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Autore: sereve    27/04/2014    1 recensioni
Raf e Cry, una storia romantica in uno sfondo apocalittico, ma, come si sa, non si può decidere quando l'amore ti colpirà.
tratto dal ... capitolo: "Mi ritrovai davanti ad un paio di occhi grigi; quasi facevano paura da quanto erano chiari. Cercavo di muovermi ma ero come bloccata, ipnotizzata, quasi, da quello sguardo, che sembrava volermi leggere dentro. Vidi dietro di lui uno spostamento d’ombre e osservai, terrorizzata, il mostro che avanzava lentamente verso il ragazzo sconosciuto, puntando dritto al suo collo."
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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accertamenti

~~
Mi svegliai con l’intenzione di accertarmi che Lu non mi avesse mentito; se fosse così, perché comunque? Non ci ricavava niente. Mi alzai a malavoglia e rabbrividii per il freddo: questo comunque non significava niente, era inverno e io avevo solo una felpa e dei pantaloni. Mi rimisi le scarpe e mi diressi nel bagno collegato con una porta alla camera da letto; guardandomi allo specchio, sembravo più bianca di un fantasma. “punto a tuo favore, sorellina” pensai. Poi? Ah, i battiti cardiaci.
Appoggiai due dita sul polso, ma fu veramente difficile capire quanti ne avevo al minuto; Lu aveva ragione non solo su quello, ma anche sulla stanchezza, mentre per la forza e per la questione del non dormire più credo che avrei dovuto aspettare.
Ora bisognava accertarsi dell’olfatto degli zombie. Uscii da quella casa così estranea e, non lo avrei mai detto, mi misi a cercare uno dei mostri. Mi incamminai e, essendo vicina al supermercato, ci entrai, ricordandomi di quelli che avevo rinchiuso dentro cinque o sei giorni prima; ne trovai subito uno, una donna senza gambe che si trascinava a fatica con le braccia, e mi ci avvicinai cautamente, col coltello a portata di mano. Presi con forza e con disgusto le ciocche di capelli che gli erano rimaste e avvicinai un po’ il mio braccio: vidi che iniziava ad annusare l’aria circostante e subito dopo ritornare calma, così avvicinai di più il braccio, quasi fino a far toccare la pelle contro il naso putrido, ma niente.
Lasciai andare la testa del mostro con un tonfo. Lu aveva ragione, ero un ibrido. Con un brivido di disgusto, mi rimisi in piedi; non sapevo cosa fare, quindi approfittai della situazione per recuperare un po’ da mangiare, anche se non se sentivo il bisogno. Sulla corsia dei dolciumi, l’unica cosa che avrei mangiato da quel momento, presti una barretta di cioccolato bianco con gli smarties e gli diedi un morso; il suo sapore mi ricordava tanto quando ero piccola e volevo sempre mangiare cioccolata, ma dopo che mia zia mi aveva detto che nessuno mi avrebbe più voluto se continuavo a mangiarne, avevo smesso completamente.
Riempii lo zaino di tutto quello che avevo trovato, ricambi di biancheria e pile, torce e candele e mi avviai verso l’uscita del supermercato. Passai in mezzo a tutti quei mostri, che parevano non notarmi. “almeno questo è già qualcosa” ammisi. Uscita in strada, dovevo decidere dove andare: ritornare nella mia casetta ad aspettare o continuare il mio percorso lontano da Windermere? Per schiarirmi le idee, mi diressi verso il parco pubblico, ormai disabitato. Camminai tra i sentieri di fianco al boschetto della città, mentre i non-morti vicino a me si trascinavano in mezzo ai giochi, cercando cibo o, semplicemente, di districarsi dai vecchi giochi che li bloccavano; vedevo bambini, ragazzi della mia età, e mi sentivo tristissima: come ha fatto questo virus ad arrivare fino alla mia città nel Lake District? Come era nato nel mondo? Si poteva paragonare benissimo alla peste, solo che più grave; invece di uccidere le persone soltanto, le riportava per di più in vita e assetate di sangue e umani. Ma cosa sarebbe successo quando tutti gli umani sarebbero morti o trasformati? E se non si riuscisse a trovare in tempo una cura? Quante persone erano ancora vive nel mondo?
Tante domande, forse troppo. Chissà se c’era qualcuno che poteva rispondere a questi miei quesiti.
Vicino a me passarono un gruppo di ragazze, ma solo dopo un po’ mi accorsi di conoscerle: erano delle mie compagne di classe.
-oddio- mormorai con il morale sotto le scarpe,- anche voi? No …
Presa da un impeto di rabbia, mentre Jessica, Marilyn, Kathrin e Beth si allontanavano da me, presi uno di quei mostri e gli piantai il coltello in fronte, sporcandomi il viso, i vestiti e le mani con gocce di liquido putrido  che era creato dai loro corpi marci. Continuai così finché qualcuno non mi appoggiò la mano sulla spalla; presa in contropiede, mi voltai di scatto, nascondendo dietro la schiena il coltello come se fosse una cosa che avessi rubato e non volessi farla vedere.
Red mi si parò davanti. Tirai un sospiro di sollievo, mentre lui mi scrutava con i suoi occhi marroni, cercando probabilmente segni di pazzia; feci ritirare la lama del coltello e me lo rimisi in tasca e lui mi abbracciò. Era molto espansivo come ragazzo, notai.
-Krikri! Da quanto tempo! Dov’eri finita?
-ciao Red. Ero a casa mia; tu come mai fuori?
-beh, -iniziò lui, -ero uscito per andare al supermercato per prendere da mangiare e mentre andavo ho visto una certa ragazza che si stava accanendo contro questi schifosi. Ok,niente in contrario, amo le ragazze violente, soprattutto a letto, però, cavolo Christine, tu sei una bomba! Ne avrai uccisi una quindicina! Ti stimo, sul serio, sorella.
-oh.
Era vero; guardandomi intorno, notai i tanti corpi attorno a me. Dovevo trattenermi; mi ero stancata troppo e ora stavo crollando dalla stanchezza. Ricordandomi che Red stava per dirigersi verso la principale tana degli zombie, gli chiesi se era da solo.
-bellezza, non ho mica paura di quattro zombie! Pensi che abbia bisogno di una mano?
Il problema era proprio questo; non erano solo quattro, ma un centinaio e il supermercato era veramente grande. Ricordandomi di tutto il cibo che avevo nello zaino, troppo pesante ormai, decisi che gli avrei dato le mie provviste.
-perché non prendi il cibo che ho qui? Ci sono appena stata io e ne ho preso veramente tanto. Voi siete di più e io ne ho ancora a casa. In più abito attaccata al supermercato, non sarà un problema; accettale, dai.
Lo stavo pregando con gli occhi. Ne avrebbe avuto più bisogno lui e almeno sarei riuscita a tornare più velocemente a casa. Lui accettò con un po’ di riluttanza e si incamminò verso il suo rifugio.
-ultima cosa, mi raccomando- lo fermai, prima che scomparisse,- non dire a nessuno che mi hai visto.
-ok dolcezza! Ci vediamo.
E detto questo, tornammo tutti e due nelle nostre rispettive abitazioni.

Vedevo in lontananza casa mia, ma era veramente lontana; io stavo per svenire, quindi entrai nella prima casa aperta e, incurante se c’era qualcun altro dentro, e mi stesi sul divano; puzzavo da far schifo e non avevo un cambio d’abito, ma ero troppo stanca, quindi mi addormentai subito in un sonno leggero.
“venni scrollata per una spalla da mia sorella. Ero dentro la casa della sera prima ed ero ancora stesa sul divano, ma non mi interessava; ero stanchissima e volevo solo ritornare a dormire, per davvero.
-che cosa vuoi?- chiesi con voce impastata.
-vedo che hai seguito il mio consiglio- disse con un sorriso dolce- ma forse è meglio che ora tu ti svegli e vai a casa. Rafael ti sta aspettando da quasi un  giorno. E puzzi da far vomitare.
-cattiva come sempre Lu. Tornerò quando voglio. A proposito, non dovevi darmi lezioni, tu?
-lo faro solo quando tornerai a casa.
E detto questo, scomparve.”




 
  
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