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Autore: Spica_ONeal    26/04/2014    0 recensioni
Dal testo:
« Aspetta! » Mi segue a ruota e mi blocca per un braccio.
« Io sono Jay Miller. Tu sei..? »
« Cora O’Neil. » Rispondo atona mentre mi dirigo verso l’uscita.
« Ah, dimenticavo… » Aggiungo poco prima di chiudere la porta di casa sua, mi fermo rimanendo di spalle, mi giro appena appena e sorrido compiaciuta.
« Uno a zero per me. » E me ne vado definitivamente.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
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Il senso di libertà che si prova quando sento il vento tra i capelli è qualcosa che mi riempie fino a mozzarmi il fiato. In particolare quando al vento si unisce l’acqua.
Riuscire a cavalcare un’onda di proporzioni gigantesche ti fa credere, anche se per pochi istanti, di poter controllare il mondo. 
Il surf è sempre stato qualcosa che mi ha ammaliato per la prima volta da bambina. Quando andai al mare all’età di cinque anni, vidi alcuni ragazzi ridere, scherzare e lanciarsi con le loro tavole luccicanti contro onde di ogni grandezza. 
Ai tempi mi sembrava di avere difronte tanti eroi coraggiosi pronti a sfidare tutto e tutti. Ne ero rapita. 
A sette anni iniziai a prendere lezioni con altri bambini della mia età. Non erano lezioni private, chi voleva unirsi si univa, nessuna spesa, nessuna restrizione. 
Molti dei miei compagni, dopo un mese o due, se ne andavano perché lo ritenevano troppo faticoso e pericoloso. 
Ma io no. 
Ho continuato per undici anni assieme ad altri due amici; Peter e Baylee. Eravamo diventati così bravi da perdere parte alle competizioni estive e vincerne alcune.
Poi smisi. Tagliai i ponti con tutti e mi trasferii, da sola.
Abbandonai il surf per quasi tre anni. 
Mi limitavo a stare in spiaggia da sola e ad osservare altri surfisti.
Odiandomi.
Fino allo sfinimento. 
Per tre interminabili anni. 

***

Appena entrata in casa, guardo l’ora e mi rendo conto che è davvero tardi e se non mi sbrigo rischio di non arrivare a lavoro per il turno. 

“Non mi va di sentirne su ancora una volta da José. Mi basta quello che è successo oggi.”

Butto sulla poltrona i vestiti e corro in camera a prendere borsa, chiavi della moto, casco e giacca. 
Non posso andare in bici con questo tempo e di certo non riuscirei ad arrivare in tempo. 
L’unico modo è usare la moto di Shane. Una fiammante Honda Tiger del 2009 nera con linee oro lungo il motore accuratamente disegnate dal suo proprietario.
Uso questa bella creatura il meno possibile, anche se Shane tempo fa mi disse che posso considerarla mia. Il punto è che non voglio considerarla mia.
Indosso la giacca, il casco e metto sul dentro il sedile la borsa. 
Riscaldo la moto poco prima di lasciare il garage.
Sento ruggire il motore e il suono si propaga per tutto il sotterraneo. 
Parto, incurante della pioggia che bagna me e la moto. Mi sento così bene quando sfreccio spensierata sulle strade vuote e buie. 
Devo percorrere parecchi chilometri per poter arrivare al Wave War, il locale sulla spiaggia dove lavoro. 

Dopo un buon quarto d’ora, arrivo cinque minuti prima dell’apertura. 

“Grazie al cielo…”

Scendo dalla moto, prendo il necessario assieme al telo nero che in genere uso per nascondere la moto.
Con il motore spento, la sposto nel mio solito vincolo per non farla vedere in giro. Attira una certa attenzione. Preferirei che rapissero me piuttosto che rubare la Tiger. Le lancio il telo sopra ed entro dalla porta sul retro. 

« Jo, sono arrivata! » Grido per farmi sentire. Ma non sento alcun rumore o voce. 
« Jo, ci sei? » Ancora nulla. 
Accendo le luci dell’angolo bar e vedo un foglio sotto un bicchierino. 

Tesoro, io e Lenny oggi siamo abbiamo avuto un contrattempo e ce ne staremo via fino a domani sera.
Tranquilla, non ti lasceremo da sola. 
Verso le nove, arriveranno due ragazzi che ti daranno una mano. Fino ad allora sarai tu il capo. 
Ti dico solo di NON aprire il locale, prima che arrivino loro. Io e Lenny non vogliamo che ti succeda qualcosa. 
Mi raccomando, ci fidiamo di te! 

Jo.

P.S: Sophie oggi è malata. Non riuscirà a venire quindi dovrai fare tutta da sola. Ma almeno sarai in compagnia di due bei ragazzi! 


Sbuffo, prendo il bigliettino, lo piego e lo metto in borsa. Guardo di nuovo l’orologio che segna le 20.32. 
Inizio a preparare i vari stuzzichini, do una lucidata al grande bancone in marmo nero per poi passare ai tavoli. 
Mentre metto via gli stracci, sento bussare alla porta d’ingresso ancora sigillata. 
Mi precipito a vedere chi è e vedo la sagoma di due persone alte e abbastanza robuste. 
« Chi è? » 
« Siamo i due sostituti di José e Lenny.  » Dice una voce dall’altra parte.
« Ora vi apro. » Inizio a far scattare tutte le serrature e apro. E mi pietrifico sul posto. 
« … Tu. » Sibilo, assottigliandi gli occhi fino a ridurli a due fessure.
« Che caloroso benvenuto. Da quanto tempo! » Sfodera un sorriso a trentadue denti. 

“Quanto vorrei prenderlo a sprangate sui quei denti.”

« Vi conoscete? » Mi giro a guardare il suo compagno per la prima volta e vedo un ragazzo dai capelli a spazzola biondo cenere con gli occhi . Ha un viso quasi tenero e questo mi solleva molto. 
« Scusa, mi presento. Mi chiamo Cora O‘Neil. » Gli porgo la mano e lui la stringe, sorridente.
« Non è giusto, con me non sei stata così gentile. » 
« Questo vale anche per te, Miller. » Gli lancio un’occhiataccia. 
« Comunque… Ryan Lee, piacere! » E io mi blocco. L’unica cosa che ho sentito è il nome del nuovo ragazzo; Ryan. Impallidisco e mi sento mancare l’aria.

"Ryan…" Tremo al ricordo di quel nome.

« Ehi, tutto bene? » Mi chiede lui. 
« S-Sì, scusatemi… » Indietreggio.
« Venite, vi mostro il locale. Siete capaci di preparare drink, vero? »
« Ovvio, altrimenti non saremmo qui. » Rispondono in coro.
« Perfetto, il vostro compito sarà quello di stare al bar allora. » Loro annuiscono e io vado in magazzino a prendere la loro divisa. Gliele porgo e loro mi guardano inarcando le sopracciglia. 

“Ma lo fanno apposta a dire e fare le stesse cose contemporaneamente?”

« Beh, che c’è? » 

« Non credi che siano un po‘ troppo strette per noi? » Ridacchia, Jay.
« Sono le taglie più grandi che abbiamo. » Mi stringo nelle spalle.
Si lanciano un’occhiata a vicenda e io gli mostro lo “spogliatoio“ dei maschi. 
Io corro a mettere la mia “divisa” che consiste in una minigonna in jeans attillata e una canottiera, anche quella attillata, fluorescente con il logo del locale in grande sul retro. L’odio. 
Ricordo ancora le parole di Lenny quando gli chiesi il perché del fluo.
« Tutti devono sapere chi sei, Cora. Tutti devono sapere di te! Qual’è il metodo migliore per farsi riconoscere al buio se non questo?» 
Detto così sembrava che fossi una specie di star.

Una volta uscita dal mio spogliatoio, vado a preparare la playlist per la musica. 
Con mia enorme sorpresa, José se n’è già occupato. Collego l’impianto al computer e faccio partire la musica. Tanta. Tanta. Tanta musica elettronica e dance. Passo alle luci e i vari led sotto divani e tavoli. 
Non è un posto grande, ha circa una dozzina di tavoli tranquelli dentro e fuori, ma la gente che viene qui lo fa per la musica e per i fantastici drink di Jo e Lenny. E per la pista da ballo. Una grande pista con una modesta fontana al centro.
Una fontana di liquido fluorescente. Assurdo. 
Man mano che la folla inizia ad arrivare, saluto tutti i conoscenti mentre prendo le ordinazioni dei vari drink. 

Mi giro a dare un’occhiata ai due ragazzi al bar e sembra che ci sappiano davvero fare. Rimango a fissare Jay per qualche secondo di troppo e lui se ne accorge perché mi rivolge un sorriso quasi compiaciuto. Faccio finta di nulla e torno alle ordinazioni.
Dopo due ore di corsa tra la folla e tra un tavolo e l’altro, mi fermo per qualche minuto a prendere fiato.
Inizia a farmi male la testa e mi si mozza il respiro. Inizio a tossire e sento il sangue risalirmi la gola. Mi dirigo verso il bagno riservato balcollando e senza farmi vedere. 

“No, non ora… E’ troppo presto.”

Cerco di sputare tutto il sangue che mi sento in bocca. Inizio ad ansimare, ho il respiro irregolare. 
Mi sento soffocare. Guardo le chiazze di sangue sul lavandino bianco e la mia bocca si contrae in una smorfia di disgusto.
Poi alzo la testa, mi guardo allo specchio e vedo la mia figura in questo stato. 
Di nuovo.
Cora O’Neil. 
Una ragazza di 23 anni. 
Una ragazza dal fisico snello.
Una ragazza mora dai capelli lunghi. 
Una ragazza dagli occhi grigi. 
Una ragazza dalle labbra sottili. 
Una ragazza che corre contro il tempo.
Contro il suo tempo.



Angolo autrice:
Ho cambiato font perché mi sono accorta che quello del primo capitolo era piuttosto fastidioso dal mio punto di vista. Purtroppo non ho tempo per modificare anche il font del Cap. 1 così ho deciso di lasciarlo così, per il momento. Sistemerò tutto appena ho un po' di tempo da dedicarci.


Spica.
  
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