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Autore: michaelgosling    26/04/2014    1 recensioni
Una cinefila imbranata, un poliziotto cinico, un'ambientalista dai capelli azzurri, un insegnante che si altera con poco e un autista di autobus bruttino si incontrano in una città americana. La diversità delle loro vite e del loro carattere creerà non pochi problemi, ma finiranno col diventare amici perché tutti e cinque, in un modo o nell'altro, per le loro diversità e stranezze, si distaccano dalla massa rifiutando la normalità perché sono, come possiamo dire, "Alternative people".
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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zzzzzzz CAPITOLO 4. AMALRIC

Quando la mattina seguente venne rilasciata con tutte le sue cose, si sentì estremamente sollevata.
Era stato quasi divertente passare la notte in gattabuia, principalmente per due ragioni: la prima era che aveva dormito gratis per una notte e la seconda era che aveva conosciuto Cole Phelps in pelle e ossa.
Non era niente male, considerando che era successo tutto nel giro di 12 ore.
"Bye bye Phelps!" disse al freddo agente di polizia quando uscì.
"I'm watching you!" ribattè lui, irritato dalla confidenza che la ragazza gli stava mostrando.
Lei lo ignorò proseguendo per la sua strada e poco dopo lui fece altrettanto, rientrando nel commissariato: entrambi erano convinti che il loro era stato un incontro assolutamente casuale, e che non si sarebbero mai più rivisti nella vita.
Sbagliavano.
Nel frattempo, Giovanna rivide nella sua testa i momenti appena passati, e pensò a cosa fare. Prima di tutto bisognava visitare la città per bene, per conoscerla e iniziare a muoversi al proprio interno con maggiore tranquillità e serenità.
Attraversò una zona residenziale, ma poi, inevitabilmente, la stanchezza si fece sentire.
Dannata prigione. Non ho chiuso occhio.
Dormivo meglio in strada.
Si sedette su una panchina alla fermata del bus, e riprese fiato, come se avesse fatto una lunga corsa.
Passò una mezzora abbondante, e la giovane vide un paio di bus fermarsi e proseguire e altrettante persone salire e scendere.
Sapeva che il tempo stava passando e che la sera sarebbe nuovamente arrivata anche quel giorno, ma non sapeva cosa fare e dove andare.
Cercare un lavoro? Nessuno l'avrebbe mai presa. Non parlava un buon inglese, non aveva esperienza professionale e disponeva di un semplice diploma, che non si sa come fosse riuscita a prendere.
Cercare un albergo in cui passare la notte? E per quanto tempo? Pagando con quali soldi? Dei dollari li aveva, ma prima o poi si sarebbero esauriti.
Forse sua madre e tutti quelli che conosceva aveva ragione.
Forse non avrebbe mai dovuto lasciare l'Italia.
Forse davvero non avrebbe mai combinato niente nella sua vita e forse davvero sarebbe rimasta zitella a vita.
Mentre nella sua testa ronzavano questi pensieri, si alzò e l'autista che stava arrivando con il suo bus interpretò quel gesto come una volontà di salire, così si fermò e aprì la portiera per farla salire.
"Do you want to take the bus?" mormorò l'uomo, notando che la ragazza non si muoveva.
La ragazza alzò lo sguardo e vide l'autista fissarla. Sebbene fosse seduto, si capiva che era piuttosto basso, alto più o meno come lei, contrariamente a Phelps che era almeno 1 metro e 88.
Aveva la pelle molto chiara e i capelli e occhi color marrone scuro: se lo vedeva Tim Burton lo prendeva subito per il suo prossimo film.
Quell'uomo aveva qualcosa nel suo viso di inquietante: la forma degli occhi così particolare (e il fatto stesso che li teneva spalancati come se fosse costantemente allucinato), i lineamenti del viso e la bocca ne erano la causa.
Anche lui somigliava in modo sorprendente a qualcuno, ma stavolta la ragazza non ebbe alcun dubbio su chi si trattasse: Mathieu Amalric.
Amalric era un attore francese di cui la ragazza era sempre stata fan, e incontrare il suo clone (ma quanti cloni ci sono in America?!?) che doveva avere una ventina d'anni di meno dell'originale era... strano.
Forse, anzi quasi sicuramente, lo riteneva inquietante perchè l'aveva visto ne Lo Scafandro e la Farfalla, dove visto che interpretava un uomo con la sindrome del Chiavistello* aveva la bocca storta, l'occhio destro cucito e l'altro aperto che si muoveva continuamente.
Non era tanto la sua condizione del film ad essere traumatico, ma quel dannato occhio sempre spalancato.
Tuttavia, l'autista aveva uno sguardo amichevole, e Giovanna si sentì immediatamente sollevata.
"Where... where the bus goes?" chiese in tono incerto.
"You are a tourist."
Caspiterina!
Ancora?
Ma si vedeva così tanto?
Evidentemente sì.
A differenza del poliziotto però, il tono dell'autista era meno.. scontroso.
Da come l'aveva detto non sembrava un insulto, ma un semplice fatto.
"We go to the Milwaukee Centre." continuò l'uomo, posando le mani sulle gambe.
"May we move? I'm in late!"" urlò qualcuno dentro il bus.
"Just a second!" urlò l'uomo e poi, tornando a guardare la ragazza, continuò: "So?"
Giovanna entrò con riluttanza portandosi dietro tutte le sue cose.
Non c'era un cazzo di posto.
Fantastico.
Riconobbe la ragazza dai capelli azzurri, quella della manifestazione, indaffarata ad esaminare dei cartelli, che probabilmente aveva preparato precedentemente. Fu confortante incontrare qualcuno che aveva già visto, anche se non la conosceva e non ci aveva mai parlato.
Tuttavia, non essendoci posto, si sedette sugli scalini dell'entrata e mise la valigia lì vicino.
Notò che l'autista ogni tanto la guardava, ma non in modo sospetto. Era uno sguardo tranquillo, quasi sereno, il primo che aveva ricevuto da quando era lì.
"How long are you here?" chiese alla ragazza, sempre in tono amichevole.
"Yesterday."
"Not soo long."
"I know that.. I haven't a good pronunciation."
"The most important thing is that you know it."
La ragazza sorrise timidamente e l'autista fece altrettanto.
Allora c'è della gente umana in sto posto!
Proprio l'unico uomo che inizialmente la inquietava (tutta colpa del vero Amalric), era stato l'unico finora che era stato gentile con lei.
L'ironia della vita!
Osservò l'uomo con più attenzione anche se non in modo eccessivo (non voleva sembrava una psicopatica o una maniaca), e notò che ogni volta che il bus si fermava, per il traffico o per far salire e scendere dei passeggeri, muoveva in modo agitato le braccia, e con le mani toccava tutto quello che riusciva, dal volante alla radio, come se avesse una specie di tic nervoso.
Ad ogni modo, la ragazza passò il resto del viaggio pensando ai fatti suoi, predendo la cognizione del tempo: si svegliò da quella sorta di dormita con gli occhi aperti solo nel momento in cui arrivarono al capolinea, quando il clone di Amalric la scosse delicatamente.    
"Are tou okay?" le chiese, non appena vide Giovanna alzarsi.
"Dove... where.." balbettò lei, mezza intontita.
"Always Milwaukee."
La ragazza mise una mano sulla fronte e si sedette su un'altra panchina lì vicino per riprendersi.
Appoggiato al bus che aveva appena guidato, l'autista la guardò con un mezzo sorriso. Teneva le braccia distese lungo i fianchi anche se stavano per muoversi visto che le mani non stavano ferme un minuto.
Incrociò le braccia, sperando così di tenere quelle dannate mani sotto controllo.
Giovanna se ne stava a testa bassa, nascondendo il viso con le mani.
Singhiozzò.
Stava andando tutto male.
Non ce l'avrebbe fatta.
Non era indipendente, non era in grado di fare nulla.
Sprofondò nello sconforto più totale.
Di nuovo.
Non aveva scelta: doveva tornare a casa, che non avrebbe mai dovuto lasciare.
Già immaginava l'umiliazione che l'avrebbe accompagnata fino alla vecchiaia, dato che tutti sapevano che se ne voleva andare dall'Italia.
"Non combinerò mai niente. Starò sulle croste dei miei genitori e morirò triste e sola, derisa dal resto del mondo." mormorò Giovanna, talmente piano che nessuno riuscì a sentire la sua voce.
L'uomo si avvicinò alla ragazza e le porse un fazzoletto, che lei non tardò a prendere.
"Thank you."
"Would you like to take a couple of coffee?"
Giovanna lo guardò sorpresa.
Stavolta fu lei a sgranare gli occhi.
"With... with you?"
Non riusciva a crederci.
Qualcuno si stava interessando a lei... o più semplicemente voleva solo essere gentile.
Già, la seconda ipotesi era più probabile.
"Yes.. I mean... if you don't want to stay alone.." balbettò timidamente lui, voltando lo sguardo.
Che dolce.
Massì!
"Ok."

* : Condizione nella quale una persona, in seguito ad un ictus, è completamente paralizzata (in stato vegetativo) tranne solitamente per gli occhi. Comprende cosa gli viene detto e cosa succede, ma non può comunicare.

EEEEEEEEECCCCOMI :D SCUSATE IL RITARDO ;D
SPERO CHE QUESTO CAPITOLO VI PIACCIA!
E RECENSITE, MI RACCOMANDO :D
  
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