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Autore: ValeA    27/04/2014    1 recensioni
"Mi piace questo posto, il rumore delle onde mi rilassa. Dovremmo venirci più spesso."
"Sì, hai ragione. Ti prometto che la prossima settimana ci torneremo."
"E come convincerai tua sorella a riportarci qui? Finché non avremo la patente non possiamo fare quel che vogliamo."
"Se questo posto ti fa stare bene, un modo per venirci lo troveremo. Sarò disposto anche a portarti sulle mie spalle."
"Davvero?"
"Sì."
"Allora da oggi questo sarà il nostro posto speciale, va bene?"
***
«Perché sei qui?» gli domandò di nuovo.
«Perché ti amo.» non credeva di averlo detto davvero ma appena vide il volto della ragazza, aveva capito che quelle parole non le aveva solo pensate.
Lei perse qualche battito poi si ricompose e rispose acidamente. «Questa l'ho già sentita.»
«E sarò disposto a dirtelo all'infinito perché è la verità.» Diana si mise a ridere, voleva mascherare ciò che quelle parole avevano creato in lei.
«Non posso crederti. Non voglio soffrire più per colpa tua.»
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Song-fic One Direction'
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But I can feel you crying.

Front page I saw your pictures
they make you look so small.
How could someone not miss you at all.

Giugno 2013 

Londra non era mai stata particolarmente famosa per il suo bel tempo, la maggior parte delle volte pioveva proprio come stava accadendo in quel momento. Pioveva nonostante era Giugno e l'estate sarebbe arrivata nel giro di qualche giorno.
Liam era seduto sul divano di casa sua, nell'appartamento regnava un silenzio non troppo strano. Lui abitava da solo, c'era abituato.
Stava sfogliando un album fotografico, in realtà era fermo alla prima pagina da più di mezz'ora, stava cercando di non perdersi nessun dettaglio di una delle tante foto lì appiccicate maldestramente. Guardava la foto della ragazza raffigurata in quella che lui considerava la sua foto preferita. Era un primo piano ma se la si guardava bene si poteva intravedere lo sfondo, era una spiaggia. La ragazza stava sorridendo raggiante, un sorriso che negli ultimi due anni era scomparso giorno dopo giorno. Lo aveva intravisto troppe poche volte.
Capelli perfetti, viso perfetto. Tutto in quell'immagine secondo lui era perfetto.
Se avesse fatto vedere quella foto a qualcuno che non la conosceva così vivace e sorridente come era un tempo, avrebbe fatto fatica a credere che quella fosse proprio lei.
Adesso era sempre avvolta da un velo di malinconia, il viso scavato, capelli disordinati, maglioni tre taglie più grandi di lei.
No, non la riconosceva nemmeno lui ormai.
Ma come era potuto succedere? perché non si era mai accorto di nulla? 
Liam non faceva altro che sentirsi colpevole, lui doveva starle vicino in quel periodo e invece non aveva fatto altro che allontanarsi. Non facevano altro che litigare, doveva capirlo che lei stava male. Doveva capirlo dalle sue frasi sempre più enigmatiche che lasciavano trasparire sempre una nota un po' macabra.
Però ringraziava di essere arrivato in tempo quel giorno, le aveva rovinato i piani e lei lo aveva odiato e insultato pesantemente. Ma Liam preferiva essere insultato ogni giorno della sua vita da lei ma se fosse arrivato solo cinque minuti dopo, non avrebbe potuto sentire la voce della ragazza per sempre.
Come poteva pensare lei che lui non avrebbe sentito la sua mancanza?
La vita di Liam senza Diana sarebbe stata vuota, quasi monotona. Come lo era adesso perché lei era lontano da lui.



 

I never would mistreat ya
no I’m not a criminal.
I speak a different language
but I still hear your call.



L'amava, non poteva negare i suoi sentimenti. Non più.
L'aveva fatto per troppo tempo e per non soffrire si era allontanato da lei nel momento più sbagliato.
Ma adesso ammettere quello che provava a cosa sarebbe servito?
Aveva conosciuto una ragazza, un anno più grande di lui e caratterialmente l'opposto di Diana. Si chiamava Sasha Stevenson, era una Newyorkese in vacanza a Londra. La sua era una vacanza a tempo indeterminato. Stava scappando dai suoi genitori, così lei diceva ma in realtà i suoi genitori l'avevano mandata da qualche parente qui a Londra perché loro non riuscivano più a gestirla. Era troppo presa da feste esclusive, abiti costosissimi, frequentava gente poco raccomandabile e voti scolastici indecenti.
Sono stati insieme per sei mesi, in questo arco di tempo era sempre meno presente nella vita di Diana arrivando al punto di non rispondere più né alle chiamate né ai messaggi. Diana aveva capito e lo aveva lasciato perdere. Poi un giorno lui aveva lasciato Sasha.
Non poteva più fingere, non poteva più dire "Ti amo" alla persona sbagliata.
Così si erano lasciati e questa notizia aveva anche raggiunto le orecchie di Diana. 
I giorni passavano ma Liam non era mai andato a trovare la ragazza di cui era davvero innamorato. Lei pensava di aver sbagliato qualcosa, pensava che la colpa del loro allontanamento improvviso dipendesse solo ed esclusivamente da lei e da nessun altro. In fondo lei sbagliava sempre, considerava la sua stessa vita uno sbaglio. Non sapeva quanto lontana fosse dalla verità.
Lui non era andato mai a trovarla perché avevano vinto le sue insicurezze, era più che convinto che lei gli avesse sbattuto la porta in faccia dopo tutto quel tempo lontani. E sapeva che se l'avesse fatto, se lo meritava. perché lui non la cercava più da due mesi. Da quando aveva lasciato Sasha era passata una settimana e non aveva fatto altro che stare a casa, usciva solo per andare a scuola o andare a casa dei suoi amici per una partita alla playstation.
Il suo amico Zayn abitava a qualche isolato dall'abitazione della famiglia di Diana, capitava spesso che Liam passasse davanti quella casa che lo aveva ospitato per parecchi anni ma non si fermava mai, andava oltre. Una volta sola aveva preso in considerazione l'idea di fermarsi, quel giorno aveva visto Diana affacciata alla finestra ma era andato via di fretta prima che lei potesse notarlo.




 

Diana, let me be the one to
light a fire inside those eyes
you been lonely,
you don’t even know me
but I can feel you crying.
Diana, let me be the one to
lift your heart up and save your life.
I don’t think you even realize
baby you’ll be saving mine.

 

Diana.
It’s only been four months but,
you’ve fallen down so far.
How could someone mislead you at all.

(Quattro mesi prima) Febbraio 2013

"E poi mi chiedo se un giorno mancherò a qualcuno..."
"Decisioni difficili da prendere, poi non si può più tornare indietro..."
"Dicono che fuggire dai problemi non serve a nulla ma io solo fuggendo troverò pace."

Tre post enigmatici per chiunque li leggesse, si capiva perfettamente che qualcosa non andasse ma essendo scritti da una ragazzina chiunque li leggesse pensava che fosse qualche problema comune nell'età adolescenziale.
Anche Liam quel giorno li aveva letti, erano stati pubblicati uno dall'altro a distanza di un'ora.
Non lo avrebbe mai ammesso ma Liam passava ore intere sul profilo di Diana, voleva essere ancora parte della vita della ragazza nonostante non fosse più presente fisicamente.
Quando lesse l'ultimo lo trovò veramente strano, cercava di decifrarlo ma non riusciva a pensare a cosa potesse riferirsi esattamente.
Erano già passata dieci minuti dalla prima volta che lo aveva letto, lo rileggeva sperando che gli venisse qualche idea.
Ripensò agli ultimi giorni a scuola, dove era costretto a vederla per forza condividendo con lei sia l'ora di Inglese sia quella di Storia e inoltre la distanza dei banchi non lo aiutava. La vedeva sempre più strana, assorta nei suoi pensieri e non prendeva nemmeno più appunti. La sua media era calata notevolmente.
A pranzo la vedeva seduta in un tavolo da sola e non più con nessuna amica o conoscente come al solito, i suoi occhi erano sempre fissi nel vassoio ma non toccava mai cibo.
Un giorno Liam aveva incontrato Tiffany, la migliore amica della ragazza in corridoio e senza che fossero troppo evidente le sue intenzioni, le chiese di Diana. Aveva ottenuto le risposte che sperava, aveva scoperto perché era sempre da sola. 
Era Diana che allontanava Tiffany e ogni altra amica che avesse, dopo ogni lezione scappava per evitare di venir fermata da chiunque.
Diana si stava comportando con Tiffany come lui precedentemente si era comportato con lei.
Assorto nei suoi pensieri non si era nemmeno accorto che aveva una chiamata in arrivo, appena poggiò i suoi occhi sul display del cellulare si affrettò a rispondere.
Era la madre di Diana, non aveva idea del perché lo stesse chiamando. 
«Pronto?» era un po' incerto. Forse aveva sbagliato numero.
«Liam, scusami per il disturbo... Diana è lì con te?» era strano che la madre non sapesse in che rapporti fossero Liam e la figlia, Diana si era sempre confidata con sua madre. «Prima di uscire mi ha detto che stava andando in un posto speciale e che sarebbe tornata presto visto che fra mezz'ora abbiamo un aereo da prendere. La sto chiamando da più di quindici minuti ma c'è la segreteria telefonica...»
Aveva allontanato Tiffany, altri suoi amici, sua madre... qualcosa davvero non andava.
Non sapeva perché ma stava iniziando a preoccuparsi.
«Non è con me, in realtà non so nemmeno dove possa essere. Io e lei non parliamo più da un po' di tempo ormai...» non poteva che essere sincero.
Non poteva vedere che espressione avesse in quel momento la madre di Diana ma immaginava che fosse dispiaciuta. 
Liam alzò lo sguardo solo un attimo guardando sul suo letto e vide una foto di cui conosceva a memoria ogni singolo dettaglio.
La madre di Diana lo stava salutando e stava per chiudere la chiamata ma lui urlò «Aspetti.» prima che cadesse la linea. «Ha detto un posto speciale?» domandò.
La donna rispose affermativamente. Liam sorrise, forse sapeva dove trovarla ma il sorriso scomparve subito dopo quando realizzò cosa sarebbe potuta andare a fare in quel luogo.
«So dove si trova, la vado a prendere. A più tardi.» "spero che non sia troppo tardi" volevo aggiungere ma preferì evitare per non far preoccupare la madre, poteva pur sempre sbagliarsi.
Chiuse la chiamata, prese una maglia a caso e la indossò mentre scendeva le scale. Prese le chiavi della sua macchina e uscì fuori di casa.
Sua madre gli chiese cosa stesse succedendo ma lui non la degnò di risposta. In quel momento il suo pensiero era solo uno. Diana.
Mise in moto la vettura e mentre guidava, superando anche i limiti di velocità imposti, sperava che andasse tutto bene e che fosse ancora in tempo.
Non riusciva ancora a comprendere le motivazioni che l'avrebbero potuta portare a una decisione del genere. Non riusciva neanche a immaginare cosa stesse per fare.
La Diana che lui conosceva non avrebbe mai pensato al suicidio.
Gli vennero i brividi non appena pensò a quella parola che lo spaventava a morte.
Sperava di arrivare in tempo e di star andando nel posto giusto.


"Mi piace questo posto, il rumore delle onde mi rilassa. Dovremmo venirci più spesso."
"Sì, hai ragione. Ti prometto che la prossima settimana ci torneremo."
"E come convincerai tua sorella a riportarci qui? Finché non avremo la patente non possiamo fare quel che vogliamo."
"Se questo posto ti fa stare bene, un modo per venirci lo troveremo. Sarò disposto anche a portarti sulle mie spalle."
"Davvero?"
"Sì."
"Allora da oggi questo sarà il nostro posto speciale, va bene?"


Quella foto gli aveva riportato alla mente quel ricordo e quest'ultimo lo aveva indirizzato ad andare nel "loro" posto speciale.
Dopo circa dieci minuti di strada, minuti che gli erano sembrati interminabili, era arrivato.
Scese di corsa dalla macchina, il suo cellulare non faceva altro che squillare. Erano le chiamate di sua madre, decise di lasciare in cellulare in auto.
Si guardò un po' intorno ma non vide nessuno finché non riusci a distinguere in lontananza su una scogliera la figura di una ragazza.
Era lei, era Diana.
Corse per raggiungerla, lei non parve notare la presenza del ragazzo.
Adesso si trovava a pochi passi da lei. Con cautela lui la chiamò, non voleva spaventarla altrimenti sarebbe potuta cadere giù.
Lei si voltò, stava piangendo ed era visibilmente spaventata.
«Che ci fai tu qui? Vattene!» gli urlò.
«No.» fece un passo verso di lei tendendogli la sua mano. «Prendi la mia mano e andiamocene via.»
«No, tu non puoi capire...» La ragazza iniziò a piangere sempre di più. «Io devo farlo.» 
«perché?» gli domandò.
«Non puoi capire.» sembrava che riuscisse a dire solo quello.
Liam lasciò cadere la sua mano sul suo bacino. «Bene.» si avvicinò alla ragazza. «Se ti butti giù, sappi che ti seguirò.» 
Gli occhi della ragazza furono attraversati da un lampo di terrore. «No, non devi!» cercò di allontanarlo da lei.
«Neanche tu.» le ricordò.
Lei stava cercando di spingerlo via, gli urlava contro che lo odiava sperando che lui si arrabbiasse e se ne andasse.
Liam restava fermo, non aveva intenzione di abbandonarla. Non di nuovo.
«Non so quale sia il motivo che ti stia spingendo a questo gesto estremo ma se non vuoi salvarti per te, allora prendi la mia mano e fallo per me.» cercò di farla ragionare. «Se non vuoi che io mi butti, non dovresti farlo nemmeno tu.» Liam era spaventato come non mai ma riusciva bene a nascondere ciò che provava, al di fuori appariva calmo e distaccato. «Ti prometto che non ti lascerò andare, so di essere stato un completo idiota ma dammi la possibilità di rimediare. Qualunque sia il problema, proveremo a risolverlo.» Diana era immersa in un pianto silenzioso, si era arresa con gli insulti e con gli strattoni. «Ti prego, afferra la mia mano e torniamocene a casa.» era speranzoso. 
Lei lo guardava, non riusciva a dire niente.
Guardava la mano del ragazzo rivolta verso di lei, non aveva intenzione di ricambiare il gesto. Lei una decisione l'aveva già presa.
Liam l'aveva appena capito e scattò con un piede in avanti per afferrarla ma lei prontamente si scostò da lui con un passo indietro rischiando quasi di cadere giù, quest'ultimo si accorse del gesto troppo azzardato e affrettato ed evitò di continuare. Avrebbe peggiorato solamente la situazione.
Cambiò tattica. «Io ho bisogno di te.» quelle parole Diana le conosceva bene, le ripeteva sempre al ragazzo prima che lui l'allontanasse. «E so quanto è egoista detto da me dopo averti...» non riuscì a completare la frase, era disgustato per il comportamento che aveva avuto con lei ma Diana comprese lo stesso cosa intendesse Liam.
«Non è vero. Tu sei qui perché ti faccio pena, senza di me tutti questi mesi sei sopravvissuto tranquillamente. Non hai bisogno di me.» Liam sapeva di meritarsi quelle parole. «Sono io il disastro, mi sono autodistrutta con le mie mani giorno dopo giorno...» voleva interromperla ma non era giusto, adesso toccava a lei parlare. «Quando ti dicevo che avevo bisogno di te, lo facevo perché ogni volta che pensavo a darci un taglio mi venivi in mente tu che riuscivi a farmi stare bene anche solo con un sorriso. Con questo non voglio dire che se sono arrivata a questo punto è colpa tua, anzi al contrario il problema sono solo io e se muoio faccio un piacere a tutti. Starete tutti più sereni se non dovete pensare a me.»
Liam scuoteva la testa. «Prima che tu prenda qualsiasi decisione, è giusto che ascolti quello che ho da dirti. Questa cosa avrei dovuto dirtela già da molto tempo ma mi è sempre mancato il coraggio.» Diana lo invitò a continuare e lui con poche semplici parole le rivelò cosa provava per lei. «Sono innamorato di te.»
La ragazza rimase spiazzata. Pensava che glielo stesse dicendo solo per convincerla a non buttarsi e dopo quando sarebbero tornati a casa ognuno poi avrebbe ripreso la vita di sempre e dimenticare quelle parole come se non fossero mai state dette.
Iniziò a urlare una serie di "no" confusi finché guardando negli occhi Liam sussurrò. «Ho paura.» proprio in quel momento Liam aveva capito che era riuscito a dissuaderla, l'afferrò e la tirò verso di sé. L'abbracciò stretta contro il suo petto mentre lei dava un ulteriore sfogo al suo piagnisteo. «Andiamocene da qui.»
Avevano entrambi bisogno di dimenticare quel momento appena vissuto.



 

I want to reach out for ya
I want to break these walls.
I speak a different language
but I still hear you call.

 
Giugno 2013

Aveva preso una decisione, stava andando a trovarla.
Quell'edificio era tetro e triste, lo faceva sentire a disagio e non appena mise piede dentro fu peggio. 
Una donna sulla quarantina stava alla reception e lo stava osservando in modo gentile chiedendogli se avesse bisogno di aiuto. Si avviò verso di lei. «Sto cercando Diana Scott.» cercò di mostrarsi il meno teso possibile agli occhi della donna.
«La signorina Scott è al terzo piano, nel corridoio a destra, ultima stanza.» la ringraziò e stava per andarsene quando venne richiamato. «Deve compilare questo modulo prima.»
Con le mani tremanti afferrò il foglio, l'ansia e anche un pizzico di codardia lo stavano divorando. Si stava pentendo della sua scelta ma era inutile rimandare quello che doveva essere fatto già da tempo.
«Liam Payne.» lesse la donna dall'aria simpatica afferrando il modulo appena compilato dal ragazzo. «Bel nome.» lui la ringraziò.
La salutò e stava per andarsene. «Caro Liam, sta' tranquillo. Diana è una brava ragazza e non vede l'ora di vederti.» ritornò nuovamente indietro.
Stava per chiederle come faceva a sapere se Diana avesse voglia di vederlo ma la donna parlò prima di ogni domanda. «Capita spesso che lei scenda qui a far due chiacchiere con me, sono forse l'unica a trattarla come una persona normale e non come una paziente che deve essere curata e mi ha parlato di te molto spesso. Appena sei entrato e hai chiesto di lei ho capito chi tu fossi, mi ha mostrato una vostra foto. Di solito non permettiamo così facilmente a qualcuno di andar a far visita ai nostri pazienti ma per te faccio un'eccezione. Lei ha bisogno di vederti e io non sono nessuno per negarlo.»
Quella donna a Liam apparve come un angelo. Mentre parlava si poteva ben notare quanto ci tenesse davvero al bene di Diana.
«Lei è arrabbiata con me?» quella domanda gli frullava in testa da un paio di mesi.
Era proprio quella domanda ad averlo fermato migliaia di volte.
«Le passerà.» lo rassicurò.
Arrivò un'altra persona alle spalle di Liam così quest'ultimo fece un cenno di saluto alla donna-angelo e lei invece ritornò al suo lavoro.
Preferì prendere le scale, aveva bisogno di riflettere e soprattutto doveva trovare le giuste parole per farsi perdonare.
Si guardava attorno, tutto era avvolto nel più totale silenzio. Le pareti erano bianco sporco, i quadri sparsi per l'intero corridoio erano orrendi e tristi e le mattonelle oltre ad essere rovinate dal tempo erano anch'esse bianche.
Le persone che lavoravano lì erano vestite con camici bianchi fin sotto il ginocchio.
Quel luogo gli metteva i brividi e credeva che sarebbe impazzito solamente guardando tutto quel bianco in ogni punto dove avesse messo gli occhi.
Ogni stanza del terzo piano del corridoio di destra aveva la porta chiusa, tranne una. L'ultima.
Liam si avvicinò scrutando l'ambiente.
Pareti e pavimenti bianchi, mobili bianchi. Non ne fu sorpreso ma si sorprese quando notò che a contrastare quel triste bianco c'era qualche oggetto sparso per tutta la stanza color glicine.
Il colore preferito di Diana.
Erano solamente una coperta poggiata sopra il tavolo della stanza, Violet ovvero il peluche che Diana adorava fin dalla tenera età posto sul comodino e un diario sopra il letto.
Pochi oggetti ma in quel luogo monocolore era impossibile non notarli.
Vicino la finestra, seduta su di una sedia c'era proprio la ragazza che stava cercando.
Bussò alla porta per farsi notare e infatti la ragazza si voltò in direzione del nuovo arrivato. Quando vide chi era, chiuse gli occhi e li riaprì per vedere se non stava sognando.
«Sono proprio io.» le confermò. «Posso entrare?»
Diana si alzò di scatto dalla sua sedia e si diresse verso il suo letto, prese il suo diario e lo portò stretto al petto e poi annuì.
Quel gesto per Liam era molto strano.
Qualche mese prima Diana non avrebbe mai cercato di nascondere qualcosa a Liam anzi forse avrebbe fatto di tutto per farglielo notare ma il loro rapporto non era più lo stesso.
Adesso a tenerli lontani c'erano molti segreti e una clinica per adolescenti problematici.
«Tranquilla, non ho intenzione di leggerlo se tu non vorrai.» nonostante lei non avesse mai acconsentito a farlo entrare, lui entrò e si pose di fronte a lei ma a debita distanza. 
Non voleva spaventarla o infastidirla.
«Che ci fai tu qui?» disse sprezzante.
Liam non aveva mantenuto la promessa, l'aveva lasciata da sola di nuovo.
Non aveva combattuto al suo fianco, cercava di difendersi dai "nemici" da sola e non sempre ci riusciva. Questo le faceva capire quanto senza Liam era debole.
«Sono venuto a chiederti scusa.» tutto il gran discorso che voleva farle era svanito nel nulla.
Se voleva riuscire a farsi perdonare, doveva dire quello che pensava in quel momento e mostrarle tutta la sua sincerità.
«Non pensi di arrivare un po' troppo tardi?» ne era consapevole ma il detto diceva "meglio tardi che mai".
«Mi dispiace.» erano le uniche parole che gli vennero in mente.
«Questa volta non ti credo più.» gli disse e poi si coricò nel letto dandogli le spalle. «Comunque grazie per la visita, ciao.» quell'atteggiamento non era da lei.
Freddo e privo di emozioni.
Sembrava che parlasse un burattino comandato da altre persone.
«Non me ne vado, questa volta ti giuro sulla cosa che ho più caro al mondo che non ti lascerò andare facilmente.»
La ragazza sbuffò e si tirò su le lenzuola fino alla testa, teneva ancora stretto il diario a sé. Non lo degnò di nessuna risposta.
«So perché non vuoi che mi avvicini al tuo diario.» non arrivò nessuna reazione dalla ragazza, era ancora nella stessa precedente posizione. «Non è quello che hai scritto che mi vuoi tenere nascosto ma la nostra foto.» completando la frase invece ci riuscì.
La ragazzo si alzò di scatto, si avvicinò al ragazzo visibilmente arrabbiata e lo spintonò.
«Perché sei qui?» gli domandò di nuovo.
«Perché ti amo.» non credeva di averlo detto davvero ma appena vide il volto della ragazza, aveva capito che quelle parole non le aveva solo pensate.
Lei perse qualche battito poi si ricompose e rispose acidamente. «Questa l'ho già sentita.»
«E sarò disposto a dirtelo all'infinito perché è la verità.» Diana si mise a ridere, voleva mascherare ciò che quelle parole avevano creato in lei.
«Non posso crederti. Non voglio soffrire più per colpa tua.» aveva sperato giorno e notte che lui l'andasse a trovare e che facesse capire a sua madre che non sarebbe più ricorsa a un gesto disperato, che non aveva bisogno della clinica, che si vergognava di quello che voleva fare. E ogni giorno e notte era rimasta delusa.
Non l'aveva più rivisto dopo quel giorno.
«Sarò disposto a qualunque cosa pur di farmi perdonare per farti capire quanto io sia sincero.»
Aveva in mente di proporgli una cosa irresponsabile e impossibile, una cosa che era sicura lui non avrebbe mai accettato e così lei sarebbe riuscita a rinfacciargli che lui faceva tutto il contrario di quello che prometteva.
«Portami via di qui.» disse in tono di sfida.
Non si aspettava quella proposta e in un primo momento rimase un po' confuso poi le sorrise. «Hai due minuti per mettere un paio di vestiti in valigia.» 
Liam si diresse verso la porta per accettarsi che non ci fosse nessuno.
«Dici sul serio?» domandò lei sorpresa.
«È questo quello che vuoi?» lei annuì. «Allora andiamocene.»


 

Diana, let me be the one to
light a fire inside those eyes
you been lonely,
you don’t even know me
but I can feel you crying.
Diana, let me be the one to
lift your heart up and save your life.
I don’t think you even realize
baby you’ll be saving mine.

 

We all need something.
This can’t be over now.
If I could hold ya
swear I’d never, put you down
.





Liam stava valutando se avvicinarsi oppure no a Diana.
Si trovavano nella baita in montagna della famiglia di lui, erano passati quasi due giorni da quando erano scappati. Sicuramente già li stavano cercando e non sarebbe passato molto tempo prima che li venissero a cercare lì.
Diana era seduta sulle scale del portico, guardava il paesaggio che la circondava e Liam prendendosi un po' di coraggio le si avvicinò.
«Come va?» non sapeva cosa altro poteva dirle per smorzare il silenzio, non avevano ancora scambiato nemmeno una parola dall'ultima volta.
Scrollò le spalle.
Prese posto accanto a lei e calò il silenzio, di nuovo.
«Ci cercheranno sicuramente anche qui, ho parlato con un mio amico e gli ho spiegato la situazione e ci ospiterà lui. Abita molto lontano da qui e dovremmo partire al più presto, stanotte dormiremo in un motel che si trova a metà strada e poi ripartiamo domani mattina così prima di pranzo saremo già lì.» Diana annuiva ma sembrava quasi assente. «Non ho molti soldi qui con me ma forse con queste possiamo cavarcela.» mostrò due collane che molto probabilmente erano di sua madre. «Le ha lasciate qui, questo vuol dire che non rientravano tra le sue preferite...» ad un certo punto Diana gli mise una mano sulla bocca per farlo tacere.
«Basta.» e Liam fermò quel fiume di parole. «Non voglio che ti metti nei guai per me. Devi ritornare dalla tua famiglia, io saprò cavarmela da sola.» si sentiva in colpa per averlo trascinato nei suoi pasticci. Era un disastro.
Era caduta a fondo e non poteva portarlo con sè anche lì.
«Forse non hai capito che io non ti abbandonerò più.» chiarì. Lei non ne era d'accordo. «Forse non hai capito che ti amo e che sono pronto a mettermi contro il mondo intero se serve pur di stare al tuo fianco.»
Diana poggiò la sua testa sulla spalla di Liam. «Non puoi rovinare la tua vita per me.» 
Liam rise. «Finalmente dopo tanto tempo mi sento nel posto giusto al momento giusto...» si avvicinò all'orecchio di Diana e le sussurrò «con la ragazza giusta.» 
Diana non sapeva dove era nascosto quel pizzico di coraggio ma gli si avvicinò e lo baciò.
Liam la strinse a sé in un caloroso abbraccio e Diana dopo tanto tempo si sentiva al sicuro tra le braccia dell'unico ragazzo che aveva mai amato.
«Ti amo anch'io.» sussurrò sperando che Liam non l'avesse sentita ma lui invece lo sentì ma fece finta di nulla sapendo quanto fosse imbarazzata.


 

Diana, let me be the one to
light a fire inside those eyes
you been lonely,
you don’t even know me
but I can feel you crying.
Diana, let me be the one to
lift your heart up and save your life.
I don’t think you even realize
baby you’ll be saving mine.




Non gli chiese mai quale problemi la spinsero a fare quel gesto, sapeva che Diana voleva mantenere quei giorni come un capitolo chiuso e mai più riaperto.
Forse un giorno quando la ferita si sarebbe rimarginata, lei di sua spontanea volontà gliene avrebbe parlato perché in fondo tra di loro non c'erano mai stati segreti.







Note dell'autrice:
Sono tornata (dopo tantissimo tempo) con una nuova one-shot.
Che dire? Spero che vi piaccia :)
Per quanto riguarda le mie altre storie, purtroppo ho poco tempo per scrivere la scuola mi impegna tutto il giorno e quei pochi minuti di riposo, mi riposo ;)
Appena gli impegni scolastici giungono al termine, cercherò di portare tutte le storie in sospeso al termine.
E vi auguro buona pasqua anche se molto in ritardo.
Un bacione :*
Valentina 

 
  
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