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Autore: WillowG    20/07/2008    1 recensioni
"Col suo lavoro aveva dovuto imparare a dominarsi, anche se quel genere di spettacoli la faceva davvero star male. Per quanto ci si possa preparare, certe cose non possono non toccarti. E quando questo succede, significa che non sei migliore di quelli che le hanno provocate." Ambientata durante la seconda stagione.
Genere: Romantico, Avventura, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Caitlin Todd
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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explosion5 EXPLOSION
-Capitolo 5-
La scatola.

L’uomo qualunque guarda al suo fianco. Lei non ha ancora detto nulla. Dal furgone scassato e anonimo a poco distanza dal palazzo, hanno visto la colonna di fuoco e fumo uscire dalle finestre del quarto piano. Ma hanno anche visto i poliziotti uscire a tutta velocità prima dell’esplosione. La delusione di Lei è palpabile. L’uomo qualunque non sa cosa fare. Lui non vuole deluderla. Mai. Ma questa volta lo ha fatto. Eppure era andato tutto come previsto. La bomba era perfetta. L’aveva controllata anche lei. E allora come avevano fatto i poliziotti a scappare?
-Andiamo via.- Le parole fredde della donna sorprendono l’uomo. Ma questi obbedisce, senza pensarci due volte. Lei non l’aveva mai deluso. Lui invece sì. Il motore del furgoncino tossisce spasmodicamente, prima di mettersi in moto. Lentamente, coperto dalla confusione creatasi per l’esplosione, si allontana. La donna indica una strada poco frequentata. L’uomo la imbocca, senza neppure chiedersi dove possa condurre. Il furgoncino avanza, silenzioso. L’uomo alla fine si arrischia a guardare nella direzione della donna. Con sorpresa, sul suo volto è apparso un sorriso. L’uomo è sollevato. Poi la donna parla di nuovo. La sua voce è sempre fredda, ma è come percorsa da un filo d’impazienza. -Ho ancora bisogno del tuo aiuto …- l’uomo qualunque sorride. Il quarto atto sta per cominciare.

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Una colonna di fumo si irradiava minacciosa dalla finestra del quarto piano. Furioso, Gibbs tirò un calcio ad una lattina. Altre prove, era il caso di dirlo, andate in fumo. A pochi passi da lui, Kate, Tony e McGee lo fissavano, delusi quanto lui. McGee fece per fare una domanda a Tony, ma con sorpresa lo trovò ancora seduto con Kate contro la fiancata della macchina. Nella foga dell‘esplosione, Tony aveva stretto con un braccio la donna alla vita, tirandola contro di sé per proteggerla. E Kate si era rannicchiata contro di lui, spaventata. Un comportamento più che lecito, visto il momento di pericolo. Solo che il pericolo era passato già da qualche minuto buono, e i due non si erano mossi di un millimetro, se non per fissare Gibbs. Tony continuava a tenere il braccio attorno alla vita di Kate, e Kate continuava a restarsene rannicchiata contro il petto di Tony. Con un sorriso maligno, McGee prese la palla al balzo. Quando mai gli sarebbe ricapitata un’occasione del genere? Tirò fuori di tasca il cellulare, e attivò l’opzione videocamera. Il sorriso gli si allargò ulteriormente mentre pensava alla reazione di Abby, non appena gli avesse mostrato quel piccolo capolavoro. Aveva già fatto qualcosa come quindici secondi di filmato, quando i due agenti si resero conto di essere sotto l’obbiettivo. Rapidi scattarono in piedi, praticamente a tempo. Kate con un’abbronzatura fuori programma su tutto il volto, specie sulle guance. Tony a dir poco inferocito. Gli occhi verdi scintillanti e un espressione pericolosamente simile a Gibbs.
-MCGEE!!!POSA QUEL CELLULARE O SEI UN UOMO MORTO!!!- Ignorando volutamente la sorte dell’agente speciale McGee, Gibbs prese il cellulare, ancora in linea con il laboratorio, e aggiornò una preoccupatissima Abby delle sorti del team.
-Non ti preoccupare, sono tutti sani e salvi.-
-Ma cosa sono quelle urla di sottofondo?- Gibbs diede un’occhiata distratta a Tony e Kate, che si era unita al collega. Avevano chiuso McGee contro una macchina, togliendogli ogni via di fuga.
-Nulla. Ma avverti Ducky che forse dovrà fare l’autopsia a McGee …-
-Perché?- la voce della dark arrivò perplessa alle orecchie dell’ex marine.
-Combinazione Kate/Tony.-
-Come? Arrabbiati?- L’ex marine lanciò un’occhiata al terzetto. I bagliori incendiari che lanciavano gli occhi di Kate e Tony non lasciavano adito a dubbi.
-Arrabbiati.- Confermò rassegnato.
-Ah … Capisco … Povero Tim!- Concluse Abby. Gibbs si godette lo spettacolo ancora per qualche minuto, prima di bloccare i due agenti inferociti.

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-Ahia!-
-Oh, insomma, McGee! Se non stai buono, giuro che sarà l’ultima volta che curo le tue ferite di guerra!-
-Abby, mettermi del ghiaccio dove Tony e Kate mi hanno preso selvaggiamente a scappellotti, non è curare ferite di guerra!- Borbottò l’agente contrito. Con un sorriso, la dark gli appoggiò il sacchetto del ghiaccio sulla nuca. Il sospiro di piacere di Tim si espanse per tutto il laboratorio. Dopo essere stato salvato da Gibbs, ed aver fatto ritorno in centrale, Tim si era diretto al laboratorio di Abby. Kate e Tony, nel frattempo, cercavano di raccattare qualche informazione utile sul conto di Amanda Rudolph e il vecchio caso. Gibbs invece era stato chiamato dal capo dell’NCIS.
-Almeno il tuo sacrificio è servito a qualcosa?- Domandò dopo un po’ Abby, mentre il collo del ragazzo perdeva un po’ del colore rosso-violaceo con cui si era presentato al laboratorio. Con un sorriso vittorioso, McGee tirò fuori il cellulare e lo porse alla ragazza.
-Dimmelo tu …- Abby afferrò l’apparecchio con impazienza, e dopo pochi istanti aveva fatto partire il video. Un sorriso enorme le si disegnò sulle labbra nere.
-Questo è materiale da prima pagina! McGee, sei decisamente sprecato all’NCIS. Dovevi fare il fotoreporter …- Con un brontolio, l’agente declinò l’offerta.
-Troppo pericoloso. Meglio il mio tranquillo lavoro fatto di sparatorie e ordigni ad altissimo potenziale esplosivo, grazie.- Con una risata, Abby gli gettò le braccia al collo, stampandogli un bacio sulla guancia. Proprio allora il telefono cominciò a squillare. Con un tocco leggermente seccato della mano, Abby premette il pulsante del viva voce. Subito la voce di Gibbs sembrò invadere la stanza.
-Abby. Dì a McGee di venire su. Ora.- Il giovane agente lanciò un’occhiata interrogativa alla dark.
-Come fa a sapere che sono qui?- La voce rabbiosa di Gibbs uscì dall’apparecchio.
-Lo so e basta, McGee. E adesso MUOVITI!-

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Quando McGee entrò nell’ufficio, per un momento non si domandò se per caso aveva sbagliato piano. L’atmosfera sembrava davvero lugubre. Troppo per quel posto, solitamente pieno delle battute e dei battibecchi tra Kate e Tony, e dei richiami spazientiti di Gibbs. Ma adesso se ne stavano tutti alla loro scrivania. Gibbs parlava al telefono, e Tony era in piedi, a braccia incrociate davanti al suo posto. Questi due in particolare, avevano la faccia scura. Un senso di tensione era palpabile nell’aria. Kate faceva scorrere lo sguardo preoccupato dall’uno all’altro, indecisa sul da farsi. Confuso da quella strana atmosfera, McGee si sedette al suo posto, lanciando un’occhiata interrogativa a Kate. La donna scosse il capo. Anche lei non capiva cosa stava accadendo. L’unica cosa di cui era certa era che mai aveva assistito ad una cosa simile tra Tony e Gibbs. Tim guardò nella loro direzione, inquieto. La tensione era quasi al culmine. Quando con uno schiocco Gibbs posò la cornetta del telefono, un brivido d’apprensione scese lungo la schiena di Kate e McGee. Lo avevano capito. Loro erano fuori. Quella faccenda era solo di Gibbs e Tony.  Sembrò che invece di pochi secondi, passassero ore, prima che Jhetro si decidesse a parlare.
-Allora, Dinozzo. Cos’hai da dirmi?- Un lieve tremolio nella sua voce tradiva la rabbia a stento repressa. Tony rispose con tono provocatorio.
-Su cosa?-
-NON FARE L’IDIOTA!!!- Scattò Gibbs, facendo cadere la sedia nell‘atto di alzarsi. -Perché non hai detto nulla su Amanda Rudolph?-
-Non mi sembrava importante.- La voce di Tony era come priva di emozioni.
-Come sarebbe a dire “non mi sembrava importante”? Ma ti rendi conto di cosa hai rischiato? Di cosa hai fatto rischiare a tutti noi?- Gibbs si era avvicinato all’agente, piazzandocisi di fronte, faccia a faccia, le parole come un sibilo velenoso. Tony rimase in silenzio, mentre Jhetro continuava. -Hai messo in pericolo la vita di Kate.- Il volto di Tony cambiò, diventato una maschera dura. I lineamenti del volto come incisi sulla pietra. Rimase immobile ancora per qualche istante. Gli occhi verdi a reggere lo sguardo di ghiaccio del suo superiore. Kate lanciò un’occhiata preoccupata a McGee. Non era riuscita a sentire le ultime parole di Gibbs. Ma Tim scosse la testa. Neppure lui aveva capito. Gibbs aveva parlato a voce troppo bassa. Per alcuni interminabili istanti, l’agente speciale Dinozzo e il suo superiore, l’agente speciale Gibbs, rimasero a squadrarsi. Poi fece la sua comparsa Ducky.
-Buongiorno a tutti …- All’anziano medico bastò un’occhiata per capire quanto fosse inopportuno il suo saluto. -Oh oh … Sembra proprio che sia capitato male …- Gibbs e Tony sembrarono non udirlo. Cercando di restare invisibile agli occhi dei due contendenti, Ducky si avvicinò a Kate. Questa lo fissò supplicante, come se lui avesse avuto il potere di far smettere quella sorta di battaglia tra i due agenti. Il medico si limitò a fare un lieve pressione con la mano sulla spalla della ragazza. Non potevano fare altro che attendere. Nel frattempo Tony rispose a Gibbs, a voce bassa quanto quella usata da quest’ultimo.
-Cosa vorresti dire?-
-Sei tu l’agente più anziano. La vita di ogni altro membro dell’NCIS che si trova con te fuori dal dipartimento, è sotto la tua responsabilità. Specialmente se io non ci sono!- La voce di Gibbs era tornata a livelli normali. E tutti i presenti avevano capito. Con uno scatto della testa, Tony interruppe il contatto visivo con il suo capo. Senza voltarsi indietro neppure una volta, si diresse all’uscita dell’ufficio. Gibbs rimase fermo dov’era. Un’ondata di sconcerto avvolse il terzetto in attesa. Non appena l’agente Dinozzo varcò la soglia dell’ufficio, Gibbs impartì l’ordine.
-Kate, vai con lui.- Senza neppure chiederne il motivo, la donna si sbrigò a seguire il collega.

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Kate trovò Tony appoggiato all’entrata dell’NCIS, le mani in tasca e lo sguardo vagante sul parcheggio. Sul suo volto era ancora presente, seppur in minima parte, la rabbia a stento trattenuta pochi minuti prima. Timidamente, la donna si avvicinò. Ma poi scosse la testa: era Tony! Al diavolo ogni remora!
-Che ci fai qui?- Il tono di voce che voleva essere velenoso e pungente aveva un che di dolce. Senza muoversi di un centimetro dalla sua posizione, Tony rispose tranquillo.
-Fumo una sigaretta …-
-Tony, tu non fumi …- Lo rimbeccò Kate, appoggiandosi alla parete, al fianco del collega.
-Dovrei iniziare …- Un lieve sorriso apparve sul volto della donna, contagiando anche Tony. Rimasero qualche lungo istante in silenzio, a godere della lieve brezza e dei tiepidi raggi di sole del pomeriggio. Fu Kate la prima a parlare.
-Perché te ne sei andato così?- Stiracchiandosi pigramente, l’uomo si pose le mani dietro la testa. Prima di rispondere, fece vagare lo sguardo sul circondario, quasi a potervi trovare le parole da dire.
-Non lo so. Forse perché non ce la facevo.- Inutile chiedere a cosa si riferisse. Kate lo immaginava troppo bene. Per quanto Tony fosse un irrispettoso, infantile e orgoglioso, non avrebbe mai mancato di rispetto a Gibbs. Ma era anche vero che non avrebbe permesso a nessun altro di trattarlo come aveva fatto il suo capo, solo pochi minuti prima. E per evitare che il suo orgoglio gli facesse dire cose che non avrebbe mai né voluto né potuto dire, se l’era svignata. Rimasero fermi lì ancora per qualche minuto, vicini. La presenza dell’uno e dell’altro era confortante. Quasi senza accorgersene, i due diminuirono la distanza che li separava, finché le braccia non si sfiorarono. I loro corpi vennero come travolti da una scarica elettrica. Rapidi, si affrettarono a rimettere distanza tra loro, sperando entrambi che l’altro non si fosse reso conto dell’accaduto. Il silenzio da calmo divenne teso. Con sorpresa di Kate, fu Tony a romperlo per primo, incamminandosi verso il parcheggio.
-Andiamo.-
-Ma  … Dove?!- Esclamò la donna seguendolo.
-A fare un salto all’appartamento di Amanda Rudolph. Voglio vedere se è rimasto qualcosa.- Kate sospirò. Era praticamente impossibile che fosse rimasto anche una sola briciola, ma d’altronde era l’unica cosa sensata da fare. Con un rombo, il motore dell’auto partì.

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McGee rimase al suo posto, facendo scorrere gli occhi da Jhetro a Ducky. Il medico legale, infatti, aveva puntato lo sguardo sull’ex marine, che non sembrava intenzionato a spostarsi dalla sua postazione. Da quando Tony e Kate se ne erano andati, non si era ancora mosso. Alla fine, con un sospiro carico di stanchezza, Gibbs si risedette al suo posto, lo sguardo perso sullo schermo del computer. Facendo finta di nulla, Ducky fece un cenno a McGee.
-Ah, stavo per dimenticarmi … Tim, Abby stava cercando di entrare nel database dei vecchi casi, e ha qualche problema nel sistema della polizia, e vorrebbe che tu gli dessi un’occhiata …-
-Ma Abby sa cavarsela benissim …- Un’occhiata eloquente del medico legale lo fece svegliare. -Ehm, volevo dire … Sì, certo, vado subito!- Il giovane agente, finalmente, prese la palla al balzo. Non aveva capito nulla di quanto era appena successo, ma non intendeva restare troppo a lungo nella stessa stanza con Gibbs. Almeno finché questi non si fosse calmato. Ducky attese che le porte dell’ascensore si chiudessero davanti al volto di McGee. Poi si rivolse a Gibbs, sempre intento a fissare lo schermo al plasma.
-Allora … Non ti sembra di aver esagerato?- Finalmente l’ex marine si degnò di voltarsi verso il medico legale.
-No.-
-Ma che ti è preso? Non ricordo di averti mai visto trattare così il nostro Tony. Non dico che non avesse bisogno di una bella tirata d‘orecchi, ma …- Sospirò Ducky prendendo posto vicino all’amico.
-Ha messo in pericolo la vita di Kate.- Lo interruppe Jhetro. -Ed ha rischiato di saltare in aria anche lui.- Un momento di silenzio.
-Il capo ti ha messo di nuovo sotto pressione, vero?- Colpito. Ducky aveva centrato il problema. Incredibile il modo in cui riusciva a leggergli quello che gli passava per la testa … Con un sospiro rassegnato, Gibbs si stiracchiò sulla poltrona.
-Già.- Gli occhi azzurri dell’agente vagarono per l’ufficio. Un’insolita, laboriosa calma regnava sul piano. Ad un tratto si rese conto di quanto la presenza casinista della sua squadra rendesse più vivo quel luogo. All’improvviso, gli sembrava di essere in un ufficio di una qualsiasi agenzia, invece che al quartiere operativo dell’NCIS.
-E’sempre per quella questione?- Gibbs annuì, greve.
-Esatto. Il capo vuole che io nomini un agente che possa sostituirmi in caso di una mia assenza o impossibilità di gestire la squadra.-
-Piuttosto iettatoria, la cosa.-
-Non dirlo a me …- Un lieve sorriso fece finalmente capolino sulle labbra dell’ex marine. -Il fatto è che il grande capo non è per nulla contento della mia scelta.-
-Devo forse intuire che hai deciso per qualcuno di infantile, poco professionale, che non può resistere alla vista di una bella donna e geneticamente predisposto a cacciarsi nei guai?- Il sorriso di Gibbs si allargò del tutto, esplodendo in una risata.
-Se vuoi metterla così …-

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L’uomo qualunque si guarda attorno, incuriosito. Sono anni che non mette più piede in una scuola elementare. I bambini, a piccoli gruppi o da soli, sciamano fuori dall’edificio. Il coro sconnesso di voci e risate riempiono l’aria. Decine di genitori attendono impazienti l’arrivo dei loro figli, sbracciandosi in affettuosi gesti di saluti non appena li riconoscono. L’uomo si fonde tra la folla, come sempre. Con un cappello in testa e il capotto marrone, non sembra diverso da un qualsiasi impiegato. Forse la sua espressione è un po’ più triste, ma nessuno sembra farvi caso. Pazientemente, l’uomo qualunque attende che tutti se ne siano andati. Poi entra nell’edificio, ormai praticamente vuoto. Sale una rampa di scale, poi una seconda. I suoi passi rimbombano sul marmo consunto. Imbocca un corridoio, lungo e poco illuminato, su cui si aprono varie aule. Senza indugi, le sorpassa tutte, finché non arriva all’ultima. Rimane fermo sulla soglia per qualche minuto. Poi prende il coraggio a due mani ed entra. L’aula grigia è vuota. I banchi sono disposti quasi alla rinfusa, spostati dai bambini nella fretta di uscire. Solo una bambina stava ancora al suo posto, quasi come se il mondo si fosse scordato di lei. Davanti agli occhi scuri teneva un libro. Non poteva avere più di otto anni. I riccioli neri raccolti da un nastro azzurro. L’uomo qualunque rimane a contemplarla per alcuni lunghi istanti. La piccola si accorge della sua presenza solo quando ripone il suo libro nello zaino. Il volto bruno, dapprima spaventato, si distende in un sorriso enorme.
-Papà!-
-Ciao, Cassidy.-

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Come immaginava. Non era rimasto praticamente nulla. Ogni minimo indizio che non era stato cancellato dall’esplosione, era stato lavato via dalla schiuma dei pompieri. Disgustata dall’odore di plastica bruciata, Kate raggiunse Tony, intento ad osservare quelli che sembravano i resti di una sedia.
-E’ inutile. Non è rimasto nulla.- L’agente Dinozzo sospirò amareggiato.
-Hai ragione. I pompieri hanno fatto un lavoro stupendo. Purtroppo.-
-Bhe, non potevano mica lasciare che il palazzo andasse a fuoco, no?- Cercò di consolarlo la giovane donna, spostandosi in un’altra stanza. Tony rimase ad osservare la sua figura finché non varcò la soglia dell’ambiente. Poi la raggiunse.
-Visto il quartiere, avrebbero dovuto appiccare il fuoco anche alle altre case! Quel ragazzino al piano di sotto ha cercato di sfilarmi il portafoglio!- Kate rise.
-Poverino! Doveva essere proprio disperato per venire a rubare a te …-
-Ah ah ah … Davvero divertente.- Ribatté sarcastico l’uomo, che però si bloccò di colpo, non appena si rese conto di essere entrato in quella che solo poche ore prima era la cucina. Del mobilio non erano rimasti che schegge e rottami anneriti. Un brivido ghiacciato scese lungo la schiena dell’agente. A quell’ora poteva essere ridotto a frammenti non troppo diversi da quelli del tavolo. Kate indovinò i pensieri del collega. Anche lei aveva avuto una orrenda sensazione. In quella stanza avevano rischiato di esplodere come petardi non solo Tony, ma anche lei, Gibbs e McGee. Lo sguardo di Tony era diventato duro come la pietra. Poi avanzò, fino ad arrivare allo stesso punto dove Kate lo aveva fermato. Si guardò attorno, irritato. Kate lo osservò per qualche istante, confusa. Poi scosse la testa.
-Andiamo, Tony. Ormai qua non c’è più niente …-
-No, non è vero.- Tony scosse la testa, testardo. -Qua c’è ancora qualcosa …- Kate scosse il capo, esasperata.
-Ma che cosa vuoi trovare, qua! Guardati intorno! E’ tutto a soqquadro, bruciato e schiumato! E anche prima, non c’era altro che polvere e ragnatele!- Ma Tony era irremovibile.
-No. Sono sicuro di aver sentito o visto qualcosa, prima che tu mi fermassi.-
-E a motivo, mi pare!- Ringhiò Todd, irritata dal comportamento del collega. -Anzi, ora che mi ci fai pensare, non mi ricordo di aver sentito un “grazie per avermi salvato la vita, Kate”!-
-Sì, sì, grazie mille, non so cosa avrei fatto senza di te-> Rispose sbrigativamente Tony, avanzando tra le macerie.
-Dinozzo, non mi stai ascoltando!- Sibilò Kate indispettita.
-Ma sì che ti sto ascoltando.- Inutile dire che il tono di Tony era privo del minimo interesse o partecipazione per la conversazione. Kate cominciò a lanciare maledizioni a denti stretti, mentre il suo patner continuava la sua ricerca. Dopo aver esaminato con perizia degna di Abby pareti e soffitto, Tony passò al pavimento. C’era un particolare, quasi insignificante, ma che continuava a premergli in testa. Era sicuro di aver visto, o sentito, qualcosa, anche se non sapeva cosa, che gli aveva catturato la mente. Aveva già individuato il punto esatto dell’esplosione. Degli ordigni non restavano altro che qualche filo bruciacchiato e una scatoletta metallica deformata quasi irriconoscibile. Il tutto contornato da schegge nere mischiate ai resti del tavolo.
-Kate, passami una busta.- La donna lo fissò con occhi di fuoco. -Per favore!?- Con un gesto rabbioso, Kate gli lanciò la busta di plastica. -Grazie, Kate.- Con l’ausilio di  un guanto di gomma, raccolse i frammenti. Poi il suo sguardo si posò su un pezzo di metallo ritorto. Con un sorriso lo mostrò a Kate. -Non ti ricorda qualcosa?-
-Il mio coltello!- L’espressione contrita della donna fece sbellicare l’agente.
-Dai, non fare quella faccia! Te ne comprerò un altro.-
-Tony, ti ricordo che ne ho già un altro …- Ringhiò minacciosa avanzando verso di lui, ma questi la bloccò, zittendola.
-Shhhh!-
-Oh, adesso che diavolo c’è, Tony?!- L’agente rimase fermo, in ascolto.
-Non hai sentito niente?- Kate lo fissò confusa.
-Che cosa?-
-Fai un passo indietro …- La donna obbedì sbuffando. Non appena la sua scarpa si appoggiò sul pavimento, si udì uno schiocco. Esultante, Tony fece spostare la collega, e trovò il particolare che lo aveva insospettito. Un rumore, particolare, fastidioso di una piastrella mal fissata al pavimento. Con un sorrisetto raggiante, tirò fuori il suo coltello e, una volta individuata la piastrella colpevole, la tirò su senza sforzo. Sotto, una scatola di metallo ricoperta dalla fuliggine dell’incendio, era praticamente intatta. Sorridendo vittorioso, si voltò verso Kate, che fissava la scatola a occhi sgranati.
-Allora?-
-Allora … Cosa?- Cercò di far finta di nulla la donna, mentre si chinava vicino al collega.
-Allora … Non mi dici “bravo Tony, avevi ragione a voler tornare qui”?- Indispettita, Kate si limitò ad alzare le spalle.
-Sì, sei un bravo bambino, Tony. Ma che ne dici di aprirla?- Senza smettere di sorridere, l’uomo si accinse a far saltare il debole lucchetto con l’ausilio del suo coltello. Con un tintinnio metallico, il lucchetto cadde sul pavimento. Prima di alzare il coperchio, i due agenti si lanciarono un’occhiata d’intesa. Con un sospiro, Tony aprì la scatola. Un lieve strato di polvere si sollevò, infastidendoli. All’interno non vi era altro che qualche decina di foto, un paio di bamboline di pezza e dei vecchi ritagli di giornale.
-Ed ecco i tesori di Amanda Rudolph …- Commentò Tony, iniziando ad esaminare gli articoli di giornale. Il cellulare di Kate suonò. Con un sospiro, la donna si alzò, spazzolandosi con le mani i pantaloni.
-Agente Todd, chi parla?- La voce seccata di Gibbs le fece fare un balzo.
-Uno a caso, Kate.- Ringhiò infastidito questi. Poi continuò. -Tu e Tony dovreste fare un sopralluogo a casa della Rudolph …-
-Ci siamo già, Gibbs.- Un istante di silenzio sorpreso. Dall’altro capo del telefono, l’ex marine probabilmente non se l’aspettava.
-Benissimo. Avete trovato nulla?-
-Dei frammenti di ordigno ed una specie di scatola dei ricordi … Tony la sta esaminando …- Gibbs interruppe la spiegazione dell’agente.
-Va bene, portate tutto ad Abby. Ci penserà lei. Cercate di tornare al più presto.-
-Ci sono novit …- Prima che Kate riuscisse a completare la frase, Gibbs aveva già chiuso la chiamata. Contrita, la donna abbassò il cellulare. Impossibile dire cosa diavolo stesse passando per la mente del suo capo. E soprattutto perché avesse telefonato a lei e non a Tony. C‘era qualcosa che non andava. Tony era il primo agente di Gibbs, e anche senza dirlo ufficialmente, si capiva da alcune piccole cose. Come appunto quella. Quando erano fuori sede, che fossero lei e Tony, o Tony e McGee, era sempre Tony quello che veniva contattato da Gibbs. Sospirò preoccupata, mentre Tony le indicava uno degli articoli di giornale, apparentemente senza accorgersi del suo stato d’animo. Era piuttosto vecchio, la carta, una volta candida e liscia, adesso era giallognola e segnata da aloni grigiastri. Ma l’inchiostro era rimasto leggibile e Kate non potè non vedere il titolo a lettere cubitali dell’articolo.
“TERZA ESPLOSIONE IN UNA SETTIMANA. APPARTAMENTO ESPLODE IN UN QUARTIERE MALFAMATO.”
Nella foto in bianco e nero era riconoscibilissima la stessa palazzina in cui si trovavano in quel momento.

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L’auto sfrecciava veloce sull’asfalto, mentre i due agenti si dirigevano al quartier generale. Un silenzio opprimente aleggiava tra i due, mentre la radio gridava qualche successo del momento. Era da quando erano usciti dall’appartamento numero otto al quarto piano, che Tony non aveva più detto una parola. E Kate non riusciva a trovare il coraggio per iniziare un discorso. Erano ormai a metà del percorso, quando prese la sua decisione.
-Fermati.-
-Cosa?- Tony pensò d’aver capito male.
-Ferma l’auto.- Ribadì Kate. La sua voce non ammetteva repliche.
-E perchè?-
-Tu fermati e basta.- Con un sospiro contrariato, l’agente fermò la macchina a bordo strada. Passò qualche istante di silenzio.
-Cosa c’è?-
-Cosa c’è me lo devi dire tu!- Ribatté la donna, inferocita. -Ultimamente sei troppo strano … Sei diverso dal solito … E voglio che tu mi dica cosa ti sta succedendo.- Tony la fissò un momento, indeciso. Poi scosse il capo e si apprestò a far ripartire l’auto, ma prima che potesse metterla in moto, Kate gli tolse le chiavi. Non aveva alcuna intenzione di farla passare liscia al suo collega.
-Kate, Ridammi le chiavi.-
-Non se prima non mi spieghi per bene che cosa ti è successo cinque anni fa.- Tony la guardò innervosito.
-Ti ho fatto avere il rapporto.-
-Non l‘ho ancora letto.-
-E allora leggilo!- Ringhiò l’agente, esasperato.
-Preferisco sentirlo raccontare da te.- Tony sospirò, sconfitto. Non sarebbe mai riuscito a far cambiare idea alla collega. E lui lo sapeva anche troppo bene. Ma come diceva il detto … “tentar non nuoce“.
-E va bene. Ma la storia è lunga. E se arriviamo in ritardo? Non credo che Gibbs la prenderà molto bene …- Tentativo inutile. Kate era irremovibile.
-Gibbs adesso non c’è. E se facciamo tardi … Puoi sempre dire che … Hai dovuto aiutare una vecchietta ad attraversare la strada …-
-Aiutare una vecchietta ad attraversare la strada?- Tony la fissò perplesso.
-Bhe, sì, sai … Portava il nipotino a spasso con la carrozzina e …- Tony continuò a fissarla malissimo. Finalmente Kate si rese conto delle stupidaggini appena dette. -Hai ragione. Non funzionerà. Ma non ti preoccupare, mi inventerò qualcos’altro …-
-Sarà meglio …- Borbottò Tony scuotendo la testa, esasperato. Passarono alcuni istanti, prima che l’agente riuscisse a trovare la forza per iniziare il suo racconto. Poi prese fiato e cominciò. -Il caso “Smilton”, risale a cinque anni fa, quando lavoravo ancora a Baltimora come poliziotto. Ma questo lo sai già.- Kate annuì. -Bene. Io non partecipai alle indagini delle prime esplosioni, compresa quella nell’appartamento della Rudolph.-
-Perché?- Domandò Kate, impaziente.
-Un momento, ci stavo arrivando! Semplicemente perché non era sotto la nostra giurisdizione!-
-Capisco …-
-Poi fu la volta di una scuola elementare.- Un brivido scese lungo la schiena della donna, ma Tony continuò a parlare. -Erano morti tre bambini. Il più grande aveva sì e no sette anni.- Gli occhi dell’agente erano diventati freddi. Le immagini dei corpicini di quelle vittime innocenti gli ballavano davanti, come una macabra danza infernale. Una vista orribile, che ancora gli faceva venire brividi di rabbia. -Il custode, invece, aveva riportato ferite gravi, ed era morto dopo due giorni di coma.-
-E … Come avete fatto a capire quale sarebbe stato l’obbiettivo successivo?- La voce di Kate tremava.
-Una maestra aveva visto un tipo sospetto uscire da una classe, e gli aveva intimato di andarsene. L’uomo se ne andò senza fare storie, ma ormai aveva già messo la bomba. Mandammo un avviso con l’identikit del sospetto, e il giorno dopo ci arrivarono un numero impressionante di segnalazioni dallo stadio. Io e due miei colleghi, Sellitto e Dallray, ci precipitammo. Non fu difficile individuare Smilton, in mezzo alla folla. Era l’unico con l’impermeabile in piena estate.- Kate, suo malgrado, sorrise. Tony fece lo stesso. -Non appena ci vide corse verso i magazzini. Dallray andò a chiamare i rinforzi, ed io e Sellitto partimmo all’inseguimento. Scendemmo fino ai magazzini sotterranei. Era buio. Smilton si era nascosto dietro alcune casse. Prima che me ne accorgessi, aveva iniziato a sparare. Colpì subito Sellitto al petto, almeno due volte.- Fece una pausa. Il dolore trasudava dalle sue parole. -Ho visto il suo corpo afflosciarsi come un sacco vuoto. Poi ho sentito un dolore alla spalla.- Dicendo questo, Tony fece passare distrattamente una mano sul braccio sinistro. -Il bastardo mi aveva colpito. Mi chinai giusto in tempo per evitare gli altri colpi. Poi Smilton finì i proiettili. E tirò fuori il detonatore. Un telecomando con un solo pulsante, collegato ai chili di esplosivo che aveva addosso.-
-E cosa hai fatto?- Domandò flebile Kate, intuendo la risposta.
-Gli ho sparato.- La voce di Tony era inespressiva, distaccata. -In mezzo alla fronte.  Ancora adesso non riesco a capire se gli ho sparato per fermarlo o solo per odio. Era la prima volta che vedevo morire un collega …-
-E la Rudolph?- Kate cercò di reprimere il senso di disagio. Era arrivata fino lì, non poteva tirarsi indietro. Se non avesse fatto tutte le domande allora, non avrebbe mai più avuto il coraggio di interrogare nuovamente il collega. Un altro sospiro. E Tony rispose.
-Era la moglie di Smilton. La trovai in stato confusionale in uno sgabuzzino lì vicino. Forse il marito l’aveva segregata o qualcosa del genere. Lo shock le aveva fatto perdere la memoria delle ultime settimane.- Il silenzio riprese possesso dell’auto, mentre Kate cercava di digerire quello che Tony gli aveva raccontato. Non si stupiva che non ne volesse parlare. Cominciò a maledirsi mentalmente per averlo forzato a raccontargli quella storia. Non aveva mai visto gli occhi di Tony così tristi. Stava ancora rodendosi coi sensi di colpa, quando l’agente speciale Dinozzo domandò, come se nulla fosse, col suo normale tono da presa per i fondelli: -Allora, adesso me le dai le chiavi? O devo fare l’autostop?- Con un ringhio di disappunto, Kate gliele tirò. Tony le prese al volo, sorridendo. -Grazie, Kate …-
-Prego …- Sibilò questa, mentre Tony metteva in moto. -Ah, Tony?-
-Che c’è?.
-Ancora una cosa …- Un sorrisetto malefico era nato sulle labbra della donna.
-Cosa?- Borbottò esasperato l’agente.
-Come ti è andata, poi, con Lizzy?- Senza neppure rispondere, Tony fece ripartire l’auto.

-Fine capitolo 5-

Ringraziamenti a thia, che ha commentato, oltre a questa fic, anche "Morto due volte". Grazie davvero ...
Jeffrey Daver è un mito!!! (Ma quando capirò che bere coca cola la sera mi fa male? Quando? U_U'''') possiedo quasi tutti i suoi libri, e tra quelli che non hanno come protagonista Lincoln Rhyme, il mio preferito è "La lacrima del diavolo". Curioso cmq che moltissimi fan di NCIS che conosco siano anche appassionati di questo scrittore ...
  
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