Ventinove aprile: nei sogni si piange e s’inghiottono le lacrime.
Cammino, cammino, cammino
e il sole quasi muore, oltre le nubi,
e l’orizzonte si delinea prepotentemente ustionato.
Rileggo solerte tra i miei passi incalzanti, cadenzati, veloci
le pagine della giornata scritte con calligrafia febbrile e scomposta:
i libri letti, le leggende sfogliate, i miti amati;
le persone lontane e le persone vicine;
le risate sonanti e le lacrime dolceamare;
i singhiozzi, i singulti e i silenzi assordanti;
le proposte ilari e le promesse nuove, ridondanti.
Cammino, cammino, cammino
e il già sole muore, oltre la tua fronte candida,
e le nuvole si chiazzano d’emozioni e di sentimenti forti;
stillano sangue vermiglio e ceruleo,
tingono le stelle e coccolano la luna acerba.
Sospiro una, due volte, tre volte:
un eterno ritorno, un eterno divenire - un’eterna fine?
Mi fermo, ti guardo, ti sorrido tra le ciocche di capelli profumati
E cerco la tua mano nell’incantevole sogno audace di primavera;
l’afferro con dolcezza e fermezza, insieme, e la stringo;
non voglio perderti ora che ti ho trovato, sussurro.
E la notte piomba su di noi, implode in se stessa e nei nostri cuori;
li arresta e noi piangiamo l’uno le lacrime dell’altra;
le mani si stringono ancora e i pensieri fioriscono nelle tempie.
Arriva la tempesta, la grandine, la disperazione
e le nostre nocche si scheggiano, si lacerano i nostri petti, si strappano i sorrisi,
i miei occhi piangono rimorso e i tuoi piangono desiderio confuso;
non voglio perderti ora che ti ho trovato, urlo.
E nessuno mi sente – nemmeno tu; inghiotti a vuoto e sparisci,
incateni lo sguardo agli astri brillanti e ineffabili e non mi guardi,
non mi vedi; e come potresti vedermi?
Vedi solo le costellazioni, tu, e dietro le costellazioni scorgi gli infiniti e se?
Ma non hai il coraggio di districare quei grumi possibili, inquietanti,
e quindi svanisci lentamente, inesorabilmente.
Mi sveglio, mi sveglio, mi sveglio
E non respiro, non respiro, non respiro;
solo un sogno, solo un sogno, solo un sogno.
*