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Autore: Stella cadente    26/04/2014    3 recensioni
"In quell’orfanotrofio degli Stati Uniti, in una piccola stanzetta, giocava una bambina pallida. Era una bambina dal corpo esile parzialmente ricoperto da lunghi capelli corvini, che le ricadevano vaporosi sulla sua schiena magra. Una bambina che si sentiva messa da parte, oppressa, imprigionata tra quelle pareti spoglie, scrostate e di un color bianco sporco, quasi grigio."
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"E non era colpa sua.
E lei avrebbe preferito incastrarsi in una dannazione eterna, piuttosto che vivere una vita vuota."
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La storia di una bambina come tante, eppure così diversa.
La storia di una bambina innocente che voleva solo un po' di affetto.
Lei voleva solo essere ascoltata.
Genere: Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Samara Morgan
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Ring - Samara Morgan'
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Capitolo 7
La luce si spegne
 
 
 
Moesko Island, 31 maggio 1978
Sera

 
 
Samara guardava fuori dalla grande finestra di camera sua la luce nuvolosa di Moesko Island.
Ricordava ancora la prima seduta con la dottoressa Grasnik, quella dottoressa che la studiava, la scrutava, la analizzava.
Fece una smorfia: il pensiero che quella signora potesse rovistarle tra i pensieri la faceva rabbrividire ogni volta. Non andava volentieri da lei, eppure aveva un’altra seduta fra due ore.
Ricordava ancora la prima di quelle sedute che doveva frequentare regolarmente, tutti i giorni, perché aveva un problema grave.
Un problema grave.
O almeno così aveva capito da ciò che la Grasnik aveva detto.
 
 
 
Ciao papà sussurrò appena tornata a casa.
I suoi occhi scuri vagarono lungo il corridoio buio, alla ricerca della figura imponente di Richard.
Anna si era fatta ancora più cupa. Il silenzio la avvolgeva e la teneva lontana da lei come fosse stata sotto una campana di vetro.
Ciao Samara.
La voce di suo padre era fredda, distante; Samara rabbrividì nel sentirla.
Era come se lei stessa avesse spento quella luce che i Morgan emanavano continuamente.
Sentiva il buio spandersi, il suo corpo emanare energia negativa, una rabbia immotivata e innaturale prendere il sopravvento. Non riusciva più a respirare quel clima così cupo e non riusciva ad accettare che fosse stata lei a crearlo. Lei desiderava solo poter stare bene con i suoi genitori.
Ma non poteva.
Era un mostro.
 
 
 
La sua stanza era diventata ormai il suo rifugio. Anche se lei non aveva mai un rifugio e non lo aveva mai avuto.
Ormai era diventata completamente inerte, assente nella vita dei genitori. Preferiva la solitudine, perché aveva paura di far loro del male, e sapeva che non se lo sarebbe mai perdonato. Il Buio era imprevedibile, inafferrabile, ineliminabile.
Non riuscirà mai a tornare indietro.
Non poteva semplicemente ucciderlo, né tantomeno smaltirlo pian piano con sedute da una dottoressa specializzata in psichiatria infantile.
Samara si sdraiò a terra, piano, delicatamente, un piccolo corpicino pallido steso sul pavimento, i lunghi capelli corvini a formarle un’aura scura intorno alla testa.
Sentiva il freddo.
 
 
****
 
 
Anna era preoccupata.
Erano giorni che Samara si era chiusa in camera e che sembrava non voler interagire più con il mondo esterno. Da quando avevano assistito alla gara di equitazione e il cavallo di Ramirez l’aveva aggredita non sembrava più essere la stessa. Era convinta che quelle lesioni fossero dovute a quell’episodio, che c’entrassero qualcosa con l’incidente della gara... Ma forse non aveva fatto bene a portarla direttamente da un medico. Forse doveva solo parlarle.
Chissà che cosa le aveva detto quella dottoressa. Anna si fidava di lei – erano amiche di infanzia e sapeva che Ellie era una persona per bene – ma temeva che la bambina si fosse spaventata.
Samara ormai usciva  dalla sua stanza solo per mangiare e parlava raramente, e lei, nel vedere sua figlia ridotta in quel modo, si sentiva disintegrare.
Sorrise amaramente.
Quella non era esattamente sua figlia. Eppure le voleva bene come se lo fosse stata davvero, come se davvero avessero un legame di sangue. C’era una certa somiglianza tra di loro, che la faceva sentire un po’ più sua. Aveva i capelli neri e la pelle chiara come lei. Vederla era sempre una gioia, e bearsi di quel raro sorriso, delicato e sempre appena accennato lo era ancora di più.
Samara era una bambina seria. Accadeva di rado che sorridesse, ma quando lo faceva il suo viso candido si illuminava di una luce che Anna trovava bellissima.
Ora non la vedeva più, quella luce.
La luce non c’era più.
Una lacrima le solcò il viso.
Non si affrettò neanche ad asciugarla come faceva di solito, lasciò semplicemente che le scivolasse sulle guance pallide.
Samara si era spenta, era morta dentro.
E lei non ci poteva fare niente.
 
 
****
 
 
Il Buio era ricomparso. E da quando era ricomparso ogni cosa era cambiata.
Stava affiorando pian piano, come se volesse manifestarsi in maniera graduale per poi esplodere tutto insieme. Era stato solo venti giorni prima, eppure le sembrava che fosse passata una vita.
Ora era di nuovo chiusa e cupa, di nuovo al punto di partenza.
Perché, secondo te, i tuoi compagni hanno paura di avvicinarsi?
 Odiava sentire i singhiozzi di Anna la notte, odiava dover andare tutti i giorni da quel medico.
– Samara, vedrai che si risolverà tutto – disse ancora quella donna. Voleva incoraggiarla a parlare, era evidente. Anche perché era da un po’ che se ne stava in silenzio.
In realtà non diceva mai niente, Samara. Per paura, per paura che il Buio venisse di nuovo da lei.
– No – si limitò a dire.
Cercò disperatamente di non piangere.
 
 
****
 
 
Il medico la guardò con sguardo comprensivo. Guardò quel viso dolce coperto in parte dai capelli corvini, sfigurato dal dolore, guardò quegli occhi scuri e profondi. Guardò quella bambina che era stata costretta da qualcosa a crescere troppo in fretta, quella bambina che era a disagio con se stessa.
Quella bambina che già a nove anni portava qualcosa dentro.
– Non posso sconfiggerlo.
La donna rimase basita dalla dolorosa rassegnazione che abitava quella frase.
Samara era molto strana. Se ne stava sempre in silenzio, rispondeva di rado alle sue domande, ma lei vedeva che c’era qualcosa, perché quegli occhi parlavano da soli. E dicevano tante cose, ma al tempo stesso rimanevano impenetrabili.
– Ci riuscirai. Riuscirai a sconfiggere il buio – la rassicurò.
E attese risposta, o comunque un segnale di vita che non arrivò, di nuovo.
 
 
****
 
 
Non ci sarebbe mai più stata via di fuga. Lei lo sapeva.
Le parole della dottoressa le rimbombavano nel cervello, confondendosi, ammassandosi le une sulle altre.
Ci riuscirai. Riuscirai a sconfiggere il buio.
Sapeva che lei non ce l’avrebbe fatta, che tutti gli altri non ce l’avrebbero fatta.
Doveva nascondersi, scivolare nelle sue tenebre.
La bambina varcò appena la soglia di casa, poi corse in camera sua.
 
 
 
 
Era lì.
Quella cosa era lì.
La stava divorando, distruggendo lentamente.
Samara...
La stava chiamando a sé, nella sua tenebra, nel suo nero fitto e insopportabile.
Quella voce. Quella voce le infestava la testa continuamente, non la voleva lasciare. Non l’aveva mai lasciata, da quando era nata.
Era da diverso tempo che Samara se ne stava raggomitolata in un angolo, nel più totale silenzio. Si trovava come in uno stato di trance, come fosse stata chiusa in una specie di bolla.
Non capiva cosa stesse facendo, come fosse il mondo intorno a lei. L’unica certezza era quella che doveva nascondersi.
Samara...
Quel richiamo sinistro, inquietante, che le affondava il cuore nel petto. La bambina si sentì come se stesse perdendo consistenza.
Sentì che qualcosa la bruciava dentro, come se il suo cuore si stesse annerendo; come se si stesse accartocciando, una palla informe di carta stagnola che si spacca in brandelli sempre più piccoli.
Un sussurro fuggì via dalle sue labbra.
Non sapeva cosa stesse dicendo, sapeva solo che stava sussurrando parole strane. Parole che avevano un suono solenne, vagamente inquietante. Era una lingua stranissima; non sapeva che cos’era, eppure la stava parlando con una disinvoltura che la spaventava.
Smettila.
Smettila, smettila, smettila!
Le parole si riversavano fuori dalla sua bocca sempre più velocemente. Sembravano una specie di mantra orribile e disperato.
Non devono capire il Buio.
L’ultima cosa che sentì fu che lacrime calde rotolavano sulle sue guance.
Poi divenne improvvisamente fredda.
 
 



 
Buon Samara a tutti :)
Eccomi con il settimo capitolo.
Come vedete la storia si sta evolvendo sempre più. Per Samara la situazione è cambiata, ha capito che rischia di far del male ai Morgan ma al contempo vuole disperatamente essere felice, anche se è molto difficile.
Si sente un mostro, è spaventata dalla situazione.
In questo capitolo ho voluto mettere in risalto questo aspetto, ecco.
La narrazione infatti, a fine capitolo, viene tagliata di netto, si interrompe bruscamente.
Ho fatto in questo modo per rappresentare il fatto che Samara ha una sorta di
"doppia personalità": il lato buono, più umano e lucido, e quello cattivo, più libero, che sfugge al suo controllo.
Come vedete non ho più abbandonato questa fic, la seguo con amore e dedizione :)
E..niente, spero che finora vi piaccia.
Vi ringrazio per l'attenzione e per le recensioni splendide che mi fate.
Davvero, siete importantissimi.
Un abbraccio,
Stella cadente
  
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