutto il pomeriggio e a lui non andava di svegliarli, per questo stava valutando l'idea di sparire per qualche ora. Presto però si stancò dello stesso panorama e della stessa gente e gli venne sete. Correndo per non bruciarsi i piedi si diresse al piccolo bar dello stabilimento in cui si trovava e comprò una bottiglietta d’acqua gelata, che finì ancor prima di essere fuori.
Nel momento in cui stava uscendo rimase bloccato sulla soglia. Davanti a lui si trovava la ragazza più bella che avesse mai visto. Il viso dalla forma perfetta e con un accenno di efelidi, era decorato da un paio di intelligenti occhi color nocciola, dolci e splendenti. Quel viso d’angelo era contornato da una disordinata chioma di capelli dorati che lo facevano sembrare ancor più grazioso. Se ne stava in piedi vicino l'entrata del bar e sembrava in attesa di qualcuno. Ale non riusciva a smettere di fissarla, rapito. Gli occhi della ragazza incrociarono il suo sguardo ipnotizzato e gli sorrisero immediatamente.
“Posso fare qualcosa per te?”
La sua voce era proprio come se la immaginava, anzi meglio. Il timbro era piacevole e delicato, alterato da un po’ di timidezza, ma aveva un tono deciso ed energico. Era ancor più incredibile di come pensava.
Continuò a fissarla sperando che parlasse ancora.
“Hey, stai bene? Ci conosciamo?” era in parte preoccupata, in parte imbarazzata. Evidentemente aveva passato parecchio tempo a fissarla, prima e dopo che gli aveva parlato. Hey, che ti succede?! si chiese mentalmente, inventa una scusa e vattene!  
Ma non ci riuscì. Invece disse: “Scusami se ti ho messa in imbarazzo, non era mia intenzione” le fece un sorriso ammaliante. "Non ti ho mai vista qui" furono le prime parole che gli passarono per la testa anche se lui stesso non era mai stato in quel posto.
Anche se si rendeva conto che non doveva parlarle stava continuando a cercare una scusa plausibile per attaccare discorso.
Che cavolo sto facendo! Si vede a prima vista che questa ragazza non è il tipo per queste cose e poi… Iniziava a sentire quella sensazione familiare, quella che irrimediabilmente non mancava mai quando si spingeva troppo in là. Ma questa volta gli parve strano, in fondo l’aveva solo guardata! Quella sensazione non accennava a svanire anzi.. Queste pasticche di Dario non funzionano! E io so bene cosa succederà… Devo andarmene di qui, subito!
Intanto la ragazza sembrava imbarazzata e confusa, forse si chiedeva perché le stava parlando un perfetto sconosciuto. "In effetti di solito non vengo qui".
“Come ti chiami?” Ale cercava di lottare con se stesso, ma prevaleva la parte che voleva restare, quella che diventava ogni secondo più aggressiva e pericolosa.
“Luna. Tu chi sei?”
“Io sono Ale. Piacere.” Le tese la mano che lei afferrò in una stretta indecisa. In Ale stava succedendo qualcosa di insolito. O meglio, qualcosa di normale per lui, ma in circostanze anormali. 
Toccando la sua mano gli veniva voglia di saltarle addosso, di baciarla, di prendere quel costume e… smettila! Ma a questo punto era più una supplica che un comando.

Luna continuava a guardarlo chiedendosi cosa voleva da lei quel ragazzo apparso così all'improvviso. Era davvero bello, con quel fascino seducente e quei suoi occhi azzurrissimi che erano in netto contrasto con i capelli scuri e spettinati e con la pelle abbronzata, resi pertanto ancora più brillanti. Non era il suo aspetto però ad averla scossa, bensì una strana sensazione che le aveva provocato un brivido lungo tutta la schiena. Quando aveva incrociato gli occhi di quel ragazzo, si era sentita come se il resto del mondo avesse smesso di esistere, non aveva mai provato una cosa del genere. Si sentiva come un metallo attratto da una potente calamita che non le dava la minima possibilità di opporsi. Si ritrovò a chiedersi come aveva fatto a vivere un'intera vita senza conoscerlo e senza stargli accanto. 
Non avrebbe più potuto separarcisi ora, lo sapeva. Non avrebbe voluto.
Cosa sto dicendo? Non lo conosco nemmeno! si disse mentalmente, come per riscuotersi da un sogno. Il tempo ricominciò a scorrere anche ai suoi occhi, ma la sensazione di poco prima rimase lì senza lasciare spazio a nulla, azzerandole le emozioni. Poteva provare solamente quel senso di pace che aumentava man mano che lui le si avvicinava sempre di più.
Si diede della stupida per il fatto di stare lì a fissarlo come fosse il centro del mondo, però continuò a domandarsi cosa lui aveva trovato di tanto strano in lei, per restare lì tutto quel tempo immobile a guardarla.
Quando vide che, invece di lasciarle la mano, la tirò a se e si incamminò, ebbe un momento di indecisione, subito schiacciato da quel bisogno di stargli vicino. Non poteva allontanarcisi più di quel metro che ora li separava, quindi lo seguì, incurante di sapere dove andava.
In realtà era li per aspettare Ivan, il suo ragazzo, che sarebbe arrivato tra una decina di minuti, ma Ale le aveva fatto dimenticare ogni cosa tranne il disperato bisogno di scoprire di più su quello strano ragazzo.

Ale la stava trascinando dietro la fila di cabine. C’era un piccolo vicolo, chiuso da una porticina e delimitato da un muro che lasciava circa un metro e mezzo di larghezza di sabbia fino alle cabine.
Chiuse bene la porta, dopodiché le prese il viso tra le mani e la baciò con forza, prima che lei potesse accorgersi di ciò che voleva fare. Subito dopo uno schiaffo le partì dalla mano, ma non arrivò mai. Ale le bloccò le mani con una delle sue – si stupì di quanto fossero piccole a confronto – e con l’altra le teneva ferma la testa. Ormai il suo buonsenso era stato letteralmente schiacciato da ciò che lui chiamava il Mostro. C’era un predatore dentro di lui che si nascondeva e usciva fuori solo per prendersi le sue prede. Da bravo mostro che era, si sceglieva sempre quelle che piacevano ad Ale, quelle che suscitavano in lui emozioni. Per questo motivo non dava confidenza alle ragazze. Non riusciva a sottometterlo permanentemente e anche quando si infuriava rischiava sempre che uscisse allo scoperto. Insomma, non poteva provare forti emozioni, altrimenti l'istinto del mostro avrebbe preso il sopravvento.
I suoi occhi virarono dall'azzurro cielo al viola intenso. Erano i suoi occhi. Quando accadeva era un brutto segno. Le pasticche di Dario avrebbero dovuto sedare in parte il Mostro, e di solito erano abbastanza efficaci. Non riusciva a spiegarsi la loro disfunzione.
La ragazza impaurita urlò. Nessuno la sentì, fuori c’era un chiasso generato dalla sovrapposizione del rumore del mare a quello del vociare della gente, dello schiamazzo dei bambini e della musica del bar. Sfortunatamente per lei non era una spiaggia di quelle tranquille.
“Cosa vuoi da me?” ora, spaventata, cercava di allontanarlo, ma lui non la lasciava andare.
Intanto L’Ale normale dentro di lui, era rintanato, nascosto in un piccolo frammento del suo essere, obbligato a guardare la scena, quella scena orribile, quella ragazza che tanto gli piaceva, che non avrebbe mai nemmeno sfiorato di sua iniziativa, attaccata dal Mostro. Questo pensiero gli generò ancor più rabbia.
“Luna?”
Un urlo. Qualcuno la stava cercando.
“Ivan, aiuto, sono qui”, strillò lei più che poté, prima che Ale le tappò la bocca. Ma era troppo tardi, la porta si stava aprendo.


    


 
Spazio autrice.
Di nuovo ciao a tutti :) Ecco il nuovo capitolo. Come avrete visto è ambientato tre anni dopo rispetto al precedente e ci troviamo sempre in Australia meridionale. Qui iniziamo a conoscere i personaggi e soprattutto il protagonista: scopriamo infatti qual è il suo segreto, anche se non è specificato come sia avvenuto realmente questo cambiamento, né perché. Questi ultimi infatti sono fattori che scopriremo più avanti, dato che ora non hanno molta importanza nel contesto della storia. La cosa importante in questo momento è una: Ale è in grossi guai ora, riuscirà a scamparla e tornare indietro dai fratelli?

Ringrazio le persone che hanno inserito la storia tra le seguite e quelle da ricordare e Hyrie che mi ha aiutato nei capitoli precedenti.
Un grazie mille anche a tutti i lettori :)
Un bacio, Koaluch.
   
 
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