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Autore: MadaraUchiha79    25/04/2014    4 recensioni
Una volta sporcata un anima non può essere mondata.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Madara Uchiha
Note: AU | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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-Ehi, Hashirama, era proprio necessario chiudermi qui dentro?-
-Dai sarà una sola notte,Rasetsuya. -
-Sei contento di avermi ficcato qua dentro per una volta nella vita eh? -

Lei sorrise, sfottendo Hashirama sul fatto che gli fosse servito un motivo così banale per arrestarla , motivo che non l’avrebbe tenuta dentro a lungo.

-Ho sparato la mia Mazda a quasi centottanta chilometri orari sotto il tuo naso, infrangendo ogni limite di velocità. Ho fatto arricchire Madara con le scommesse, ma tu non mi hai mai fregata, non ci hai mai fregati. Non hai mai posseduto prove concrete, buone frecce al tuo arco. Pensa, approfitti di una rissa giusto per avermi ospite d’onore in questa celletta angusta. Voi poliziotti vi accontentate proprio delle briciole.-
-Briciole? Sei tu, Tenzen, che hai la vita in pezzi. Ti ha fatto male fidarti di quel ragazzino che ti scopavi nei bagni del liceo. Guarda dove sei finita.-
-Ohh ma guardate! Anche il fratellino ad inveire su di me. Ciao Tobirama! Come vanno i calli alla mano destra? Sono contenta di notare che ci vedi ancora!-
-Non ti riprenderò sul tuo modo di rivolgerti a me. Solo la feccia intreccia la sua vita con altra feccia. Tu, Tenzen , non sei molto diversa da Madara ecco perché ti trovavi bene al suo fianco. Sei solo una puttana che viene attirata dal profumo dei soldi e soprattutto da quello dell’immoralità.-
-Ehi, Tobirama! Datti una calmata. Non siamo qui per insultarla.Abbiamo l’ordine di custodia per una notte , e domani mattina, Rasetsuya tornerà ad essere una donna libera. Se Madara sporgerà denuncia avrà altri problemi, ma non passerà più di qui. E’ solo un breve fermo. Stai zitto ed esci, se la sua presenza ti urta.-
-Quello che deve stare zitto sei tu, fratello. Io sono di turno stasera. Sei tu che sei di troppo. Avresti dovuto staccare da un po’.-
-Non credo di andarmene con te in quello stato, Tobirama. -
-Io sono tranquillissimo. Questa sgualdrina non mi impressiona con le sue parole. Sai, il verbo dei vermi non riesco a decifrarlo. Soprattutto di un verme che si è fatto sbattere per anni da un altro verme, il verme più infame di tutta questa città, che dico , di questo mondo. Che fai? Ora ti metterai a piangere come tuo solito. “Oh sono sola, triste ed abbandonata. Lui vuole fare una vita che non condivido.” Dicevi così quando litigavi con lui e ti disperavi dopo esserti ubriacata al pub. Mi ricordo bene di te, morta di fame senza la dignità di trovarsi un lavoro normale. Mi fai schifo.-
L’albino si avvicinò alla cella e i suoi sottili occhi si posarono su quelli di Rasetsuya sotto forma di uno sguardo sdegnoso. Ma l’altra non si fece affatto impressionare. Gli rise in faccia con quanto più fiato aveva nel corpo.

-AHAHAHAHAHAH! A chi credi di far paura, marmocchio! Sei solo un ragazzino viziato e frustrato che non ha mai avuto la capacità di incassare un “no” ! Che ne sai della mia vita? Che ne sai di cosa io amo o odio? Non mi conosci e non mi hai mai conosciuta, no perché sei solo un borghese del cazzo che non ha mai macinato la fatica di andare avanti senza presupposti. Sì, mi scopavo Madara nei cessi del liceo e se tornassi indietro lo farei ancora! Non ho rimpianti nella mia vita, mentre tu non riesci a crescere , nemmeno un po’, idiota! L’accettazione è la prima cosa che devi capire nella vita. Non sai un cazzo di amore e cose del genere, ti basi solo sul possesso. Sono fiera di averti dato quel no secco al tempo! E lo rifarei altre dieci, cento, mille volte! -

Era arrabbiata con Tobirama, ma non solo perché l’aveva insultata pesantemente. Il motivo della sua ira era dato dal fatto che lui riducesse l’amore che aveva vissuto con Madara ad una semplice depravazione. Non era affatto stato così. Quell’amore era ciò che di più sacro e inviolabile aveva provato Rasetsuya in vita sua. Sì , dentro piangeva perché in quell’occasione riaffiorò tutta l’importanza di quel legame. Tutta la voglia di riviverlo come un tempo e la consapevolezza di non poterlo fare. Non lo poteva fare  soprattutto per se stessa, per la sua vita. Non voleva più immischiarsi in quel giro pericoloso che traeva nutrimento dalla distruzione di altri individui, dallo sfruttamento dei vizi più bassi dell’uomo. Non poteva avvicinarsi di nuovo a quell’uomo che era soltanto un meraviglioso veleno per la sua anima, il veleno che desiderava potesse ucciderla. Era un dolore che le spezzava il cuore in due, eppure rideva , rideva di scherno. Perché se ti vuoi difendere devi fare il contrario di quello che il tuo cuore vorrebbe. La testa è sempre di quest’avviso.
D’un tratto Tobirama allungò la mano oltre le sbarre e afferrò il collo di Rasetsuya.

-Non osare ridermi in faccia, puttana!-
-Sennò che mi fai,segaiolo?-

 Hashirama afferrò il fratello per una spalla e lo spinse all’indietro, allontanandolo  dalla donna.

-Ma ti ha dato di volta il cervello? Non puoi metterle le mani addosso! Sei completamente pazzo? Che tipo di esempio dai ? Che giustizia rappresenti? Tu che ti rifai di vecchi rancori insultando e facendo del male ad una donna!? Vattene subito di qui Tobirama!-
-Non sei nessuno per darmi ordini fratello!-
-Sono tuo fratello maggiore e posso aiutarti a riprendere la tua dignità. Ora vattene, coprirò io la tua mancanza! Vai!-

Hashirama fissò il fratello con sguardo risoluto e fermo. Le labbra sottili, strette in un’espressione severa. La voce era stata ferma e decisa. L’altro, furioso, si scrollò di dosso la mano del fratello con un brusco movimento del braccio.

-Va bene, va bene! Tu che sei la giustizia fatta a persona , rimani con questa put…ops donna. Redimila e illuminale la retta via. Io cambio aria che questa mi puzza troppo di marcio. E tu , Tenzen, sta pur certa che quando ti beccherò fuori di qui,te la farò pagare molto cara.-

Finalmente Tobirama uscì dalla stanza e Hashirama rimase solo con Rasetsuya.

-Non avrebbe dovuto attaccarti così.-
-No, non avrebbe dovuto.  Non si dovrebbe parlare di ciò che non si conosce. Tienilo a guinzaglio o lo investirò appena avrò una macchina sotto le mani.-
-Quale macchina? Non credo tu ritrovi più la tua nel posto in cui l’hai lasciata. Gli agenti che dovevano provvedere al sequestro non l’hanno più trovata. E può essere solo da una parte. Avresti dovuto portare le chiavi con te.-
-Era un ladro di auto un tempo, credi che non avere le chiavi lo avrebbe fermato?-
-No, infatti. Ma con il naso rotto si sarebbe contenuto, non pensi?-
-Forse sì. Ma quella macchina è stato il primo regalo che mi ha fatto , non l’avrebbe abbandonata facilmente… e nemmeno io.-
-E’ ridicolo, come tu ammetta tutto e io non abbia le prove di dimostrarlo.-
-Il tuo problema, Hashi, è che non vuoi trovarle.-
-Sì, lo penso anche io. Dai alcune ore  e sarai fuori.-
-Su, non affrettare i tempi! Mi diverto a parlare con te.-
-Tornerai a riprenderla? -
-Sì. -
-Dovrò rincorrerti ancora?-
-Potrebbe essere.-
-Allora dovranno cambiarmi macchina. Quella che ho è diventata un cadavere.-
-Voi poliziotti avete tutti cessi con quattro ruote. Poi vi lamentate se non riuscite a prendermi.

Gli sorrise in maniera piuttosto sincera. Hashirama era dall’altra parte, ma era affidabile quanto un buon amico.Aveva un modo di fare  che ,in un certo senso, sembrava voler garantire una buona volontà verso l’aiutare tutti.

-Dannazione! Che dolore del cazzo!-
-Eddai Maddy, non smetti mai di lamentarti! Hai il setto nasale rotto è normale che ti faccia male, no?-
-Sì ma con questa merda che mi hanno messo all’ospedale doveva dolermi di meno! Invece no, sto crepando dal dolore! -
-Ahahah lo sai che sei alquanto ridicolo con quel coso sul naso? -
-Lo so , e a quella stronzetta gliela faccio pagare alla grande!-
-La picchierai? -
-Ovvio che no. Le darò un altro tipo di castigo.-
Sorrise al fratello , il quale aveva bene inteso la tipologia di castigo che intendeva Madara. Nella stanza vicina erano raccolti tutti i coinvolti in quell’avvenuto : Sasuke, Obito, Itachi e anche Mal , che dalla sera prima non aveva più lasciato il fianco dell’Uchiha. Per lei era un’occasione unica quella di ritrovarsi all’interno della villa di Madara. Era seduta sull’ampio divano posto in soggiorno. La sua postura era sempre molto composta. Aveva seguito Itachi che era stato costretto da Sasuke a seguirlo a casa di Madara. Lui voleva parlargli a tutti i costi per chiarire i suoi dubbi.  Mandò un messaggio a Kabuto Yakushi, colui che l’aveva accompagnata al ristorante la sera prima. “Mi  faccio viva io. Non cercarmi.” L’altro aveva risposto : “Perfetto, farò i tuoi omaggi.”
Mentre leggeva l’sms di risposta, Itachi si avvicinò a lei.
-Perdonami per la serata a dir poco orribile. -
-Non è vero, devo ammettere che è stata alquanto movimentata e divertente. Non amo molto la violenza plateale , ma su certi soggetti è bello vederla applicata, con questo non volevo offendere tuo zio.-
-Ah, ma quello che gli succede è tutto ampiamente meritato, in quanto è l’effetto delle sue azioni.-
-Il rapporto causa- effetto è ciò che rende un minimo di giustizia a questo mondo, anche se la gente più potente  può riuscire a sovvertirlo.-
-Forse in parte, ma non del tutto. Chi si comporta in un certo modo ha sempre la sua ricompensa, anche se in modalità che non si aspetterebbe. -
-Ad ogni parola risulti sempre più saggio ed intelligente, peccato tu sia una frana ad organizzare uscite. -
-Sapevo che questa cosa pesasse sul mio curriculum vitae.-
-Pesa relativamente, poiché nelle situazioni migliori possono essere vissute anche nell’intimità di una stamberga, sempre rigorosamente solo in due. Visto che sei una frana nelle uscite pubbliche, deve farti da contrappeso una meravigliosa abilità in contesti privati e sai, per aver un buon quadro della tua situazione, dovrei vivere direttamente questa esperienza.-
-Sono disponibile in qualsiasi momento.-
-Molto bene , analizzerò la mia agenda e ti farò sapere.-
Itachi si sedette a fianco di lei.
-Non amo le lunghe attese.-
-Nemmeno io.-
Lei sussurrò quelle parole soffiandole direttamente sulle labbra di lui. I loro volti erano oramai molto molto vicini. Ancora qualche centimetro e le loro labbra si sarebbero potute sfiorare benissimo. Gli sguardi si facevano sempre più intensi, quando Itachi decise di socchiudere gli occhi e avvicinarsi ancora di più a lei, ma la voce di Madara che dall’altra stanza sbraitava il suo nome, spezzò la magia del momento.  Itachi espirò pesantemente , chiudendo gli occhi. Non si scompose ma si evinceva lontano un miglio che fosse ampiamente infastidito da quel richiamo. Riaprì gli occhi e sorrise mesto a Mal.

-Sembra che dovremo rimandare.-
-L’attesa aumenta l’aspettativa. Spero che tu poi non la tradisca.-
-No, io non deludo mai.-
-Posso immaginarlo.-

Itachi si allontanò da lei, sorridendole appena e si diresse nella stanza adiacente.

-Qual è il problema?-
-Il problema è  che non devi più azzardarti a prendermi per il culo. Perché hai rifiutato il mio invito quando poi sei venuto comunque? -
-Sono andato nello stesso ristorante in cui tu hai prenotato per pura casualità. Il fatto che abbiamo gli stessi gusti ne è la prova.-
-Hai forse intenzione di tradire la tua stessa famiglia ,rinnegandola? Mh? Sai che io ci tengo molto ad avere una certa coesione tra i membri di questa cazzo di organizzazione di base della società e mi neghi il diritto di proteggerla? -
-Stai farneticando zio. Io non nego nulla a nessuno. Semplicemente volevo passare una serata con una persona di mio gradimento. -
-Avresti potuto accompagnarla al nostro tavolo! Non mi faccio problemi a pagare una cena in più! -
-No. Non posso. Lei non condivide nulla con noi, e sai cosa intendo.-

Madara si avvicinò ad Itachi e lo fissò diritto negli occhi. Gli parlò sottovoce in modo da non farsi sentire dalla donna che stava nell’altra stanza.

-Se vuole te, dovrà condividere tutto di quello che sei, siamo intesi? Non c’è vergogna in questo. -
-Non per te. Ma per me sì. Più che vergogna, forse timore che tutto venga distrutto dalla perversione di quello che stiamo facendo per vivere. Guarda la tua vita e dimmi dove sono finite le persone che ami o hai amato. Mi dispiace ma non voglio che per loro sia lo stesso.-

Madara rimase in silenzio. Questa volta era sbalestrato dalle parole di Itachi. Non ne aveva un’ultima da aggiungere.

-Va , va pure. Fai come vuoi. La tua vita è questa, sei mio nipote . Fai quello che ti pare, ma non tradirmi mai. Non solo perché in qualche modo pretenderò il tuo ritorno , ma perché te ne pentiresti, perché capiresti sulla tua pelle che un’anima sporca non può essere mondata. Mai. -

Madara si allontanò da Itachi e si avvicinò ad Izuna. Il suo fratellino sbadigliava. Erano già le tre del mattino e nessuno aveva chiuso occhio.
-Ti porto in camera Izu. -
-Oh, grazie Maddy, mi ero quasi addormentato. -

Non era vero. Izuna aveva ascoltato tutto, per filo e per segno , quello che Itachi aveva detto a Madara e sapeva che cosa quelle parole avessero suscitato nel cuore del fratello. Sapeva di essere una delle persone che Madara amava di più in assoluto e di essere il fardello più pesante della sua anima. La sua condizione pesava sulla coscienza di Madara come un macigno, tanto che quando successe l’incidente e non furono date speranze di una guarigione, Madara si ritirò in un silenzio che solo Rasetsuya al tempo riuscì a spezzare. Rasetsuya-nee chan , come la chiamava sempre Izuna, che da bambino si rifugiava spesso in casa di lei, assieme al fratello maggiore per proteggersi dalle botte del padre, che ubriaco distribuiva gratuitamente.  Rasetsuya lo trattava un po’ come faceva Madara. Lo coccolava spesso, come si fa con un fratellino, lo aiutava quando non sapeva come fare con i compagni di scuola che lo prendevano in giro. Giocava con lui invece di fare i compiti . Diceva lei : “il fratellino che non ho mai avuto si è incarnato su di te!” Lui ne andava fiero perché Tsuya-nee era la donna più bella e più simpatica del mondo. La sua sorellona, la felicità di Madara. Era tutto quello che in quel momento gli mancava. La pensava spesso e aveva tante volte pensato di aprire i contatti con lei, ma non lo faceva, perché aveva paura di ferire suo fratello.

-Itachi!-
-Che c’è zio?-
-Prendi. Sono le chiavi della dependance. Tu e Sasuke dormirete lì. Non ha senso che a quest’ora andiate a casa. Obito, tu sai dove trovare la tua stanza, e per quanto riguarda la signorina Maleficent, ho una camera oramai degli ospiti con un guardaroba molto fornito di abiti femminili. Non so se saranno di suo gusto, in quanto la stanza fu di mia madre,ma almeno troverà qualcosa di cui vestirsi durante la notte. Non me la sento di mandarla in giro a quest’ora. Non sono poi così bastardo e insensibile come forse qualcuno mi vede. -
-La ringrazio dell’ospitalità , signor Uchiha.  Sarebbe molto scomodo per me spostarmi sotto un cielo che minaccia pioggia alle tre del mattino.-
-Lo vede? Avevo ragione.  Obito, pensa tu a guidare la signorina verso la stanza che le ho destinato . Io porto Izuna in camera sua.-
-Molto bene zio. Signorina Maleficent, da questa parte.-
-Mal , per favore.-
-Va bene.-
Stranamente Obito sorrise, probabilmente un sorriso finto che si fa giusto per cortesia, ma almeno tentava di mantenere un rapporto degno di un gentiluomo con una donna appena incontrata. Guidò la ragazza in camera, al piano superiore. Le aprì la porta e le accese la luce. Mal entrò nella stanza e si guardò attorno . Un mobilio molto bello e barocco, che stonava con il resto dell’arredamento della villa. Un enorme specchio rettangolare campeggiava su una parete, sotto di esso un grosso mobile di legno scuro, intarsiato e ornato da una grossa quantità di soprammobili in ceramica.

-Buonanotte signorina. Per ogni cosa, non si faccia problemi a svegliarmi. Sono nella stanza accanto.-
-Va bene. In caso saprò dove rivolgermi allora.-

Obito se ne andò, lasciando aperta la porta della camera di lei. Mal diede uno sguardo fuori da essa, dopo essersi seduta sul letto. Stette in quella posizione per qualche minuto, poi si alzò e chiuse la porta a chiave da dentro.
Obito intanto si era sistemato in camera sua.
-Itachi è senza dubbo un idiota, ma ha buon gusto in fatto di donne. Però quella non mi convince..-
Mormorò quelle parole tra se e se. Secondo lui, Maleficent aveva qualcosa di strano. Era impossibile, a suo avviso,  che qualcuno avesse preso di mira proprio Itachi. Era un ragazzetto esile e sfigato, troppo riservato per rimorchiare ad un pub e soprattutto una donna così avvenente. E poi, questo Maleficent era uno pseudonimo. Quanto ci si può fidare di una donna che non rivela nemmeno il suo nome? Il pensiero poi spaziò verso il luogo dove aveva lasciato il suo cuore. “Le donne sono un veleno con il quale gli uomini adorano ammazzarsi.” Era questo quello che gli aveva detto Madara quando lui, ancora ragazzino , aveva conosciuto Rin. Rin Nohara. Ancora quel nome gli faceva male, come un coltello che incide il cuore a fondo. Rin era una ragazza molto dolce, acqua e sapone, con un sorriso meraviglioso e innocente come quello degli angeli. L’aveva conosciuta a scuola e da subito si era preso una cotta per lei.  I Nohara erano una famiglia benestante , molto in vista nella società di Tokyo. Suo padre infatti era in politica , mentre la mamma dirigeva il migliore istituto superiore di tutta la regione. Obito era uno zero a scuola, era un amante delle risse e aveva una passione particolare per i danni insensati.  L’unica che ancora non aveva gettato la spugna con lui era proprio Rin. Gli era sempre vicina  anche quando lui prendeva le botte dai ragazzi più grandi che spesso andava ad infastidire. Lei che così piccola e gentile amava la danza classica e che con l’innocenza di chi non sa , lo invitava ai saggi che spesso teneva . La madre e il padre di Rin non volevano che Obito le stesse vicino, perché conoscevano bene da che famiglia provenisse: morti di fame, scansafatiche che avevano abbracciato il crimine per sopravvivere. Non si soffermarono nemmeno a pensare che tra i due ragazzi stava nascendo qualcosa di puro e meraviglioso che nulla aveva a che fare con la bassezza con cui l’uomo decideva di guadagnarsi da vivere. In questa vita siamo tutti ladri, chi più chi meno. Tutti abbiamo sbagliato e in qualche modo ci portiamo un peso sulla coscienza. Tutte le nostre  anime sono macchiate o lo divengono ad un certo punto della vita. La colpa potrebbe essere anche un misero rimpianto, il ricordo doloroso di una cosa indispensabile per la felicità ma mai fatta. Obito insistette. Si metteva sempre nascosto, vicino alla porta per vederla ballare con quegli abiti bianchi, leggeri e meravigliosi come le nuvole libere. Acuiva lo sguardo per non perdersi nemmeno un passo di danza di lei. Era bella, bellissima, meravigliosa, con quei suoi capelli castano chiaro, quasi rossi, con quei suoi grandi occhi scuri e le ciglia lunghe, con quell’esile corpo di giovane donna che volteggiava come fosse guidato da divine mani invisibili. Era un angelo che cadendo dal paradiso era finito in una gabbia di vetro infrangibile. Fu proprio quando potè amarla , quando ebbe l’illusione che un futuro insieme sarebbe stato possibile, che la realtà corse a strappargliela via. Erano insieme dopo una notte passata a casa di lui. Lei era scappata dalla sua suntuosa villa, di sera, con indosso una leggera camicia da notte bianca, l’aveva raggiunto a bordo di quel  motorino scalcinato e insieme erano scappati a casa sua. Avevano fatto l’amore ed erano rimasti l’una tra le braccia dell’altro fino alla mattina successiva, marinando la scuola. Ma  qualcuno suonò alla porta. Era proprio il padre di Rin che gliela strappò dalle braccia, trattandola come se fosse la  più schifosa delle creature. Era accompagnato da altre due persone che lo riempirono di botte  lasciandolo quasi in fin di vita. Non dimenticò mai quegli uomini dagli occhiali scuri, e dalla forza tremenda, né i loro pugni e i loro calci.
Quando si risvegliò dallo svenimento, oltre al padre, si trovò vicino Madara, suo zio. Vestito meravigliosamente in completo classico nero. La sua espressione era seria , ma il fatto che sedeva a fianco del suo letto, significava che non lo stava condannando, al contrario del padre che si allontanò poco dopo averlo sentito parlare. Era rimasto giusto per sincerarsi che suo figlio non fosse morto.

-Obito, ti hanno conciato per le feste quelli eh? -
-S-sono distrutto zio…-
-Lo so. Ma so anche che quello che ti fa più male è nel tuo petto, e non sono le costole crinate.-
-Sì.Hai ragione zio..-
Obito non si vergognò di piangere in presenza di suo zio Madara. Piangeva come un bambino, che infondo era ancora.
-Quando avrai finito di piangere, Obito , dovrai iniziare ad assemblare i pezzi della tua vita. Ci vorrà molto e ricorda, un disegno strappato, anche se viene ricongiunto con minuzia, non ritornerà mai quello di prima.-
Ed infatti era così.  Non era stato mai più felice da quella volta. Non aveva mai più amato e non ci avrebbe mai più provato. Suo zio era convinto che la sua nuova incapacità di amare fosse diretta solo alle altre donne e che se avesse visto Rin , le sarebbe caduto ai piedi come un  cretino. Vederla? Non sapeva nemmeno che fine avesse fatto.
Anche quella sera però, non riuscì a trattenere le lacrime che scendevano accarezzando il suo volto. Le cicatrici sulla parte destra del viso erano il segno profondo di quel distacco forzato.Le sfiorò e avvertì ancora il dolore della carne ferita per sfregio.

-Itachi! Ora siamo soli! Parla! Che cosa sai che io non so?-
-Niente di particolare, Sasuke.-
-Continui a mentire!?-
-No. -
-Chi è Rasetsuya?-
-La ex di Madara.-
-Che significa che vuole la possibilità di costruirsi una vita e Madara gliela sta negando?-
-Non credi siano affari loro, Sasuke?-
-Senti Itachi, io sono giovane, ma non sono scemo. Mi sono chiesto un sacco di volte come facesse zio Madara ad avere tutti questi soldi e questo potere. Tu sai e non vuoi dirmi nulla.-
-Madara ha avuto fortuna. -
-Torna a correre, che significa?-
-Non lo so.-
Sasuke sbottò e colpì il tavolo con un pugno.
-DIMMI LA VERITA’ CAZZO!!-
-E’ tutto quello che so, fratellino.-
Mentì anche guardandolo negli occhi. Oramai era abituato a farlo, non che non gli pesasse, ma era necessario per tenere il fratellino fuori da tutto. Sasuke andava protetto in ogni modo.
-Madara vive la sua vita senza che nessuno possa dirgli come farlo. Lui sceglie ogni cosa. Decide tutto a priori e quello che hai visto ieri è solo un fuori programma imponderabile. Lei è l’unica che può sorprenderlo così . Lo sai , l’amore non si gestisce né si controlla. Non si decide né si conferma. Esiste e basta, anche per uomini che negli affari sono spregiudicati. -
-Zio Madara è in qualche brutto giro, vero?-
-Non lo so. -
-Inutile chiederlo. Anche se lo sapessi non me lo diresti. Vado a dormire, Itachi. Vedi di non farti fregare tu invece. Quella tipa è troppo oltre le mie aspettative, ti mette sotto come uno zerbino. -
-E’ impossibile che lo faccia. Io dirigo sempre il gioco.-
-Se come no? Vuoi che non abbia notato i tuoi sorrisi da idiota e gli occhi da triglia?  Ma lascia stare che ho sonno. Vado a dormire.-
Itachi rimase seduto sul divanetto scuro. Sorrise nel vedere il fratello allontanarsi. Sembrava aver capito che non poteva varcare il confine di silenzio che la situazione richiedeva. Dal canto suo, Sasuke  pensava di approfondire il discorso in diversa sede. Più avanti forse. Non poteva stare in trincea con quel fratello, che sebbene aveva sbagliato nei suoi confronti, lo amava più di quanto potesse sperare. Era  ora di lasciare un po’ di pace alla notte .
  
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