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Autore: lavaviva    28/04/2014    3 recensioni
[Shailene Woodley / Theo James]
[Shailene Woodley / Theo James]"Theo sono stanca, non è serata", gli dico fulminandolo.
Lui mi sorride, di nuovo quel sorriso affilato.
Mi mordo le labbra, chiedendomi se sono davvero così stanca.
"Se non ce la fai posso fare tutto io", ammicca e quasi mi convince.
Solo sesso. Siamo amici e facciamo sesso, perché non avremmo potuto continuare a lavorare insieme se non l’avessimo fatto.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GELOSIA


Apro gli occhi con fatica, la luce del mattino illumina fiocamente la stanza, sento il rumore della pioggia che bagna l’asfalto.
Lo osservo per qualche secondo.
Non ha un aspetto rilassato, è così serio da sembrare arrabbiato.
Resto così per qualche minuto, pensando a come muovermi per non svegliarlo.
Dopo tanta fatica per scivolare sotto il suo braccio proprio quando sono a metà strada squilla il telefono della camera. Sobbalzo dopo tanta concentrazione e mi rotolo sul letto per rispondere. Mentre sono a testa in giù una voce elettronica mi informa che sono le nove e che questa è la mia sveglia.
Mi trattengo dall’imprecare e mi metto a sedere, con la gambe incrociate.
Theo si strofina gli occhi e fa per alzarsi, ma ricade pesantemente sul cuscino, grugnendo.
Lui è il tipo di persona che la mattina appena sveglio non proferisce parola prima del caffè.
Io sono quella che per disperazione fa il caffè.
Mi prendo la testa tra le mani e scorgo tra le lenzuola bianche una macchia di sangue.
Quasi piango dalla frustrazione e mi alzo svelta.
Scorgendo i miei movimenti Theo mi guarda, poi guarda il punto in cui ero seduta e ride.
E’ a prima volta che lo vedo ridere appena sveglio.
 
Faccio una doccia veloce e sostituisco le eleganti mutandine di pizzo con una tenda che non indosserebbe nemmeno mia nonna ed esco dal bagno con i capelli ancora gocciolanti, ogni volta che mi volto mi bagnano il collo.
Theo è ancora sdraiato, con un braccio dietro la nuca per godersi lo spettacolo.
Allaccio il reggiseno e lego i capelli in un turbante con un asciugamano.
Mi accovaccio vicino alla valigia per scegliere qualcosa di comodo che mi permetta di affrontare il volo che da Londra mi riporterà a casa, in California.
Vorrei che una volta tornata potessi veramente fermarmi a casa, invece mi attendono una miriade di eventi a cui partecipare.
Infilo i leggins  beige e un vestito largo verde scuro da mettere con gli stivali, in modo da limitare i danni della pioggia.
Prendo la maglietta di Theo e gliela lancio sul petto, lui continua a fissarmi.
Alzi gli occhi al cielo e frugo nella valigia, gli porgo un cioccolatino al caffè.
<< E’ tutto ciò che ho >>, dico << arrangiati >>.
Continua a fissarmi mentre con calcolata lentezza afferra il cioccolatino e lo mastica appena prima di mandarlo giù.
Non mi aspetto un grazie, in realtà noi comunichiamo più a insulti scherzosi.
Ma stamattina sento qualcosa di strano, non riesco a capirne il perché.
Lui si alza e si infila la maglietta e i jeans svelto, allenato a quei gesti per tutte le volte che li ha compiuti di corsa per andarsi a nascondere.
Chiudo la valigia e infilo il resto della mia roba nella borsa, tolgo l’asciugamano che mi raccoglie i capelli e li osservo per qualche secondo allo specchio.
Sono biondi, per via della parte, ma non è quello che mi infastidisce.
Da quanto li ho tagliati più di un anno fa sono ancora cortissimi per i miei standard.
Da umidi sono leggermente mossi, evito di guardarli per non innervosirmi.
Theo si avvicina e me li scompiglia.
<< Sei pronta? >>, mi chiede, anche troppo gentile.
<< Sì >>, mormoro guardandomi intorno per accertarmi di non dimenticare nulla.
<< Andiamo allora >>, mi spinge lentamente verso la porta e mi porta la valigia fuori, ci chiudiamo la porta alle spalle, il corridoio è deserto.
<< Ci vediamo tra una settimana >>, mi saluta.
Lui resterà in Inghilterra e continuerà la promozione qui e tra una settimana, una sola settimana, ci sarà la prima di Insurgent a Los Angeles.
Annuisco e lo abbraccio, lui mi bacia sulla guancia e poi mi volta in modo da guardarmi negli occhi.
Mi bacia piano, sulle labbra e continua a guardarmi fisso negli occhi.
<< Non dimenticarti di me >>.
<< Sì, sì >>, lo canzono e lo osservo allontanarsi verso la sua stanza.
Prendo la valigia e corro verso l’ascensore.
 
*
 
Atterro e c’è la mia nuova famiglia ad accogliermi, i paparazzi.
Mi salutano chiamandomi per nome.
<< Ormai vedo più voi che i miei genitori! >>, gli urlo di rimando.
Mi fermo per qualche foto, qui il bel tempo fa sembrare stonati gli stivali.
<< Mi raccomando, esagerate con Photoshop visto che sono senza trucco >>, ridono in modo troppo sguaiato per essere tutto merito della mia battuta.
Mi avvio ai taxi e ben presto mi lasciano andare.
Sono a metà strada quando accendo il cellulare, come sempre dopo ogni volo il numero esageratamente elevato di messaggi mi blocca per qualche secondo.
Li scorro tutti, il mio agente, mia madre… Non saprei dire chi dei due è più asfissiante.
“Chiamami appena arrivi”, questo è di Theo.
Obbedisco.
<< Buon qualcosa >>, dico appena mi risponde, << che ore sono lì?>>.
Non so nemmeno che ore sono qui in realtà.
<< Ciao, com’è andato il viaggio? >>, mi chiede.
<< Che ti frega? >>, dico ridendo. << Che ti serve? >>.
<< Consiglio stilistico >>, mi risponde secco.
<< E chiedi a me? >>, sono scettica, << Lo sai che decide tutto la mia stylist, non mi fanno comprare nemmeno il pigiama da sola >>, rido della mia battuta.
<< E’ per un appuntamento >>, ammette lui.
Sgrano gli occhi.
<< Wow, chi è la fortunata? >>, sbalordita è dire poco.
<< Lo vedrai sui giornali domani immagino >>.
<< E non vuoi dire niente alla tua amichetta? >>, fingo un broncio.
<< No, direi di no >>.
Non insisto.
<< Camicia, quella stretta da cui ti si vedono anche i capezzoli se fa abbastanza freddo e i pantaloni blu >> sentenzio.
<< I pantaloni blu? >>.
<< Che c’è, non ti fidi del mio inarrivabile gusto? >>, inarco un sopracciglio.
<< No, no, peggio di me non potresti mai fare >> ammette lui.
Rido.
<< Fammi sapere se è meglio di me dopo che te la sei portata a letto >> bisbiglio per non far sentire all’autista.
Lui resta in silenzio per qualche secondo, poi mi risponde a bassa voce anche lui.
<< Stavolta non punto a questo >> e attacca.
Boccheggio per un secondo.
Non riesco a pensare ad altro che a quelle parole, anche mentre salgo le scale e raggiungo il mio appartamento, quello dove ho passato tante notti con lui.
Che significa questo?
Lascio la valigia e la borsa davanti alla porta e vado alla finestra.
Guardo la strada trafficata e mi gratto la fronte, come faccio sempre quando sono nervosa.
Perché prendere una decisione del genere senza parlarmene?
Pensavo fossimo amici.
Oppure era quello il suo modo di dirmelo?
Perché aspettare che me ne fossi andata però, come se volesse liberarsi di me?
Mi fa male la testa.
Perché non sono felice per lui se ha conosciuto qualcuna che potrebbe essere quella giusta?
<< Ma che cavolo mi prende? >>, urlo girandomi di scatto e andando nella mia stanza.
Disfo il letto con forza e mi ci butto dentro, guardo ancora fuori dalla finestra.
E’ gelosia questa?
Non penso di essere mai stata gelosa in vita mia.
Non so nemmeno classificarla questa rabbia, anzi confusione ingiustificata.
Prendo il telefono e chiamo mia madre, ho bisogno di distrarmi.




Questo secondo capitolo sarà il penultimo e lo definirei più "di transizione", fatemi sapere cosa ne pensate! :))
Weep
  
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