Il
cambiamento
“Hai
capito? Adesso mi tocca disputare anche la partita! È terribile, se ne
accorgeranno!” sbottò rivolta al fratello, camminando avanti e indietro,
girandosi i pollici in modo agitato.
“Su,
non prenderla così male, vedrai che ti piacerà! E poi non dimenticare che io la
mia promessa l'ho mantenuta, sulla pagella avrai un bel nove in latino. Adesso
tocca a te... caro”, le fece, incoraggiandola e prendendola in giro al
tempo stesso.
“D'accordo.
Domani però noi due andiamo da uno psicologo... comincio a credere di essere
davvero folle...” le venne da dire.
“Guarda
che anch'io sono nella tua stessa condizione e non sto qui a lamentarmi. Inoltre
pensa che presto capirai perché adoro tanto il calcio, così come io ho compreso
l'importanza dello studio”, riferì lui, apparentemente
sereno.
“Non
l'avrei mai creduto possibile, tu che dici una cosa simile...” disse
piano.
“Non
sto scherzando! Ed è tutto merito tuo. Grazie sorellina!” esclamò con un sorriso
sincero, cogliendola di sorpresa con un abbraccio e sussurrando al suo orecchio:
“Non sei affatto folle”.
Rassicurata,
Lavinia si lasciò andare a un momento di tenerezza, dandogli un bacio sulla
tempia e stringendo a sé il suo stesso corpo. I suoi capelli profumavano di
fragola... decise che avrebbe comprato ancora quello shampoo, le
piaceva.
E
che, una volta in sé, sarebbe stata una sorellina migliore - ci avrebbe
provato.
*
Dopo
aver assistito agli allenamenti senza potervi partecipare e aver dispensato
consigli e incoraggiamenti a Lavinia, senza farsi notare dagli altri ovviamente,
occupò un posto decente sugli spalti laterali.
Si
rese conto che il suo desiderio si era concretizzato, anche se non esattamente
nel modo che avrebbe voluto. Ma l’aveva convinta a esserci, tutto il resto
poteva passare in secondo piano, al confronto.
E
Maurizio, nei panni dell’altra, avrebbe fatto il tifo con
entusiasmo.
Era
incredibile, ma Lavinia in poco tempo aveva davvero imparato a giocare a
calcio.
Quando
giunse il momento di disputare la partita, si sentiva sicura di poter segnare
almeno un goal. Certo, i primi minuti era impacciata, non sapeva coordinare i
suoi movimenti e fare gioco di squadra al meglio, ma ci mise tutta se stessa.
Riuscì
persino a divertirsi.
Alla
fine la squadra vinse, mantenendo il vantaggio per una sola
rete.
Come
aveva fatto il fratello il giorno prima, nella sua mente Lavinia gli dedicò la
vittoria; una cosa ancora più incredibile fu che esultò assieme agli amici di
Maurizio, quegli stessi compagni di scuola che riteneva stupidi, rozzi e
insolenti.
Capì
che a loro piaceva scherzare, per questo la prendevano spesso in
giro.
Forse
stava cambiando interiormente, si sentiva una persona nuova ed era strano che
tutto ciò fosse da attribuire unicamente all'incidente della sera prima... l'incidente...
“Ci
sono! Dov'è Maurizio? Devo trovarlo subito…”
disse tra sé, mentre si allontanava dagli spogliatoi maschili per cercare il
fratello, restando in tenuta sportiva.
Lo
trovò seduto su una panchina, a pochi metri di distanza dal campo in cui lui
giocava sempre, mentre lei soltanto in quell’occasione.
“Complimenti!
Sei stato bravissimo. Anzi, bravissima!” si congratulò, alzandosi in
piedi.
“Maurizio...
forse ho capito! Ho capito come tornare normali!” lo informò fiduciosa. “E se il
mio piano dovesse funzionare, nessuno di noi andrà dallo psicologo!” fece lei,
per poi concedersi una pausa per respirare, dopo la folle corsa
fatta.
“Spiegati
meglio...” la esortò a continuare, attento.
Dopo
attimi di silenzio, Lavinia riprese.
“Il
nostro cambiamento di persona è avvenuto nel momento in cui abbiamo sbattuto la
testa l'uno contro l'altra, giusto? Quindi penso... penso che se lo rifacciamo,
forse... Mi segui?”.
Maurizio
annuì.
“Tentar
non nuoce. Pronta a ritornare nel tuo corpo, sorellina?” chiese, in perfetto
accordo con il suo piano.
“Quando
vuoi”, confermò con un sorriso complice.
Contarono
uno, due e tre prima di tentare di
riprodurre lo stesso urto, senza però ottenere il risultato sperato, a parte
un’ovvia botta in testa.
“E
no, uffa! Perché adesso non funziona?!” domandò disperata, le mani tra i corti
capelli.
“Forse
non era abbastanza forte... Ahi! Che male...” rispose lui, toccandosi la testa
dolorante.
“Però
io sono cambiata... e anche tu! Accidenti! Perché non possiamo tornare nei
nostri legittimi corpi?” borbottò, strizzando gli occhi e facendo una smorfia
quasi affranta.
“Lavinia…”
mormorò l’altro a capo chino,“mi dispiace. È tutta colpa mia. Se non avessi
fatto cadere il tuo braccialetto a terra-”.
“No,
non è vero!” lo interruppe di colpo, facendolo trasalire. “È colpa mia,
Maurizio. Solo colpa mia. Dovevo essere più buona e comprensiva con te... e se
ieri non avessimo cominciato a litigare come al solito...”
Forse
inconsciamente, forse per volontà loro, fratello e sorella, dopo essersi pentiti
a vicenda, si strinsero forte forte.
Lavinia,
nei panni di Maurizio, scoppiò a piangere e continuò a scusarsi, a darsi della
stupida viziata.
Maurizio,
nei panni di Lavinia, sussurrò parole dolci per calmarla, carezzandole
delicatamente le spalle e la schiena.
Avrebbero
continuato a stare lì, fermi nelle loro posizioni, se l'incanto improvvisamente non fosse
svanito.
Dapprima
udirono distintamente una strana musichetta, poi, proprio nel momento in cui
questa sembrava più chiara e riconoscibile, Lavinia spalancò gli occhi.
Continua…