CAPITOLO 1
- Come fai a dire che sono dolce? -
- Linda dice che sei dolce -
- Oh. Non sono dolce ; solo con le persone a cui tengo e che accettano come sono, o con quelle con cui non mi vergogno di me stessa. Ti fidi di Linda? -
-Perché dovresti vergognarti di te stessa? –
Ecco saltava a piè pari le mie domande.
Non sapevo se volevo che lo sapesse, forse perché non lo sapevo neanche io.
- Lunga storia –
- Spiegamela -
- Niente, ho paura di parlare con le persone. Ho paura di starci male, che non mi apprezzino. Ho paura di tutto questo perché il fatto che i miei genitori non mi volessero, mi ha fatto sempre credere di valere meno degli altri, ed è brutto quando sai di non essere abbastanza. -
Ecco. Era ormai qualche mese che ci scrivevamo. Io e Francesco.
Lui era un ragazzo pasta , pronto a combattere per i propri ideali, per cambiare il mondo.
Io ero una ragazza polpetta : cercavo di omologarmi alle altre persone pur tentando di essere speciale in un modo o nell’altro.
Lui un semplice ragazzo del Sud, che usciva con un sacco di ragazze e a volte se le sbatteva; nichilista ed egocentrico, come voleva far sembrare.
Io una del centro Italia, adottata da una famiglia italiana e reduce da una famiglia cinese troppo attaccata agli idealismi per avere una figlia femmina; insicura e cinica, come volevo sembrare.
Ci scrivevamo per passare il tempo, o per scrivere e basta.
Lui scriveva per passare il tempo.
Perché era divertito da quella strana ragazza che si comportava in un modo così scontroso con lui, quasi volesse dissimularsi dalle altre che conosceva e con cui giocava; o questo almeno è quello che credeva io.
Io scrivevo per sentirmi qualcuno, per potermi aprire come non avevo fatto con nessuno;, per poter parlare liberamente delle persone che odiavo. Senza sentirmi in colpa, ma anzi quasi amata.
Potevo sfogarmi prima con uno e poi con l’altro, perché difatti dopo poco tempo si erano aggiunti Linda, una mia carissima amica, e Andrea , un suo compagno di classe alle conversazioni.
Certo parlavamo ancora singoli a volte ma il gruppo mi faceva sentire meno scoperta.
Finii di scrivere su Whatsapp e attesi la sua risposta con impazienza.
Dire che attesi a lungo è riduttivo ed è una bugia, mi addormentai semplicemente.
- Non mi caghi mai -
- Ti sto cagando ora -
- Dopo che te l’ho detto io -
- Semplice casualità -
- Sein sein -
- Che ? -
- Nulla . Mi fai sentire la voce ? -
- E’ brutta -
- Anche la mia -
- Contento? -
- Sì. Non è brutta, anzi -
- E’ un po troppo caramellosa, ma va bene lo stesso. Mandala tu ora -
- Va bene -
- Hai un sacco l’accento del Sud -
- Lo conosci? -
- Non so se ricordi faccio di cognome Bari -
- E che c’entra? Io di cognome faccio Limoni, ma non è detto che mi piacciano -
Era l’unico a farmi ridere, involontariamente.
Nelle web mi chiedeva spesso perché ridevo sempre.
Solo che non potevo dirgli “rido solo quando sono felice”.
Perché sarebbe arrivato alla conclusione : “sono sempre felice con te” .