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Autore: Cicer93    26/04/2014    1 recensioni
Baelfire odia la magia eppure si trova costretto a imparare a usarla, a Hogwarts, lontano da casa e da Rumple, sempre più drogato di potere. Senza il padre, sarà più o meno solo? E questa Hogwarts è davvero sicura come sembra? Non si sarà mica coltivata una serpe in seno?
[...]«Qual è il prezzo?»
«Di una boccetta di essenza di Dittamo?»
«Di questa magia.»
«Anni di studio e ricerca, qualche ora di lavoro… Come il nostro dolce.» Tosca scosse le spalle, prima di riporre la boccetta nella saccoccia e tornare al loro lavoro.
«Non è la stessa cosa.»
«Ne sei sicuro?»
[...]
*Partecipa al contest "Un anno speciale a Hogwarts" di Dragone 97 sul forum*
I turno (Cap. 1&2) - Vincitore del premio "Tu sei una strega!"
Personaggi di HP: Tosca Tassorosso, Godric Grifondoro, Cosetta Corvonero, Salazar Serpeverde
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baelfire, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Trilli
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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1. La strega
Baelfire diede un colpo di reni e, per un attimo, poté ammirare le acque cristalline del Fiume del Sale, che luccicavano riflettendo i raggi di quel sole benigno che solo raramente l'aveva abbandonato quell'estate, mantenendo alto il suo umore. Subito dopo, però, l’altalena lo portò giù, il panorama fu nascosto dal muro di cinta, il sole dalle fronde della quercia. Diede un’altra spinta e davanti ai suoi occhi comparvero i campi, punteggiati di contadini, la stradina acciottolata, le case a graticcio del borgo, strette l'une alle altre cosicché nessun odore o rumore potesse sfuggire ma, anzi, vi restava intrappolato saturando l'aria, rendendola viva. Un sorriso nostalgico comparve sulle labbra del ragazzino. Non ricordava più da quanto tempo non scendeva in paese a giocare; ricordava però distintamente l'ultima volta che vi si era recato: i sorrisi forzati dei bambini, gli sguardi spaventati, i mormorii quando credeva non sentissero, i giochi "sicuri" (noiosi) e perché nessuno volesse più giocare con lui a qualcosa di più pericoloso (divertente). Serrò la mascella, strinse maggiormente le corde dell'altalena e, quando tornò indietro e si trovò per qualche attimo a fissare il prato – magicamente verde nonostante il sole, diede il colpo più forte. Era sul punto più alto quando l'altalena gli sfuggì dalle mani. Prima ancora che lui realizzasse cosa stava accadendo, qualcosa dentro di lui scattò. La bestia si svegliò e, invece di precipitare a terra, si librò in aria. Fu solo un attimo. Il tempo di realizzare cosa stesse facendo.
«No!» l’urlò sgorgò dalle sue labbra, spontaneo e rabbioso.
Istantaneamente cominciò a cadere, ma altrettanto istantaneamente una forza estranea rallentò la sua caduta, facendolo atterrare dolcemente sull’erba. Baelfire si voltò, pronto a incontrare lo sguardo ferito del padre, ma si trovò a fissare due occhi azzurri e caldi. Il proprietario di quello sguardo era una donna, poco più giovane di suo padre, con gli zigomi alti e i capelli castano rossiccio raccolti morbidamente sulla nuca. Il corpo tondo, morbido, era coperto da una tunica ocra con le maniche a imbuto, stretta in vita da una cinta tempestata di pietre blu – cui Baelfire non seppe dare nome. “Mamma” gli sfuggì da qualche luogo recondito della sua mente. Si diede immediatamente dello stupido: primo, perché quella donna non assomigliava minimamente ai pochi ricordi che aveva di sua madre (capelli neri, occhi chiarissimi). Secondo, perché sapeva, dalle poche cose raccontate dal padre, che suo madre non era una strega, al contrario di chi gli stava davanti (foss'anche solo per il legnetto che aveva in mano).
Si alzò, lisciò la tunica e fece un breve inchino, salutando: «Buonasera mia Signora.»
«Buonasera Baelfire.» rispose la donna con voce morbida e calda e... "Può una voce odorare di torta?"
Baelfire scosse la testa, deciso a non farsi ingannare dalle capacità ammaliatrici della strega, notando però quanto quella donna non sembrasse 'rovinata' dalla magia. "Com'è possibile?"
«Vi do il benvenuto nel castello di Rumplestilzchen e, se vorrete seguirmi, vi condurrò subito da mio padre.» riprese con gentilezza, perché a lui le streghe non piacevano, ma la signora era quasi sicuramente un ospite di suo padre e gli ospiti non si trattano male.
«Ti ringrazio Baelfire, » la strega accompagnò le parole con un piccolo gesto del capo: «ma perché pensi che io sia qui per tuo padre?»
Il ragazzo, che già si era avviato, si voltò di scatto, senza riuscire a trattenere le proprie sopracciglia dall'arcuarsi: «Mia Signora, perdonatemi, ma non vedo perché altrimenti voi dovreste essere qui.»
La donna gli lanciò uno sguardo eloquente.
«Non credo che io e voi abbiamo qualcosa in comune, mia Signora.» replicò misurando le parole. Davvero, non voleva essere scortese.
La donna sorrise, come se le avesse detto le parole più belle del mondo: «Scopriamolo!»
«Io non credo.» Intervenne una voce cantilenante: «Cosa vi fa pensare che siate ben accetta qui? Pensavo di averlo chiarito alle sentinelle.»
Baelfire si voltò, trovandosi a guardare un uomo invecchiato anzitempo. Aveva i capelli castani e unti, occhi infuocati e labbra sottili, tirate in un sorriso che non coinvolgeva gli occhi. Indossava una tunica magenta, da cui sbucavano le brache scure dello stesso colore dei calzari. La mano destra, alzata come se avesse appena finito di muoverla, era nera, come carbonizzata1.
La strega s'irrigidì appena, ma sorrise con gli occhi e le labbra, come se veramente nulla potesse turbarla: «Le vostre sentinelle non mi ritengono un pericolo. Perché voi sì? Non sono qui per farvi del male.»
«È evidente che sul punto la pensiamo diversamente» replicò Rumplestilzchen con un sorriso malevolo: «Pensavo di essere stato chiaro, con i vostri compagni.»
Lo donna non si scompose e riprese a parlare con quella voce calda e l'accento ignoto a Baelfire: «Chiarissimo, ma si sa che la gente delle valli è testarda. Noi vogliamo rifiuti diretti.»
«Perfetto. La risposta è no.»
La voce della donna sembrò volerli carezzare: «Non così presto e non da voi, Rumplestilzchen.»
Posò uno sguardo dolce e materno su Baelfire, che barcollò come se potesse davvero sprofondare in quello sguardo, così simile eppure così diverso da quelli che gli rivolgeva suo padre.
«Posso buttarti fuori da casa mia anche ora, Tosca, perciò fallo da sola.»
Baelfire alzò uno sguardo spaventato su suo padre: conosceva quel tono, conosceva quello sguardo.  Immediatamente, corse a stringergli la vita. Sentì distintamente qualcosa sciogliersi sotto le sue braccia e il suo viso, premuto sul petto dell'uomo.
«Non sono contro di voi, Rumplestilzchen...» la voce morbida della strega, Tosca aveva detto il padre?, arrivò attutita alle sue orecchie: «Nessuno di noi, lo è. Per piacere, mio Signore, permettetemi di restare un po' con voi.»
«Per piacere, padre,» pregò Baelfire alzando gli occhi e incontrandone la copia: «non è troppo male per essere una strega.»
Sorprendentemente a quelle parole suo padre rispose con uno degli sguardi più tristi che Baelfire avesse mai visto, però annuì, con aria sconfitta.
Sulla strada per il palazzo, Baelfire non poté far a meno di notare ciò che aveva sostituito il dolore negli occhi di suo padre: la paura. Inevitabilmente, si chiese se avesse fatto la scelta giusta.

***

 
Quando Baelfire si svegliò, per un attimo, si illuse di essere a casa, ma fu immediatamente smentito dalla morbidezza del materasso, dalle dimensioni del letto, dalle tende del baldacchino. Ogni giorno era la stessa storia: l'illusione di essere a casa veniva presto sostituita dalla consapevolezza di essere nella fortezza. Si alzò e cambiò la veste da notte con la camicia bianca, le brache marroni e la tunica verde bosco. Non voleva niente di diverso, lui.
Scese per fare la colazione, ma una volta arrivato nella sala che faceva sia da cucina, su un lato, che da sala da pranzo, sull'altro, com'era l'uso dei Bavari2, si ritrovò faccia a faccia con la strega straniera (l'aggettivo se l'era guadagnato quando gli aveva rivelato di venire da un'isola lontana a nord-ovest da casa loro).
«Buongiorno Baelfire!» lo salutò, mentre depositava sul grande tavolo ciotole, tegami, alcune uova, un barattolo di miele, un panetto di burro e una cassetta di prugne.
«Buongiorno… Che fate?» non riuscì a trattenersi, ancora troppo assonnato per ricordarsi le buone maniere.
«Il dolce per dopo pranzo. Non credevo avrei davvero trovato le prugne così a nord!3» Gli occhi della donna erano accesi di un’autentica gioia, altamente contagiosa. «Mi aiuti?»
Baelfire annuì incuriosito, rimboccandosi le maniche. «Cosa devo fare?»
«Prima cosa, la marmellata di prugne»
Baelfire raggiunse uno dei cassetti prese due coltelli e ne porse uno alla donna, quindi la imitò: prendevano le prugne, le tagliavano a metà, toglievano il nocciolo e le facevano a pezzetti grossi. Era un lavoro lungo e non particolarmente divertente, ma era il genere di lavoro che Baelfire amava fare: tenere le mani occupate per preparare qualcosa (tanto più se si trattava di qualcosa di buono!). Erano a più di metà cassa, quando il coltello gli sfuggì di mano. Immediatamente la mano sinistra iniziò a sanguinare e il ragazzo spalancò gli occhi terrorizzato: la strega gli stava simpatica, ma a suo padre non stava simpatico chi gli procurava una qualsivoglia ferita.
Una mano gli batté gentilmente sulla spalla: «Baelfire, stai tranquillo… è solo un taglietto»
Tosca gli tolse di mano il coltello e la prugna incriminata, con dolcezza, quindi frugò nella piccola sacca che portava legata in vita e ne estrasse una piccola boccetta.
«Dammi la mano»
Baelfire scosse la testa ritraendosi, non sapendo cosa lo spaventava di più: la furia di suo padre o la boccetta di liquido marrone.
Inaspettatamente, la strega gli prese la mano, senza aspettare che fosse lui a porgergliela, e fece cadere tre gocce dell’olio sul taglio. Immediatamente, il sangue si fermò e un sottile strato di pelle nuovo si formò laddove prima c’era il taglio.
Diviso tra la meraviglia e il sospetto, il ragazzo non frenò la domanda che sorse sulle sue labbra: «Qual è il prezzo?»
«Di una boccetta di essenza di Dittamo?»
«Di questa magia.»
«Anni di studio e ricerca, qualche ora di lavoro… Come il nostro dolce.» Tosca scosse le spalle, prima di riporre la boccetta nella saccoccia e tornare al loro lavoro.
«Non è la stessa cosa.»
«Ne sei sicuro?»
La strega alzò gli occhi su di lui e Baelfire, davvero!, provò a sostenere quegli occhi puri e sinceri, ma questa volta non ce la fece e riprese il suo lavoro. Di tanto in tanto, però, il suo sguardo tornava alla mano… del taglio, neanche il ricordo.


«Buongiorno! Vi state divertendo?» La voce di suo padre colpì Baelfire come un pugno dello stomaco. Era malevola e cantilenante, come il giorno prima. Non gli piaceva.
Sollevò lo sguardo dalla pasta che stava preparando, e che avrebbe fatto da base per il loro dolce, offrendo al padre uno dei suoi migliori sorrisi, quelli che – lo sapeva – avevano il potere di scioglierlo.
«Prepariamo un dolce!» esclamò entusiasta.
Suo padre, per tutta risposta, parve rabbuiarsi e immediatamente distolse lo sguardo da lui per rivolgersi alla strega impegnata sul fuoco con un ampio tegame, nel quale ribolliva qualcosa che stava espandendo un profumo delizioso.
«Gradite gli stufati, Signore?» chiese la donna con gentilezza porgendogli una cucchiaiata
«Per questo siete venuta qui? Per farci da balia?» chiese, malevolo.
«Ne avete bisogno?»
«Ditemelo voi...»
«Amo cucinare e provare i frutti dei posti in cui mi reco,» la strega scosse le spalle con serenità: «al mercato ho incontrato una signora ha detto che i suoi conigli sono i migliori. Volevo verificarlo. Vi disturba?»
«Non c'era bisogno.» borbottò Rumplestilzchen, già avviato verso le sue stanze.
«Lo so.»
Suo padre non era ancora uscito, quando la donna si voltò per ammiccare a Baelfire, che non poté fare a meno di chiedersi che razza di poteri avesse quella donna.


***

 
Dopo due settimane dall'arrivo della signora Tosca Tassorosso (aveva scoperto pochi giorni prima la sua casata, quando lei l'aveva colto a fissare l'anello con il simbolo), Baelfire stava di nuovo nel suo luogo preferito – l'altalena sul lato ovest della prima corte – quando vide arrivare suo padre. Quel giorno indossava una tunica blu brillante sopra brache giallo chiaro e calzari marrone scuro stretti da innumerevoli lacci.
«Non sei con dama Tosca.» esordì l'uomo.
«Doveva rispondere alle lettere della sua famiglia e di alcuni amici.»
Il cielo era così limpido e il sole caldissimo era alleggerito da una brezza fresca da un paio di giorni a quella parte spirava da nord.
«Puoi dedicare un po' di tempo a tuo padre?»
Baelfire si voltò, trovando a confrontarsi con uno di quegli sguardi incomprensibili e fortissimi che gli donava suo padre. Vi era un misto di affetto e supplica in quegli occhi castani. Un dono infinito d'amore e una richiesta d'amore infinita. Sostenere uno sguardo del genere era una fatica grandissima, anche per lui.
Il ragazzo lasciò che l'altalena rallentasse e saltò giù quando ancora non era completamente ferma, guadagnandosi un'occhiataccia. Sorrise: «Certamente padre.»
Baelfire sentì l'uomo prendere la sua mano. Era grande, tremava appena ed era leggermente sudata. Si sentì trascinare via, la stomaco contorcersi, strinse più forte la mano del padre, terrorizzato; ma fu solo un attimo. Riaprì gli occhi e si trovò sulla sponda del Fiume del Sale, in una piccola baia dove l'estate andavano spesso, lui e suo padre, quand'era piccolo. Era tanto – troppo – tempo che non vi si recavano. Un sorriso comparve spontaneamente sulle sue labbra, si tolse in tutta fretta i calzari e non riuscì a trattenere un grido infantile mentre si lanciava in corsa sulla riva. L'acqua fresca lambì i suoi piedi. La schizzò ovunque correndo avanti e indietro. Il padre lo raggiunse sorridendo. Baelfire fece un sorriso birbante, prese la rincorsa e con il piede sollevò una colonna d'acqua che schizzò il padre dalla testa ai piedi. Rumplestilzchen spalancò gli occhi in un espressione sconvolta.
«Come hai osato!» esclamò, un attimo prima di bagnarlo con un'onda di gran lunga migliore della sua.
Il ragazzo rispose, ma fu troppo lento: Rumplestilzchen con un paio di balzi si era allontanato tanto da riuscire a evitare il suo contrattacco.
«Padre! Così non vale! Tornate qui!» esclamò correndogli dietro e ridendo.


Il sole tramontava dietro la fortezza e nella piccola baia all'inizio dell'ansa del Fiume del Sale stavano seduti un padre e un figlio. Il primo invecchiato anzitempo e con il sorriso di un bambino, l'altro troppo basso per la sua età e con la sensazione di dover imprimere a fuoco nella sua mente quel pomeriggio.
«Ti piace dama Tosca» disse improvvisamente Rumplestilzchen, fissando un punto imprecisato dall'altra parte del fiume.
«A voi, no?»
«Sai perché è qui?» chiese suo padre guardandolo, con uno di quegli sguardi che Baelfire aveva visto al mercato, negli occhi degli agnellini in attesa che si decidesse del loro destino.
«Quando è arrivata ha detto che voleva una risposta...» rispose il ragazzo, concentrandosi sui ricordi per non dover sostenere quello sguardo che, incomprensibilmente, gli dava una sensazione fisica di dolore.
L'uomo storse il naso e facendo una vocetta acuta, cantilenante e quanto mai fastidiosa, gli rivelò: «La domanda era: posso portarmi via tuo figlio?»
«Non è possibile! Non vuole che noi ci separiamo, anzi!» esclamò con forza, ricordando quante volte la dama aveva sostenuto quanto il rapporto fra lui e suo padre fosse prezioso.
«Bae, Bae...» suo padre lo guardò con condiscendenza: «tu vuoi sempre vedere il buono negli altri, ma non vedi quanto gli altri mi vogliono male, che vogliono che io mi separi da te?»
Baelfire sentì distintamente qualcosa ribollire all'altezza della pancia. Non sapeva quando avesse smesso di chiamare dama Tosca la "strega straniera", né quando si fosse affezionato a lei, ma sapeva che in quel momento non voleva che suo padre dicesse cose tanto brutte sulla donna. Rumplestilzchen, tuttavia, non parve rendersene conto e, continuando a gesticolare, proseguì con acidità: «Crede che io non sia un buon genitore... Vuole sostituirmi... Vuole diventare la tua nuova famiglia!»
«NON È VERO!» Baelfire scoprì con stupore che era stato lui a ringhiare, fissando con rabbia il padre in piedi a pugni stretti: «Siete solo invidioso! Invidioso perché lei non è invecchiata per la magia e perché in paese sta simpatica a tutti!»
Vide la disperazione negli occhi di suo padre: «Ecco! Vedi! Già prendi le sue difese! Quale sarà il prossimo passo? Imparare la magia da lei?»
«IO NON STUDIERÒ MAI LA MAGIA!» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Si sforzò di fissare suo padre, sperando che vi leggesse la sua decisione e non le lacrime che tentavano prepotenti di uscire. Lo sguardo che il padre gli restituì era sofferente, ma non solo, anche se gli pareva impossibile fosse sollievo. Chinò lo sguardo, incapace di sostenere quello dell'altro ma immediatamente il suo spazio personale fu invaso da una presenza nota. Rilassò i pugni e strinse suo padre.
«Io non vi lascerò mai.» mormorò.

***


«Come trovate i vostri studenti?» chiese Baelfire, mordendo la trota arrostita e godendosi l'aroma dato da cannella, zafferano e altre spezie che non era in grado di identificare.
La pesca della notte precedente era stata fruttuosa e la loro ospite quella sera li aveva accolti con un tripudio di pesce, la cui vista aveva spalancato lo stomaco del ragazzo.
La dama Tassorosso, inghiottì il boccone (lo faceva sempre,manche se Baelfire non capiva il motivo) prima di rispondere: «Noi maghi non siamo tanti e noi quattro insieme conosciamo quasi tutte le famiglie magiche della Franconia Occidentale e Orientale, dei sette regni, alcune Normanne...»
Baelfire spalancò occhi e bocca, rischiando che il boccone appena preso ricadesse fuori: «Anche i Normanni!»
«E anche alcune famiglie dei popoli dell'est»
A quelle parole, persino Rumplestilzchen alzò lo sguardo interessato. «E partecipano?» chiese.
«Qualcuno, quelli con meno pregiudizi...» Tosca arricciò appena le labbra pensierosa.
Baelfire, sempre più meravigliato, stava per porre un'altra domanda, ma intervenne la perfida e cantilenante voce di Rumplestilzchen: «E chi non è figlio di maghi?»
Tosca sorrise bloccando a mezz'aria la mano che teneva uno spiedino di carpa: «Sono i più facili da trovare...» diede un morso guardando con gioia sincera lo sguardo interessato di Baelfire: «Durante l'estate viaggiamo per città e villaggi... Basta fare qualche domanda e scopri immediatamente se c'è qualche mago tra loro...»
«Perché tu stai perdendo tempo qui, allora?»
«E vengono tutti?» chiese Baelfire colpito, sovrapponendo involontariamente e inconsapevolmente la propria voce a quella del padre.
«Chi non ha genitori maghi sì» rispose la dama, ignorando completamente le parole di Rumplestilzchen.
«E chi li ha?»
«Spesso impara dai genitori, più raramente da noi... Anche se il numero è in aumento»
«E se uno non volesse imparare?»
«Una scelta pericolosa... Per sé e per gli altri»
Baelfire aveva chinato gli occhi sul piatto e continuava a spostare i cibo al suo interno, senza un vero scopo, incapace di sollevare lo sguardo perché sapeva avrebbe incontrato uno sguardo troppo limpido e serio perché potesse essere sostenuto.
«Pure la magia è una scelta pericolosa... E una scelta comoda.»
«Non dirlo ai miei studenti!»
La voce della donna era divertita e allegra, ma Baelfire non riusciva a condividere quell'emozione: per qualche inspiegabile motivo sentiva il cuore battergli forte, l'aria mancargli e come se qualcuno gli avesse messo sul petto il tavolo della salata pranzo, senza che potesse spostarlo. Continuando a tenere lo sguardo basso, si alzò: «A me non interessa... Scusatemi ma devo proprio andare.»
Mentre usciva dalla sala udì appena la voce chiaramente soddisfatta del padre: «Avete avuto la vostra risposta.»


Baelfire amava il cielo d'estate: era limpido, senza nuvole, chiaro e anche di notte non era cupo come durante l'inverno. Quand'era più piccolo, spesso d'estate si addormentava all'aperto nel tentativo di contare le stelle, poi la mattina si svegliava nel suo letto e, quando chiedeva a suo padre come ci fosse arrivato, questi inventava ogni volta una storia diversa capace di giustificare le sue materializzazioni. Era più facile allora: suo padre non era l'Oscuro, ma un mago semplice, capace, che non aveva mai desiderato più di quello che aveva, che aveva continuato il lavoro delle due donne che l'avevano allevato. Era più facile, allora, anche se vivevano in una casa piccola, con una sola stanza e una nicchia con il letto, in cui dormivano entrambi. Poi, tre o quattro anni prima, erano arrivati i profughi, come li avevano chiamati al villaggio. Centinaia di persone con i vestiti a brandelli e sporchi si erano riversati sul loro villaggio e – a quanto avevano detto i commercianti – su quelli vicini, diretti verso Aquisgrana alla ricerca della protezione imperiale. Erano stati loro stessi a dire agli abitanti del villaggio da cosa fuggivano: gli Orchi, li chiamavano loro... gli Ungari, li aveva corretti Oto, il commerciante di spezie che conosceva il mondo più di chiunque altro al villaggio. Baelfire ricordava due cose di quella massa multiforme di persone: gli occhi spalancati, terrorizzati, sempre in movimento come si aspettassero di essere aggrediti da un momento all'altro e le mamme. Imparavi presto a riconoscerle: gli occhi erano persi nel vuoto o arrabbiati, furiosi, sofferenti, morti o folli, mai spaventati; alcune avevano dei tagli sul volto o sulle braccia; mangiavano meno di tutti, erano le meno contente dell'acqua, sembravano interessarsi di nulla; sembravano disperate per essere sfuggite alla furia degli Orchi. Non tutte probabilmente erano così, e talvolta gli stessi segni potevano trovarsi su un uomo, ma erano la "regola" di quel periodo, le mamme orfane. Suo padre l'aveva capito prima di lui – era stato lui a spiegargli perché quelle donne sembravano più disperate e malmesse degli altri – e sin dalla prima ondata aveva cominciato a tenerlo più spesso accanto a sé e anche durante il giorno voleva che fosse sempre a portata di vista. I pochi bambini che arrivavano avevano lo stesso sguardo delle mamme orfane: disperato, abbandonato, terrorizzato... Anche la mamma di Baelfire era morta quando lui era molto piccolo, gliel'aveva raccontato suo padre, eppure era sicuro di non avere lo sguardo di quei bambini.
Un rumore lo tirò fuori dai suoi ricordi, si girò a pancia sotto e vide la signora Tosca camminare lungo il sentiero che portava all'entrata principale della fortezza.
«Mia Signora! Dove andate?» esclamò tirandosi in piedi e affrettandosi nella sua direzione.
«Baelfire!» esclamò la donna colpita: «Tuo padre non sarebbe contento...» scosse appena il capo, ma, quando lo rivolse di nuovo verso di lui, Baelfire intravide al chiaro di luna il sorriso affettuoso che aveva imparato a riconoscere: «Non posso restare per sempre qua! Devo anche aiutare i miei compagni a trovare i nuovi maghi.»
«Mi dispiace ma a me la magia non piace proprio» sospirò scuotendo la testa sconsolato.
La donna gli mise due dita sotto il mento e Baelfire istintivamente alzò lo sguardo, sforzandosi di incontrare quei benevoli ma diretti occhi chiari.
«Lo so, Baelfire, lo so... Ma la magia è parte di te. Lo sarà sempre. Non accettarla potrebbe essere molto molto più pericoloso.»
Trattenne un sospiro, ma non abbassò gli occhi: «La magia ha sempre un prezzo: non voglio studiare quella magia che piace tanto a mio padre, per proteggerci e difenderci da non si sa cosa...» storse il naso schifato al ricordo delle piante velenose e delle pozioni che gli aveva mostrato si ore vano utilizzare contro i nemici: «né voglio venire con voi, perché non posso abbandonare mio padre... Lo distruggerebbe.»
La donna gli arruffò i capelli, ridendo della sua espressione imbronciata: «Lo so. È una tua scelta. Ora devo andare, Baelfire, ma mi ha fatto davvero piacere conoscerti!»
Tosca Tassorosso, però, fermò il piede a mezz'aria, per poi voltarsi di nuovo verso di lui. Mise le mani nella saccoccia magica che portava sempre in vita – dalla quale Baelfire aveva visto uscire i più svariati oggetti, pozioni, il dittamo, le spezie e anche la coppa con la quale Tosca beveva sempre – e tirò fuori proprio la bellissima coppa d'oro dalla quale non sembrava separarsi mai; quindi da una piega del vestito estrasse la bacchetta e con un fluido gesto produsse una copia in miniatura della coppa. Non rispose al suo sguardo interrogativo ma si strappò un capello e lo mise nella piccola coppa, poi fece lo stesso con Baelfire, borbottando un paio di parole di scuse, quando il ragazzo lo guardò male. Infine, rovistò di nuovo nella saccoccia e ne tirò fuori un cordoncino – durante quel mese Baelfire aveva perso il conto del numero di cordoncini che quella donna aveva tirato fuori – e sempre con un colpo di bacchetta fece un paio di buchi alla base della coppa prima di farci passare il cordoncino attraverso.
«Ecco,» disse passandoglielo attorno al collo: «Quando avrai bisogno di me, stringila e io lo saprò.» ammiccò «Buona fortuna, Baelfire!» lo salutò riprendendo il suo cammino.
«Addio, mia Signora!»
La guardò raggiungere il cancello e superarlo prima di sparire con un pop!






Note:
1Essendo un mago, se si fosse azzoppato avrebbe potuto continuare ad aiutare il proprio signore, quindi ho immaginato si fosse distrutto la mano. Non credo avrò la possibilità di raccontarlo, quindi lo scriverò qui. Rumple si distrugge la mano destra per non morire in guerra. La mano guarisce grazie all'opera di una guaritrice, però, quando Rumple comincia a praticare la Magia Oscura quella mano, con cui tiene la bacchetta, progressivamente si annerisce apparendo dello stesso colore che avrebbe se fosse carbonizzata, pur essendo completamente funzionale.
2Da quanto ho letto, in realtà, fino al Basso Medioevo anche nelle case dei ricchi cucina e sala da pranzo erano un unico locale, non solo tra i Bavari, ma già sappiamo che per esempio a Hogwarts non è così.
3 Durante il Medioevo si verificò un innalzamento globale della temperatura tale che la vite, che notoriamente si coltivava nel Mediterraneo perché ha bisogno di molto sole, si coltivava fino in Gran Bretagna, pertanto - pur non sapendo fino a che altitudini si coltivano oggi le prugne - non credo sia assurdo ipotizzare che si potessero trovare le prugne nella futura Germania sudorientale.


Ciao a tutti! Approfitto del fatto che mi è stato segnalato che il font è un po’ troppo grande per aggiungere le due parole che avrei aggiunto ieri notte se fossi stata in condizioni di farlo XD
Questa è la prima storia che pubblico su EFP e sono confusa dal sentirmi contemporaneamente tipo mia nonna quando le avevano appena regalato l’Ipad (anche se ora è una spada) e una bambina di prima elementare al suo primo giorno di scuola vera!
La storia è nata per un contest, è vero, ma credo che la continuerò indipendentemente se verrò eliminata o meno al prossimo turno (a questo purtroppo e per fortuna abbiamo consegnato in troppo pochi e quindi non ci saranno eliminazioni) perché me ne sono innamorata. Ho già ringraziato Dragone97 perché non sono una fan dei cross-over, tanto che non ne ho mai letti, ma il suo contest mi ha incuriosito subito, il personaggio è nato spontaneamente e il resto… puro divertimento! Spero di aver fatto divertire anche voi e che tornerete a leggermi anche nel prossimo capitolo!

IMPORTANTE: Lo scriverò anche nel capitolo relativo, ma volevo avvisarvi che il secondo capitolo verrà molto corretto rispetto alla versione mandata in tutta fretta a Dragone perché ero in ritardo sul proroga (me tapina!) e, quindi, probabilmente pubblicherò il secondo capitolo il 29aprile e forse ne inserirò un altro (che chiaramente sarebbe esterno al contest).
Edit: Suinogiallo mi ha comunicato che per tali modifiche dovrò aspettare tre mesi dalla chiusura del contest, quindi per ora avrete solo la versione per il contest ^^

A presto!


  
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