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Autore: hikaru83    02/05/2014    3 recensioni
Cosa sarebbe successo se Hana e Kaede si fossero conosciuti da bambini? E se poi si fossero dovuti separare? E se si ritrovassero al liceo? Se volete sapere quello che sarebbe potuto succedere entrate in questo mio mondo. Una nuova storia con i personaggi che tanto amiamo, vi aspetta!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Siamo arrivati al quarto capitolo, i personaggi continuano a non essere miei e continuo a non guadagnarci nulla, come sempre. In questo capitolo conosceremo un po’ di più le storie dei personaggi, ho lasciato Hana e Ru solo alla fine, finalmente conosceremo un po’ anche della vita di Hana in USA, ma principalmente in questo capitolo ho voluto soffermarmi sulle altre coppie, spero che vi piaceranno le idee che ho avuto per loro. E ora non posso far altro che augurarvi una buona lettura, come sempre ci vediamo dopo per note e ringraziamenti.
 

Cap 4
 

Quello stesso pomeriggio Sendoh si era auto invitato dal suo ragazzo e aveva deciso di tormentarlo, grazie all’aiuto dei genitori di quest’ultimo. Era sempre andato d’accordo con i genitori di Hiro, due persone solari e divertenti, c’era di chiedersi da dove il suo ragazzo avesse preso il suo delizioso e accomodante caratterino, così diverso da quello dei suoi fratelli, entrambi più grandi e che ormai iscritti alla stessa università, anche se in facoltà diverse, vivevano a Tokyo. Era uno spasso torturarlo quando c’erano anche loro. Hiroaki fin da piccolo era sempre stato più chiuso e schivo degli altri. Quando Akira l’aveva conosciuto era stato per diversi minuti ad osservarlo prima di provare ad avvicinarsi. Tutti i bambini correvano come matti al parco, o giocavano con la sabbia, Hiro invece se ne stava seduto sulla panchina di fianco alla madre senza muovere un muscolo, con il suo solito broncio stampato in faccia. Inutile dire che Akira, voleva assolutamente capire il perché. Era sempre stato estremamente curioso, e tutto ciò che lo incuriosiva lo legava a sé almeno fino a quando non riusciva a capirne tutti i segreti. Fino a quel momento solo il basket era riuscito nell’intento di tenere il diciassettenne legato a sé, il basket e Hiro, che per quanto seguisse, da quel lontano pomeriggio al parco, riusciva sempre a sorprenderlo. Era lui a capirlo meglio di chiunque altro, lui a sapere senza alcuna eccezione quello che aveva per la testa, o quello che provava, prima che Akira stesso se ne rendesse conto, era stato Hiro a capire per primo cosa era quel sentimento che li legava, a capire che non era una semplice amicizia, e Akira aveva rischiato di rovinare tutto quella volta, per fortuna che Hiro con lui aveva una pazienza infinita, anche se la nascondeva molto bene. Era sempre Kosh che, senza eccezione, lo leggeva dentro senza alcuna fatica. Per Akira Hiro era ancora un’incognita, e sospettava lo sarebbe stato sempre. Ma a lui andava benissimo così, non voleva niente di diverso da quel musone, misantropo e intollerante a qualsiasi contatto umano, a parte quelli che aveva con lui ovviamente, del suo ragazzo. Quando poi aveva conosciuto un altro musone misantropo appena trasferito nella sua scuola, si domandò se fosse del tutto normale. Insomma se la sua testa funzionava come doveva. Perché con tutte le persone allegre e divertenti che gli erano intorno, che lo lusingavano, e volevano averlo come amico, lui si era scelto probabilmente quelli con il carattere peggiore dell’intero Giappone. Fatto sta che oramai erano anni che li conosceva e non poteva certo lamentarsi, non si era annoiato un solo secondo in loro compagnia. Adesso poi che era arrivato il rossino in squadra, era certo che la noia non si sarebbe mai neppure avvicinata a loro. A parte il fisico e l’aspetto che non passavano certo inosservati, caratterialmente il nuovo arrivato gli piaceva un sacco, aveva l’aria di uno con cui combinare qualsiasi stupidata, da quello che aveva intuito di lui, e Akira era uno che inquadrava bene le persone, Sakuragi non si sarebbe mai tirato indietro, anche Mitsui la pensava così. Già solo con il teppista, Miyagi, e Rukawa, che non era mai stato uno che prendeva ordini, di teste calde ce n’erano a sufficienza, con l’arrivo di Hanamichi, probabilmente lo Shohoku aveva al suo interno il maggior numero di teste calde, se non di tutta la nazione, sicuramente di tutta la prefettura. Non invidiava proprio Akagi che doveva tenerli a bada.

Dopo aver torturato Kosh per quasi tutto il pomeriggio si trasferirono nella camera di Hiro per prepararsi a uscire. I genitori di Hiro sono usciti per una cena tra amici, oramai sanno del loro rapporto, per questo Akira ha lasciato qualche suo abito dal suo ragazzo, visto che capita spesso che si auto inviti anche per dormire, va beh, dormire è un modo di dire, ma tanto di questo immagino non vi sorprenderete, vero?

“Mi spieghi perché non sei andato a casa tua Akira?” Gli dice con un tono fintamente annoiato il suo adorabile ragazzo.

“Kosh Kosh, è ovvio, se posso passare del tempo solo con te io lo passo.”

“Ma dovrai pure cambiarti, o hai intenzione di venire al pub conciato così?” Continua come se non sapesse che nel suo armadio ha pantaloni e camicie perfettamente adatte per un uscita tra amici.

“Perché non sto bene, forse?” Lo sguardo di Akira è la migliore espressione da cucciolo abbandonato che conosce.

“Perché sei più vanitoso di una ragazza, generalmente quando usciamo ci metti più di Ayako a prepararti.” Colpo basso Kosh, pensa Akira, basso ma anche vero.

“Voglio solo essere perfetto per te, non sei contento?”

“Come se a me interessasse che tutti non facciano altro che guardarti.”

“Oh che bello, sei ancora geloso, ma lo sai che degli altri non mi interessa un fico secco. Non li guardo nemmeno.” Continua con addosso probabilmente la migliore faccia da schiaffi del suo repertorio.

“Io non sono geloso. E poi non dire stupidaggini, oggi ad esempio mi è sembrato di vedere la tua mandibola toccare il pavimento o sbaglio?” Akira gongola adora farlo ingelosire.

“Nello spogliatoio dici? Beh, ma il nuovo arrivato è diverso dagli altri, insomma anche tu non puoi non ammettere che è un bel ragazzo.”

“Infatti non lo nego, ha un fisico niente male.” Cosa cosa? Sendoh osserva il suo ragazzo mentre sta tirando fuori gli artigli.

“Ehi signorino, con questo cosa vorresti dire?”

“Quello che ho detto, infondo tu stesso hai ammesso che non è come tutti gli altri no? Hai visto che razza di pettorali, e bicipiti, per non parlare degli addominali, ti viene quasi voglia di accarezzarli per vedere se...” Ma guarda te cosa devo sentire, pensa Akira.

“Vuoi farmi arrabbiare per caso?”

“Dipende, funziona?” Ora la faccia da schiaffi ce l’ha lui, una signora faccia da schiaffi.

“Sì, molto.”

“Bene, allora se vuoi continuo ad apprezzare il nuovo arrivato, dov’ero rimasto? Ah sì agli addominali, hai mai visto degli addominali più sexy? Pensa un po’ come sarebbe passarci la lingua sopra, devo ammetterlo se Rukawa ci si mette insieme lo invidierò un po’.” Akira lo sbatte sul letto.

“Adesso basta. Tu non invidierai nessuno. Tu hai me.” Gli ringhia a pochi millimetri dalla bocca.

“Mi sembrava che anche tu amassi soffermarti sul nuovo arrivato, mi sbaglio?” Hiro lo guarda, gli occhi pieni di un sadico divertimento.

“Devo ammetterlo Hiro, hai imparato molto bene a vendicarti. Ora mi toccherà fare in modo di non farti pensare ad altro che al mio di corpo.”

“E come intendi fare, sentiamo?”

“Adesso vedrai.” Le mani di Akira sono dappertutto, il corpo sotto il suo manda in tilt ogni brandello di lucidità. Lo spoglia e spoglia anche sé in pochi secondi, mentre Hiro rimane immobile ad osservarlo con gli occhi carichi di sfida ma anche di lussuria. Si sdraia su di lui,  e sente le sue mani scivolare lungo la schiena e fermarsi sul sedere. Kosh lo spinge contro di sé. “Sei un demonio.” Gli dice Akira, cercando di resistere alla voglia di farlo subito suo.

“Non è questo uno dei motivi per cui mi ami?”

“Sì, e lo sai.” Le ultime parole prima di perdersi nel piacere più  profondo.
 

Intanto a casa di Hasegawa Mitsui e Kazushi avrebbero dovuto iniziare a prepararsi per uscire. In realtà sarebbero stati pronti da diverso tempo se non fosse che si erano trovati a letto nudi senza riuscire a fare nulla per fermarsi. Anche se poi, ad essere del tutto sinceri, nessuno dei due aveva provato a fermarsi. Quando i signori Hasegawa erano fuori per lavoro, cosa che per Hisashi non capitava mai abbastanza frequentemente, lui e Kazushi vivevano praticamente insieme. Il rapporto tra Hisashi e i suoi genitori non era dei più idilliaci, anche se le cose lentamente stavano migliorando, e solo perché il suo ragazzo era molto più paziente e pragmatico di lui e, a volte, Hisashi aveva l’impressione che i suoi genitori si fidassero più di Kazushi che di lui, anche dopo aver scoperto cosa lo legava al loro unico figlio. I genitori di Hasegawa invece erano persone abbastanza aperte, certo non erano stati molto felici di scoprire il loro rapporto, ma avevano imparato ad accettarlo. Il padre era un professore universitario, quella settimana era stato invitato per delle conferenze a Kōbe e la moglie l’aveva accompagnato, lasciando campo libero ai due piccioncini.

Mitsui a volte faticava ancora a credere di essere davvero ciò che Kazushi desiderava. Il primo anno di liceo dopo un infortunio che gli aveva strappato ogni speranza di poter realizzare il suo sogno di diventare uno dei migliori giocatori del Giappone, si era trovato a frequentare un brutto giro. Una sera, mentre era in giro a far lo stupido con quei teppisti che frequentava si era trovato Hasegawa davanti. Era andato a cercarlo per farlo ragionare, Mitsui però non era esattamente molto recettivo in quel periodo, l’aveva trattato davvero male quella sera, ma Kazushi non si era arreso, lo recuperava ogni volta in cui si ubriacava e i teppisti con cui andava in giro lo abbandonavano da qualche parte. Una di quelle volte era talmente conciato male che Kazushi non se la sentì di portarlo a casa, sapeva quanto fossero ridotti male i rapporti con i genitori e quindi l’aveva portato da sé, gli era stato vicino per tutta la notte, senza chiudere occhio. Quando il mattino Hisashi aveva aperto gli occhi, percepì solo due cose, un mal di testa lancinante e gli occhi preoccupati di Kazushi. Quella mattina gli raccontò tutto, il suo dolore, le sue paure, i suoi errori, non si nascose e non nascose nulla. Quando gli confidò di sentirsi solo e soprattutto che temeva lo sarebbe stato sempre, si sentì trascinare sul petto forte di Kazushi, le sue braccia lo stringevano e la sua bocca a pochi millimetri dal orecchio gli diceva che non era solo, che c’era lui e che se avesse voluto ci sarebbe stato sempre. E aveva rispettato quella promessa, da quel giorno gli rimase sempre affianco, aiutandolo in tutto, a riprendere gli studi, alla riabilitazione per il ginocchio, era con lui anche quando a capo chino era andato a scusarsi con la squadra e l’allenatore per aver creato tanti problemi al club per il suo comportamento. E mai, aveva chiesto qualcosa in cambio. Hisashi ricordava come fosse ieri la paura di essere lasciato solo dopo aver capito quello che provava davvero per Kazushi, cercava di nasconderlo in tutti i modi, ma una sera non riuscì a trattenersi e si ritrovò incollato alle sue labbra, ancora non sapeva quale dio doveva ringraziare, per avergli mandato il suo ragazzo, ricordava perfettamente la gioia pura che aveva preso il posto nella paura quando sentì Kazushi rispondere al bacio. Con Kazushi accanto tutto era tornato al posto giusto, l’infortunio solo un brutto ricordo e l’anno che ormai dava per perso, recuperato.

“Com’è possibile che mi ritrovo sempre nudo su di te quando siamo soli?” Gli chiese Kazushi mentre gli accarezzava i capelli corvini.

“Perché non puoi farne a meno, o forse perché sono tanto bravo a istigarti.” Sorrise Hisashi, completamente soddisfatto delle carezze del suo ragazzo. Adorava sentirsi
vezzeggiato e amato anche dopo aver fatto l’amore, come se a Kazushi non bastasse mai la sua pelle nuda sotto le dita.

“Tu sei uno specialista a istigarmi, ti diverti proprio vero?”

“Visto il risultato direi di sì.”

“Ora però è meglio se ci vestiamo, fra mezz’ora dovremmo incontrarci con gli altri al pub.”

“Io preferirei rimanere qui.” Dice, stringendolo ancora a sé.

“L’idea se non sbaglio è stata tua e di Akira, quindi smettila di lamentarti, e poi...”

“Poi?”

“Prima andiamo e prima potremmo tornare.” Lo sguardo malizioso di Kazushi procura sempre dei brividi, e non certo di freddo a Hisashi.

“Sai essere molto convincente sai?”

“Sì, dai vestiamoci.”

“Abbiamo fatto bene a passare prima da me, così abbiamo avuto più tempo per stare soli.” Erano passati da Mitsui giusto il tempo per prendere qualcosa da indossare. Hisashi cominciò a pensare che forse avrebbe dovuto fare come Akira e lasciare qualcosa di suo dal suo ragazzo, in modo da non perdere un secondo e stare insieme ogni istante.

“Lo so, l’idea è stata mia.”

“Sei davvero modesto.” Gli dice divertito.

“Sono realista.”

Dopo poco sono pronti ad uscire, prima di aprire la porta di casa Hisashi gli ruba un ultimo bacio, che rischia come sempre di degenerare, ma per fortuna, in realtà dal suo punto di vista purtroppo, Kazushi è decisamente più bravo di lui a controllarsi, si stacca dalle sue labbra e gli sussurra:

“Dopo, ricominceremo proprio da dove ci siamo interrotti.”

“Promesso?” Gli chiede, per niente felice di doversi separare da lui.

“Certo, credi che io non lo voglia?” Così dicendo si separano, escono e si dirigono verso il pub, che per fortuna che è abbastanza vicino.
 

Nel frattempo Ayako e Miyagi stavano percorrendo la strada per il pub. Avevano passato quello che era rimasto del pomeriggio dopo gli allenamenti in giro per la città, entrando in una quantità mostruosa di negozi, ma a Ryota non importava, tutto ciò che rendeva felice Ayako per lui era un piacere fare. Aveva passato tutto il primo anno a corteggiarla. Si era innamorato di quella furia dai capelli ricci il primo anno delle medie. L’aveva vista durante una partita della sua squadra contro quella in cui lei faceva da manager ed era stato colpito dal classico colpo di fulmine. Aveva fatto di tutto per avvicinarsi a lei, persino cercare di entrare nella cerchia di amicizie della ragazza, e per farlo aveva trascinato persino Mitsui con sé. Si ricordava ancora quando quel matto, che era diventato il suo più grande amico dopo una rissa che li aveva mandati in ospedale entrambi, l’aveva assecondato andando a sfidare direttamente Sendoh e Rukawa dopo gli allenamenti, e tutto perché quei due insieme a Koshino erano senz’altro quelli a cui Ayako era più legata. Quel giorno, oltre a essersi fatto finalmente notare da lei, aveva guadagnato anche degli amici, Akira e Hisashi avevano trovato subito un intesa perfetta, e aveva scoperto che Rukawa e Koshino, se si aveva la pazienza, molta pazienza,  di conoscerli bene, erano davvero dei ragazzi eccezionali. Quando per liceo Mitsui aveva scelto lo Shohoku, perché idolatrava l’allenatore Anzai, trascinandosi dietro anche Sendoh, grazie alla promessa che gli aveva estorto di seguirlo l’anno successivo, e quindi Koshino, e Ayako aveva rivelato che si sarebbe iscritta anche lei lì per controllare i suoi ragazzi, ovviamente Ryota non ci pensò neanche un secondo a svelare che lui aveva sempre voluto entrare allo Shohoku, mai pensato a un liceo diverso, anche se fin da piccolo sognava di entrare nel Kainan, ma per amore tutto era lecito. E lì Mitsui aveva trovato l’amore, dopo un periodo terribile, Hasegawa gli era stato vicino ed era riuscito dove neanche Ryota aveva potuto fare molto. Miyagi ricordava ancora gli occhi sfuggenti di Hisashi quando gli rivelò di aver baciato Kazushi, non l’aveva mai visto così nervoso, ma era contentissimo che si fosse fidato di lui al punto di parlargli di una cosa che probabilmente lo spaventava a morte. Ryota si era fatto una risata dandogli pacche sulle spalle e rivelandogli che non credeva che fosse così tardo da aver aspettato tutto quel tempo, Hasegawa gli stava dietro da una vita e se non se n’era accorto era proprio una frana. Inutile dire che era scoppiata una rissa, come succedeva spesso tra loro, ma quello era il loro modo di sentirsi vicini, di far capire all’altro che non sarebbe cambiato nulla che ci sarebbero sempre stati. E ora toccava anche a Rukawa, non avrebbe mai detto che quel ghiacciolo potesse perdere la testa per qualcuno, da quando lo conosceva l’aveva sempre visto inseguire gli avversari, voler battere i migliori senza fermarsi mai. Vincere e diventare il migliore era l’unico suo pensiero. Da quando era arrivato Sakuragi invece, l’aveva visto per la prima volta giocare a basket, giocare e divertirsi.

“Ryota è da cinque minuti che ti sto chiamando, mi vuoi dire a cosa diamine stai pensando?”

“Scusa Ayakuccia, stavo solo pensando a nuovo tipo e a Rukawa, tu credi che andrà tutto bene? Insomma secondo te facciamo bene a intrometterci?”

“Oh ma che carino sei preoccupato per il nostro Ru Ru?”

“Non sono preoccupato per lui, ma per noi, insomma già il suo carattere allegro e gioviale è quello che è, se poi le cose non dovessero andare bene...”

“Oh, piantala, tanto lo so che ti preoccupi per lui, chissà perché voi maschi non volete mai ammettere quello che provate. Comunque andrà tutto bene, ne sono certa.”

“Come fai a essere così sicura?”

“Perché io ho una cosa che a voi caproni, per ovvie ragioni, manca ed è l’intuito femminile.”

“Quindi secondo te anche Sakuragi è interessato a Rukawa.”

“Sì’, e molto anche, lo guarda con degli occhi. Riconoscerei quello sguardo da triglia ovunque, è lo stesso che Akira rivolge a Koshino, e Hisashi a Hasegawa.”

“Ma davvero, spero che lo vedi anche in quello di Kazushi e Hiroaki.”

“Sì, certo stesso sguardo da triglia.”

“E nel mio?”

“Il tuo batte tutti.”

“E tu?”

“Io non avrò mai uno sguardo da triglia, ma questo è solo perché sono più carina di tutti voi, anche se sono innamorata.” Sorride Miyagi alla sua ragazza, senza aggiungere nulla, anche  perché rimedierebbe sicuramente una sventagliata, e non vuole certo rovinare un momento così. Allunga solo la mano verso di lei e stringe la sua. Quando li capita di essere soli? Tra la scuola, gli allenamenti e il padre superprotettivo, praticamente mai e vuole godersi ogni secondo...

“Piccioncini avete preso il tavolo, bene.” Ecco appunto, la voce di Akira distrugge in un secondo questa bolla di felicità e romanticismo in cui esistevamo solo lui e lei. Maledetto guastafeste, quando vuole ha un tempismo, pensa Ryota sconsolato.

“Non ci credo, siete i primi ad essere arrivati, come hai fatto Koshino, lo hai sbattuto fuori casa?” Chiede Miyagi con una punta di acidità ai ragazzi appena arrivati.

“Beh, è l’unico metodo che funziona.” Interviene una voce alle loro spalle.

“Mitsui anche voi in orario? A quanto pare c’è davvero una possibilità che quel musone di Ru Ru non ci dia buca.” La voce divertita di Ayako continua al suo posto.

Dopo qualche minuto infatti Rukawa entra nel pub, seguito dal nuovo arrivato. Li raggiungono e si siedono al tavolo, uno accanto all’altro. Miyagi li osserva tentando di vedere quello sguardo di cui parla Ayako. Non nota niente di così eclatante, ma probabilmente sarà perché è una cosa che riescono a vedere solo le ragazze, o almeno così pensa. Quello che vede però è come Rukawa non si perda una sola parola della testa rossa, e di come Sakuragi non si allontani mai troppo dal Kaede. Poco dopo il loro arrivo si avvicina una cameriera per prendere le ordinazioni, le altre cameriere la guardano con odio, è probabile che ci sia stata una vera e propria lotta nelle cucine per decidere chi si sarebbe presa questo tavolo. C’è da capirle tra Sendoh, Mitsui, Rukawa, Hasegawa e Sakuragi c’è né per tutti i gusti. Ci sono ottime probabilità inoltre che Ayako sia la ragazza più invidiata del pub.

Sakuragi è bravo a glissare le domande, e anzi si fa raccontare parecchie cose da Akira, su come ha conosciuto Rukawa ad esempio, e come sette ragazzi così diversi siano diventati un gruppo di amici. Mitsui interviene divertito quando si comincia a parlare del periodo delle medie, che è quello in cui lui e Ryota si sono aggiunti. La testa rossa invece non ha ancora detto una parola della sua vita negli Stati Uniti, probabilmente perché, almeno all’inizio , non dev’essere stato molto semplice, ma Akira non gliela farà passare liscia, lo conoscono tutti a quel tavolo, dire che è curioso è poco, da piccolo doveva essere uno di quei bambini che tormentava i grandi con mille perché al giorno. Infatti alla fine del racconto di come, secondo Akira e Hisashi, il loro apporto sia stato essenziale nell’aiutare Miyagi a conquistare Ayako, Sendoh gli domanda:

“Ma adesso basta parlare di noi, sei tu quello che è vissuto all’estero in questi anni, raccontaci qualcosa, come ti sei trovato? Com’era la scuola? Com’è stato imparare a giocare a basket nella patria del basket? Insomma raccontaci un po’ di te.”

“Non c’è molto da raccontare, mi sono trasferito che avevo sei anni, e mi sembravano tutti degli alieni. Parlavano una lingua incomprensibile, mangiavano cose assurde, e dopo neanche due minuti che li incontravi ti trattavano come se fossero i tuoi più cari amici. Per il primo mese ero convinto che fossi finito in un manicomio. Poi le cose sono un po’ migliorate, la lingua diventò meno incomprensibile, il cibo meno assurdo e mi ero abituato a chiamare tutti per nome.”

“E il basket?”

“Il basket mi ha aiutato tantissimo. C’era un campetto dietro casa e ci passavo tutti i pomeriggi, anche se all’inizio ho dovuto lottare per avere il diritto di giocare.”

“Lottare?”

“Certo, c’erano una marea di bambini, e un gruppo di ragazzi più grandi che monopolizzava il campo.”

“E come hai fatto?”

“All’inizio recuperavo le palle, era l’unica occasione che avevo di poterle sfiorare, non mi permettevano di fare altro. Poi mi sono fatto comprare un pallone da papà e mentre loro giocavano cercavo di imitarli. Uno di loro alla fine mi prese in simpatia e cominciò a insegnarmi le basi, come il palleggio. Loro giocavano e io palleggiavo per la maggior parte del pomeriggio, poi mi insegnò a passare nel modo giusto, a trovarmi nella parte di campo più utile e così via. Quando l’anno dopo riuscii a entrare al secondo anno delle elementari avevo assimilato le basi del basket.”

“Sarai entrato subito nel club scolastico.”

“Non proprio, all’inizio non mi consideravano molto, in realtà ho iniziato a frequentare il club solo dalle medie, fino alla fine delle elementari giocavo solo vicino a casa con i ragazzi di cui vi ho parlato. Non era proprio basket, o meglio le regole principali sono sempre quelle, ma a parte, appunto, quelle principali, nello street basket non ci sono tutte quelle regole che ci sono nel basket ufficiale.”

“Ad esempio?”

“Ad esempio i falli di sfondamento che, in pratica, non esistono, fondamentalmente è un gioco molto più istintivo e basato principalmente sulla forza fisica. Se vuoi sopravvivere devi essere forte, oltre che veloce. Quando in prima media sono riuscito a passare i provini per la squadra facevo una media di tre falli a partita durante gli allenamenti, e solo perché giocavo poco. Però la mia forza e i miei canestri avevano fatto in modo di farmi notare dall’allenatore, anche se per giocare nelle partite vere ho dovuto aspettare parecchio.”

“Provini? Per entrare nel club?”

“Eravamo circa cinquanta matricole, siamo passati solo in dieci e all’ultimo anno di quelli che erano entrati in squadra con me, eravamo rimasti in tre.”

“Tre?”

“Sì, i primi cinque non avevano retto i ritmi dell’allenamento già il primo anno, comunque quest’anno nel primo trimestre eravamo rimasti solo in due.”

“Quest’anno? Quindi hai in iniziato il liceo lì?”

“Il liceo cioè l’high school si inizia a 14 anni, quest’anno prima di trasferirmi ho iniziato quello che si chiama 11th grade, anche se la scuola è un po’ diversa, è per questo che non ho potuto iniziare l’anno con voi, ho dovuto sostenere qualche esame, per vedere se fossi riuscito a starvi dietro, per fortuna che i miei hanno continuato a farmi parlare e scrivere in giapponese e che mia madre non mi ha mai permesso di servirmi della regola non scritta di tutte le scuole americane, ma mi abbia obbligato sempre a studiare, altrimenti non avrei mai superato i test.”

“Regola non scritta?” Chiede curioso Akira.

“Sì, vedete anche negli Stati Uniti bisogna avere almeno la sufficienza per poter frequentare i club, anche se si calcola in maniera differente, ma, soprattutto in quelli sportivi, sarebbe praticamente impossibile. La maggior parte dei giocatori, specialmente quelli della prima squadra, si allenano in media cinque, sei ore al giorno, e le matricole, almeno quelle che vogliono davvero entrare in campo, non sono da meno. Ovviamente il tempo per studiare diventa minimo, anzi praticamente nullo e molti non ci provano neanche più, accontentandosi di sufficienze regalate, stiamo parlando di campioni, quelli in grado di cambiare le sorti di una partita che hanno uno stuolo di fan e che grazie alla loro popolarità riescono a far arrivare un sacco di iscrizioni per quella data scuola, non tutti i professori sono molto d’accordo con questa scelta, ma a volte il coach della squadra, soprattutto se è una squadra che vince, vale di più del professore di scienze o inglese o matematica o storia, che sono le quattro materie fondamentali.”

“Sei ore? Ti allenavi sei ore al giorno?” Hisashi non crede alle sue orecchie.

“No, non sei, almeno otto.” Rivela Hana con un sorriso.

“Cosa? Ma come facevi?” L’ovvia domanda di Ryota.

“Sveglia alle 5 corsa fino a scuola, poi attrezzi vari e tiri fino alle 8, seguivo le lezioni fino alle 16 e gli allenamenti con la squadra erano fino alle 20. Poi di corsa a casa cenavo con i miei e andavo al campetto vicino a giocare a street basket fino a quando mia madre non veniva a recuperarmi armata di scopa. Era uno spasso, il terrore dei teppisti del quartiere, arrivava lei sparivano loro.”

“E ti veniva a prendere per farti studiare?” Chiede tra il divertito e l’incredulo Akira. 

“Già, molte volte recuperava anche altri ragazzi che abitavano vicini, dei nippoamericani che mi piacerebbe farvi conoscere, sono quattro dementi ma sono insostituibili. Comunque, quando ci riusciva, li trascinava a casa con me e ci faceva studiare tutta notte, non avete idea di quante notti in bianco ci ha fatto passare. Però rimaneva sveglia con noi fino a quando non era sicura che fosse entrato qualcosa nella nostra testa dura.”

“E dopo la notte in bianco ricominciava il tran tran di tutti i giorni?”

“Sì, a volte facevo solo una doccia e correvo a scuola. Non potete sapere che dormite spettacolari mi sono fatto sulle panche degli spogliatoi dopo l’allenamento pomeridiano con la squadra, ormai il custode prima di chiudere tutto passava sempre a vedere se non fossi su una panca a dormire. Soprattutto nel periodo dei test più duri.”

“Certo che dal tuo racconto sembra davvero che tu abbia lavorato davvero molto per riuscire a trovare il tuo posto e non solo nella squadra.” Afferma Kazushi.

“Non è stato semplice, ma alla fine ce l’ho fatta.”

“Immagino che tu abbia un ottimo rapporto con i ragazzi della squadra, visto la fatica che hai fatto per inserirti e le ore che avete passato insieme.” Interviene Akira.

“Un ottimo rapporto, certo.”

“E come sono le cheerleader?” Ecco qui, con un’abile mossa Akira sta portando il discorso su quello interrotto nel pomeriggio, Kaede si irrigidisce alla domanda apparentemente innocente di Akira, lo odia.

“Beh, fanno parte del tifo.”

“Sì ma è vero che le cheerleader fanno coppia sempre con quelli della squadra?” Insiste Akira.

“Dipende, non eravamo l’unica squadra, c’era anche quella di football, e quella di baseball, anche loro sono molto popolari.”

“E tu sei mai uscito con una di loro?” Domanda Hisashi, non può lasciare tutto in mano di Sendoh.

“Ehm, dipende cosa vuol dire per te uscito. Voglio dire a tutte le feste scolastiche quelli della squadra devono presenziare, e sono caldamente invitati a presentarsi accompagnati, se si vuole avere una minima possibilità di essere lasciato in pace.”

“E così sei andato al ballo con una di loro.” Chiede Ayako, oramai sono in ballo, meglio ballare.

“Alle feste con una di loro, solo come amici, e mai con la stessa.”

“Perché mai con la stessa?” Continua l’interrogatorio Hisashi.

“Perché se esci per due volte di seguito con la stessa ragazza si aspetteranno tutti che state insieme, sai com’è camminare mano nella mano per i corridoi, regalarle il tuo giubbotto della squadra, cose così.”

“E non hai mai trovato nessuna per cui vale la pena provarci?” Insiste Akira.

“Mettiamola così, sarò sincero visto che voi lo siete stati con me anche se è una consapevolezza che ho preso solo nell’ultimo anno, la probabilità che potessi trovare una ragazza per cui vale la pena provarci è la stessa che potevate avere voi quattro.” Dice indicando Akira, Hisashi e i loro compagni.

“Lo sapevo, lo sapevo, l’avevo detto io, il mio fiuto è infallibile per queste cose.” Trilla gioioso Akira.

“Perché tanto felice? Credevo che fossi felicemente sistemato.”

“Oh, certo non è per me è che... ahia che dolore!!!” Akira si abbassa afferrandosi una gamba mentre Kaede lo guarda con due occhi che ormai sono solo due fessure.

“Che cosa è successo?” Chiede Hanamichi innocentemente, non sa che Kaede ha appena assestato un calcio sotto il tavolo ad Akira che ha quasi le lacrime agli occhi, mentre il resto della tavolata guarda la scena rassegnata con sul viso stampata la frase ‘te la sei cercata’.

“Un crampo, un dolorosissimo crampo.”

“Non è normale, sei un atleta, potresti avere una carenza di potassio.” Continua Hanamichi guardandolo preoccupato.

“Ah si, davvero, beh mi toccherà rimediare.” Dice Sendoh massaggiandosi lo stinco, gli verrà un livido grande come una casa, si era scordato di quanto potesse essere vendicativo Ru.

“Dovresti mangiare tanta frutta, soprattutto banane.” Continua innocentemente Hana.

“Banane?” Chiede dopo una risata con cui ha praticamente fatto una doccia ai vicini, Hisashi.

“Sì, sono ricche di potassio, ma che avete da ridere?” Continua del tutto ignaro del doppio senso appena detto Hanamichi.

“Akira...banane...” Hisashi non resiste più si tiene lo stomaco con le mani, e in poco tempo l’intera tavolata, sì anche Akira, e perfino Ru, si uniscono alla risata. L’ultimo ad aggiungersi, strano a dirsi è Hanamichi, non capisce cosa abbia detto di così divertente ma le risate incontrollate degli altri sono contagiose. 
 

Continua
 

Note:  Negli USA l’anno scolastico inizia settembre e gli anni della scuola dell’obbligo (nella maggior parte degli stati è obbligatorio andare a scuola fino a diciott’anni, in alcuni è sedici) si dividono in Elementary school che dura cinque anni e inizia dai sei/sette anni ai dieci/undici anni (i primi cinque gradi di istruzione), la Middle school  che dura tre anni dagli undici/dodici ai tredici/quattordici anni (dal sesto all’ottavo grado) e High school che dura quattro anni dai quattordici/quindici anni ai diciassette/diciotto anni (dal nono al dodicesimo grado). In pratica a parte il liceo che ha un anno in meno, la scuola è divisa come la nostra, materie escluse. Infatti le materie obbligatorie per il liceo sono solo quattro: storia, scienze, inglese e matematica, poi ci sono tutte quelle opzionali che formano il curriculum scolastico di ogni allievo. Per essere promossi bisogna avere un numero di crediti che sono la somma dell’andamento scolastico, test superati e quant’altro. Non so bene se in Giappone un allievo straniero deve fare degli esami di ammissione, ma non credo sia tanto strano, in Italia, almeno quando frequentavo io il liceo, si facevano anche se uno decideva di cambiare liceo (ad esempio quando frequentavo l’artistico al secondo anno si è aggiunto un ragazzo dallo scientifico che ha dovuto fare un esame per integrarsi nella classe), quindi direi che sia quantomeno probabile. Come vediamo anche grazie ai film e telefilm, negli USA gli studenti con grandi meriti sportivi hanno sempre un aiuto da parte dei professori che chiudono un occhio (a volte anche due) sui rendimenti più o meno disastrosi che questi allievi hanno. Ma tanto lo spiega anche Hanachan quindi su questo non mi soffermo oltre. Come sempre ringrazio Arcadia_SPH, Pandora86, Slanif per le belle recensioni al capitolo precedente, manuella93, misk per averla inserita tra le preferite e le seguite e Atman che l’ha inserita tra le seguite, a venerdì prossimo.
  
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