Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: falling_in_reverse    28/04/2014    4 recensioni
Mi chiamo Ellen ho 16 anni e vivo in Canada precisamente ad Alberta. Ho lunghi capelli rossi, occhi verdi, e un corpo che non mi permette di avere una buona autostima di me stessa. Ho delle curve che mi fanno sembrare grassa, no, il mio corpo non mi pice per niente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 4.Salvezza

Quando è la realtà a prevalere, la verità a dominare, e la forza a cedere, di me non rimane più niente.
La sera non avevo dormito. L'ansia non riusciva a farmi smettere di pensare ad Elisabet, a il futuro di quei quattro.
Cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?
Quando mi alzai andai subito a controllare il telefono.
Avevo due chiamate perse, ma che a causa del silenzioso non le avevo sentito.
Erano di Marco.
Non sapevo cosa volesse.
Dovevo richiamarlo? Ma non potevo, dovevo prepararmi per andare da Elisabet.
Aspetto che sia lui a richiamarmi.
Mi lavo, faccio colazione velocemente e prendo il primo autobus diretto all'ospedale.
La gamba non riesco più neanche a muoverla con le stampelle. Domani dovrei levare il gesso ma non penso, dato che non l'ho fatta riposare neanche un attimo.

Quando arrivo noto l'infermiera di ieri sera e le chiedo se posso salire a vedere Elisabet.
Lei...Mi spiega che Elisabet è riuscita a cavrsela ma ha riportato danni.
Mi accompagna fino al suo piano e mi indica la stanza che riconosco subito.
Entro delicatamente e vedo Elisabet appoggiata allo schienale del letto impegnata a leggere un libro.
-Ciao.- le dico.
Lei sorride.
-Ciao.-
-Come stai?-
Ovviamente so che non sta affatto bene. Ma a volte un semplice "come stai" ti fa sentire ascoltato, preso in considerazione. E no, non lo considereri inutile.
-Uh, bhè, meglio.- dice sorridendo.
Non so come sia possibile. Non riesco a ridere o fare un minimo sorriso. Ma lei sì.
-Grazie. Grazie davvero. Non so come avrei fatto senza di te.-continua.
Probabilmente non sarebbe qui.
-Non ringraziarmi.-Nessuno con un po' di coscienza sarebbe in grado di lasciare una persona,  da sola in quello stato.-
Fa un lugo respiro. E mi dice:
-E ora che ne sarà di loro?-
-Ecco. Tua madre e io gli abbiamo denunciati. A breve ci sarà il processo.-
In quel momento la piccola felicità che le circondava il volto svanisce.
Guardandola attentamente si possono notare ancora quei grafi lunghi e profondi, i lividi, ha un braccio ingessato.
Forse dovrei chiederle come è andata veramente ieri sera.
Bisogna sapere la verità.
Rifletto, ma non ho tempo ora. Cerco il modo più delicato possibile per porle questa domanda.
-Elisabet...Devo sapere una cosa.- dico con varie pause.
-Certo, dimmi.-
Non posso essere così. Ha gli occhi gonfi e il suo verde sembra sciupato dai troppi pianti. Non sta bene. Lei non è forte, nessuno sarebbe forte davanti a questa situazione.
Ma prima ha sorriso.
Un sorriso "consolatore". Dimenticare è impossibile. Anche se sarebbe l'unica cosa da fare ora. Deve testimoniare e dimenticare non può.
-Cos'è...succeso..veramente ieri sera?-Non voglio essere invadente, non voglio provocarti  altro dispiacere. Ma devo sapere.-
Non riesco, come posso aver fatto una domanda del genere?
-Siediti.- mi dice, questa volta è seria, dal suo atteggiamento capisco che forse vuole raccontarmi cos'è successo.
Mi siedo.
-Ellen, mi hanno violentata.-
Quella maledetta parola esce dalla sua bocca. Quella parola tanto odiata e disprezzata da una parte del mondo. Quella parola che vorrei non uscisse mai dalla mia bocca.
Ma che rappresenta la...verità.
Inizia a piangere. Sapevo di non doverle chiedere niente. Stupida.
-Io stavo camminando per andare a trovare mia zia, quando Alan e Jack mi prendono e mi portano nel bosco...Lì...ci sono Daniel e Lucas con due bottiglie di vetro...-fa una pausa e poi con la forza riprende-la bottiglia viene spaccata da Lucas che la da a...Daniel e...-
Non riesco, non sono così meschina da farla continuare.
Mi alzo la raggiungo lei intanto piange e io la abbraccio per rassicurarla.
Non può essere, loro non possono essere così schifosi.
Lui.Lui.Lui. Sta per morire. Lui. Non ha un cancro?...Dov'è la verità?
Arriva un'infermiera che mi dice che la visita è finita e che devo andare via.
Saluto Elisabet e le dico che appena posso, passo a trovarla.
Scendo i piani prendeno l'ascensore, l'unica cosa buona in quell'ospedale.
Probabilmente dovrei andare a casa.
Ma la chiamata di Marco mi ferma.
-Pronto Ellen. Senti, mi disp..-
Per che cavolo si deve dispiacere? Non fa niente per impendire a suo fratello quello che fa,  e io dovrei dirgli"o mai stai tranquillo", è questo che si aspetta?
-Ah, ti dispiace? Non vedi dove è arrivato il tuo caro fratellino? Non vedi quello che ha fatto?-
Non aprire quella porta è il titolo di un film. Non aprire quella bocca è il mio titolo.
Mi sono stufata di tutto. Di Daniel dei suoi sciaquetti, di Margaret, di Madison, di mio padre, di Marco, di me stessa.
Spengo la chiamata e con lei il telefono.
Prendo il primo autobus e vado al lago.

La mia vita qui non ha senso. Io non ho senso. Non riesco mai a pensare a un futuro, o almeno, da quando sono in prima superiore. E' brutto dirlo, ma non è affato semplice, svegliarsi la mattina con il pensiero di andare a scuola e ritrovarsi quattro ragazzi che fanno di tutto per umiliarti. Non è affatto semplice svegliarsi la mattina e rendersi conto della realtà, dell'adolescienza rovinata. Un tribunale. Un processo. Non so quando potrò aggiungere una condanna. Perchè per quello che hanno fatto in questo pianeta, una condanna non esiste...
Morire annieterebbe tutti i miei problemi.
Scomparirei da questo, da tutti.
Non avrei più un futuro a cui pensare. Non avrei più nessuno da temere...nessuno da amare.
Nessuno da incolpare, nessuno.
Non ho mai avuto questo pensiero, fino ad oggi.

Quando scendo dall'autobus, vado al lago che è poco distante da qui.

Arrivata mi levo le scarpe, poso le stampelle, la borsa e a fatica mi dirigo verso l'acqua.
E' gelata, e appena infilo il piede rimango pietrificata da quanto è fredda.
Entro, con i  vestiti.
Non mi interessa più di me stessa.
Un brivido mi passa per tutto il corpo. Ho freddo. Ma continuo a camminare finchè non raggiungo la vita.
Mi immergo. Sento la corrente che fa diventare l'acqua sempre più gelata.
Infilo la testa sott'acqua.
E mi lascio abbandonare a me stessa, chiudendo gli occhi.
Ormai il mio corpo è gelato, chiudo gli occhi e faccio un lungo respiro e non riesco a più a pensare, non sono più...cosciente.

---
-Tiratela fuori, tiratela fuori!-
Qualcuno mi prende.
-Oh, Ellen. Come è potuto succedere.- è una voce famigliare che parla.
Cercano di farmi respirare.
Butto dell'acqua fuori dalla bocca, riesco a respirare, sto tornando cosciente.
Sento che due persone mi alzano posandomi su qualcosa, penso sia una barella.
Dopodichè svengo.

Mi risveglio in una camera d'ospedale, riconosco l'odore e l'atmosfera.
Mi giro e c'è Rosa che mi stringe una mano.
-Oh tesoro, sei sveglia.-
Ancora un po' intontita apro gli occhi e vedo mio padre e Madison fuori.
Lui entra vedendomi sveglia mentre lei rimane fuori.
-Che è successo Ellen? Ti hanno ritrovata mentre stavi annegando. Ellen come è potuto accadere? Chi è stato?- dice mio padre.
Io, sono stata io.
-Papà, sono stata io.- dico con le parole che fanno fatica ad uscire.
-Ellen, ma come ti è saltato in mente?-
-Signor. Todd, non è il momento adatto per farle queste domande.- mi difende Rosa.
-Ah, giusto, perchè lei sa sempre tutto. E' stata lei a farle venire tutte queste paranoie.-
-Ora basta papà! Vai via!- dico, alzandomi leggermente dal letto.
Lui va via. Ed è meglio così.
-Rosa, mi dispiace.-
-Tranquilla, Ellen. E' solo molto preuccupato per te e lo capisco.-
Faccio un sospiro.
-Rosa, ma quanti giorni sono passati?-
-Tre Ellen. Sono passati tre giorni e tu sei stata in coma.-
Non riesco a pensarci.
-Ma cos'è succeso, Elisabet? Come sta?-
-Non ci è ancora stato il processo. Sarà tra una settimana. Elisabet sta migliorando e...tuo padre ha deciso di difendere lei in tribunale.-
Ovviamente, non può difendere me. Sono sua figlia, non sarebbe giusto.
-Capisco.-
In lontananza vedo Marco avvicinarsi. E' stata anche colpa sua se mi sono buttata in quel lago ghiacciato. Non so cosa dirgli.
-Ora vado, ritornerò fra un po'.-
-Grazie, grazie Rosa per avermi salavata.-
-
Oh gioia, non ti ho salvato io. Vedi? E' stato quel ragazzo là a salvarti.-



La cosidetta "scrittrice":
Ma ciaooo!!!
Quanto sono felice che questa storia stia piacendo!!!
Prima cosa...il capitolo è tragico lo ammetto, mi dispiace per chi si aspettava di più.
Se vi è piaciuto cosa aspettate? RECENSITE!!
Vorrei ringraziare Strongertanyou, Solstitia e piccola Alien per le fantastiche e bellissime recensioni che mi hanno regalato con tanto affetto <3
Ringrazio le 4 persone che hanno aggiunto questa storia alle preferite e le 5 alle seguite :)
Ringrazio anche voi, miei cari lettori anonimi!
Seguite il prossimo capitolo perchè sarà fondamentale
Qui sotto troverete la foto del papà di Ellen, che mi è stata richiesta e che gentilmente io ho accontentato!
Un bacio,
Bea<3


Image and video hosting by TinyPic Signor.Todd
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: falling_in_reverse