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Autore: lafilledeEris    29/04/2014    5 recensioni
Ci sono quelle piccole cose di cui nessuno di noi può fare a meno. Abbiamo tutti quelle persone che, in un modo o in un altro, segnano la loro strada insieme a noi. Esistono quei piccoli riti di cui nessuno al mondo può privarci.
Huntbastia!AU Sebastian!Chef/ HUnter!Lawyer NYC AfterDalton
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Sebastian Smythe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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III
                                       [Sinéad O'Connor - Nothing Compares 2U]   
 
 
 
Ci sono quelle sere in cui una strana malinconia ci sorprende, trascinandoci dove vuole lei. E ci sembra così facile lasciarci andare, perché quella triste signora sembra l’opzione migliore.
L’umore di Hunter quella sera era paragonabile al tempo, era uggioso, grigio e opprimente come l’umidità che calava su tutta New York, appiccicandosi a qualunque cosa sfiorasse col suo alito leggero.
Era seduto su quella stessa panchina da circa un quarto d’ora, mentre torturava il cinturino in acciaio dell’orologio che portava al polso. Si mise la mano in tasca, tastando a vuoto all’interno del cappotto, finché non trovò ciò che cercava.  Prese  il pacchetto e lo aprì prendendo una sigaretta e l’accendino. Era quella girata, l’ultima che solitamente conservava alla fine. In effetti, senza accorgersene aveva acceso e spento quattro sigarette di fila, dal tragitto fra il suo ufficio, il negozio di vini e il ristorante di Sebastian. La panchina su cui sedeva era in un punto cieco rispetto al ristorante, in qualche modo questo lo tranquillizzava.
Lasciò che il fumo gli entrasse nei polmoni, gli era sempre piaciuta quella sensazione: se si concentrava su quello – il fumo che occupava i polmoni, il percorso per riempirli – riusciva a non pensare ad altro. Sebastian detestava vederlo fumare da quando aveva smesso e lui, un po’ per gioco, si divertiva a provocarlo, offrendogliene una di tanto in tanto.
Dopo quanto era accaduto quel pomeriggio, la sua sicurezza nel voler rimettere piede nel locale di Sebastian iniziava a vacillare. Era successo tutto così in fretta che non aveva ancora avuto davvero un momento per somatizzare l’accaduto.
Melanie lo aveva lasciato. Per lei era stato così facile guardarlo negli occhi, sputargli in faccia tutto quello che pensava e dargli un sonoro schiaffo, prima di lasciarlo da solo in quel bar.
Inconsciamente, si portò la mano alla guancia a cui lo aveva colpito. Era un ammonimento, un ricordargli quanto lui fosse codardo. Lo era per vari motivi, ma il più grave era che scappava da sé stesso.
Tirò l’ultima boccata di sigaretta e poi la buttò per terra, spegnendola con la punta della scarpa.
Si diresse alla solita porta di servizio e aspettò che Sebastian gli desse il permesso di entrare.
“Ehi” lo salutò, alzando appena il capo dal tagliere.
“Cosa mi prepari stasera?” domandò Hunter, cercando di smorzare la tensione ( che sentiva solo lui, era più o meno come una perenne scarica elettrica a fior di pelle, lungo tutto il corpo, che lo rendeva rigido e impacciato in tutto ciò che faceva).
“Stasera arancini, pizza fritta, patatine e per finire gelato e tiramisù!”
Hunter sgranò gli occhi a sentire quell’elenco che sembrava infinito.
“Ma come mai tutta questa roba fritta?”
“Oggi avevo voglia di mangiare italiano, così ho recuperato le vecchie ricette di un corso fatto a Catania, poco dopo che avevo finito la scuola. Mi ricordo anche l’insegnante” Sebastian sospirò pesantemente, con aria trasognata.
Hunter gli schioccò le dita davanti agli occhi.
“ Bas, continua quello che stavi dicendo!” Lo chef scosse la testa , come per riprendersi.
“Mh, dunque ti dicevo, avevo voglia di italiano, così mi sono dato da fare”.
Finì di tagliare le ultime patatine da friggere e le buttò nell’olio bollente della padella.
“Niente friggitrice?” domandò curioso, Hunter.
“ Non ha senso usarla solo per noi due”.
Quel noi due fece uno strano effetto ad Hunter, perché per qualche malsana ragione suonava in maniera fin troppo diversa da “ due amici”, “due compagni di scuola”, come si erano sempre definiti. Implicava un diverso livello di confidenza, di conoscenza. D’intimità, anche. Era come sancire un legame – praticamente inesistente – e non volerlo condividere nemmeno con la persona interessata.
Hunter alzò le mani in segno di resa.
“Il cuoco sei tu”.
“Chef” puntualizzò serio Sebastian, mentre levava le ultime patate dalla padella e spegneva il fornello, per poi adagiarle sulla carta, per scolarle dall’olio in eccesso, per poi depositarle in un cestino apposito e salarle.
Prese dal grande frigo lì accanto la maionese e il ketchup.
Hunter, nel frattempo, aveva aperto due birre, di cui una veniva data a Sebastian, l’altra era per sé.
“Come è andata oggi?” domandò curioso Sebastian.
“E’ stato sfiancante” disse Hunter “ Quell’udienza sembrava infinita”.
Bugiardo, bugiardo e ancora bugiardo. L’udienza era filata liscia come l’olio, ma a sfinirlo era stata quella discussione – l’ultima, evidentemente – con Melanie. Come del resto, tutta la loro storia, se pur breve, lo aveva portato ad usare mezzucci e scorciatoie per evitare la verità. Sebastian era l’amico con cui cenava, punto e basta. Eppure, lei gli aveva voltato le spalle, quando aveva capito cosa si nascondesse dietro quel mucchio informe di mezze verità e vie di fuga che Hunter si era costruito.
“Io oggi ho avuto un sacco di lavoro da fare” disse Sebastian, addentando un arancino, cercando di recuperare con la lingua quello che stava per sfuggirgli del condimento.
Hunter deglutì a vuoto, cercando una posizione più comoda sullo sgabello.
“Come mai?”
“C’è stato un pranzo di matrimonio. I due tipi sembravano davvero contenti di accasarsi”. Un’espressione schifata comparve sul suo volto.
Hunter arricciò il naso.
“Ma tu non ci pensi mai?” domandò “Ad accasarti, trovare la persona che ti faccia mettere la testa apposto?”
“Beh, ho ventisei anni, non credo che sia poi così necessario, ci sono ancora tante cose che vorrei fare”.
“Ma non sarebbe bello farle e poterle condividere con qualcuno?”
Fra i due, Hunter era sempre stato quello più riflessivo, quello che ponderava tutte le scelte, non si lasciava trascinare dagli eventi perché riusciva sempre a controllarli.
Sebastian, invece, agiva di pancia, si buttava a capofitto nelle cose, spesso senza calcolarne le conseguenze.
Per qualche strana ragione, era questo ciò che portava loro a vivere bene insieme, erano sì simili per certi versi, ma totalmente agli antipodi per altri.
“Beh, ho te, i vecchi Usignoli, i miei genitori”.
Ancora quella strana sensazione di possesso. Bastavano davvero solo delle parole – magari anche sbagliate, fuori luogo, fraintese – a rendere Hunter in quello stato?
 
Era passata circa un’ora da quando avevano iniziato a cenare, quella sera per ragioni evidentemente differenti avevano entrambi alzato troppo il gomito, così si erano ritrovati in preda all’alcool a giocare a quello stupido gioco alcolico. Prime volte. Per chi non lo conoscesse, funziona in questo modo: uno chiede all’altro una sua prima volta, se l’altro omette la risposta deve bere, poi si passa alle dieci volte, con lo stesso meccanismo, dopo un paio di giri.
Sul bancone una bottiglia di Jack Daniel’s si frapponeva fra Hunter e Sebastian, come a ricordare – soprattutto ad Hunter – che oltre quel confine non potevano andare. Gli ricordava quanto potesse far male esporsi con Sebastian, quanto potesse essere deleterio stargli accanto, quanto potesse essere tossico il suo profumo e quanto facessero male quegli ammalianti occhi verdi.
Quel colore gli ricordava una frase di Shakespeare, “La gelosia è un mostro dagli occhi verdi”.
Non aveva mai capito davvero quei versi, eppure aveva il dubbio che prima o poi lo avrebbe scoperto.
E avrebbe fatto dannatamente male.
“Primo pompino” domandò, per riprendersi da quel momento di esclusione dal resto del mondo.
Sebastian alzò gli occhi al cielo.
“Questa è troppo facile: Blaine, avevamo quattordici anni. Ah, bei tempi. Adesso tocca a te: prima volta da passivo”.
Hunter si morse il labbro inferiore. Aveva due opzioni: mentire e raccontare una cosa fittizia o bere e lasciare che quel segreto morisse con lui.
Strinse il bicchierino in vetro più forte che poté, lasciando che le nocche si sbiancassero. Bevette tutto d’un fiato, come se l’alcool potesse pulire la sua anima da impenitente bugiardo.
“Uh” sussurrò Sebastian “Clarington ha dei segreti”. Sembrava che fosse un pensiero che gli fosse sfuggito. A giudicare dagli occhi lucidi e lo sguardo un po’ assente, poteva anche essere così. Non replicò.
“Primo bacio” domandò Hunter, la domanda scosse Sebastian dal suo torpore alcolico.
“Mh” si grattò il mento pensieroso – e decisamente ubriaco, quella risposta la sapeva anche Hunter- “ Lucy Mellory, avevamo tredici anni, era un gioco della bottiglia ad un compleanno, mi pare. Ma non ho ancora capito se vale come primo bacio ”.
Ebbene sì, anche Sebastian aveva baciato una ragazza. Era stato quando attraversava un periodo di grande confusione, non capiva se davvero gli piacessero i ragazzi. Hunter conosceva quella storia perché gli era stata raccontata da Christina, la sorella maggiore di Sebastian.
“Primo ragazzo con cui sei stato” domandò Sebastian, riempendo lo shottino e porgendolo ad Hunter.
Che invece lo stupì.
“Jake Mangano, vacanze estive fra il primo e il secondo anno alla Dalton”.
Una piccola “o” andò a formarsi sulle labbra di Sebastian, che a quanto pareva, aveva trovato il racconto molto avvincente.
“Hai davvero aspettato un gioco alcolico per raccontarmi della tua prima volta?”
“Tu non me l’hai mai chiesto!” protestò Hunter.
“ E cosa avrei dovuto dirti? Ehi, Hunter non è che mi racconti quando sei finito a letto per la prima volta con un ragazzo?”
Sembrava abbastanza infastidito e nella foga del momento si era avvicinato, come a voler fronteggiare l’altro.
Hunter vedeva nell’espressione di Sebastian rabbia e delusione.
Non capì mai perché lo fece, dove trovò il coraggio, per quale dannato motivo stava per fare una cosa così stupida.
Prese il viso di Sebastian fra le mani, cercò la consistenza della pelle del viso con i pollici, che andarono a incontrare anche la ruvidità della barba vecchia di due giorni.
Hunter temeva che Sebastian potesse ritrarsi da quel contatto. E ripensò alla bottiglia di Jack Daniel’s che quella sera era il loro confine, Sebastian l’aveva aggirata facendosene beffa.
“Ora abbiamo la nostra prima volta in una cucina” aveva sussurrato Smythe, tenendo gli occhi chiusi, mentre teneva il capo piegato da un lato, come a voler approfondire il contatto con la mano di Hunter, sospirando con le labbra socchiuse.
Fu lui ad annullare le distanze, cercando le labbra dell’altro, mordendo piano il labbro superiore, poi quello inferiore, disegnandone i contorni con la lingua.
Un sospiro leggero – che sapeva di whisky, pizza fritta e alcool, e anche un po’ di loro – abbandonò le labbra di Sebastian, mentre si aggrappava alle braccia di Hunter tirando piano il tessuto della camicia. Una mano di Hunter, si era spostata in maniera impercettibile dalla guancia di Sebastian su una spalla, sul petto, sul fianco e sulla schiena, sino a permettergli di sistemare l’altro fra le sue gambe, facendolo voltare, con la schiena contro il bancone.
Un leggero senso di vertigine colse Hunter quando realizzò che Sebastian stava litigando con la fibbia della cintura. Sorrise contro le sue labbra, quando lo sentì sbuffare e scese con le sue mani ad aiutarlo, senza mai smettere di baciarlo.
Tirò un lungo sospiro quando si sentì libero dalla costrizione del cavallo dei pantaloni, spostò le mani sul petto di Sebastian, aprendo la giacca da chef e seguendo col naso il percorso che partiva da collo, sino al petto, fino alla cintura, dovette scendere dallo sgabello a metà percorso, e rischiò anche di cadere perché la suola della scarpa si era bloccata sul piccolo poggiapiedi, calciò all’indietro e se ne liberò facendo cadere, suscitando un risolino compiaciuto in Sebastian.
Quando gli aprì la patta dei pantaloni, l’altro cercò i suoi capelli, lasciando che alcune ciocche gli si impigliassero fra le dita. Hunter baciò piano l’interno del ginocchio, alternando i baci e momenti in cui sfregava piano a la barba, a piccoli morsi leggeri, finché non arrivò vicino all’inguine.
“Hu-aaah- nter” E poi le parole di Sebastian persero di senso logico, divennero solo parole disconnesse, intervallate da versi di approvazione a ciò che Hunter gli stava facendo.
Era suo. Solo suo. Irrimediabilmente suo.
Non solo Sebastian. Ma quell’attimo, quel frammento di vita – e di Sebastian, sì perché la sua presenza era tale ancora da intossicarlo -, quei sospiri. Alla fine, tutto riportava a lui. E lo faceva stare bene.
Quando Hunter venne sollevato da Sebastian, venne travolto da un bacio di quest’ultimo. Le mani di Sebastian erano ovunque – un po’ come il proprietario che si era impossessato di Hunter – come se volessero stringerlo il più possibile.
Hunter fece voltare Sebastian, dopo avergli abbassato sino alle ginocchia l’intimo e i pantaloni.
Entrare dentro di lui fu più difficoltoso del previsto, nella foga del momento non lo aveva preparato, non si era preso la briga di fare piano.
Le unghie di Sebastian conficcate nella carne delle natiche e la sua schiena che si scontrava col suo petto lo riportarono alla realtà. Morsicò la spalla di Sebastian, sino a sentire i denti violarne la pelle.
Era suo. Per una volta.
Quella considerazione gli fece male, lo lasciò stranito e più scombussolato di quanto non avesse fatto l’orgasmo che giunse poco dopo.
Era successo tutto così in fretta, che gli faceva male al cuore pensarci. Si era bruciato col fuoco, eppure continuava a stare dentro Sebastian, mentre teneva la guancia poggiata contro la nuca dell’altro e accarezzava gli addominali.
Forse persino privo di significato.
Gli fece male al cuore pensare che il giorno dopo tutto sarebbe finito.
 
 
 
 
 
 
N.d.a Taaaa.- daaaaan! Sono tornata. Piccola precisazione: questo capitolo è andato abbastanza a braccio. Ero indecisa persino sul luogo in cui tutto doveva svolgersi, ma grazie a Nym ho dissipato ogni dubbio. Lo so, ho infranto praticamente tutte le norme igieniche di una cucina.
Anche in questo capitolo ci sono dei punti di domanda. Come sarà andata davvero la discussione fra Melanie e Hunter?
Qualcosa già si è capito, ma ci saranno altre occasioni per chiarire meglio.
Ultima cosa: la scena non finisce qui. Il prossimo capitolo riprenderà da dove finisce questo, quindi occhio.
Ho detto tutto.
 
Alla prossima,
 
N.
   
 
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