I’ll get you
Capitolo 2: “A day in the life”
Il quartiere di Chelsea era davvero meraviglioso.
Paul era così entusiasta per essere venuto a lavorare e
vivere in quello che era sempre stato considerato il quartiere degli artisti.
Tutto era incantevole, i colori vivaci, i suoni, gli odori… Dio, già lo amava.
Aveva fatto bene a vagare un po’ per le vie
caratteristiche, di ritorno dalla stazione di polizia, ammirando affascinato il
verde rigoglioso dei parchi, il Tamigi che scorreva tranquillo, il chiacchiericcio
degli abitanti del quartiere, gli artisti di strada, i piccoli negozi di
antiquariato…
Aveva anche individuato delle gallerie d’arte che gli
sarebbe piaciuto visitare. Sicuramente agli occhi di qualcun altro sarebbe
apparso come un turista che metteva piede per la prima volta a Londra. In
realtà, vi era stato molte volte, sia per lavoro, sia per conto proprio. Ma non
aveva mai avuto modo di visitare Chelsea. E ora ci sarebbe persino vissuto.
Quanto era fortunato? Aveva una importante carriera
lavorativa, una fidanzata bella e famosa che lo adorava, un fratello
affettuoso, una casa piccola e accogliente…
Certo, non poteva immaginare che quel giorno, proprio
quello in cui aveva compreso appieno la sua fortuna, sarebbe stato anche il
giorno in cui la sua intera vita sarebbe cambiata.
E tutto cominciò quando vide quel negozio.
Stava rientrando a casa, per sistemare gli ultimi
scatoloni del trasloco; non aveva la stessa fretta di quella mattina, quando
era uscito di corsa per andare alla stazione di polizia, né era troppo occupato
a trasportare in casa le sue cose. Stava quindi esaminando e ammirando la
piccola via in cui si trovava il suo appartamento. Non era molto stretta, ma le
villette a schiera con soli due piani che la costeggiavano, la facevano sembrare
più piccola di quanto non fosse. Ogni casa era dipinta di un colore diverso,
colori tenui, giallo canarino, celeste, grigio, facendo risaltare il verde
delle piante che decoravano la strada in tutta la sua lunghezza.
L’appartamento di Paul era di un celeste molto pallido e lui
stava per rientrare in casa, quando si accorse che proprio lì di fronte vi era
un negozio.
Un piccolo negozio di musica dall’aspetto piuttosto
anticato. L’insegna di legno riportava il nome, Il tempio del rock.
Paul non seppe perché si sentì attirato da quel luogo. Al
momento pensò che fosse colpa del nome. Il tempio rimandava all’Antica Grecia,
come greco era anche il nome dell’uomo a cui lui stava dando la caccia, Hermes,
meglio conosciuto come messaggero degli dei, ma Paul aveva fatto delle ricerche
per conto proprio, quando era ancora a Liverpool, e aveva scoperto che la
divinità greca era considerata anche il dio astuto, un viaggiatore nella notte,
musico nonché, cosa assai più importante, ladro.
E il profilo di questo delinquente sembrava rispecchiare
pienamente quello del suo omonimo greco e divino. Era un ladro, ovviamente,
agiva solo di notte, si credeva tanto furbo da avvisare in anticipo la polizia
dei suoi colpi e rubava solo cimeli che avevano a che fare con grandi artisti
musicali, in particolare del rock.
Forse fu tutto questo che lo fece avvicinarsi al negozio
e poi aprire la porta ed entrare. Paul si guardò intorno, nel negozio vi erano
solo due ragazzini tutti intenti a guardare dei cd e alla sua sinistra, vicino
a una piccola cassa c’era un ragazzo pressappoco della sua stessa età, forse il
proprietario: aveva capelli ramati un po’ più lunghi dei suoi e soprattutto,
scompigliati, sul naso aquilino era appoggiato un paio di occhialini
rotondi, e aveva lo sguardo annoiato
fisso sullo schermo di un computer portatile.
Il campanello l’aveva fatto destare solo un po’ dal suo
torpore, giusto il tempo di sollevare lo sguardo verso il nuovo arrivato e
salutarlo con un cenno del capo, “Buongiorno.”
“Buongiorno.” rispose Paul, prima di dare un’occhiata in
giro.
Il locale era davvero minuscolo, per questo motivo non vi
era neanche il più piccolo centimetro libero. Nella parte centrale vi erano
banconi con scatoloni pieni di vecchi dischi in vinile, catalogati per genere.
Alle pareti, invece, vi erano gli scaffali con i cd musicali, e più in su,
mensole con libri sui più grandi artisti del rock, nonché diversi volumi di
spartiti per chitarra, basso e-
Un movimento sospetto attirò l’attenzione di Paul, mentre
osservava attentamente i titoli dei libri, un movimento che vide con la coda
dell’occhio. I due ragazzini alla sua sinistra stavano ridacchiando
sommessamente, mentre uno di loro stava infilando qualcosa sotto la giacca.
Paul agì prima di rendersene conto. Si avvicinò, afferrando con forza il polso
del ragazzo che stava rubando un cd.
“Lascialo andare subito!” gli intimò minaccioso, mentre
il ragazzo allentava la presa sul cd, lasciando che Paul glielo sfilasse dalle
mani, il tutto sotto gli occhi spaventati del suo amico.
“Tutto a posto?” chiese il
proprietario, sollevando la testa.
“Questi ragazzini stavano
cercando di rubare un cd.” rispose Paul, trascinando con sé il ladruncolo.
L’uomo non sembrò
particolarmente turbato, quando furono di fronte al bancone e Paul appoggiò il
maltolto di fronte a lui; anzi li guardò in modo quasi…divertito?
“Ehi, Danny, è la seconda
volta che ti sorprendo questo mese.” lo rimproverò, ma l’espressione allegra
del volto annullava completamente il richiamo.
Infatti il ragazzino gli
rivolse un sorriso sfacciato, “Eh insomma, John, non ce li ho mica tutti questi
soldi per questo cd. E poi oggi è il mio compleanno.”
“Davvero? Non era il tuo
compleanno anche due mesi fa?”
“Ma questo è quello vero.”
L’uomo di nome John rise,
prima di prendere il cd e consegnarlo al ragazzo, “Allora tieni e buon
compleanno, ma non farti più vedere fino all’anno prossimo!”
I due ragazzi presero il cd
e scapparono fuori dal negozio, lasciando Paul totalmente allibito per quanto
accaduto.
“Ma come? Li lascia andare
così?” domandò senza poter nascondere il suo sconvolgimento.
“Certo, sono solo due
ragazzini di tredici anni.” rispose John, scrollando le spalle, “È abbastanza
normale compiere qualche marachella alla loro età.”
Paul aggrottò la fronte,
perplesso: un crimine era sempre un crimine.
“Lei trova? Io penso che a
qualunque età un comportamento sbagliato debba essere corretto.”
“Sì, ma sicuramente non sarà
questo che li farà diventare dei delinquenti in futuro.” esclamò John divertito,
“Comunque la ringrazio per essere intervenuto.”
“Non deve ringraziarmi, è il
mio lavoro.” disse Paul, mostrando il distintivo, “Ispettore Paul McCartney,
del distretto di Chelsea.”
John alzò un sopracciglio,
interessato, prima di porgergli la mano affinché la stringesse, “John Lennon. È
nuovo di queste parti? Non credo di averla mai vista prima.”
“Sì, sono stato trasferito a
Chelsea da Liverpool.”
“Ma guarda, anche io sono di
Liverpool. Sono nato lì, ma dopo qualche anno la mia… famiglia si è trasferita
a Londra. Si trova bene a lavorare nella capitale?”
“In realtà comincio domani,
ma sono sicuro che mi troverò benissimo, mi hanno affidato un incarico molto
importante.” rispose Paul, molto orgoglioso.
“Intende il caso di Hermes?”
Paul sbatté le palpebre
sorpreso, “Come-”
John rise, “Andiamo, è il
caso dell’anno, no? È sulla bocca di tutti, il ladro melomane che ruba tutti i
memorabilia degli artisti musicali più famosi.”
“Non è qualcosa di cui
ridere, è un delinquente.” lo riprese Paul, severo.
Odiava quando la gente
prendeva così sottogamba le infrazioni della legge. Era come se ridessero del
suo lavoro e quindi, di lui, perché Paul viveva per il suo lavoro. Era la cosa
che più lo faceva sentire vivo e utile.
“Oh, suvvia, non stiamo
parlando di un assassino. Non ha mai fatto del male ad anima viva.” commentò
John.
“Comunque ha commesso dei
crimini e deve essere arrestato.”
“Su questo siamo d’accordo.”
esclamò infine John, ammiccando, “E quindi hanno fatto fuori quello che gli
stava alle calcagna, com’è che si chiamava? Sur…Sus…”
“Sutcliffe.
Ispettore Sutcliffe. E preferisco dire che sia stato
sollevato dal suo incarico.” precisò Paul.
John intrecciò le braccia,
pensieroso, appoggiandole sul bancone, “Sì, beh, immagino che per il povero
ispettore la sostanza non cambi.”
“Avrebbe dovuto impegnarsi
di più e questo non sarebbe successo.”
Paul sbuffò e quasi si pentì
di aver osato dire tanto con uno sconosciuto. Non era giusto, né professionale,
ma in fondo era ciò che pensava. Come potevi farti scappare un ladro che ti avvisava
anche di quando e dove avrebbe agito? Sicuramente Stuart Sutcliffe
non era stato addestrato bene quanto Paul.
“Dicono che sia
imprendibile.”
“Ha detto bene, dicono.” ribatté Paul, infastidito, “Io
invece dico, anzi, sono sicuro che lo prenderò e lo sbatterò in galera, dove
resterà fino a quando non avrà scontato la sua pena.”
John sorrise, ammirato, “Lei
sembra molto sicuro di sé. Non pensa che troppa sicurezza possa essere
controproducente?”
“Io confido solo in ciò che
so fare, dare la caccia ai criminali.”
Ed effettivamente, come
poteva non essere così sicuro delle sue capacità? Fin da giovane aveva
dimostrato di essere sveglio e di valere qualcosa. Doveva essere bravo,
speciale nel suo lavoro per arrivare ad assumere questo incarico importante ancora
così giovane.
John lo guardò solo per un
istante, poi sospirò tranquillamente, “Bene, e io le auguro tutta la fortuna
del mondo nel suo lavoro.”
“La ringrazio.”
“Mi dica, stava cercando
qualcosa di particolare nel mio negozio?” domandò John interessato, cambiando
decisamente argomento.
Preso in contropiede, Paul
si morse il labbro, perché in effetti neanche lui sapeva il motivo per cui
fosse entrato in quel negozio.
“Veramente no.”
“Allora ha sentito che stavo
per subire un furto?” chiese John, lasciandosi scappare una risata.
“Ehm no, io non so davvero
perché sono entrato qui.” rispose sinceramente Paul, “Stavo rientrando a casa e
ho visto l’insegna. Non so a cosa stessi pensando, neanche mi piace la musica.”
Il divertimento dal viso di
John sparì improvvisamente, lasciando spazio per un’espressione di totale
sconcerto, “Come fa a non piacerle la musica?”
“E’ così. Io detesto la
musica.”
John non disse nulla, si
limitò a fissarlo come se Paul per lui fosse un alieno, con le corna e la pelle
verde.
“Senza musica la vita sarebbe un errore.” disse John e poi fece il
giro del bancone per raggiungere Paul, “Sa chi l’ha detto?”
Paul scosse il capo.
“Nietzsche. E sa una cosa,
ispettore? Credo che lui avesse ragione. Provi a immaginare la sua vita come un
film, di quelli che vede al cinema o in televisione. Lei crede che avrebbero lo
stesso effetto, se togliesse la colonna sonora? Certo che no, perderebbero metà
della loro bellezza.” spiegò John, accalorato.
“Non lo metto in dubbio, e
lei saprà meglio di me che la musica può suscitare in noi le emozioni più
disparate. Il problema è che queste emozioni non sempre sono piacevoli.”
esclamò Paul.
Ed era vero, per chiunque la
musica poteva far riaffiorare la gioia, l’amore, la felicità, ma allo stesso
modo, poteva far rivivere i momenti peggiori della propria vita, riportare la
tristezza e le lacrime. Quindi perché ricordare tutto ciò, se bastava
semplicemente cliccare il tasto STOP o
staccare la spina dello stereo?
“E’ il bello dell’ascoltare
la musica. Bisogna dimostrare molto coraggio anche nel sopportare le emozioni o
i ricordi spiacevoli che può portarci.”
Paul scosse il capo con un
sorriso triste sulle labbra, “Allora io non ho questo coraggio.”
“Io dico di sì, è un poliziotto
dopotutto.” ribatté John, incoraggiandolo, “Basta cercarlo da qualche parte. E
io so cosa può aiutarla a trovare questo coraggio.”
Paul sospirò e si maledisse:
quando era entrato nel negozio non avrebbe mai pensato di finire in una
disquisizione su qualcosa di così insopportabile come la musica. Quell’uomo non
voleva capire che proprio non c’era niente da fare: lui detestava la musica e
non solo qualche canzone in particolare, qualche artista o opera, lui odiava la
musica in generale e tutto ciò ad essa correlata.
Ma evidentemente il suo
interlocutore era più cocciuto di lui, perché si diresse verso lo stesso
scaffale dove Paul aveva colto in flagrante i due ragazzi, e tornò con lo
stesso cd tra le mani.
“La prego, accetti questo
regalo.” gli disse poi, sorridendo e porgendogli l’oggetto.
“Perché?” domandò Paul,
perplesso.
“Per sdebitarmi del favore
che mi ha fatto.”
Paul agitò le mani, in un
chiaro segno di rifiuto, “Non ce n’è bisogno. Ho fatto solo il mio-”
“Il suo lavoro, lo so. Ma
devo insistere.” disse John, avvicinando di più il cd all’altro uomo.
Paul lo guardò riluttante,
ma alla fine, si convinse e lo prese fra le sue mani: era Exile on Main Street, dei Rolling
Stones.
“Comunque non penso che lo
ascolterò.” ribadì convinto.
“Io credo di sì, magari tra
qualche giorno, o tra qualche settimana, ma lo farà.” affermò John, fiducioso,
“Perché in fondo, essendo un uomo di giustizia, sa bene anche lei che deve
darle una seconda occasione, prima di proclamare la condanna definitiva.”
Paul lo osservò, sospirando
lievemente. Pensò che non aveva mai considerato questo punto. Lui aveva un
motivo, un buon motivo per odiare la musica, ma era anche vero che era stato
sempre troppo arrabbiato per cercare di risolvere questa situazione particolare
in cui si trovava. Ora però John Lennon gli stava facendo capire che il suo
comportamento era sbagliato, mentre Paul era un uomo giusto. Gli errori non
erano previsti.
“Perché questo?” chiese poi
incuriosito.
John scrollò le spalle,
“Nessun motivo in particolare. È una riedizione uscita da poco, l’originale è
del 1972. L’ha mai ascoltato?”
“Non che io ricordi.”
“Deve assolutamente
recuperarlo. Anche quei ragazzini sapevano che è uno dei migliori album degli Stones. Stavano cercando di rubarlo, è vero, ma almeno
avevano buon gusto. E lei ora lo porta a casa sua e un giorno dovrà ascoltarlo,
e poi vorrei che venisse a parlarne con me, per sapere cosa ne pensa.
D’accordo?”
Paul si morse il labbro,
ancora titubante, ma alla fine annuì, “Allora grazie.”
“Grazie a lei.”
Paul si diresse verso
l’uscita e John lo accompagnò.
“Spero di rivederla presto,
ispettore.” gli disse, stringendogli nuovamente la mano.
“Penso che accadrà più
presto di quello che lei immagina.” affermò Paul, sorridendo, “Dal momento che
abito proprio qui di fronte.”
“Ah, davvero?” domandò John,
più che sorpreso, “Io abito nella casa accanto. Se dovesse avere bisogno di
qualcosa, mi chiami pure.”
“Grazie.” disse Paul,
“Allora buona giornata.”
“A lei.”
Paul si voltò, prima di
raggiungere la porta di casa sua e scomparirvi dietro.
John, John Lennon, l’uomo
che si nascondeva dietro Hermes, lo seguì con lo sguardo e un gran sorriso sul
viso fino all’ultimo istante, restando sulla soglia del suo negozio.
Paul McCartney, lo sbirro
che ora gli stava alle calcagna era quel ragazzino così giovane, così pieno di
sé e con gli occhi troppo grandi? Quasi gli veniva da ridere all’idea di quanto
sarebbe stato facile sbarazzarsi anche di lui.
Come rubare un lecca-lecca a
un bambino. Se non addirittura più facile.
Oh, sì, la strada per Hermes
era tutta in discesa.
Note
dell’autrice: no ma… i Rolling Stones… senza i Beatles… ma che mi sono fumata?! XD
Ok, bando alle ciance, siamo
infine giunti al fatidico incontro. È stato come ve l’aspettavate? E sono anche
dirimpettai. Bene e male che vivono così vicini… uhhhh
:3
Allora grazie a kiki per la correzione, a ringostarrismybeatle
e _SillyLoveSongs_ per il loro supporto, e a chiunque segua la
storia.
Nel prossimo capitolo, “In spite of all the danger”, scopriremo se Paul riuscirà ad ascoltare questo
benedetto cd.
A domenica prossima.
Kia85