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Autore: Decmidia    30/04/2014    2 recensioni
Eirene era una ragazza che ha santificato la sua vita ad Atena, diventando sua sacerdotessa. Inflessibile sulle sue decisioni e decisa a continuare una vita rigorosa e religiosa, un misterioso ragazzo fa vacillare le sue certezze, facendole mettere in discussione tutto ciò per cui ha lottato contro ogni giudizio e decisione di amici e parenti.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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Le vergini di Atene


Era un giorno come un altro ad Atene: il sole splendeva sull'Attica e l'estate ormai incipiente bussava alle porte. Come ogni settimana, Eirene girava nell'Agorà per comprare da mangiare per le sue compagne. Non passava inosservata: non di particolare altezza come tutto il suo popolo, aveva dei bellissimi capelli scuri come la pece, intrecciati con fiori sempre freschi, e occhi di un blu intenso che spesso venivano comparati al blu del mare d'estate, sul viso tondo e guance rosate; le curve erano morbide e la semplice tonaca bianca legata in vita con una cordicella le cadeva perfettamente sui seni e sui fianchi. 
Eirene si faceva spazio tra la folla che mercanteggiava e i bambini che correvano qui e là spesso sbattendo sulle gambe degli adulti, mentre cercavano di arraffare qualcosa senza essere beccati. Alla fine della spesa torna al tempio, accaldata e stanca: lì incontra la più vecchia delle sacerdotesse, che era per lei una madre da quando ha abbandonato la sua famiglia per seguire la vita mistica.

"Dobbiamo parlare, Eirene"

Disse la vecchia, e le indicò di seguirla verso il giardino profumato riservato alle vergini sacerdotesse. Aveva la voce stanca e rauca, ma al contempo affettuosa e calda. Fece cenno di sedersi su una panca di marmo sotto il portico dipinto.

"Sai bene che dobbiamo preparare e organizzare il giorno dei sacrifici ad Atena, a cui sarà presente tutto il popolo: voglio che quest'anno sia tu a compiere uno dei sacrifici. Ho bisogno di ragazze ferme e decise, so che posso contare su di te.

Eirene non era felice, nonostante fosse un onore grandissimo: odiava il pensiero di dover crudelmente ammazzare un animale vivo sull'altare, ma non poteva ribellarsi. Rimase in silenzio qualche secondo, osservando le farfalle che si posavano per qualche istante sui fiori e poi volare via. 

"Va bene, signora Menodora. Come lei desidera"

La vecchia si alzò con fatica col suo bastone, le sorrise e se ne andò con passo lemme verso la sua stanza: l'età si faceva sentire. Eirene, appena Menodora si voltò, scattò in piedi e con passo veloce si diresse verso il grande giardino, per riflettere. Con passo veloce raggiunse il suo posto preferito per meditare: uno specchio d'acqua limpido circondato da fiori e muschi, formato dal fiume che scendeva lungo la collina, con cui si lavavano e facevano le abluzioni sacre. Si sedette sul prato e si mise le mani nei capelli: davanti a tutto il popolo di Atene avrebbe retto la pressione, oppure sarebbe crollata e così cacciata? Non aveva rinnegato la sua famiglia per mollare proprio adesso. Aveva un carattere forte e deciso, non avrebbe rinunciato alla sua decisione per niente al mondo. Aveva lottato con le unghie e coi denti, rifiutando mille pretendenti che aspiravano al suo corpo e alla sua dote. La sua famiglia, dell'antica aristocrazia, aveva perso i due figli maschi in guerra contro gli Spartani e gli rimaneva soltanto Eirene e la sorella minore: non erano disposti a lasciare la figlia in mano alle sacerdotesse e così perdere ogni contatto con lei. Non sono bastate le lacrimose preghiere della madre e le percosse del padre: lei aveva deciso di mantenere il nubilato e donare la propria esistenza alla matrona della città. 
Poi sentì in lontananza delle voci squillanti. Erano le bambine del tìaso accompagnate dalle altre sacerdotesse: la chiamavano per consumare il pasto. Lei si alzò, si scrollò la polvere dalla tunica e le raggiunse, col suo innato portamento elegante e seducente.

***

Arrivò il giorno dei sacrifici. Eirene si svegliò prima delle compagna, per l'ansia: il sole era appena sorto. Si diresse alla sua toeletta per lavarsi e pettinarsi, poi indossò gli abiti da cerimonia. Quella bellissima tunica rossa, ricamata con fili d'oro sui bordi le cadeva perfettamente, facendo risaltare le sue forme e il suo bellissimo viso tondo. Saltò la colazione, aveva un nodo alla bocca dello stomaco al solo pensiero della creatura che dovrà sgozzare. Le risatine dietro di lei le fecero intuire che le frivole compagne non la ritenevano degna, ma lei nonostante tutti i dubbi e le ansie era decisa a dimostrare a tutti che era all'altezza del compito. 
Partirono tutte insieme, dall'agorà in mezzo alla città. Il sole batteva forte e non c'era un fiato di vento quel giorno. La polvere alzata dalla strada soffocava, il caldo asfissiante non lasciava tregua ed Eirene non si sentiva per niente bene. Proseguì in testa alla processione, lungo la strada principale, preceduta soltanto dalla sacerdotessa più anziana. Ai bordi, il popolo che esultava e invocava inni ad Atena, protettrice della città. Lei cantava con le altre e guardava dritto avanti a sè, mettendo con attenzione un piede dopo l'altro. La processione era sontuosa, lasciava sempre tutti a bocca aperta. Tutte le ragazze, vestite da cerimonia, intonavano inni e canzoni alla dea, con dolci melodie e voci soavi. Spargevano fiori colorati e profumati, e portavano con loro gli oggetti sacri alla divinità. Dietro di loro, musicisti e ballerine accompagnavano i loro canti, con esotiche melodie e coreografie mozzafiato. La città si era travestita di mille colori, e tutti assistevano alla processione, finendo poi per seguire lo stuolo di vergini.
Terminata la via sacra e arrivate all'Acropoli, cadde un silenzio di tomba, e decine di migliaia di occhi si fissarono sull'altare dove avrebbe dovuto compiere il sacrificio. Con decisione, Eirene salì i gradini che la dividevano dall'ara, e le altre sacerdotesse appoggiarono una grossa pecora legata sull'altare. Belava e piangeva terrorizzata, Eirene aveva un groppo alla gola. Prese il pugnale, con mano tremante. Con la voce spezzata, pronunciò le formule di rito, chiuse gli occhi, e affondò il pugnale sul collo dell'animale. Sentì, in ordine, i belati affievolirsi, la folla esultare, e le mani affondare in un liquido caldo. Aprì gli occhi, e vide l'animale sgozzato. Tolse immediatamente le mani, e si girò verso la gente. Cercò di contenere più contegno possibile, sentiva un vuoto nel petto e la testa girare, diede colpa al sole che batteva sulla testa da ore: scese i gradini velocemente, raggiunse le sue compagne, e poi, il buio. 
  
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