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Autore: donecadmetam    28/04/2014    0 recensioni
È stato un solo istante, ricorda Efrem, che non scorderà per tutta la sua esistenza: il suo sguardo.
Lo ricorda ancora, come se, in questo istante, lei fosse davanti a lui: straziante.
Dalle sue mani, candide di lei, cadde una tazzina da tè, si ruppe.
Ma cosa si ruppe realmente?
Efrem restò ad osservarla, ma lei non si accorse di nulla, non poteva vederlo, o forse non voleva vedere per paura di essere vista.
Lei si chiama Adèle, aveva i capelli rossi che si snodavano in molteplici ricci. Aveva gli occhi verdi.
Una serie di nei sparsi ovunque sul corpo, e una manciata di efelidi dipinte sul volto.
Non era particolarmente alta, ma dentro di sé sembrava contenere altri due corpi, forse tre, forse quattro, o forse più di quanti un corpo ne possa contenere.
Efrem, aveva i suoi stessi occhi, verdi con alcune sfumature castane.
Era alto, e aveva i capelli corti, proprio come piacevano a lei.
Lei che ancora non conosce, lei che aspetta da tutta una vita.
Lei che ha potuto vedere una sola volta. Lei che forse neppure esiste.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno 

Esisti dentro di me 



Le scivolò, sbadatamente, dalle mani una tazzina da tè che, cadendo, si ruppe in diversi pezzi. Non fece un rumore assordante, fu quasi impercettibile udire i piccoli cocci spargersi sul pavimento, quello che fece più rumore e fu talmente assordante da spezzarmi, fu lei.

Non so neppure adesso spiegare come feci a comprendere, fu forse uno dei sensi che, ancora, non avevo scoperto, oppure il modo in cui mi guardò che mi suggerì che ad essersi frantumata in diversi pezzi, non fu la tazzina da tè, ma il suo essere. 
E fu un unico istante in cui riuscì a guardarla, in cui vidi i suoi occhi, in cui ci guardammo, perché subito dopo, con un gesto lento, allungò una mano per coprirsi il volto, come se non volesse essere guardata o, addirittura, come se avesse il timore che qualche d'uno avrebbe potuto sfogliarla, leggere ciò che era impresso sul suo corpo. 
Ed è allora che ho compreso e ho conservato dentro me stesso la consapevolezza che non l'avrei scordata. 
Ricordi Adèle? Lo ricordi il frastuono che fece quando cadde a terra? Quando tu mi dicesti, guardandomi, 'sono a pezzi, come faccio a ricompormi'? Lo ricordi? Probabilmente per te non fu niente, ma per me significò molto di più. 
Adèle, tu non ci sei più, e forse non ci sei mai stata.
Son trascorsi cento giorni dalla tua assenza, o forse dovrei dire inesistenza, ma tu, ciononostante, continui eternamente ad esistere dentro di me, sei ovunque. 
Percorri le mie vene, come fossero fili dell'elettricità e tu la corrente che vi si immette. Esisti dentro di me, e continuerai ad esistere. 
Ti ritrovo nel caffè della mattina, nella pioggia leggera, nei libri sul comodino, nel vento che si insinua con forza nel corpo - sai, a volte, credo che sia tu, metaforicamente parlando, e che mi stia carezzando il volto - nei volti dei passanti, nelle lettere che ti ho scritto, e che non ho mai avuto il coraggio di spedirti.
Io ti ritrovo in queste cose, ti ritrovo sempre, ma tu sei disposta a farti trovare? 
Probabilmente dovrei smettere di porti domande, perché so che non avrei alcuna risposta da parte tua, ma farle mi è necessario come respirare, come ricordare. 
Perché tu sei viva solo nei mie ricordi. 
Adèle, Adèle, Adèle, ti amo e ti ho sempre amata, e lo scrivo per raccontare come sarebbe andata se, invece di guardare, avessi agito. 
Te l'avessi detto. 
Ma alla fine di tutto, Adèle, cos'è un 'ti amo'? Niente. 
E sai perché? Perché lo dicono tutti, è sulle labbra di chiunque, logorato, consunto da tempo remoto.
Ma credo profondamente che risieda nei cuori di rare e poche persone. Ed io, anzi, noi siamo fra queste. 

Si affrettò a raccogliere tutti i cocci che si erano sparsi inevitabilmente sul pavimento, anche le schegge, anche quelle che si erano infiltrate in ogni fessura, in ogni buco, sotto il tappeto. Ovunque fossero finite. 
Mi guardò per un solo istante e mi accorsi di quanta sofferenza era racchiusa nel suo sguardo. 
Poi, successivamente, quando le raccolse le mise sul sul ventre come per farne mostra dei pezzi che erano andati persi, come a voler dire 'son io questa tazzina'. 
Non pronunciò alcuna parola, rimase in silenzio, nonostante dentro faceva rumore. 
Non si accorse che non era riuscita a raccogliere tutti i cocci, che ne mancava qualcuno, uno soltanto, quello che era giunto, addirittura, vicino a me. 
Lo raccolsi, mi avvicinai a lei, e glielo porsi. 
                                                 
                                                                                                                                                                                   Lei
Dopo che cadde a terra, raccolsi ogni pezzo, e lo adagiai sul mio corpo. Poi, improvvisamente, vidi una mano che si allungava verso di me, consegnandomi l'unico coccio che mancava.
Un sorriso, la sue espressione si fisso dentro di me, accennai un timido 'grazie'. 
Raccolsi ciò che restava della tazzina, e me ne andai. 
Mi afferrò per un braccio, e allo stesso modo avrei voluto che mi afferrasse per la vita.



Angolo dell'autore.

Un finale un po' amaro, ma spero di essere riuscito a farli amare tanto quanto li sto amando io, Efrem e Adèle. 
Ci sono numerose idee per gli altri capitoli, colpi di scena, colpi di cuore. 

Fatemi sapere che cosa ne pensate, vi aspetto.

Un bacio, donecadmetam.
  
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